Capolavori da collezioni italiane

Pandolfini Casa d'Aste - Borgo degli Albizi (Palazzo Ramirez-Montalvo) 26, 50122 Firenze

Capolavori da collezioni italiane

giovedì 1 ottobre 2015 ore 19:00 (UTC +01:00)
Lotti dal 1 al 24 di 26
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  • SCATOLA PORTACIPRIA, CARTIER 1925 CIRCA, IN ORO GIALLO, LACCA, MADREPERLA,...
    Lotto 1

    SCATOLA PORTACIPRIA, CARTIER 1925 CIRCA, IN ORO GIALLO, LACCA, MADREPERLA, ONICE, RUBINI E CORALLO
    di forma circolare, il coperchio, incernierato e profilato da una cornice a motivi geometrici in oro intercalati da rubini cabochon, è decorato da una placca circolare in lacca intarsiata con strati in madreperla colorata, oro e argento, raffigurante un paesaggio agreste giapponese nel quale un contadino si avvia al lavoro nei campi portando dietro di sé un bue alla cavezza mentre una figura femminile, sotto una pergola, è intenta a tessere; la base, analogamente lavorata, con una figura femminile in abiti sontuosi accompagnata da un servitore che la protegge con un ombrello dai raggi del sole. Le parti laterali decorate da motivi romboidali in madreperla bianca e corallo rosso, all’interno specchio e disco traforato in madreperla per la cipria, punzoni Cartier Paris Londres New York, Made in France, n.9977, punzoni dell’oro, diam. cm 5,5
    Cfr. Hans Nadelhoffer, Cartier , London 1984, tav. 38

    An art Deco lacquer mother-of-pearl, coral and ruby compact, by Cartier, circa 1925
    of circular form, the hinged cover, the border of wich decorated with a gold geometric design set with cabochon rubies, is decorated with a round laquer plate inlaid with mother-of- pearl, gold and silver, depicting a rural landscape where a peasant is heading for work in the fields leading an ox by a halter, while a female figure under a pergola is intent on her weaving; the base, similarly decorated, represents a richly dressed female figure accompanied by a male servant who is protecting her from the sun with a parasol. The sides are decorated with white mother-of-pearl and red coral lozenges; the interior encloses a mirror and mother-of-pearl openwork powder puff rest, signed Cartier, Paris, Londres, New York, made in France, n. 9977, gold mark , 5.5 cm wide
    Cfr. Hans Nadelhoffer, Cartier, London 1984, pl. 38


  • BRACCIALE, VAN CLEEF & ARPELS, ANNI ’20, IN PLATINO, ORO BIANCO E...
    Lotto 2

    BRACCIALE, VAN CLEEF & ARPELS, ANNI ’20, IN PLATINO, ORO BIANCO E DIAMANTI
    realizzato ad una fila di nove brillanti rotondi intercalati da fiocchi stilizzati in baguette di diamanti per complessivi 19 ct circa, lunghezza cm 19, punzoni Van Cleef & Arpels NY13403

    A PLATINUM, WHITE GOLD AND DIAMOND BRACELET, BY VAN CLEEF & ARPELS, 1920S
    designed as a line of brilliant-cut diamonds alternating with baguette diamonds, total diamonds weight is around 19 ct, length approximately 19 cm, signed Van Cleef & Arpels NY 13403

  • Auguste Breul SURTOUT DE TABLE COMPOSTO DA VASSOIO OVALE E COPPIA DI...
    Lotto 3

    Auguste Breul
    SURTOUT DE TABLE COMPOSTO DA VASSOIO OVALE E COPPIA DI CANDELABRI, PARIGI, 1855 CIRCA
    Bronzo dorato, vassoio cm 103x67x25, candelabri alt. cm 62, diam. massimo cm 51
    Sul basamento il vassoio reca il punzone “ AUGUSTE BREUL - N° 20 RUE DE ALBOUY - A PARIS ”; i candelabri, invece recano il punzone “ AUGUSTE BREUL - RUE DE LANCRY N° 3 - A PARIS ”


    SURTOUT DE TABLE COMPOSED OF AN OVAL TRAY AND A PAIR OF CANDLEHOLDERS
    Paris, circa 1855
    Ormolu, tray 103x67x25 cm, candleholders h. 62 cm, maximum diameter 51 cm
    On the base of the tray, mark “AUGUSTE BREUL - N° 20 RUE DE ALBOUY - A PARIS ”; on the candleholders, mark “ AUGUSTE BREUL - RUE DE LANCRY N° 3 - A PARIS ”

    Provenienza
    Collezione privata, Firenze


    Il vassoio poggia su quattro piedi sagomati a guisa di foglia accartocciata affiancata da due fregi vegetali, in corrispondenza dei quali si ergono quattro gruppi posti su un ricco basamento sagomato, bordato di perline e baccellature, raffiguranti ciascuno un putto con un grappolo d’uva nella mano sinistra, abbracciato ad una capretta; intervallati ai putti quattro trofei costituiti da belle coppe baccellate sormontate da composizioni di frutta. La fascia inferiore è interamente decorata da festoni vegetali alternati a mascheroni barbuti, mentre la ringhiera, decorata da putti e trofei, è completata da tralci floreali e vegetali.

    I due candelabri poggiano su una base triangolare liscia lievemente sagomata e decorata da una fascia a baccellature intervallate da foglie d’ acanto. Da un alto basamento caratterizzato agli angoli da tre ricche volute riunite da motivi vegetali si dipartono tre tralci fogliati con andamento sinuoso, ciascuno impreziosito da una ghirlanda di frutti e foglie, sui quali siedono tre putti con una coppa nella mano destra e un grappolo d'uva nella sinistra, alla sommità un ’ampia vasca circolare, anch’essa decorata a motivi vegetali, foglie lanceolate e perlinature, dalla quale si dipartono sei bracci portacandela, ancora sagomati ad ispirazione vegetale.


    The tray is supported by four feet in the shape of curled up leaves flanked by two foliate motifs, on top of which stand four groups of figures on an elaborate moulded base with beaded and gadrooned borders; each group comprises of a putto holding a bunch of grapes in his left hand and with the other arm around a goat; four trophies, composed of beautiful gadrooned goblets heaped with fruit, alternate with the putti. The lower band is fully decorated with swags interspaced by bearded masks, while the gallery, decorated with putti and trophies, is cast with floral and foliate scrolls.

    The two candelabra are supported by a slightly moulded, smooth triangular base decorated with a band with gadroons alternating with acanthus leaves. Three sinuous foliate scrolls, each embellished with a fruiting and foliate garland and supporting a putto with a cup in the right hand and a bunch of grapes in the other, stem from a high plinth with plant motifs and three luxuriant volutes in each corner; at the top a wide circular basin, also decorated with foliage, lanceolate leaves and beaded motifs, supports six, moulded, scrolled candle-arms.

  • ARAZZO, FIANDRE, METÀ SECOLO XVII L’eroismo di Muzio Scevola cm...
    Lotto 4

    ARAZZO, FIANDRE, METÀ SECOLO XVII
    L’eroismo di Muzio Scevola
    cm 410x390

    TAPESTRY, FLANDERS, MIDDLE OF XVII CENTURY
    The heroism of Muzio Scaevola
    410x390 cm

    L’arazzo presenta una ricca bordura interamente ricamata con trofei, festoni vegetali e figure: a destra e a sinistra una coppia di putti alati poggianti su basamenti scolpiti a forma di vaso baccellato trattengono nella mano sinistra un alberello, mentre la mano destra è levata verso l'alto, da cui scendono ricchi festoni di fiori e frutta. In alto al centro un ricco cartiglio affiancato da protomi alate, nel cui centro sta l'iscrizione " M.SCEVOLA.ERRATA/CEDE.PROPRIAM.MA/NVM.EXVBIT "; ai margini superiori, tra festoni, sono due aquile. La fascia inferiore infine è decorata con ricchi fregi naturalistici, centrata da un mascherone con figure fantastiche ai lati.
    L’episodio storico raffigurato mostra nella parte destra il re etrusco Porsenna seduto in trono e ai suoi piedi il ministro ucciso al suo posto, mentre nella parte sinistra Muzio Scevola, circondato dalle guardie, nell'atto di porre la mano sul fuoco.
    Da Tito Livio ( Ab urbe condita , libro II, cap. 12) sappiamo che nel 508 a.C. , durante l' assedio di Roma da parte degli Etruschi comandati da Porsenna , proprio mentre nella città cominciavano a scarseggiare i viveri, un giovane aristocratico romano, Muzio Cordo, propose al Senato di uccidere il comandante etrusco. Ottenuta l'autorizzazione, si infiltrò nelle linee nemiche, e armato di un pugnale raggiunse l'accampamento di Porsenna, che stava distribuendo la paga ai soldati. Muzio attese che il suo bersaglio rimanesse solo e quindi lo pugnalò: ma sbagliò persona, avendo infatti assassinato lo scriba del re etrusco. Subito venne catturato dalle guardie del comandante, e portato al cospetto di Porsenna, il giovane romano non esitò a dire: «Sono romano e il mio nome è Caio Muzio. Volevo uccidere un nemico da nemico, e morire non mi fa più paura di uccidere… Questo è il valore che da al corpo chi aspira a una grande gloria!” E così dicendo infilò la mano destra in un braciere acceso per un sacrificio e non la tolse fino a che non fu completamente consumata. Da quel giorno il coraggioso nobile romano avrebbe assunto il nome di "Muzio Scevola" (Muzio il mancino). Porsenna rimase tanto impressionato da questo gesto che decise di liberare il giovane. Muzio, allora, sfoggiò la sua astuzia e disse: «Per ringraziarti della tua clemenza, voglio rivelarti che trecento giovani nobili romani hanno solennemente giurato di ucciderti. Il fato ha stabilito che io fossi il primo e ora sono qui davanti a te perché ho fallito. Ma prima o poi qualcuno degli altri duecentonovantanove riuscirà nell'intento». Questa falsa rivelazione spaventò a tal punto il principe e tutta l'aristocrazia etrusca da far loro considerare molto più importante salvaguardare il futuro del re di Chiusi piuttosto che preoccuparsi del destino dei Tarquini . Sempre secondo la leggenda, così Porsenna prese la decisione di intavolare trattative di pace con i Romani, colpito positivamente dal loro valore.

