LA GRAZIA E LA FORZA. PARTE I
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Lot 1 Carlo Conte (1898 - 1966)
Pentimento o la Vergogna
Bronzo patinato; legno
78,8 x 35 x 39,5 cm (la scultura)
86,6 x 37,3 x 37,4 cm (il basamento)
Firma: «Conte» sulla base
Elementi distintivi: etichetta mobile di Veneto Banca con riferimento inventariale
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 98%
Stato di conservazione. Superficie: 98% (depositi) -
Lot 2 Isa Pizzoni (1921 - 2008)
Toro, 1965
Serigrafia su carta
50 x 64 cm (luce)
Firma: “Pizzoni” al recto a matita
Data: “1965” al recto a matita
Altre iscrizioni: tiratura “6/19” al recto a matita
Elementi distintivi: sul verso, etichetta della Banca Popolare di Intra con riferimenti di inventario
Provenienza: Banca Popolare di Intra; Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lot 3 Giancarlo Bettis (1936 - 2014)
Paesaggio tirrenico
Tecnica mista su tavola
150 x 130 cm
Firma: "bettis" al recto
Data: "XC" (= 1990) al recto
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 90%
Stato di conservazione. Superficie: 90% -
Lot 4 Guido Albanello (1952)
Belluno, 2005
Litografia su carta
75,5 x 139 cm (luce)
Data: “Anno Domini MMV - Tertium Millenium” in lastra
Altre iscrizioni: tiratura “387/600” al recto a penna; “Belluno”, “Disegno di Guido Albanello” in lastra
Elementi distintivi: timbro a secco “Gilberto Padovan Editore - Vicenza”
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lot 5 Roberto Poloni (1938)
Il Montello, 1988
Olio su tavola
40 x 49,5 cm
Firma: “Poloni Roberto” sul verso
Data: “1988” sul verso
Altre iscrizioni: “Il Montello” sul verso
Elementi distintivi: sul telaio etichetta della Banca Popolare di Asolo e Montebelluna con riferimenti di inventario
Provenienza: Banca Popolare di Asolo e Montebelluna; Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 85% (macchie e segni di grappe metalliche)
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lot 6 Rowan Gillespie (1953)
L'età della donna: The age of woman, 2007-2009
Bronzo fosforoso e altri metalli
269 x 350 x 325 cm
Firma: su targa metallica "Rowan Gillespie"; inoltre firme su un piede di ogni statua
Data: su targa metallica "2009" (data di conclusione del gruppo); sui piedi delle singole figure, in fusione nel bronzo,"08", "09", "2009", "07", "09", "08".
Provenienza: studio dell'artista; Veneto Banca SpA in LCA
Bibliografia: Roger Kohn, testo di, "The Age of Woman / L'Età della Donna - a new sculpture by Rowan Gillespie / The Age of Woman / L'Età della Donna - una nuova scultura di Rowan Gillespie", Ipswich (Regno Unito), 2009
Stato di conservazione. Supporto: 95% (parti elettriche non funzionanti)
Stato di conservazione. Superficie: 95%
L'opera, probabilmente la più importante scultura di Gillespie in Italia, è oggetto di una monografia, ampiamente ripresa nella nota sottostante, a cura di Roger Kohn (1951), designer e biografo dell'artista, con cui ha studiato alla York School of Art.
La storia dell'opera inizia da un fatto quasi casuale: nell'estate del 2007, Gianquinto Perissinotto, presidente di Veneto Banca Irlanda, resto particolarmente colpito da un'opera di Gillespies, "Ripples of Ulysses", la statua ufficiale di James Joyce, che si erge nel giardino dell'hotel Merrion a Dublino. Conosciuto l'autore a Custom House Quay, sul fiume Liffey, il banchiere iniziò con lui a ragionare di una scultura a più elementi - simile a "Famine", che aveva sotto gli occhi - per il parco della sede di Veneto Banca a Montebelluna. Dopo un lungo confronto, venne presa in considerazione la possibilità di usare un gruppo di figure stilisticamente vicine a "The Blackrock Dolmen", un gruppo scultore del 1987 nel quale tre personaggi sorreggono un enorme masso. Rispetto al progetto iniziale Gillespie prevedeva di aggiungere due figure al gruppo e di togliere il masso "così che i personaggi apparissero protesi verso la splendida luna di Montebelluna". La scultura avrebbe dovuto intitolarsi, infatti, "La Bella Luna". Gillespie sentiva tuttavia di dover far ritorno, per ottenere un risultato realmente vitale, al ritratto dal vero. Cercò allora un gruppo di modelli, inizialmente una troupe di ballerini irlandesi, ma la troppa somiglianza di età e corporatura, così come la loro professione, non lo convincevano. Chiamò allora un collega scultore, nel tentativo di trovare un gruppo di ragazze, di varia fisionomia, disposte a posare nude sulla spiaggia poco frequentata di Wicklow, a sud di Dublino. Memore dei gruppi di donne sulla spiaggia rappresentati nei dipinti di Munch, si prefisse di catturare l'essenza di una femminilità libera. Le candidate furono moltissime, ed alla fine vennero scelte sei volontarie di età diversa - dai 25 ai 62 anni - provenienti dal club di nuoto di Wicklow. Chiese alle ragazze di gettare al vento i vestiti e protendersi liberamente verso una immaginaria luce nel cielo. Gillespie aveva caricato in macchina alcuni modellini già fusi in bronzo dai quali prendere spunto, ma le donne riuscirono ad esprimere il tema senza bisogno di ulteriore istruzioni: "la diversità dei corpi si accentuava nelle interpretazioni personali, ed una delle modelle si protese più in alto delle sue compagne per attirare su di sé i raggi benefici della luce divina. La più giovane guardava in alto verso la luce chiedendosi perplessa se fosse possibile desiderare qualcosa di più. Una terza, invece, immaginandosi uno scenario apocalittico, si riparava il volto da quella luce intensa. Un'altra ancora tributava un fantastico omaggio a Munch, echeggiando nei suoi gesti la celebre opera 'L'urlo' ". Gillespie si poteva ora dedicare alla preparazione del modello a cera, prima di tutto con un piccolo bozzetto di otto figure su basi ad incastro, che furono presto ridotte a sei, per consentire ai visitatori di camminare tra le figure, come avviene in "Famine", di cui sono stati ripresi anche gli arti allungati, che creano una certa sproporzione rispetto al corpo naturale. Il lavoro si muoveva tra studi fotografici e modelli tridimensionali. Le modelle, invitate a confrontarsi con le sculture che le impersonavano, furono emozionate a volte fino al pianto. Una delle modelle più giovani rimase ammutolita davanti al suo ritratto riconoscendovi la madre - una testimonianza della abilità di Gillespie nell'intuire una sorta di forma genetica nelle sue sculture. Rispetto a "Famine", le cui figure hanno un aspetto crudo e grezzo, questo gruppo richiedeva una esecuzione delicata e armonica, che riporta alla ricerca del dettaglio e all'esplorazione delle forme umane proprie delle opere giovanili degli anni '80, accompagnate ora da un più spiccato senso di indagine.
