LA GRAZIA E LA FORZA. PARTE I Sessione unica
Tuesday 2 December 2025 hours 17:00 (UTC +01:00)
Orazio De Ferrari (1606 - 1657), ambito di San Daniele nella fossa dei leoni
Orazio De Ferrari (1606 - 1657), ambito di
San Daniele nella fossa dei leoni
Olio su tela
108 x 134,5 x 3 cm
Altre iscrizioni: al verso iscrizione recente in lettere maiuscole, "STROIFI ERMANNO PADOVA 1616 VENEZIA 4/7/1693"
Elementi distintivi: sul verso, etichetta Casa d’aste Semenzato (lotto 465), altre due etichette ed una annotazione in gesso con numero di inventario ("986") con numeri
Provenienza: Sotheby's, Firenze (23.05.1979, l.986); Casa d’aste Semenzato, Venezia (26-27 marzo 2011, l.465, stima: € 35.000-40.000); Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 70% (reintelo, importante deformarzione da pressione della tela a destra e sinistra, in particolare sulla fascia superiore)
Stato di conservazione. Superficie: 80% (craquelures, cadute di colore, un punto di cedimento della tela da perforazione in basso a sinistra in corrispondenza di una caduta di colore)
L'opera è catalogata, pur dubitativamente, come Orazio De Ferrari da Federico Zeri (Fototeca Zeri, scheda 58661), per evidente relazione con altre opere nella sua fototeca come la tela con "Santa Maria Maddalena penitente con un angelo" passata da Rubinacci nell'ottobre 1975 (scheda 58683) o il "Sant'Agostino che lava i piedi di Cristo nelle vesti di pellegrino" della Accademia Ligustica (scheda 58678). Maurizio Marini (nota peritale conservata in copia), conserva la attribuzione, collocando l'opera alla metà del XVII secolo, nella piena maturità dell'artista. Anche Marco Horak, in una importante scheda critica, ritiene l'opera autografa di De Ferrari, riscontrandone «la derivazione dei modi di Giovanni Andrea Ansaldo, figura tipica dell'eclettismo della pittura genovese di inizio Seicento, tanto che nelle sue tele si possono trovare influenze di Rubens e di Anton van Dyck, da cui riprese la vivacità coloristica, e dei milanesi Cerano, Giulio Cesare Procaccini e Morazzone, richiamati dall'intonazione patetica di molti suoi soggetti, ma anche di certa pittura caravaggesca. E nel "San Daniele nella fossa dei leoni" si notano in effetti tutte queste influenze, perfino un certo contrasto luministico tipico della pittura cavaraggesca, ma soprattutto sono chiare le derivazioni dalla pittura dell’Ansaldo, a sua volta mutuata dal colorismo di Rubens e van Dyck (entrambi presenti temporaneamente a Genova) nonché il rinvio ai modi di esponenti della pittura lombarda del Seicento. Il colorismo di cui si è detto, così come il contrasto luci/ombre, li ritroviamo con rese simili in molte altre opere di Orazio, come nello splendido e vivace "Ratto delle Sabine" della collezione Zerbone, nell’"Ester davanti ad Assuero", battuto dalla casa d’aste genovese Cambi o nel S. Antonio da Padova e il miracolo del piede riattaccato, apparso in tempi ancora recenti sul mercato dell'arte».
Massimo Pulini ritiene l'opera ispirata a De Ferrari, ma eseguita da un autore meno abile, che può, a prima impressione, ricordare Stefano Magnasco, o in subordine Giovanni Battista Merano, ipotesi comunque da verificare con ulteriore ricerca (comunicazione del 29 giugno 2021). Altre idee attributive sono state avanzate nel tempo (Francesco Zugno, da parte di D. Bodart, cfr. Semenzato 2011; Ermanno Stroiffi, forse sul mercato, appuntata al retro del telaio).
Quanto allo stato conservativo va segnalato che la importante deformazione bilaterale della tela, indicata nella apposita nota, non è facilmente visibile in fotografia.
Ringraziamo Marco Horak e Massimo Pulini per il supporto nella catalogazione dell'opera.