  • Giuseppe Maggiolini (Parabiago, 1738-1814) COPPIA DI CASSETTONI CON...
    Lotto 5

    Giuseppe Maggiolini
    (Parabiago, 1738-1814)
    COPPIA DI CASSETTONI CON MEDAGLIONI DI BACCO E CERERE, PARABIAGO, ULTIMO QUARTO DEL XVIII SECOLO
    Ciascuno con pannello scorrevole a scomparsa celante due cassetti e un cassetto sottile sotto il piano in marmo grigio
    cm 94x123,5x62


    A PAIR OF COMMODES WITH MEDALLIONS WITH BACCHUS AND CERES,. PARABIAGO, LAST QUARTER OF THE 18TH CENTURY
    each with a hinged lifting panel concealing two drawers and a slim drawer under the grey/white marble top
    cm 94x123,5x62



    Provenienza:
    Villa Soragna, Parco del Molgora
    Collezione privata, Milano


    Coppia di cassettoni neoclassici in legno impiallacciato e intarsiato, il fronte con pannello scorrevole a scomparsa celante due cassetti e un cassetto sottile sotto il piano in marmo grigio; nella fascia un meccanismo a molla che nasconde cassetti segreti; il pannello centrale decorato con busti di profilo raffiguranti Bacco e Cerere entro medaglione circolare affiancato da cornucopie terminanti in girali floreali, i fianchi con fiaccola fiorita sorretta da volute vegetali, la serratura con applicazione in bronzo dorato traforato a foglie; gambe piramidali.
    L’inesauribile fonte di informazioni e fondamentale punto di riferimento sull’attività di Giuseppe Maggiolini e la sua bottega è la raccolta di disegni del Fondo Maggiolini conservata al Gabinetto delle Stampe e Disegni del Castello Sforzesco a Milano. Qui si trovano conservati disegni e lucidi preparatori per gli ornamenti destinati a essere realizzati sugli arredi, tramite l’intaglio di legni pregiati, dalla bottega di Giuseppe Maggiolini. Una caratteristica della bottega Maggiolini è l’utilizzo di modelli ornamentali ben codificati, modificati secondo le più svariate esigenze e abbinati a una grande varietà di intarsi, adattandosi così a diverse tipologie di mobili, funzioni e richieste dei committenti.
    Il profilo di Bacco presente sul fronte di uno dei commodes trova un possibile modello in due disegni, uno a penna (Raccolta Maggiolini, coll. 223, gen. 469 – fig. 1a) e l’altro acquerellato a china, opera di Giovanni Tedesco (Raccolta Maggiolini, B 194 – fig. 1b). Il fronte decorato da un medaglione con un profilo maschile o femminile si riscontra inoltre in numerose altre opere della bottega Maggiolini, come un cassettone datato 1790 e conservato presso il Museo d’Arte applicata del Castello Sforzesco (già Museo Artistico di Milano, Morazzoni 1953, tav. XI – fig. 2), altri due esemplari della collezione Consonni a Malgrate, databili all’ultimo decennio del Settecento (Museo di Milano 1938, nn. 5-6, p. 28, tav. 2) e uno della collezione Feltrinelli, eseguito intorno al 1790 (Morazzoni 1953, tav. XVIII a).
    Le cornucopie floreali che incorniciano i medaglioni sono un altro motivo ricorrente nell’opera di Maggiolini, come testimoniano alcuni disegni della già citata raccolta (Raccolta Maggiolini, coll. 178, gen. 206), alcuni dei quali pubblicati da Morazzoni (Morazzoni 1953, tav. C). Due cassettoni della collezione Ciniselli a Milano presentano identiche cornucopie con fiori affiancanti un tondo centrale, ma dipartentesi dall’alto e quindi con andamento contrario rispetto a quelle dei nostri esemplari (Museo di Milano 1938, tav. 13, nn. 29-30, p. 34).

  • MANIFATTURA DELL’ITALIA CENTRALE, INIZI XVI SECOLO E BOTTEGA DI...
    Lotto 6

    MANIFATTURA DELL’ITALIA CENTRALE, INIZI XVI SECOLO E BOTTEGA DI BERNARDINO DI BETTO, DETTO IL PINTORICCHIO
    Cassone istoriato e decorato con figure di Virtù
    Cm 79x167x62 (cm 27x32 i tre ovali con le raffigurazioni delle Virtù)

    CENTRAL ITALY, BEGINNING OF THE 16TH CENTURY
    AND WORKSHOP OF BERNARDINO DI BETTO, CALLED IL PINTURICCHIO
    Historiated cassone decorated with the figures of the Virtues
    79 x 167 x 62 cm (27 x 32 cm the three ovals depicting the Virtues)


    Il cassone qui illustrato presenta alla base uno zoccolo sporgente, formato da quattro assi di legno e quindi cavo all’interno. Lungo i fianchi tale zoccolo è aperto in arcate trilobe. La cassa è sormontata da un coperchio dalla sagoma convessa, pure leggermente sporgente.
    La decorazione interessa la fronte, i lati e il coperchio. Lungo il lato principale della cassa corre un rigoglioso motivo vegetale formato da racemi intrecciati che terminano in ghiande, per lo più sboccianti in gruppi di tre (in allusione alle tre virtù raffigurate). Tale motivo è realizzato in pastiglia rilevata, dorata e puntinata in modo da rendere la trama delle venature delle singole foglie, così come la consistenza granulosa della cupola di ogni frutto. Lo sfondo di tale decorazione è dipinto in rosso, celeste, verde e tali colori si alternano lungo l’intera fronte della cassa. I rami si compongono creando tre aperture di forma ovale, ciascuna occupata dall’immagine di una virtù. La prima a sinistra è la Carità (una figura femminile che abbraccia una coppia di pargoli, ai quali offre il suo latte), la seconda, al centro, è la Fede (una figura femminile che contempla una croce, tenuta sulla mano destra e indicata da quella sinistra), mentre la terza, all’estrema destra, non è la Speranza, terza tra le virtù teologali a fianco della Fede e della Carità, ma probabilmente la raffigurazione della Castità. La figura, seduta su un sedile marmoreo come le compagne, impugna con la mano destra uno staffile munito di flagelli e rivolge lo sguardo verso l’attributo tenuto sulla sinistra: questo oggetto di forma circolare può sembrare a prima vista uno specchio, il quale esibirebbe però uno spessore minore e, come di norma nel Rinascimento, sarebbe sostenuto da un’asta. Si tratta più verosimilmente di un piccolo setaccio, che con la sferza compone l’iconografia della Castità, come avrebbe poi affermato, all’inizio del Seicento, Cesare Ripa (1).
    La decorazione dipinta prosegue lungo lo zoccolo, i fianchi della cassa e del coperchio, ove si dipana un altro elaborato ed elegante ornato vegetale, su uno sfondo rosso chiaro, e si conclude sul coperchio, al centro del quale è rappresentata l’insegna dei Della Rovere (una quercia incorniciata da una ghirlanda di rami fruttiferi e nastri svolazzanti ai lati), sormontata da un cappello cardinalizio. Tale riferimento araldico trova piena rispondenza nei sopra citati ornati a pastiglia, essendo i rami di quercia con ghiande tra i più consueti elementi dell’ imagerie iconografica del casato, a cavallo tra XV e XVI secolo.
    Il cassone qui esaminato rappresenta una pregevole testimonianza praticamente sconosciuta della committenza dei Della Rovere in età rinascimentale. Esso fece parte della collezione Agosti Mendoza a Milano e figura nel catalogo approntato per la vendita della raccolta, messa all’asta nel 1937 (Botta 1936; Catalogo 1937), ove figurò con una datazione agli inizi del XVI secolo.

  • BOTTEGA DI JOHANNES APENGETER, ACQUAMANILE, LUBECCA, PRIMA METÀ SECOLO...
    Lotto 7

    BOTTEGA DI JOHANNES APENGETER, ACQUAMANILE, LUBECCA, PRIMA METÀ SECOLO XIV
    in bronzo a rappresentare un leone stante, nel quale sono incorporate altre tre creature: un cane, che fuoriesce dalle fauci del leone, a formare il beccuccio, un basilisco o drago alato sul dorso del leone, a formare l’ansa, ed una testa serpentiforme nella parte finale della coda.
    Cm 21,5x25,5x9,5.
    Sotto la zampa posteriore sinistra è inciso il monogramma MJ , probabilmente in epoca posteriore.

    WORKSHOP OF JOHANNES APENGETER, AQUAMANILE, LÜBECK, FIRST HALF OF THE 14TH CENTURY
    in bronze, representing a standing lion, that incorporates three other creatures: a dog, that comes out of the lion’s jaws to form the spout, a basilisk or a winged dragon on the lion’s back to form the handle, and a serpent’s head at the end of the tail.
    Cm 21,5x25,5x9,5.
    The monogram MJ under the left back paw was probably engraved at a later date.