Gillespie, rapito dall'energia ed esuberanza delle donne sulla spiaggia di Wicklow e dalla bellezza senza tempo delle forme femminili, ha voluto celebrare con la sua opera la femminilità, ma anche la diversità di aspetto e carattere che contraddistingue l'essere umano.
Nel tocco finale, la patina verde ed ossidata della figure è inondata da luci ultraviolette proiettate dal basso con effetto teatrale. Le 46 luci LED a bassissimo consumo, inserite nella base di ottone, riproducono sorprendentemente le costellazioni orientali dell'emisfero boreale e ciascun personaggio poggia sulla costellazione del proprio segno zodiacale. Il cielo portato in terra è di grande effetto, gli astri proiettano in alto le loro luci spingendo lo sguardo dello spettatore verso la fonte luminosa immaginaria nei cieli. I forti contrasti di luce ricordano l'effetto "tenebroso" usato dal Caravaggio e dai suoi seguaci per catturare tutta l'intensità di un singolo istante di tempo.
L'artista ha seguito personalmente anche il trasporto e la posa dell'opera. E per la verità anche questa è stata una avventura: nell'aprile del 2009, insieme a Roger Kohn, sul suo Range Rover Gillespie ha trainato - da Dublino a Treviso - un rimorchio personalizzato e rinforzato sul quale erano legate le sei figure femminili in bronzo: passando sotto la manica e per il traforo del Monte Bianco. L'installazione dell'opera - illuminazione compresa - ha richiesto una giornata.
Nonostante il bronzo fosforoso sia cavo e molto sottile, una volta inserite nelle basi di ottone, le sculture hanno un peso complessivo di di tre tonnellate.
Il gruppo scultoreo è conservato nel parco dell'ex Centro Direzionale di Veneto Banca SpA in Via Feltrina Sud N. 250 a Montebelluna. -
Lot 7 Maurice Utrillo (1883 - 1955)
Case e alberi a Parigi, 1920
Olio su tela
22 x 31,7 cm
Firma: “Maurice Utrillo V.” al recto
Data: “septembre 1920.” al recto
Elementi distintivi: sul verso, tre timbri della dogana di Ventimiglia con iscritto a penna “Eu/5 n. 6/e 11/5/90"; sul telaio, etichetta con numero “247” ed etichetta con numero “8590 5815/3”; sul verso della cornice timbro “Nuova alleanza cooperativa s.r. L. “ e città illeggibile; sul verso della cornice, appunti a penna relativi alla cornice
Provenienza: Beni Artistici Italiani SpA (fino al 1993); Banca Popolare di Asolo e Montebelluna; Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 80% (reintelo)
Stato di conservazione. Superficie: 95% (ridotte integrazioni e consolidamento della superficie pittorica nel 2004)
Nel 1919-1920 Utrillo fu internato dalla madre, la pittrice Suzanne Valadon, nel manicomio di rue de Picpus. Léopold Zborowski, che lo sostenne, cercò mecenati che aiutassero ad alleviare i costi dell'internamento, e poi pensò all'industriale Pierre Levasseur, noto come amico delle arti. Levasseur, di origine protestante, era pronipote di Etienne, famoso ebanista del XVIII secolo, e nipote di Eugène, che fondò a Parigi una scuola di disegno per artigiani specializzati nelle arti decorative.
Fin dal 1910 critici e scrittori avevano iniziato a mostrare interesse per Utrillo (tra gli altri Elie Faure e Octave Mirbeau) e la sua prima mostra personale, alla galleria Eugène Blot, data al 1913. Tuttavia il punto di svolta si ebbe proprio nel 1919, in particolare grazie ad una fortunata mostra tenutasi in dicembre alla galleria parigina Lepoutre. Solo un mese prima, in ottobre, il pittore e l'industriale firmarono un contratto: Levasseur avrebbe ricevuto 7 tele al mese, contro un pagamento mensile di 2000 franchi. L'accordo fu rinegoziato nel gennaio 1920 - 6 tele per 2500 franchi - chiaro segno che il credito pubblico dell'artista stava crescendo, nonostante, talvolta, vendesse i suoi quadri per importi minimi, anche 30 franchi, in momenti di bisogno.
Il dipinto di Veneto Banca appartiene a questo straordinario e breve momento, in cui le periferie urbane si accendono di colori contrastanti, un fenomeno che appare nella produzione dell'artista in particolare dopo il 1918, punto di transizione tra il cosiddetto Période blanche, che domina il quinquennio precedente la Grande Guerra, in cui l'artista predilige cromie smorzate, ed il Période colorée, che inizierà nel 1922, per caratterizzare tutta la successiva produzione.