    Provenienza
    Collezione privata, Siena

    L’acquamanile era un prezioso recipiente destinato a contenere l'acqua per lavarsi le mani, spesso foggiato a forma di animale, creatura leggendaria, cavaliere, testa o busto umano. Il termine acquamanile deriva dal latino aqua (acqua) e manus (mani) e designa un tipo di recipiente conosciuto fin dal XII secolo per permettere ai preti di lavarsi le mani durante il rito liturgico della purificazione prima dell’Eucarestia e in seguito spesso usato sulle tavole dei principi per la pulizia delle mani durante i pasti.
    Realizzati con la tecnica della fusione a cera persa, gli acquamanili sono cavi e per lo più con pareti sottili: data la loro destinazione, erano provvisti di aperture per essere riempiti d'acqua e per poterla versare, nonché di un manico per la presa. La struttura di queste suppellettili è distinguibile in quattro parti, denominate corpo, impugnatura, imboccatura e versatoio.
    La varietà di forme degli acquamanili è testimoniata nell’inventario del 1252 di St. Martin de Mayence, nel quale si legge al riguardo: “Erant uercei diversarum formarum quos manila vocant, eo quod aqua sacerdotum minibus funderetur ex eis, argentei, quidam habentes formam leonum, quedam draconu, avium et griphonum, vel aliorum animalorum quorumcumque”. Potevano infatti avere la forma del leone, del drago, di un volatile, di un grifo o di altri animali, come del resto possiamo riscontrare nei circa 380 acquamanili pervenuti fino ai giorni nostri, 120 dei quali presentano le sembianze del leone. Simbolo di forza e autorità, il leone fu infatti la forma più diffusa, e molti degli acquamanili realizzati in Germania furono realizzati ispirandosi al Leone di Brunswick, eretto di fronte al Castello di Dankwarderode e alla Cattedrale di Brunswick per volontà di Enrico il Leone, Duca di Sassonia e Bavaria, nel 1166 circa (vedi fig. 1).
    Proprio questi versatoi sono tra i migliori esempi della produzione in bronzo medievale, i cui più importanti centri di produzione erano concentrati nelle regioni della Germania settentrionale: dalla metà del secolo XII assunse particolare importanza la città di Magdeburgo, mentre tra XIII e XIV secolo risultano note le officine della Bassa Sassonia, in particolare Hildesheim e in seguito Lubecca.
    E a Lubecca fu titolare di una bottega di bronzisti dal 1332 al 1341 Johannes Apengeter (1300-1350 circa): il suo primo lavoro conosciuto, firmato, è il grande candelabro a sette braccia del Marienkirche a Kolberg (Pomerania) realizzato nel 1327, i piedi del quale, costituiti da tre leoni, presentano caratteristiche molto simili al nostro acquamanile (vedi fig. 2).

  • COMÒ A RIBALTA CON ALZATA, VENEZIA, 1750 CIRCA lastronato in legno di...
    Lotto 8

    COMÒ A RIBALTA CON ALZATA, VENEZIA, 1750 CIRCA
    lastronato in legno di noce, acero, mogano, palissandro e bois de rose , decorato a marqueterie geometrica; alzata con specchio inciso a motivi floreali.
    Cm 272x140x65.

    A VENETIAN BUREAU CABINET, CIRCA 1750
    veneered in walnut, maple-wood, mahogany and rosewood, decorated with geometric marquetry; the upper section , with a mirror engraved with floral motifs.
    272x140x65 cm

    Provenienza
    Collezione privata, Modena

    Il ritmo dolce e serrato delle curve, le raffinate profilature in bois de rose nonché il leggiadro decoro a marqueterie geometrica caratterizzano questo straordinario esemplare di trumò veneziano.
    Il termine veneziano burò-trumò si ispira alle parole francesi bureau e trumeau e sta a indicare un mobile-scrivania con alzata a specchio, arredo di gran pregio costruito sempre con estrema sapienza e abile scelta di legni.
    È il caso del nostro mobile che, come quasi sempre accade nella mobilia della Serenissima, presenta una struttura in legno dolce d’abete rivestita da una preziosa lastronatura di legni pregiati come il noce, l’acero, il mogano e il palissandro, oltre a legni di frutto e al bois de rose .
    Il superbo intarsio e il contrasto dei materiali utilizzati regalano trame policrome con un incisivo effetto volumetrico, con risultati simili a quelli che troviamo sui mobili eseguiti da grandi ebanisti francesi come Jean-François Oeben, famoso per la sua maestria in questo tipo di intarsio.
    Pur mantenendo la struttura architettonica inalterata fino al neoclassicismo, il nostro arredo mostra di adeguarsi perfettamente ai dettami della moda di metà Settecento, modulando il fronte e i fianchi con dolci curve, smussando gli spigoli e alleggerendosi nei raffinati piedi en cabriole e nelle fini rocailles intarsiate sul grembiule sagomato.
    Non sfugge a questa logica costruttiva di curve e controcurve neppure la calatoia che si apre su una base a due cassetti, scoprendo uno scarabattolo con due cassettini e altrettanti vani centrati da uno piccolo sportello, anch’essi mossi.
    L’alzata presenta un’anta con specchio al mercurio inciso a motivi floreali, che segue le linee ondulate del mobile e termina con un cappello realizzato con legno di testa e spezzato in tre moduli curvilinei. Al suo interno nasconde due file di cassetti intervallati da un’anta centrale e piccoli vani a giorno, spesso destinati ad accogliere preziose porcellane.
    La inusuale e raffinata decorazione a marqueterie geometrica di questo trumò fa pensare a una committenza straniera, forse un rampollo di una nobile famiglia austriaca o francese o a un uomo d’affari inglese, personaggi che durante il XVIII secolo si trasferirono a vivere nella laguna veneziana.
    Un comò della stessa manifattura è pubblicato su C. Santini, Mille mobili veneti , Modena 2002, vol. III, tavv. 112-113 (fig. 1); un altro è pubblicato su S. Levy, Il Mobile Veneziano Del Settecento , vol. I, Milano 1964, tav. 107 (fig.2)

    Bibliografia di confronto
    S. Levy, Il Mobile Veneziano del Settecento , vol. I, Milano 1964;
    C. Santini, Mille mobili veneti , vol. III, Modena 2002.


    The gentle, uninterrupted rhythm of the curves , the refined rosewood borders and the elegant geometric marquetry decoration characterize this extraordinary example of Venetian trumeau.

  • OROLOGIO CARTEL , FRANCIA, PERIODO LUIGI XV, 1745-1749 in bronzo cesellato e...
    Lotto 9

    OROLOGIO CARTEL , FRANCIA, PERIODO LUIGI XV, 1745-1749
    in bronzo cesellato e dorato, riccamente decorato con figura femminile nella parte superiore e putti alati fra nuvole nella parte inferiore. Reca il punzone con la C coronata, a conferma della realizzazione tra il 1745 e il 1749, secondo l'obbligo imposto proprio in questi anni di pagare una tassa sui bronzi. Quadrante in smalto dipinto nei toni del blu e del nero con lancette in bronzo dorato; quadrante e meccanismo firmati Charles Voisin a Paris . Meccanismo funzionante con scappamento ad ancora; suona le ore e le mezz’ore.
    Cm 67x30x11,5.

    A LOUIS XV CARTEL CLOCK, FRANCE, 1745-1749
    in chiselled gilt-bronze, richly embellished with a female figure at the top and winged putti among clouds at the bottom. It is marked with the “C” couronné poinçon , which testifies the execution to between 1745 and 1749, when the payment of a tax on bronze objects was introduced. White enamel dial with blue and black numerals, gilt-bronze hands, the dial and the movement signed Charles Voisin a Paris . Movement currently working with anchor escapement; the clock strikes the hours and half hours.
    67x30x11,5 cm

    Provenienza
    Galleria Kugel, Parigi
    Collezione privata, Casale Monferrato


    Charles Voisin (1685-1761), uno dei più illustri orologiai dell’epoca attivo a Parigi in Rue de Sèvres prima e dal 1713 in Rue Dauphine, fu nominato maître horloger il 6 agosto 1710, ricoprì il ruolo di Garde Visiteur dal 1726 al 1728 e ricevette l’onoreficenza di Grand Messager Jurè de l’Universitè de Paris .
    Negli orologi da lui firmati, commissionatigli nel corso dei decenni tanto dalla famiglia reale quanto da numerosi membri dell’aristocrazia francese, la preziosa esecuzione scultorea prevale spesso sulla raffinatezza del movimento, che si presenta piuttosto semplice. L’elemento predominante dei suoi orologi da parete ( cartels d’applique ) è infatti la decorazione della cassa, che nell’epoca di Luigi XV evidenzia una spiccata asimmetria.
    La ricercatezza e la volontà di ottenere il meglio rendevano gli orologi opere complesse, al punto da richiedere la partecipazione di diverse competenze: disegnatori, scultori, fonditori, doratori e orologiai. Sappiamo ad esempio che lo stesso Voisin collaborò con Adrien Dubois, realizzatore di casse intarsiate, con i fratelli Martin, noti per casse decorate con figure orientali laccate, e anche con Jean-Joseph de Saint-Germain, celebre fonditore di bronzi e creatore di importanti opere su disegni di artisti quali Augustin Pajou e Louis-Félix de La Rue.
    Le ricche rocailles che decorano questi orologi, con un continuo inseguimento di curve senza interruzioni, arricchite da rametti fioriti, ghirlande, foglie oltre che putti alati e graziose divinità, sono invenzioni di disegnatori del calibro di Gilles Marie Oppenordt, Juste Aurèle Meissonier o Nicolas Pineau.
    Orologi come quello che qui presentiamo sono conservati nei più importanti musei del mondo, quali ad esempio il Louvre di Parigi e la Wallace Collection di Londra.
    Un esemplare molto vicino al nostro (vedi fig. 1) è pubblicato da Pierre Kjellberg nel suo fondamentale studio sulle pendole francesi (p. 101, tav. G).