Il dipinto era accompagnato da un certificato di autenticità rimesso da Gilbert Petrides il 14 settembre 1987 (n. 19.318), oggi disperso. L'autenticità dell'opera è stata confermata, con esame dal vero, dal Comité Utrillo il 2 ottobre 2021. Il Comité Utrillo potrà emettere un certificato a richiesta dell'acquirente, secondo le proprie regole. -
Lot 8 Enrico Benetta (1977)
Museo civico di Montebelluna
Acrilico, smalto e sabbie su carta applicata su tela
155 x 105 cm
Firma: “Benetta”, “EB” sul verso
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lot 9 Vittore Frattini (1937)
Volo rosso, 1996
Acrilico su tela rossa
135 x 156 cm
Firma: “Vittore Frattini” sul verso
Data: “’96” sul verso
Altre iscrizioni: “‘Volo rosso’” sul verso
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lot 10 Wladimiro Tulli (1922 - 2003)
Senza titolo
Serigrafia su carta
22,5 x 33,5 cm (lastra)
Firma: "Tulli" al recto a matita
Altre iscrizioni: tiratura “p.a” al recto a matita
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lot 11 Hsiao Chin (1935)
Senza titolo
Litografia e serigrafia su carta
49,3 x 32,5 cm (lastra)
68,4 x 49,4 cm (luce)
Firma: a matita al recto
Altre iscrizioni: indicazione della tiratura “13/50” a matita al recto
Elementi distintivi: due etichette con riferimenti di inventario, una della Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana e l’altra anonima; una etichetta anonima con dati dell’opera ed una etichetta di corniceria
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 80% (aggressioni fungine)
Stato di conservazione. Superficie: 80% -
Lot 12 Toni Benetton (1910 - 1996)
La manta,1960
Ferro forgiato
115 x 245 x 262 cm
19 cm (altezza dal suolo)
Firma: tracce di una iscrizione abrasa, forse la firma, sull'ala sinistra
Provenienza: Collezione Angelina Allegro Benetton; Veneto Banca SpA in LCA
Bibliografia: Rudolf Walter Litschel, "Oberösterreichische Kunstchronik", 19 novembre 1965 (ill.); Franco Battacchi, a cura di, "Benetton 1 / il ferro ", Venezia, 1991, pp. 60-61 (?), 356, scheda 93; "Toni Benetton. Dialoghi con la città", Treviso, 2002, mappa dei percorsi, punto H
Esposizioni: Bulgariplatz, Linz, ottobre 1965; "Toni Benetton. Dialoghi con la città", percorsi in Treviso, 8 dicembre 2002 - 28 febbraio 2003
Stato di conservazione. Supporto: 90%
Stato di conservazione. Superficie: 85% (forte abrasione dovuta agli agenti atmosferici; muschi, funghi e depositi biologici in adesione)
L'opera, in unico esemplare (comunicazione di Angelina Allegro Benetton del 7 dicembre 2020), rappresenta un punto di svolta, verso l'astrazione, nella produzione di Benetton. Così l'artista in una lunga intervista concessa ad Adriano Màdaro. Benetton (pp. 29-30): "Gli anni del laboratorio circolare, quelli che vanno dal 1950 al '67, dal punto di vista della mia creazione artistica rappresentano il mio interesse per la natura, soprattutto gli animali. E quindi la mia necessità di trasformare. Il mio bisogno di allora era quello di capire il "linguaggio" degli animali, che non era il verso, ma la caratteristica. Prendiamo il gatto, animale a me particolarmente caro fin da ragazzo. In quanto felino, mi dà tutti gli spunti per pensare alla molla, al salto. Il mio problema, nel volerlo rappresentare, era di esprimere attraverso l'idea dell'agguato, della spinta, del salto. Perché bisogna osservare bene tutto ciò che poi si vuole interpretare. Dunque il gatto prima si mette in posizione di attenti, immobile, poi fiuta, tende baffi e orecchi, l'occhio fisso, quindi si raccoglie armoniosamente in quell'atteggiamento che gli consentirà infine di realizzare il salto. Il salto è il suo "linguaggio". Perciò una scultura del gatto io la concepivo solo come salto. In ogni animale c'è il suo dinamismo, bisogna osservare con criterio indagatore". Quel che vale per il gatto, vale per la manta, il cui tratto distintivo è il movimento simile al volo, nelle profondità e sopra il pelo dell'acqua. L'opera in asta si presenta in effetti come la lavorazione di una singola lastra. Ecco allora Benetton affermare che "dovendo fare un bilancio, ciò che reputo importante di quegli anni è la mia ricerca sulla sintesi della lastra di ferro". Il "mio confronto, il confronto di tutta la mia vita, è con il ferro, soprattutto con la lastra, oggetto inanimato e svilito dall'industria; eppure quella superficie mi ha sempre esaltato, come la tela per un pittore". "Mi sono imposto di rispettare la lastra imprimendole i miei interventi di sintesi, come un'impronta del mio passaggio (valorizzando n.d.r.) la profondità che ne ricavavo battendola, facendola vibrare pur conservandola esattamente come lastra". "Vi era solo un ragionamento agganciato ad una esperienza precedente: cioè aggiungere continuamente qualcosa, ma non aggiungendo, togliendo". Dalla metà degli anni Sessanta, "ho abbandonato la figura per dedicarmi solo alla lastra apportandovi tagli e vibrazioni".
La scultura è conservata nel giardino della ex sede di Veneto Banca Spa in Viale Nino Bixio 1 a Treviso. -
Lot 13 Arman (1928 - 2005), (?)
Untitled APA #8110.03.039, 1999
Legno e colori acrilici su tavola
91,3 x 125,5 x 13,2 cm
Firma: "Arman", con grafia imitativa, in basso a destra
Data: "99", in basso a destra
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Certificati: Fotocertificato imitativo con numero YV00.131, con uso dei marchi distintivi di Arman Studios Archives e con falsa firma di Corice Canton Arman, datato 19 aprile 2003 (con erronei riferimenti a supporto "stretched canvas", dimensioni "125x91,5x15,6 cm." e data "2003")
Stato di conservazione. Supporto: 90% (tarlatura sanificata nel 2021 mediante irradiazioni gamma e permetrina pura; crepe, fessure e danni da sfregamento all'involucro)
Stato di conservazione. Superficie: 95% (graffi all'involucro)
Il certificato che accompagna l'opera è «una copia manomessa di un certificato originale per un dipinto diverso, registrato con il numero di archivio 8110.03.039 e datato 2003» (comunicazione di Nick Mishkovsky,
Arman Archives, 2 febbraio 2022). L'immagine del dipinto originale è stata sostituita con quella del dipinto nel patrimonio di Veneto Banca. A questo proposito va anche notato che l'opera di Veneto Banca è iscritta «con la data "99" ed è su un pannello di legno, anziché su tela», come invece il dipinto richiamato nel certificato; e non corrispondono neppure le dimensioni.
Ciò nonostante gli Arman Archives non si sono espressi sull'autenticità dell'opera in sé ma soltanto sullo status della registrazione ("Regarding the painting itself, please note that the Committee can only comment on the registration status of an item, rather than issuing statements of authenticity", comunicazione di Nick Mishkovsky, Arman Archives, 2 febbraio 2022).
Ringraziamo gli Arman Archives per il supporto dato alla catalogazione dell'opera. -
Lot 14 Elio Ciol (1929), da
Viti come disegni, Susegana, aprile 2001
Stampa offset su carta
35 x 50,8 cm (luce)
Altre iscrizioni: titolo in lastra al recto
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95%
Foglio da un calendario realizzato da Veneto Banca per celebrare l’opera fotografica di Ciol. Bibliografia di riferimento: Aa. Vv., "Elio Ciol. Ascoltare la luce / Listen to the light", Sottomarina di Chioggia - Venezia, 2003 -
Lot 15 Roberto Poloni (1938)
Basilica S. Marco Venezia, 1999
Olio su tela
80,5 x 99,7 cm
Firma: “Poloni” in colore al recto; “Roberto Poloni” a pennarello al verso
Data: “1999” a pennarello al verso
Altre iscrizioni: titolo, autentica e numero “357” a pennarello al verso della tela; numero “357” a pennarello sul telaio
Elementi distintivi: sette timbri della galleria d’arte La Saletta (2 sul retro della tela e 5 sul retro del telaio); timbro con indicazione delle dimensioni sul telaio
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lot 16 Salvador Dalí (1904 - 1989)
Gladiolus cum aurium corymbo exspectantium, 1972
Cromolitografia su carta goffrata formata pressione
56,5 x 38,5 cm (lastra)
Firma: Firma al recto a matita “Dalí”
Altre iscrizioni: indicazione della tiratura “144/350” a matita al recto
Elementi distintivi: al recto titolo a stampa, a secco marchio della cartiera “Arches France” e marchio delle edizioni Eldec Roma; al verso una etichetta anonima con dati dell’opera e due etichette con riferimenti agli inventari della banca
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Bibliografia: Michler-Löpsinger, 541
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 100%
Stampa a foglio libero dalla serie de “I Fiori Surrealisti”, pubblicata in volume dalle Edizioni Eldec, Roma, nel 1981. L’edizione originale data 1972 (cfr. Michler-Löpsinger 541). -
Lot 17 Franco Librari (1950 - 1999), per Cartiere Miliani, Fabriano
Il David, da Michelangelo
Filigrana in chiaroscuro retroilluminata
43,7 x 37,7 cm (foglio)
Firma: “F. Librari” in lastra
Data: in lastra, "1976"
Altre iscrizioni: in lastra "C. M. FABRIANO"
Elementi distintivi: al verso, etichetta con riferimento
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 90% (parti elettriche non verificate o mancanti; danni alla cornice; apparato elettrico non verificato)
Stato di conservazione. Superficie: 90%
In asta, un esemplare di filigrana artistica in chiaroscuro, realizzata da Franco Librari, per la storica Cartiera Miliani, di Fabriano, sul modello celeberrimo del "David" di Michelangelo. Come ricorda Annarita Librari, figlia di Franco Librari, "Con Giuseppe Miliani (1816 - 1890), nipote di Pietro (1744 - 1817), fondatore della ditta Miliani, la cartiera si ingrandisce, la carta da disegno si afferma come la migliore, tanto che alla esposizione di Londra nel 1851 viene premiata, e la carta valori comincia ad essere la specialità della fabbrica fabrianese. Alla morte di Giuseppe la cartiera era già un grande complesso, ma sarà il figlio Giambattista (1856-1937) ad operare l’effettiva trasformazione da azienda artigianale ad industriale (...). Giambattista alle conoscenze tecniche unisce un’ampia visione dell’organizzazione industriale grazie ai frequenti viaggi che, fin da giovanissimo, compie in diverse nazioni