  • LIBRO D'ORE ALL'USO DI TOURS in latino e in francese Francia, Tours, c....
    Lotto 10

    LIBRO D'ORE ALL'USO DI TOURS in latino e in francese Francia, Tours, c. 1500-1508 MANOSCRITTO MINIATO SU PERGAMENA, in 8vo (173 x 111 mm), [123] carte, numerate 1-247 da mano posteriore (ultima carta bianca). Completo. Specchio di scrittura 97 x 65 mm. BOOK OF HOURS, USE OF TOURS in Latin and French France, Tours, ca. 1500-1508 ILLUMINATED MANUSCRIPT ON VELLUM, 8vo (173 x 111), [123] leaves numbered 1-247 by a later hand (last leaf blank). Complete. Written-space 97 x 65 mm.Testo su una colonna di 16 righe, in caratteri gotici in inchiostro marrone scuro, con nomi delle sezioni e di alcuni santi nel Calendario in rosso. Numerose iniziali alte una o due linee filigranate in oro su fondo blu o rosso, numerose fasce decorative alte una linea filigranate in oro su fondo rosso. UNDICI GRANDI MINIATURE A PIENA PAGINA con le figure in colore neutro con fini ombreggiature e lumeggiature in bianco, e con dettagli della carnagione in rosa, su fondali blu, e con aureole e raggi di luce in oro, e TRE AMPIE BORDURE FLOREALI POLICROME (bianco, rosso, verde, blu, giallo, rosa e cremisi) su fondo oro, abitate da libellule, farfalle, bruchi, una mosca e una coccinella. Armi presumibilmente coeve miniate a colori alla carta 26v. (Nella miniatura dell’Annunciazione lo scritto al verso della carta si vede attraverso la pergamena, soprattutto in corrispondenza delle figure; questo accade, ma in modo meno evidente, in un paio di altre miniature; due bordure presentano piccole abrasioni agli angoli). Legatura francese di fine Ottocento firmata "Fauconnier" in marocchino rosso riccamente decorato in oro e con fermagli, sguardie marmorizzate, tagli dorati, segnacolo di seta. Custodia cartonata rivestita in tela. Il codice è staccato dalla legatura, che presenta un paio di trascurabili difetti all’interno ma, esternamente, è in ottime condizioni. INUSUALE E SQUISITO LIBRO D'ORE MINIATO NEL GUSTO DI JEAN BOURDICHON E DAL MAESTRO DI CLAUDIA DI FRANCIA PROVENIENZA: Il manoscritto è stato miniato a Tours e prodotto per l'uso di quella città, come dimostrano gli incipit delle varie sezioni dell'Ufficio della Vergine e dell'Ufficio dei Morti. Ad ulteriore conferma, il calendario segnala in rosso la traslazione delle spoglie di San Martino, vescovo di Tours, il 4 luglio e l'11 novembre, e le feste di San Gregorio di Tours (7 novembre) e di San Gaziano di Tours (18 dicembre), santi che sono nominati anche nelle Litanie. Stemma non identificato, presumibilmente coevo, miniato alla carta 26v, racchiuso entro ghirlanda di foglie decorata da nastri rossi.

  • MAESTRO DEL PONTIFICALE DI GIOVANNI BAROZZI, INIZIALE "O", ENTRATA...
    Lotto 11

    MAESTRO DEL PONTIFICALE DI GIOVANNI BAROZZI,
    INIZIALE "O",
    ENTRATA DI CRISTO IN GERUSALEMME
    Lombardia (Bergamo), terzo quarto del XV secolo
    tempera su pergamena, foglio da antifonario, 545 x 370 mm, lettera iniziale 200 x 200 mm.

    MASTER OF THE PONTIFICAL OF GIOVANNI BAROZZI,
    HISTORIATED INITIAL "O"
    THE ENTRANCE OF CHRIST IN JERUSALEM
    Lombardy (Bergamo), third quarter of the 15th century
    tempera on vellum, cutting from antiphonary, 545 x 370 mm, initial 200 x 200 mm.

    "Scrittura gotica rotonda, notazioni musicali su tetragramma. Iniziale "I" rubricata in colore blu con disegni a penna sul verso del foglio. Iniziale "O", "Osanna filio david benedictus qui venit in nomine", antifona della domenica delle Palme. Precede l’antifona rubricato: "In die palmarum completa tertia et aspersione ague more solito sancta. Sacerdos indutus procedit sine casula cum ministris indutis et ramis in medio ante altare positis a choro cantatur antiphona Osanna filio david". La rubrica descrive l'ingresso del sacerdote, secondo il rito liturgico della domenica delle Palme, con l'aspersione dell'acqua santa e la collocazione dei rami di palma sull'altare, mentre viene intonato il canto dell'Osanna. (Qualche foro causato dall'inchiostro, abrasioni alla parte inferiore del foglio).
    Al centro è rappresentato entro un compasso polilobato il profeta Isaia con un lungo cartiglio, mentre indica con la destra l'episodio rappresentato nell’iniziale con l' Entrata di Cristo in Gerusalemme . Cristo benedicente e accompagnato dai suoi discepoli avanza verso Gerusalemme accolto da una folla festante che al suo passaggio stende a terra le vesti, mentre un poco distante tre giovani stanno tagliando dei rami di palma. La città santa di Gerusalemme è rappresentata in lontananza, chiusa nel perimetro delle sue mura con torri quadrangolari. Il simbolo della mezzaluna, visibilmente ripetuto sulle torri più alte, le identifica come città non più cristiana. Tra gli edifici facilmente riconoscibile è la struttura a pianta centrale del Santo Sepolcro sulla cui sommità sono rappresentati due personaggi inturbantati. Sullo sfondo dorato, che riquadra l'iniziale, sono dipinti i simboli dei quattro Evangelisti, mentre al di sopra della lettera S. Gerolamo, rappresentato con il galero cardinalizio, ripete lo stesso gesto di Isaia, indicando l'episodio narrato nella lettera iniziale. A sinistra e a destra nel margine inferiore del foglio sono rappresentati due episodi della Passione. Nella Salita al Calvario , Gesù, sostenuto da Maria e Giovanni e dalle Pie Donne, è trascinato da alcuni soldati, uno di questi lo percuote sul capo. Gesù porta la croce sulla quale sono già conficcati i chiodi, un particolare iconografico non molto frequente. A destra Cristo risorto appare alla Maddalena . Quest'ultimo episodio sintetizza due momenti diversi: l'apparizione di Gesù alla Maddalena, noto come Noli me tangere , e l'apparizione di Cristo ai suoi e alla madre dopo la resurrezione. Accanto alla Maddalena e alle Pie Donne si scorge la figura inginocchiata di un frate che dall'abito potrebbe appartenere all’ordine domenicano. La sua presenza ci permette di ipotizzare una possibile originale destinazione del codice ad un convento dell'ordine. La decorazione a foglie di acanto continua nel margine destro del foglio fino ad incorniciare in alto la figura a mezzo busto benedicente di un Santo pontefice.

  • REPUBBLICA ITALIANA, 500 LIRE PROVA, 1957 Diametro 29,5 mm, peso 11 grammi...
    Lotto 12

    REPUBBLICA ITALIANA, 500 LIRE PROVA, 1957
    Diametro 29,5 mm, peso 11 grammi
    Rarissima, argento 835/1000
    1.070 pezzi coniati
    conservazione quasi fior di conio

    ITALIAN REPUBLIC, 500 LIRA PROOF, 1957
    Diameter 29.5 mm, weight 11 grams
    Very rare, 835/1000 silver
    one of 1,070 pieces coined
    condition: almost uncirculated


    Fu per volere del Ministro del Tesoro Giuseppe Medici che la prima moneta della Repubblica Italiana, le 500 lire “Caravelle”, venne coniata dalla Zecca di Roma.
    La realizzazione del modello venne affidata all’allora capo incisore della Zecca, Pietro Giampaoli, che per il diritto della moneta scelse un busto femminile di profilo abbigliato secondo la moda rinascimentale e circondato da stemmi di città e regioni italiane.
    Se tale progetto fu ben accolto in quanto si adattava perfettamente, con il richiamo al Rinascimento e agli stemmi, al significato di “rinascita” cui la moneta voleva alludere, diverso esito ebbe la proposta di Giampaoli per il rovescio, per il quale aveva previsto una rosa.
    Chiamati in causa altri incisori, a dimostrarsi all’altezza del compito fu Guido Veroi: per il verso delle 500 lire scelse le tre caravelle della scoperta dell’America, ricollegandosi così, rafforzandolo, all’intuitivo richiamo al Rinascimento già effettuato da Giampaoli nel diritto.
    Subito approvata dal direttore della Zecca di Roma, la prova della moneta venne messa in atto a partire dal 1957, anno in cui uscirono 1.070 esemplari delle 500 lire, il cui successo di pubblico fu immediato: al diritto la moneta presentava una figura di donna abbigliata e pettinata alla moda rinascimentale, incorniciata da 19 stemmi e con il nome dell’incisore Giampaoli , mentre nel rovescio apparivano la Nina, la Pinta e la Santa Maria tra le onde del mare, con la scritta “REPUBBLICA ITALIANA” passante in alto e in basso il valore, “L. 500”, la sigla “R” della Zecca e l’indicazione “PROVA”; sul taglio, l’anno “1957”, in rilievo e circondato da 3 stelle.
    La prova della nuova moneta era appena uscita che subito si accese intorno a essa una vera e propria querelle : a dicembre del 1957 il capitano di marina Giusco di Calabria sollevò il dubbio che le bandiere degli alberi maestri della Nina, della Pinta e della Santa Maria fossero state disegnate “controvento”. Attorno alla questione si scatenò un dibattito che vide impegnati molti specialisti del settore, scatenando addirittura la stampa locale; se alcuni sostenevano che le bandiere fossero disposte in maniera assolutamente sbagliata, altri ritenevano invece che la scena raffigurasse un altro metodo di navigazione, con il vento “a bolina”.
    L’emissione della nuova moneta era tuttavia un avvenimento troppo importante perché si potesse rischiare di cadere in errore. Prima del conio ufficiale, il modello di prova venne quindi modificato, e nell’agosto del 1958 le 500 lire Caravelle entrarono in circolazione con le bandiere disposte in maniera tradizionale, rendendo così quei 1.070 esemplari di prova, con le bandiere “a rovescio”, un pezzo unico, ambito da ogni collezionista di numismatica.

  • Giovanni Boldini (Ferrara 1842 - Parigi 1931) DALLA MODISTA (SIGNORA ALLO...
    Lotto 13

    Giovanni Boldini
    (Ferrara 1842 - Parigi 1931)
    DALLA MODISTA (SIGNORA ALLO SPECCHIO)
    olio su tavola, cm 90x45,6
    firmato in basso a destra
    retro: iscritto "N’ 93 (?) invent Boldini / Emilia Boldini Cardona / 1931"

    DALLA MODISTA (SIGNORA ALLO SPECCHIO)
    oil on panel, 90x45.6 cm
    signed lower right
    on the reverse: "N’ 93 (?) invent Boldini / Emilia Boldini Cardona / 1931"


    Provenienza
    Lascito ereditario Boldini
    Collezione privata
    Galleria Il Prisma, Cuneo
    Collezione privata, Milano
    Collezione privata, Lugano

    Esposizioni
    Libreria de "La Stampa", Saletta del Grifo, Torino, gennaio 1946
    Pittori dell'800 e del '900 , a cura di G.L. Marini, Galleria "Il Prisma", Cuneo 1984

    Bibliografia
    A.M. Brizio, La Mostra Boldini , in "Opinione", 15, Torino, 17 gennaio 1946
    Diciannove Boldini nella "Saletta del Grifo", in "La Nuova Stampa", Torino, 19 gennaio 1946
    S.G., Mostra d'Arte, 19 Boldini , in "L'Unità", 19, Torino, 22 gennaio 1946
    E. Camesasca, L'opera completa di Boldini , introduzione di C.L. Ragghianti, Milano 1970, pp. 102-103 n. 150
    Pittori dell'800 e del '900 , a cura di G.L. Marini, Galleria "Il Prisma", Cuneo 1984, pp. 20-21
    Annuari di economia dell'Arte - Valore dei dipinti del'800 , a cura di P. Dini e E. Piceni, terza edizione, Torino 1985, p. 28
    B. Doria, Giovanni Boldini. Catalogo generale dagli archivi Boldini , Milano 2000, n. 364
    P. e F. Dini, Giovanni Boldini, 1842-1931. Catalogo ragionato. III.1 Catalogo ragionato della pittura a olio con un ampia selezione di pastelli e acquerelli, 1-666 , Torino 2002, n. 652 p. 350


    Di Giovanni Boldini si è parlato moltissimo, ma proprio con opere come questa che viene presentata, ci si rende conto della raffinatezza dell'artista di Ferrara, pittore unico, che riesce, pur mostrando la classicità del soggetto, ad essere moderno, anzi modernissimo, e con quelle sue pennellate veloci e guizzanti dona ai suoi quadri ritmo e movimento. Il nostro dipinto è caratteristico del momento centrale della plenitudo potestatis di Boldini che va dal 1892 all'inizio della prima guerra mondiale, quando l'artista diviene il più ricercato e fra i più pagati ritrattisti della Belle Epoque .
    Grande produttore di "figure eleganti", riesce a darci con i suoi quadri, frutto di ispirazioni improvvise, l'apoteosi di tutto ciò che è la vita di Parigi, e fa dire a Bernard Berenson: " ...Boldini interpretava ottimamente la massima eleganza muliebre di un'epoca in cui essa era fin troppo rivestita dagli artifizi dei sarti e delle modiste, e figurativamente legata a pose ambigue, tra il salotto e il teatro. Ma quei ritratti hanno un forte potere d'incanto: rivelano impulsive, sicure doti di pittore, e anche un certo pepe satirico..." (cfr. B. Berenson, Giorni d'autunno in Romagna, in Pellegrinaggi d'arte , prefazione di E. Cecchi, Milano 1958).
    E' dalla Parigi brulicante e in continua animazione che Boldini trae ispirazione e traccia un manifesto celebrativo del dinamismo e della velocità, giungendo ad una sorta di pittura convulsa nella quale ogni descrizione cade, per evidenziare l'esplosione di un gesto di ragionata rappresentazione della velocità e del movimento, facendo dichiarare alla critica che è un precursore di Boccioni, e che precursore!

  • Giuseppe De Nittis (Barletta 1846 - Saint-Germain-en-Laye 1884) GUIDANDO AL...
    Lotto 14

    Giuseppe De Nittis
    (Barletta 1846 - Saint-Germain-en-Laye 1884)
    GUIDANDO AL BOIS
    olio su tela, cm 31,5x42
    firmato e datato "74" in basso a destra
    sul retro: cartiglio "Mostra celebrativa di Giuseppe De Nittis e dei pittori della Scuola di Resina, 8 giugno – 11 agosto 1963 / Società Promotrice di BB.AA. Salvator Rosa - Villa Comunale - Padiglione Pompeiano - Napoli"

    GUIDANDO AL BOIS
    oil on canvas, 31.5x42 cm
    signed and dated “74” lower right
    on the reverse: label " Mostra celebrativa di Giuseppe De Nittis e dei pittori della Scuola di Resina, 8 giugno – 11 agosto 1963 / Società Promotrice di BB.AA. Salvator Rosa - Villa Comunale - Padiglione Pompeiano - Napoli"


    Provenienza
    Collezione Stramezzi, Crema
    Collezione Crespi, Milano
    Collezione privata, Milano

    Esposizioni
    Mostra di Giuseppe De Nittis e dei pittori della "Scuola di Resina" , Società Promotrice di Belle Arti Salvator Rosa, Napoli 8 giugno - 11 agosto 1963

    Bibliografia
    V. Pica, Giuseppe De Nittis, l'uomo e l'artista , Milano 1914, p. 102
    E. Piceni, De Nittis , Milano 1955, p. 170 n. 53
    M. Pittaluga, E. Piceni, De Nittis. Catalogo generale dell'opera , I, 1963, n. 264 tav. XVI
    E. Piceni, De Nittis , Milano 1963, pp. 60-61 n. 33, tav. XXXIII
    E. Piceni, De Nittis , l'uomo e l'opera , Busto Arsizio 1979, n. 23
    R. Monti, Signorini e il naturalismo europeo , Roma 1984, pp. 104, 191, n. 82
    R. Monti, Giuseppe De Nittis , catalogo della mostra (Milano, Palazzo della Permanente, 11 aprile-27 maggio 1990 / Bari, Pinacoteca Provinciale, 2 giugno-29 settembre 1990), Firenze 1990, p. 50 fig. 27
    P. Dini, G.L. Marini, R. Mascolo, De Nittis. La vita, i documenti, le opere dipinte , Torino 1990, I: n. 489 p. 395, II: ill.


    È a Parigi che De Nittis affina la sua capacità di acuto osservatore della realtà e soprattutto di quell'aspetto della vita metropolitana legato alla mondanità e all'eleganza.
    Per apprezzare il talento dell'artista nel raffigurare le scene di vita quotidiana, basta confrontarle con quelle dei suoi epigoni e imitatori.
    Ciò che colpisce in questo quadro è l'atmosfera che l'artista riesce a ricreare, passando con estrema naturalezza da particolari finiti di incredibile acutezza allo splendore dello sfondo ottenuto con sapiente uso della macchia, con la purezza coloristica degna del miglior impressionismo.
    Tutto ciò conferisce all'opera il fascino del capolavoro, nel quale ogni pennellata, ogni tocco di colore si fondono nella geometria della composizione, dando vita ad un piccolo prodigio.
    Guidando al Bois è un prezioso documento per riafferrare voci, luci, colori e lo spirito dell'epoca.
    L'artista presentò il dipinto al "Salon" del 1874, assieme a Che freddo .
    "... Orbene la giuria di accettazione non accolse che uno soltanto di essi, Che freddo!, ma, prima che la decisione diventasse irre-vocabile, uno dei soci del Goupil si recò in casa del pittore pu-gliese e, con lunghe circonlocuzioni, gli lasciò comprendere che, se egli avesse rinunciato alle sue eccessive velleità d'indipendenza e si fosse mostrato disposto a ritornare remissivamente nell'ovile, lo scorno di un rifiuto gli sarebbe stato risparmiato.
    Giuseppe De Nittis comprese che il momento era decisivo per lui e per la sua futura carriera e seppe avere, senza alcuna esitazione, il coraggio di rispondere con un no reciso, rinunciando con esso ad un contratto proficuo ed alla protezione di una cricca ultra-potente, ma riconquistando altresì la completa sua libertà artistica.

  • TESTA DI AFRODITE , PRODUZIONE ROMANO IMPERIALE DELLA METÀ DEL II SEC....
    Lotto 15

    TESTA DI AFRODITE , PRODUZIONE ROMANO IMPERIALE DELLA METÀ DEL II SEC. D.C
    da un modello tardo classico di gusto prassitelico
    in marmo bianco a grana fine scolpito, levigato e finito a trapano, alt. cm 28,5

    Per questo reperto la Soprintendenza Archeologia della Toscana ha intenzione di avviare il procedimento di vincolo ai sensi del D.Lgs n. 42/2004


    HEAD OF APHRODITE
    Roman Imperial, mid-2 nd century A.D., from a late-classical model in the style of Praxiteles
    small grain white marble, carved, polished and finished with a drill, height cm 28.5

    For this find the Archaeological Superintendence of Tuscany will initiate the procedure for the declaration of cultural interest in accordance with the D. Lgs n. 42/2004

    Bibliografia: Catalogo della raccolta di antichi marmi di scavo provenienti dalla Villa già Blanc in via Nomentana 216 , L’Antonina- Galleria d’Arte, ottobre 1954, p. 7, n. 60


    La dea è raffigurata girata leggermente a destra e con la testa inclinata verso il basso, lo sguardo rivolto in avanti, i capelli molto mossi si separano sulla fronte in piccole ciocche ricadenti e sono divisi al centro per riunirsi in un nodo alla sommità della testa e in uno chignon annodato sulla nuca; la fronte è ampia, le arcate sopracciliari in evidenza con occhi fortemente chiaroscurati con indicazione della palpebra e del dotto lacrimale; il naso è rettilineo, gli zigomi appena rilevati, la bocca è piccola e con labbra carnose leggermente socchiuse, il mento appena pronunciato, il collo mostra la muscolatura; le orecchie sono piccole e in parte coperte dalla capigliatura.
    Stato di conservazione : integra ad eccezione di una scheggiatura sul naso, tracce di rilavorazione nella parte anteriore dell’acconciatura.
    L’opera è un prodotto di alta qualità di un artigiano romano che guarda ad un modello prassitelico del IV secolo avanti Cristo come l’ Afrodite al bagno della quale non replica esattamente tutti i dettagli ma la interpreta e la modifica inserendo piccole caratteristiche personali, come i riccioli che scendono ai lati delle tempie.
    L’artista deve aver avuto ben presente anche l’ Afrodite accovacciata di Doidalsas, eseguita alla metà del III secolo avanti Cristo, della quale il nostro esemplare ripete in parte la torsione della testa verso destra.
    Alcuni confronti calzanti possono istituirsi con una piccola statuetta conservata alla Ny Carlsberg di Copenhagen (IN 2004) in bronzo, con la cosiddetta versione Lely del British Museum (GR 1963.10-29.1) e con un esemplare conservato al Louvre (MR 371).