europee e in Nord America. Nel 1889 riceve la Legion d’onore per aver presentato, all’esposizione di Parigi, le migliori filigrane per i biglietti di banca. Per le filigrane di Fabriano, ancor prima del riconoscimento parigino, esisteva un vero e proprio entusiasmo. Nel 1886 Ernst Kirchner di Francoforte sul Meno scrive: “Le vostre carte filigrane sono le più belle che io abbia mai veduto fino ad ora. Da quando posseggo questi veramente artistici fogli non oso più nemmeno guardare gli stessi prodotti della Germania. I ritratti, come pure i dettagli che li ornano sono di una finezza ammirabile, perfetta e formano ora il punto essenziale di questa modesta collezione che io curo con molto amor proprio”. Nel settore della Filigrana artistica in chiaro-scuro per banconote Giambattista, in un primo momento, per l’incisione su cera si avvalse del prof. Bianchi di Roma, medaglista dei Sacri Palazzi Apostolici, che direttamente da Roma inviava a Fabriano le cere commissionate. Successivamente, la sua lungimiranza e previdenza lo spinsero a dotare l’Officina Filigrane delle cartiere di Fabriano della sezione di incisione su cera, dove destinò giovani e abili artisti che riuscirono a soddisfare appieno le esigenze aziendali. Capostipite di questa scuola fu Serafino Cilotti (1868-1943), che realizzò opere di notevole impatto artistico, da considerare come una nuova forma di espressione d’arte figurativa su cera, Angelo Bellocchi (1880-1939) e Virgilio Brozzesi (1869-1946). Allievi di Cilotti possono considerarsi Aldo Frezzi (1885-1972), (...) Eraldo Librari (1907-1988) e Luigi Filomena. Luigi Casoni fu incisore delle Miliani fino al 1958, quando fu chiamato dalla Banca d’Italia per incidere le “testine” delle banconote." "Eraldo Librari apprese quest’arte soprattutto osservando Serafino Cilotti mentre incideva, o meglio “rubando con l’occhio” attento e predisposto, avendo già alle spalle una preparazione artistica e una innata attitudine verso le più svariate forme d’arte. Entrò in Cartiera dopo aver vinto un concorso, rispettando la tradizione familiare che aveva visto il padre Decoroso e il nonno Angelo lavorare nella prestigiosa fabbrica fabrianese come lavoranti al reparto Tini. Eraldo, da giovane, dopo aver frequentato la scuola professionale, fu allievo intagliatore del Prof. Ivo Quagliarini di Fabriano, lavorando nel suo mobilificio; fu un abile e fecondo scultore realizzando numerosi busti di noti personaggi fabrianesi dell’epoca; fu autore di numerose poesie e un compositore di canzoni; incisore su cera di numerose opere d’arte di grandi dimensioni e di testine per banconote, settore trainante dell’azienda, quest’ultime precedute da numerosi disegni preparatori a matita e a china, in un’epoca dove tutto era affidato all’abilità manuale dell’artista. Le incisioni di grandi dimensioni, che l’azienda faceva realizzare ai suoi più validi incisori, per fine propagandistico e d’immagine, non sono delle semplici e fredde riproduzioni di opere d’arte o ritratti, ma il frutto di una personale interpretazione che si riflette in uno stile espressionistico e scultoreo (dove un semplice elemento paesaggistico, come una pianta, viene reso con la minuzia di un botanico, le espressioni dei volti riflettono il pathos del personaggio ritratto), influenzato dal suo coinvolgimento emotivo e dalla sua sensibilità. Si tratta di un coinvolgimento che lo porta quasi a dimenticare il fine dell’incisione su cera - come fase principale di un lungo processo che richiede alcune particolari accortezze tecniche - e a trattarla come un’opera scultorea finale o come un pezzo di legno da intagliare, dove la materia deve essere rimossa di getto per far emergere l’immagine che racchiude al suo interno. Entrambi i figli di Eraldo Librari, Franco (mio padre) e Sandro (mio zio) appresero quest’arte dell’incisione su cera all’interno delle mura domestiche, ma solo mio padre Franco riuscì ad essere assunto nel 1963 in cartiera, dapprima nell’officina filigranisti come apprendista. Rispetto a molti incisori, mio padre ha saputo sfruttare al meglio il fatto di aver lavorato per anni nell’officina filigranisti, dove si svolgevano le fasi successive all’incisione su cera (galvanoplastica, ritocco dei punzoni, punzonatura della tela e realizzazione della forma filigranatrice). Questo gli ha permesso di rendersi conto di tutte le difficoltà che si incontravano nelle fasi successive, se l’incisione non era realizzata secondo alcuni accorgimenti tecnici. Spesso si trovava di fronte a delle incisioni veramente artistiche, ma alle quali bisognava sacrificare alcuni aspetti di quella espressività, perché avrebbero creato problemi insormontabili per la realizzazione delle fasi successive. Il ritocco dei punzoni era la fase più delicata, perché la presenza di sottosquadri non avrebbe permesso la punzonatura della tela metallica creando degli strappi nella stessa. Se si considera che spesso a ritoccare questi lavori non erano nemmeno gli stessi artisti che avevano realizzato l’incisione si può ben comprendere come fosse