    The goddess is represented with her head bent forward and slightly to the right, looking ahead; the curly hair, parted in the middle and falling onto the forehead in small locks, is gathered both at the top of the head and in a chignon at the back of the neck; the forehead is broad, the arches of the eyebrows are well-defined, the eyes are strongly contrasted and the eyelids and tear ducts are clearly delineated; the nose is straight, the cheekbones are only just prominent, the slightly open mouth, with its full lips, is small, the contour of the chin is only slightly protruding, the muscles show in the neck; the ears are small and partly concealed by the hair.
    Condition : the sculpture is intact, with minimal breakage on the nose, signs of reworking in the hair at the front.

  • LUCERNA, ROMA, FINE SECOLO XVIII, ARGENTIERE ALESSIO COSTANZI base circolare...
    Lotto 16


    LUCERNA, ROMA, FINE SECOLO XVIII, ARGENTIERE ALESSIO COSTANZI
    base circolare gradinata con bordo decorato da foglie lanceolate, fusto con coppa porta olio a quattro beccucci, ventola elegantemente sbalzata e cesellata a fiori e farfalle, finale a cerchio perlinato, alt. cm 96, base appesantita

    A SILVER OIL LAMP, ROME, END OF THE 18 th CENTURY, ALESSIO COSTANZI
    on spreading circular foot decorated with lanceolate leaves around the border, the stem with an oil receptacle with four spouts, the shade elegantly embossed and chased with flowers and butterflies, beaded loop handle, 96cm high, weighted base

    L'attività di Alessio Costanzi (1765-1822) è testimoniata dal 1762, anno in cui figura come lavorante argentiere presso la bottega del padre Bonaventura Costanzi a Roma.
    Nel 1765 ottenne la patente di orefice e tra il 1770 e il 1819 guida tre botteghe in Via del Pellegrino una all'insegna della Fortuna, una all'insegna dell'Aquila ed una all'insegna dell'Ercole.
    Il bollo che si trova sulla lucerna, che sembra raffigurare un'aquila gotica, è quello che il maestro usò dal 1765 al 1810. Dal 1811 al 1822 il bollo sarà A96C entro losanga.


    Bibliografia di confronto:
    C. G. Bulgari, Argentieri, Gemmari e Orafi d'Italia, Roma, 1980, pp. 327-328

    The activity of Alessio Costanzi (1765-1822) is documented in 1762, when he appears as a silversmith worker in the workshop of his father, Bonaventura Costanzi, in Rome.
    In 1765 he is granted a silversmith’s licence and between 1770 and 1819 he runs three workshops in Via del Pellegrino, the shop signs of which showed respectively the figure of Fortune, the Eagle and Hercules.

    The mark on the oil lamp, which resembles a Gothic eagle, is the one used by the silversmith from 1765 to 1810. From 1811 to 1822 the mark will become A96C in a lozenge.

    Literature
    C.G. Bulgari, Argentieri, Gemmari e Orafi d’Italia , Roma 1980, pp. 327-328





  • COPPIA DI FIASCHE DA PELLEGRINO, LONDRA, 1867, ARGENTIERE GEORGE FOX base...
    Lotto 17

    COPPIA DI FIASCHE DA PELLEGRINO, LONDRA, 1867, ARGENTIERE GEORGE FOX
    base ovale baccellata, parte inferiore decorata con tecnica cut-card , sui
    fianchi due protomi femminili tra volute vegetali che trattengono le catenelle di
    sospensione, coperchio baccellato con finale traforato a volute, alt. cm
    41, g 5370, venduta da Lambert & Rawlings (2)

    PAIR OF PILGRIM FLASKS, LONDON, 1867, GEORGE FOX
    oval gadrooned foot, applied with lobed cut-card work, cast leaf-flanked female masks on either side with pendent heavy chain of curved links, applied with further cut-card work and stylized stiff foliage at the neck, gadrooned cover with openwork finial, 41cm high, 5370 gr., retailed by Lambert & Rawlings (2)


    Il modello qui presentato riprende i modelli delle fiasche da pellegrino in maiolica o in argento già in uso dal XVI secolo. In particolare si può confrontare con l’esemplare conservato oggi al Victoria and Albert Museum di Londra (fig.1)
    George Fox (1816-1910) fu figlio d’arte. Il nonno Charles Fox, infatti, fondò la ditta di argenteria nel 1801 circa in società con James Turner al numero 3 di Old Street a Londra.
    La manifattura viene citata nella Holden Directory di Londra, l’elenco di mercanti e artigiani attivi in quegli anni.
    La società con James Turner fu sciolta nel 1804 e Charles Fox continuò la sua professione al 139 di Old Street dove, dal 1822 , cominciò l’attività di argentiere anche il figlio Charles Fox Junior.
    In questi anni la manifattura è ricordata non solo per la creazione di oggetti in argento ma anche come laboratorio per restauri e dorature.
    Nel 1841 la società a conduzione familiare si arricchì anche della manodopera dei figli di Charles Fox Junior.
    Charles Thomas Fox (1801-1872) e George Fox (1816-1910) cominciarono a lavorare come argentieri nella C.T.&G. Fox che dal 1852 spostò la sua sede al 13 di Queen Street. L’attività in quegli anni ebbe come principale sbocco di commercio la collaborazione con i più grandi orefici del momento come Lambert & Rawlings in Coventry Street per cui crearono anche le opere in mostra all’Esposizione Universale del 1851 ed importanti commissioni da parte delle notabili famiglie inglesi. Le fiasche qui proposte sono proprio frutto di questa collaborazione
    Nel 1860 il fratello di George Fox si ritirò ed egli divenne l’unico socio dell’azienda di famiglia fino al 1910 anno della sua morte.

    Cfr.:J. Culme, The Directory of Gold & Silversmiths, Jewellers & Allied Traders 1838-1914, 1987, pp. 162-163

    The model we are here presenting was inspired by the majolica or silver pilgrim flasks which were already in use in the 16 th century. We can compare it in particular with the one today in the Victoria and Albert Museum, London (fig. 1).
    George Fox (1816-1910) followed in the family tradition: in 1801 his grandfather Charles Fox had in fact founded a silverware company in partnership with James Turner at no. 3, Old Street, London. The manufactory is mentioned in the Holden Directory of London, the list of merchants and artisans active in those years. The partnership with James Turner was dissolved in 1804 and Charles Fox continued the business at no. 139, Old Street, where, in 1822, his son Charles Fox Junior also started working as a silversmith.

  • UN ECCEZIONALE E RARO CRONOGRAFO DA POLSO IN ACCIAIO, ROLEX, REF. 6263, CASSA...
    Lotto 18

    UN ECCEZIONALE E RARO CRONOGRAFO DA POLSO IN ACCIAIO, ROLEX, REF. 6263, CASSA N. 2’085'512, cosmograph daytona QUADRANTE ‘PAUL NEWMAN PANDA’, 1970 CIRCA, con scatola

    Cassa Oyster in acciaio lucido e satinato con fondello, corona e pulsanti cronografici a vite, lunetta nera graduata con scala tachimetrica a 200 unità per ora. Quadrante bicolore bianco e nero, indici applicati di forma quadrata in acciaio e puntiformi in materiale luminescente, lancette a bastone con inserto in materiale luminescente, , tre quadranti ausiliari con registri dei 30 minuti, delle 12 ore e secondi continui, scala periferica con suddivisione dei minuti e di 1/5 di secondo. Movimento a carica manuale calibro 727. Bracciale a maglie Oyster con chiusura deployant. Diam. mm 37,5.