alto il rischio di comprometterne l’artisticità. In questa arte mio padre può essere considerato a pieno titolo un incisore completo, che ha sempre seguito personalmente tutte le fasi di lavorazione e che è in grado di realizzare autonomamente una filigrana partendo dall’incisione fino alla conclusiva fabbricazione del foglio di carta al tino. Tutti i suoi lavori della maturità possono essere definiti tecnicamente opere perfette, dove ad una interpretazione dell’opera d’arte si unisce una perizia tecnica che rende la lastra di cera immediatamente idonea alla realizzazione dei punzoni e alla successiva punzonatura della tela, senza dover ricorrere a ritocchi più o meno invasivi. Il fatto di aver appreso quest’arte da suo padre, all’interno delle mura domestiche, gli ha permesso, nel corso degli anni e non senza ostacoli, di raggiungere una qualifica e un riconoscimento mai ottenuto dagli incisori che lo hanno preceduto, di lavorare in autonomia dal 1970 fino al momento del pensionamento e di difendere l’artisticità di questo lavoro". ( Annarita Librari, "Cera una volta... la Filigrana Artistica in chiaroscuro"). La storia della cartiera Miliani è stata ricostruita da Bruno Bravetti, nella monografia “Giambattista Miliani”, Affinità Elettive, 2010 -
Lot 18 Arturo Martini (1889 - 1947)
Tobiolo, 1934
Bronzo, esemplare unico, 2003,
115,8 x 145 x 80,8 cm
Provenienza: Veneto Banca spa in LCA
Bibliografia: Con riguardo all’esemplare originale in bronzo o in gesso, Bernardi 1934 (ill.); Bertocchi 1934 (ill.); Brandi 1934 (ill.); Carrà 1934 (ill.); Ojetti 1934; Savinio 1934 (1); Savinio 1934 (2, ill.); Sinisgalli 1934; Sironi 1934 (ill.); Varagnolo 1934 (ill.); Della Porta 1935; Fiumi 1935; Gatti 1935 (ill.); Mostre 1935 (ill.); Ojetti 1935; Bernardi 1937; Bontempelli 1939 (tav. XX); Del Massa 1939 (ill.); Barbaroux-Giani 1940 (tav. 82); Costantini 1940 (p. 349); Oppo 1941 (ill); Joppolo 1946 (tav. CLXIX); Argan 1947 (tav. 2); Apollonio 1948; Franchi 1949, 1951 e 1954 (fig. 29); Sapori 1949 (p. 51 e fig. 331); Argan 1956 (fig. 15); Argan 1958 (fig. 15); Perocco 1962 (fig. 44, p. 80); Perocco 1966 (n. 326), fig. 242; Martini, “Colloqui”, 1968 e 1997, passim; Bargellini 1970 (fig. 119); Bellonzi 1974 (tav. VI); De Micheli 1981 (p. 75); Ghianda 1985 (p. 86); Fergonzi 1986 (p. 929); Vianello 1989 (p. 60); Vianello-Baldacci 1991 (p. 41, n. 27); Fergonzi 1995, (p. 110); G. Vianello, N. Stringa, C. Gian Ferrari, “Arturo Martini. Catalogo ragionato della scultura, Vicenza, 1998 (n. 385, p. 259; con soluzioni della bibliografia precedente); Marco Goldin, a cura di, "Da Ca' Pesaro a Morandi. Arte in Italia 1919-1945 dalle collezioni private", Cornuda, 2002, pp. 110 - 111 (ill.); Av. Vv., "Il Centro Direzionale Veneto Banca", Montebelluna, s.d., p. 55 (ill.)
Esposizioni: Con riguardo all’esemplare originale in bronzo o in gesso, Milano 1934 (n. e fig. 3); Venezia 1934 (sala 27, n. 36); Parigi 1935 (sala 16); Venezia 1948 (n. 12, p. 25); Torino 1952 (p. 85 e tav. 275); Firenze 1967 (n. e fig. 1183); Treviso 1967 (n. 115, fig. 114); Roma 1972 (p. 306); Pietrasanta 1981 (p. 151); Milano 1985 (n. e fig. 46); Milano 1986 (n. e fig. 10); Londra 1989 (n. e fig. 111); Matera 1989 (n. e fig. 43); Milano 1989 (n. 17); Parigi-Londra-Firenze 1991 (n. e fig. 31, pp. 110-111); Bolzano 1994 (pp. 66-67); Venezia 1995 (n. e fig. 104, p. 252); Parigi 1997 (n. VI e 37, p. 532); Marco Goldin, a cura di, "Da Ca' Pesaro a Morandi. Arte in Italia 1919-1945 dalle collezioni private", Conegliano, Palazzo Sarcinelli, 21 aprile - 30 giugno 2002
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 90% (residui di calcare da colature d’acqua, incrostazioni, depositi)
Arturo Martini termina il gesso "Tobiolo" - capolavoro della sua fase matura - verso la fine del 1933 e lo presenta nel 1934 prima alla galleria Milano e poi alla Biennale di Venezia, dove l'opera è acquistata, insieme ad una versione in bronzo, dagli Ottolenghi Wedekind per la piscina della loro villa ad Acqui Terme. Mentre il bronzo originale 'Ottolenghi' fu disperso e venne sostituito da una copia non autorizzata, probabilmente a seguito di una vendita, il gesso fu riscattato da Martini che lo ha conservato nella Casa Museo di Vado Ligure, dove è stato acquistato da Veneto Banca direttamente dagli eredi Martini, nel 2002, quale «gesso originale del "Tobiolo"», con il diritto "a trarne una copia in bronzo". Tale versione, autorizzata, fu collocata nel parco del centro direzionale dell'Istituto di Credito a Montebelluna, ed è l'esemplare ora in asta.
Vennero dunque tirati tre bronzi, di cui uno non autorizzato (quello ora a Villa Ottolenghi Wedekind) e due autorizzati, quello originario Ottolenghi e quello di Veneto Banca, l'unico autentico oggi superstite.
Il bronzo di Veneto Banca è stato fuso presso la Fonderia Fracaro, Ponte Alto, nel febbraio-marzo 2003, sotto il controllo di di Eugenio Manzato. La rifinitura e la patinatura sono state eseguite con la consulenza di Roberto Bertagnin, erede e titolare dei diritti morali di Arturo Martini.