    AN EXCEPTIONAL AND RARE STAINLESS STEEL CHRONOGRAPH WRISTWATCH, ROLEX REF. 6263, CASE 2’085’512, COSMOGRAPH DAYTONA ‘PAUL NEWMAN PANDA DIAL’, CIRCA 1970, WITH BOX
    Brushed and polished Oyster case with screw-down crowns, pushers and back, black bezel calibrated for 200 units per hour. Bi-colour black and white dial, applied square indexes , luminous baton hands, three subsidiary engine-turned dials for 30 minute and 12 hour registers and constant seconds, outer minute and 1/5 second divisions. Caliber 727 manual winding movement. Stainless steel Oyster bracelet, deployant clasp. Diam. 37.5 mm

  • Pietro Novelli, detto Il Monrealese (Monreale 1603 – Palermo 1647)...
    Lotto 19

    Pietro Novelli, detto Il Monrealese
    (Monreale 1603 – Palermo 1647)

    PROMETEO CREA L’UOMO

    olio su tela, cm 248,5x175,5 entro cornice antica, dorata con intaglio a motivo di
    piccoli ovuli e perlinature

    PROMETHEUS CREATING MAN

    oil on canvas, 248.5 x 175.5 cm, in an antique carved giltwood frame with a small egg
    beading motif


    Provenienza
    collezione privata

    Inedito e privo di riscontri nelle fonti biografiche sull’artista monrealese, né tanto meno documentato da pagamenti, lo splendido dipinto qui presentato costituisce un’aggiunta importante al catalogo di Pietro Novelli, di cui sembra restituire un’immagine in qualche modo imprevista. Sebbene infatti la sua produzione di soggetto religioso e di destinazione pubblica sia oggi ampiamente nota grazie agli studi che a partire dalla prima metà dell’Ottocento hanno contribuito a definire il suo catalogo, il suo corpu s di opere sacre e soprattutto profane legate alla committenza privata resta ancora in gran parte sconosciuto.
    Non è dubbio però che nel corso dei circa due decenni che a Palermo lo videro indiscusso protagonista, procurandogli altresì una posizione di assoluto rilievo nella scuola pittorica meridionale, Novelli non si rivolse esclusivamente al pubblico delle confraternite e degli ordini religiosi ma dipinse con pari impegno, sebbene in misura non ancora accertata, soggetti mitologici talvolta dedicati, come in questo caso, a temi così inusuali da suggerirne una committenza particolarmente colta e sofisticata.
    Nell’ Elogio storico di Pietro Novelli pubblicato da Agostino Gallo nel 1828 sono ricordati ad esempio, sebbene non più esistenti al tempo del biografo, una serie di affreschi di soggetto mitologico che l’artista avrebbe eseguito nel vestibolo dell’antico palazzo della Zisa; due tele raffiguranti Andromaca e il Ratto di Europa segnalate nel Settecento dal pittore Giuseppe Velàzquez; un soggetto mitologico non precisato nella collezione del principe di Patti, e una Contesa di Apollo e Pan , quest’ultimo forse identificabile con il dipinto nel Musée des Beaux Arts di Caen o quanto meno di uguale soggetto.
    Anche i rari disegni del Monrealese confermano quest’aspetto della sua attività, come ad esempio i fogli a lui attribuiti nella Galleria Regionale della Sicilia a Palermo e dedicati alla morte di Adone, al giudizio di Paride e alla storia di Polifemo e Galatea.
    Oltre al già citato Giudizio di Mida nel museo di Caen, solo la raffinatissima tela raffigurante l’uccisione della ninfa Coronide per mano di Apollo restituita al Novelli da Sebastian Schuetze ed esposta a suo nome nell’importante rassegna monografica dedicatagli nel 1990 documenta però quest’aspetto della sua attività, che oggi si accresce, per l’appunto, grazie al Prometeo che qui presentiamo: un tema così raro - se non addirittura unico - da far ritenere che Novelli lo eseguisse su richiesta specifica di un committente di erudizione non comune e appartenente all’ ambiente accademico di Palermo, forse proprio il Cavaliere Carlo Maria Ventimiglia, uno scienziato assai noto anche nel mondo letterario, che i biografi del pittore monrealese ricordano in contatto con lui.

  • Matteo Civitali (Lucca 1436-1501) MADONNA DEL LATTE, 1470 circa altorilievo...
    Lotto 20

    Matteo Civitali
    (Lucca 1436-1501)

    MADONNA DEL LATTE, 1470 circa

    altorilievo in terracotta policroma entro tabernacolo ligneo coevo e centinato con intagli nella cornice a ovuli e
    palmette, dorato e dipinto con motivo di candelabre nella parte interna dell’arcata; parti di antica decorazione
    pittorica nella tavola di appoggio. Mensola scolpita a foglie d’acanto, dorata e dipinta, centrata da uno stemma
    nobiliare, cm 130x70x25

    MADONNA DEL LATTE, circa 1470

    polychrome terracotta relief within a contemporary arched tabernacle in wood, the frame carved with classical egg and
    palmette motifs and gilded, and painted with candelabra in the inner part of the arch; fragmentary painted decoration on the
    supporting panel and on the carved, gilded and painted base with four large acanthus leaves ending in curls and flanking a
    central coat of arms, 130 x 70 x 25 cm.
    Provenienza
    collezione privata, Modena
    Esposizioni
    Leonardo e la pulzella di Camaiore. Inediti vinciani e capola vori della scultura lucchese del primo Rinascimento , catalogo
    della mostra a cura di C. Pedretti (Camaiore, Museo di Arte Sacra, 20 settembre 1998-10 gennaio 1999), Firenze 1998,
    p. 75 fig. 8; Matteo Civitali e il suo tempo: pittori, scultori e orafi a Lucca nel tardo Quattrocento , catalogo della mostra
    di Lucca a cura di Maria Teresa Filieri, Museo Nazionale di Villa Guinigi, Cinisello Balsamo 2004, scheda a cura di M.
    Ferretti, cat. 2.27, pp. 45, 90, 348, 352-353, 425.
    Bibliografia
    A. Bassi, Civitali , in “Achademia Leonardi Vinci. Journal of Leonardo Studies and Bibliography of Vinciana”, II, 1989, pp. 113-114, cit. p. 114, nota 4; Leonardo e la pulzella di Camaiore. Inediti vinciani e capolavori della scultura lucchese del primo Rinascimento , catalogo della mostra a cura di C. Pedretti, Firenze 1998, p. 75 fig. 8; L. Pisani, In margine a Matteo Civitali. Indagini sulla scultura a Lucca nella seconda metà del XV secolo , in M. Seidel, R. Silva (a cura di), Lucca città d’arte e i suoi archivi. Opere d’arte e testimonianze do cumentarie dal Medioevo al Novecento , Venezia 2001, pp. 211-232, cit. p. 213; M. Ferretti, scheda dell’opera, cat. 2.27 pp. 352-353 in Matteo Civitali e il suo tempo: pittori, scultori e orafi a Lucca nel tardo Quattrocento , catalogo della mostra
    di Lucca a cura di Maria Teresa Filieri, Cinisello Balsamo 2004; F. Caglioti, Su Matteo Civitali scultore, in Matteo Civitali… pp. 28-77, in partic. p. 45 e schede, pp. 348 e 425; M. T. Filieri, Matteo Civitali e Badassare Di Biagio “Pictores”, in Matteo Civitali… pp. 78-93, in partic. pp. 90.

    L’importante opera presentata in questa sede, raffigurante la Madonna che allatta il Bambino, denominata tradizionalmente Madonna del latte , restituisce un effetto di grande evidenza e profondità tale da conferire ad un altorilievo in terracotta l’effetto di un compiuto tuttotondo. Questo risultato, reso ancor più evidente da un punto di vista ribassato per il quale la scultura era stata ideata, è frutto di un procedimento di forte scorcio, ottenuto mediante la collocazione delle due figure all’interno di una sorta di nicchia decorata a motivo di candelabre e dall’utilizzo di uno scranno fortemente prospettico che emerge dal fondo. Contribuiscono inoltre a conferire all’altorilievo una forte profondità il particolare taglio della figura della Vergine al di sotto delle ginocchia e l’utilizzo di un nimbo aggettante.

  • Giovanni del Biondo (Firenze, documentato dal 1356 al 1399) MADONNA...
    Lotto 21

    Giovanni del Biondo
    (Firenze, documentato dal 1356 al 1399)

    MADONNA DELL’UMILTA’, 1375/1380

    tempera su tavola fondo oro centinata, cm 147,3x87

    MADONNA DELL’UMILTA’, 1375/1380

    tempera and gold leaf on arched wood panel, 147.3 x 87 cm
    Provenienza
    collezione M.V. Emetaz, Stati Uniti; The Montclair Art Museum, Montclair (New Jersey), inv. 59. 42;
    collezione Gianfranco Luzzetti, Firenze; collezione privata, Modena

    Esposizioni
    Montclair Art Museum, 14-28 gennaio, 1962; Montclair Art Museum, The Arts of Europe, 23 dicembre 1962 – 13
    gennaio 1963; Firenze, Collezione Gianfranco Luzzetti, 18 settembre – 6 ottobre 1991
    Referenze fotografiche
    Fototeca Zeri, Bologna, inv. 16279, busta 0052, fasc. 1, scheda 2110, come Giovanni del Biondo (sul verso della
    foto nota autografa di Zeri a matita “Jacopo di Cione”) (Fig. 4)

    Il prezioso fondo oro qui presentato, proveniente da una collezione privata modenese, faceva parte presumibilmente fin verso gli anni Ottanta delle collezioni del Montclair Art Museum di Montclair nel New Jersey (inv. 59.42), come si può dedurre dalla pubblicazione dell’opera nel 1991 a cura di Angelo Tartuferi nella quale lo studioso faceva cenno alla presenza “fino ad epoca assai recente al Montclair Art Museum”.
    Già nella raccolta statunitense M. V. Emetaz, la grande tavola entrò nelle collezioni museali nel 1959 con un riferimento iniziale a Jacopo di Cione, attribuzione mantenuta nel Census of prenineteenth- century Italian paintings in North American public collections del 1972 cura di Federico Zeri e Burton B. Fredericksen. Grazie a una comunicazione orale di Everett Fahy (cfr. A. Tartuferi 1991), l’opera venne in seguito correttamente ascritta a Giovanni del Biondo, e come tale fu esposta per la prima volta nella mostra tenutasi dal 14 al 28 gennaio 1962 nello stesso museo (vedi “Gazette des beaux-arts, v. 59, 1962, p. 15).
    L’iconografia della Madonna dell’Umiltà , che caratterizza il nostro dipinto, fu elaborata da Simone Martini durante la sua attività per la corte papale ad Avignone. Da qui ebbe una rapida diffusione in Italia, favorita dalla spiritualità degli Ordini mendicanti che, nella Vergine seduta a terra humiliter , vedevano un’immagine efficace per incoraggiare una svolta pauperistica della Chiesa. Nel nostro fondo oro la Vergine, adagiata su di un cuscino e un prezioso broccato, indica il
    Bambino, teneramente seduto sulle sue ginocchia, cinto ai fianchi da un panno regale di colore rosso, nell’atto di benedire con la mano destra, mentre con la sinistra sostiene un melograno, i cui grani rossi, simili a goccioline di sangue, prefigurano il sacrificio di Cristo. L’iconografia della Vergine “de humilitate” nella nostra opera si sovrappone a quella della Donna dell’Apocalisse, descritta nel testo giovanneo come : una donna vestita di sole, con la luna sotto
    i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle” (Apocalisse 12, 1-2). La Vergine, infatti, è raffigurata come una regina, ammantata nell’ampio manto azzurro che lascia intravedere la fodera di colore rosso aranciato e la preziosa veste dorata, arricchita da rabeschi e racemi in cui si distinguono due mezzelune.

  • Giuseppe Recco (Napoli 1634 - Alicante 1695) NATURA MORTA DI FRUTTA CON UN...
    Lotto 22


    Giuseppe Recco
    (Napoli 1634 - Alicante 1695)

    NATURA MORTA DI FRUTTA CON UN VASO DI FIORI E ANIMALI
    olio su tela, cm 116x171, cornice intagliata e dorata
    siglato “G. R.” al centro, sulla pietra

    A STILL LIFE OF FRUIT WITH A VASE OF FLOWERS AND ANIMALS
    oil on canvas, 116 x 171 cm, with a carved giltwood frame
    initialled “G. R.” in the centre, on the stone

    Provenienza
    collezione privata, Napoli

    Del tutto inedito e di illustre provenienza napoletana, il dipinto qui presentato costituisce un’aggiunta importante al pur nutrito catalogo di Giuseppe Recco, e più precisamente ad una fase relativamente giovanile della sua lunga e brillante carriera.
    Protagonista della stagione più originale e felice della natura morta napoletana, Giuseppe Recco si formò indubbiamente nell’ambito della sua famiglia di origine, quella appunto di Giacomo e di Giovan Battista Recco, probabilmente suoi zii, ma non senza l’intelligente consapevolezza di quanto, verso la metà del secolo, usciva dalle botteghe dei colleghi più anziani e già rinomati in quel genere: primo fra tutti Luca Forte, il più originale e moderno nel declinare con aperture impreviste il verbo caravaggesco, e Paolo Porpora, ammirato nelle sue composizioni marine prima che il maestro napoletano si trasferisse a Roma nel 1655.
    È infatti proprio ad alcune soluzioni di Luca, il primo a Napoli ad adottare la “mostra” di frutta caravaggesca piegandola tuttavia a soluzioni più articolate e impreviste, che si richiama la presentazione della frutta e dei fiori del nostro dipinto, ove blocchi di pietra dal profilo irregolare, disposti di spigolo quasi ad ampliare la profondità imprecisata dello spazio, diventano piano d’appoggio per i doni della terra: soluzioni già viste, per l’appunto, nella nota composizione firmata da Luca Forte nella raccolta Molinari Pradelli, o in quella restituitagli nel 1984 da Ferdinando Bologna (fig.1) ed esposta a suo nome nella storica rassegna dello stesso anno sul Seicento napoletano (si vedano in proposito le schede di Angela Tecce, in Civiltà del Seicento a Napoli . Catalogo della mostra, Napoli 1984, I, pp. 278 e 280, nn. 2.90 e 2. 92).
    E se la disposizione dei melograni e dei fichi contro il fondo scuro richiama le prove più austere dell’anonimo Maestro di Palazzo San Gervasio anche nella raffinatissima cromia dei violetti e dei grigi sulla lastra di pietra, è la natura esuberante di Luca a dettare l’accostamento, nel nostro dipinto, di una cassetta di variegata frutta estiva con il raffinato bouque t di iris e tulipani raccolti nel vaso azzurro, illuminato alla base da un filo dorato, che di Giuseppe Recco diventerà quasi
    la firma. Originale ma non senza precedenti la presenza di animali di ogni tipo ad arricchire una composizione di proporzioni ambiziose e forse non ancora tentata dal giovane artista: elementi di “natura viva” tratti dai boschi e dalla
    palude, insieme ad altri diversi dai nostri per taglia e piumaggio e certo suggeriti da antichi esempi di Paolo Porpora, si erano visti ad esempio nella natura morta firmata per esteso nella Walters Art Gallery di Baltimora (che lo sfondo di paesaggio suggerisce tuttavia di collocare in una fase più avanzata nel percorso di Giuseppe Recco) (fig.2) o, confronto forse più pertinente, nei Tulipani e anatre in collezione Dalla Vecchia a Napoli (fig.3), anch’esso firmato dal nostro artista.

  • Bernardo Cavallino (Napoli 1616 – 1656) ALLEGORIA DELLA PITTURA olio su...
    Lotto 23

    Bernardo Cavallino
    (Napoli 1616 – 1656)

    ALLEGORIA DELLA PITTURA
    olio su tela, cm 72x59, entro cornice intagliata e dorata

    ALLEGORY OF PAINTING
    oil on canvas, 72 x 59 cm, in a carved giltwood frame
    Provenienza
    Digione, collezione privata; Londra, collezione Carrit; Londra, Artemis Fine Arts (1978); Roma, Enzo Costantini (1979);
    Napoli, collezione privata.

    Esposizioni
    A Selection of Italian Paintings 15th – 18th century, Londra, Artemis Fine Arts, 1978, n. 12; Bernardo Cavallino of Naples 1616-1656 , Cleveland, Ohio, The Cleveland Museum of Art – Fort Worth, Kimbell Art Museum, 1984, n. 66; Bernardo Cavallino (1616-1656) Napoli, Museo Pignatelli, 1985, A 37.

    Bibliografia
    Ann T. Lurie, in Bernardo Cavallino of Naples 1616-1656 . Catalogo della mostra a cura di Ann Percy e Ann T. Lurie,
    con saggi di Nicola Spinosa e Giuseppe Galasso, 1984, pp. 182-83, n. 66; Ann T. Lurie, in Bernardo Cavallino (1616-
    1656). Catalogo della mostra, Napoli 1985, pp. 146-47, A 37; Laura Di Domenico, Un’aggiunta al catalogo di Andrea
    Vaccaro e alcune considerazioni sui rapporti con il Cavallino , in “Confronto” 2003, 2, p. 131, fig. 12; Nicola Spinosa, Gra zia
    e tenerezza “in posa”. Bernardo Cavallino e il suo tempo. 1616 – 1656 , Roma 2013, p. 347, n. 82; riprodotto a colori, fig. 124 a p. 165

    Capolavoro acclamato di Bernardo Cavallino, il dipinto qui offerto – per la prima volta sul mercato in quasi quarant’anni – riunisce nella maniera più felice le qualità che resero famoso l’artista napoletano durante la sua breve esistenza e ispirarono le righe in sua lode di Bernardo De Dominici, pur così male informato sulla cronologia e gli eventi esteriori della sua carriera. Così infatti il biografo napoletano caratterizza la maniera del Cavallino nei quadri da stanza e a piccole figure, il genere a cui l’artista si dedicò in maniera esclusiva dipingendo “molte opere di così delicato stile, e di vivo colore, proprietà e naturalezza che non sembrano dipinte, ma vive le sue figure; servendosi di pochissimi lumi, sbattimenti, e riflessi, riverberando la luce con tal soavità che dolcemente inganna la vista di chiunque li guarda”: e se la notazione sull’effetto naturale e vivo delle figure dipinte rientra nei motivi topici della letteratura artistica, i mezzi impiegati dal pittore per conseguire questo risultato sono individuati da De Dominici con l’acutezza di chi, pur a un secolo o quasi di distanza, dovette conoscere e apprezzare molte di quelle opere presenti nelle collezioni napoletane, e per l’appunto descritte nella Vita dell’artista con ricchezza di particolari e straordinaria intelligenza critica.

  • SCATOLA CON COPERCHIO, CINA, DINASTIA QING, PERIODO QIANLONG (1736-1795) in...
    Lotto 24

    SCATOLA CON COPERCHIO, CINA, DINASTIA QING,
    PERIODO QIANLONG (1736-1795)
    in lacca rossa dalla forma circolare, diam. cm 18, alt. cm 9
    il coperchio finemente inciso è scolpito ad altorilievo attraverso gli innumerevoli strati di lacca rossa e
    raffigura la scena dei “100 bambini” che giocano, suonano e si rincorrono in un giardino, sotto la visione del
    Dio degli Esami Kui Xing, servitore del Dio Della letteratura, di fronte alle terrazze di un grande palazzo nobile
    circondato da una folta vegetazione.
    Il bordo superiore, anche questo finemente lavorato, è ornato con scene di vita quotidiana al di fuori delle
    mura del palazzo. La parte inferiore della scatola è decorata con la stessa eleganza con personaggi che
    danzano e conversano.

    A CINNABAR LACQUER BOX AND COVER,
    QING DYNASTY, QIANLONG PERIOD (1736-1795)
    diameter 18 cm, 9 cm high
    the cover crisply carved through innumerable layers of red lacquer with the scene of the “One Hundred boys” at play,
    playing musical instruments and chasing one another around a garden, watched by the the god of examinations,
    Kui Xing a servant of the god of literature, set against the terraces of a large, noble palace surrounded by thick
    vegetation.
    The upper side is also deftly carved with scenes of everyday life outside the walls of the palace. The lower section of
    the box is decorated with the same elegance and depicts dancing and conversing figures.

    圆形朱漆盒,有盖。中国 清乾隆年间 (1736-1795) 直径

    Provenienza
    Collezione Privata, Roma



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Capolavori da collezioni italiane

Esposizione

FIRENZE
24 Settembre al 1 Ottobre 2015
orario 10 – 19 
Palazzo Ramirez-Montalvo 
Borgo degli Albizi, 26

Sessioni

  • 1 ottobre 2015 ore 19:00 Sessione Unica - dal lotto 1 al lotto 26 (1 - 26)