Il processo di fusione è stato fotografato in tutte le sue fasi, fornendo così all'opera un eccezionale livello di documentazione. -
Lot 19 Giuseppe Granzo (1951)
Arona in metafora, 1977
Olio e matita su tela
60 x 70 cm
Firma: “G Granzo” al recto; “Giuseppe Granzo” sul verso
Data: “19-5-77” al recto
Altre iscrizioni: “Arona in metafora” sul verso
Elementi distintivi: sul verso, etichetta della Banca Popolare di Intra con riferimenti di inventario; etichetta del “Corso nazionale di pittura estemporanea”, Arona, 1977, con dati relativi all’opera
Provenienza: Banca Popolare di Intra; Veneto Banca SpA in LCA
Esposizioni: “Concorso nazionale di pittura estemporanea”, Arona, 1977
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 85% (craquelures e cadute di colore)
Giuseppe Granzo è un artista di origine veneziana che vive e lavora a Crocetta del Montello. Pittore e scultore, dal 1972 partecipa a mostre nazionali vincendo numerosi premi. -
Lot 20 Roberto Poloni (1938)
Mare con barche a vela, 1974
Olio su tela
50 x 70 cm
Firma: “Roberto Poloni” sul verso
Data: “1974” sul verso
Altre iscrizioni: “opera mia autentica” sul verso
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lot 21 Luigi Servolini (1906 - 1981)
Oroscopea, segno zodiacale: Sagittario
Cromoserigrafia su carta
45,7 x 46,1 cm (luce)
Firma: “Luigi Servolini”, in lastra
Altre iscrizioni: indicazione della tiratura, “XXXV/CL”, a matita sul recto
Elementi distintivi: Al verso autentica del figlio dell’artista; inoltre etichetta con riferimento all’inventario della banca ed una etichetta anonima con dati dell’opera
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 70% (danni da umidità, aggressioni da muffe)
Stato di conservazione. Superficie: 80% (muffe)
L’esemplare appartiene ad una seria postuma di cromoserigrafie (ognuna in 300 esemplari di cui 150 contrassegnati in numeri romani e 150 contrassegnati in numeri arabi) realizzata sotto il controllo del figlio dell’artista -
Lot 22 Christo Javašev (1935 - 2020), da
Surrounded Islands, Project for Biscayne Bay, Miami
Stampa offset su carta
79,6 x 68 cm (luce)
Elementi distintivi: al recto targhetta della Banca Popolare di Asolo e Montebelluna con riferimenti inventariali ed etichetta della Galleria d’arte Martinazzo di Montebelluna
Provenienza: Banca Popolare di Asolo e Montebelluna; Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 90%
Stato di conservazione. Superficie: 90% -
Lot 23 Lino Bianchi Barriviera (1906 - 1985)
San Lazzaro degli Armeni, 1974
Puntasecca su carta
30,5 x 38,7 cm (lastra)
Firma: “Lino Bianchi Barriviera” al recto impressa e in lastra
Data: “1974” in lastra
Altre iscrizioni: tiratura “XII/XX p. d’a.” al recto impressa; “San Lazzaro degli Armeni Venezia” in lastra
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lot 24 Gino Rossi (1884 - 1947)
Ritratto della moglie Bice Levi Minzi (recto); Studio per la Fanciulla del fiore (?; verso), 1907 circa
Olio su tela
35,5 x 25,5 cm
Altre iscrizioni: “134/2 129/[...] (3) Geigher” su etichetta applicata sul verso
Elementi distintivi: sul verso, quattro etichette di esposizione (Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma 1956; Casa da Noal, Treviso 1974; Ca’ Vendramin Calergi, Venezia 1984; Galleria dello Scudo, Verona 1984); timbro dell’esposizione “La donna nell’arte”, 1955; timbro della Società per le belle arti Esposizione permanente di Milano; precedentemente ad un recente restauro, una etichetta gialla di collezione
Provenienza: collezione della madre dell'artista; collezione Benno Geiger; collezione privata, Treviso; collezione Giuseppe Fanna, Spresiano; collezione privata, Treviso (fino al 2008); Veneto Banca SpA in LCA
Bibliografia: Giuseppe Mazzotti, a cura di, "Undicesima mostra d'arte trevigiana", Treviso, 1942, p. 20, n. 95, tav. 4; Benno Geiger, "Gino Rossi pittore", Venezia, 1949, p. 51 n. 3, tav. 3; "I Mostra dell'Arte nella Medicina. Catalogo", Verona, 1950, n. 4; "Opere di Gino Rossi", Milano, 1950, n. 2; Giovanni Carandente, a cura di, Palma Bucarelli, presentazione di, "Gino Rossi", Roma, 1956, p. 22, n. 14; "La Donna nell'Arte da Hayez a Modigliani", Milano 1953, p. 38, p. 62 n. 263; Luigi Menegazzi, a cura di, "Gino Rossi", Milano, 1974, p. 91 n. 20; Luigi Menegazzi, scheda, in "Gino Rossi. Mostra commemorativa nel centenario della nascita", Milano, 1983, p. 31 n. 10; Luigi Menegazzi, scheda, in "Gino Rossi nel centenario della nascita", Milano, 1984, p. 28 n. 14; Luigi Menegazzi, "Gino Rossi. Catalogo generale", contributi di Claudia Gian Ferrari, Milano, 1984, p. 28 n. 14; Daniela De Angelis, "Gino Rossi e la Mitteleuropa", in Eugenio Manzato, a cura di, "Gino Rossi e l'Europa", Treviso 1998, pp. 37-52, p. 51; Nico Stringa, a cura di, "Venezia 900. Da Boccioni a Vedova", Venezia, 2006, p. 70 n. 3.1 (ill.), p. 370 n. 3.1; Marica Rossi, "Gino Rossi e il segreto della Fanciulla del fiore", in Il giornale di Vicenza, 14 gennaio 2007; Chiara Voltarel, "Scoperta una seconda 'Fanciulla del fiore'", in "Il gazzettino", 4 febbraio 2007; Morena Abiti e Maddalena Calandri, "Gino Rossi incontra i ragazzi", Treviso, 2009, pp. 22-23 (ill.); Mario Guderzo e Carlo Sala, a cura di, "Gino Rossi. La nostra passione", Asolo, 2010, pp. 50, 51 (ill.); Vittorio Pajusco, "Bice Levi Minzi (Bice Rossi Minzi) e l'Esposizione Internazionale femminile di Torino del 1913", in Nico Stringa e Stefania Portinari, "Gli artisti di Ca' Pesaro. L'Esposizione d'arte del 1913", Venezia, 2017, pp. 158-183, pp. 158, 162.
Esposizioni: "Undicesima mostra d'arte trevigiana", Treviso, Salone dei Trecento, 11 ottobre – 15 novembre 1942; "Opere di Gino Rossi", Milano, Galleria Annunciata, 1950; "I Mostra dell'Arte nella Medicina", Verona, 20-30 luglio 1950; "La Donna nell'Arte da Hayez a Modigliani", Milano, Palazzo Sociale, aprile-giugno 1953; "Gino Rossi", a cura di Giovanni Carandente, presentazione di Palma Bucarelli, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, gennaio-febbraio 1956; "Gino Rossi", a cura di Luigi Menegazzi, Treviso, Casa de Noal, 15 settembre - 4 novembre 1974; "Gino Rossi. Mostra commemorativa nel centenario della nascita", Verona, Galleria dello Scudo, 26 novembre 1983-31 gennaio 1984; "Gino Rossi nel centenario della nascita", Venezia, Ca' Vendramin Calergi, 19 febbraio, 31 marzo 1984; "Venezia '900. Da Boccioni a Vedova", a cura di Nico Stringa, Treviso, Casa dei Carraresi, 27 ottobre 2006 – 8 aprile 2007; "Gino Rossi. La nostra passione", a cura di Mario Guderzo e Carlo Sala, Museo Civico, Asolo, 16 maggio – 4 luglio 2010
Stato di conservazione. Supporto: 80% (qualche deformazione, riportata a piano nel 2020)
Stato di conservazione. Superficie: 80% (craquelure, distacchi di colore e ritocchi, piccolo foro e danni minori; consolidamento della superficie pittorica nel 2020; erroneo riposizionamento di un'asse del telaio con danno a due etichette e perdita d una terza, gialla, di partecipazione ad una mostra non identificata)
L'opera ritrae Bice Levi Minzi (Verona 1885 - Mantova 1947), pittrice sposata da Gino Rossi a Mantova il 31 ottobre 1903 e con la quale vivrà per dieci anni. Risalgono proprio al primo periodo di matrimonio gli iniziali passi di Gino Rossi nel mondo della pittura, con l'apprendistato a Venezia presso il pittore russo Vladimir Schereschewsky, e, dall'inizio del 1905, l'apertura di un suo studio nel palazzo di Ca' Pesaro, che da poco aveva iniziato ad accogliere i giovani artisti. È stato ipotizzato al 1905-1906 un primo viaggio in Francia e nei Paesi Bassi, seguito probabilmente da un nuovo viaggio a Parigi nel 1907, per visitare il Salon d'Automne con la retrospettiva di Gauguin, e da soggiorni in Bretagna nel 1909 e nel 1910, sulle tracce di Gauguin e dei Nabis.
È proprio in questo primo periodo, presumibilmente intorno al 1907, che la bibliografia sull'artista colloca l'opera in oggetto, chiaramente nutrita di quegli stimoli francesi che renderanno Gino Rossi uno dei protagonisti del rinnovamento della pittura italiana di inizio Novecento. La giovane Bice, all'epoca poco più che ventenne, è ritratta di profilo, lo sguardo abbassato, in un semplice abito blu appena impreziosito dalla presenza di una collana di perle rosse, i capelli raccolti all'interno di un copricapo a "cloche" dello stesso colore dell'abito.
La semplificazione formale a cui è ricondotto il modello naturale, l'uso dei colori puri, densi e à plat mostrano chiaramente la riflessione sviluppata dall'artista sul linguaggio sintetista di Gauguin e dei Nabis (Paul Serusier in particolare) e, di conseguenza, sull'arte dei primitivi, dalle espressioni artistiche egiziane e assire alla ritrattistica del Quattrocento, a cui rimanda anche la scelta dell'icastico profilo. Si tratta di interessi condivisi dalla stessa Bice, come si evince dai suoi pochi quadri noti (Pajusco 2017), molto vicini ai modi del marito. Animata dalla voglia di rivivere la dimensione semplice della vita bretone, dal 1909 la coppia vive a Burano in una casa con due studi separati presso la località Tre Ponti; intorno a loro, e sotto la bandiera del postimpressionismo, si raccolgono alcuni degli artisti più innovatori che espongono nelle mostre di Ca' Pesaro (Umberto Moggioli, Luigi Scopinich, Pio Semeghini). Insieme Bice e Gino frequentano anche il gruppo che si riunisce a Treviso all'Osteria alla Colonna (Arturo Martini, Bepi Fabiano, Guido Cacciapuoti) e condividono occasioni espositive come l'Esposizione Nazionale Giovanile di Napoli del 1911-1912 o il Salon d'Automne di Parigi del 1912, dove le loro opere sono presentate accanto a quelle degli italiani residenti a Parigi (Andreotti, Brunelleschi, Bugatti, Modigliani). È successivamente a questo nuovo viaggio nella capitale francese che avverrà la rottura del matrimonio, causata dal tradimento di Bice con lo scultore Oreste Licudis, a cui seguirà nella vita di Gino Rossi un lungo periodo di depressione.
Nel restauro condotto in occasione dell'esposizione del dipinto alla mostra "Venezia '900" a Treviso (2006-2007) sono emerse, sul verso, le tracce di una figura femminile (occhio, fronte e labbra, copricapo e veste azzurra). Si tratta probabilmente, come suggerito da Alessandro Del Puppo, di uno studio per la celebre "Fanciulla del fiore" (Voltarel 2007; Rossi 2007). Ciò permetterebbe - secondo lo studioso - di avvicinare l'esecuzione delle due opere (la seconda è comunemente datata al 1909 circa sulla base della sua esposizione alla mostra di Ca' Pesaro della primavera del 1910), riconoscendo in entrambe, come modella, la moglie dell'artista.