Lot 96 | Paris Bordone (1500 - 1571) Cristo e la Samaritana al pozzo di Giacobbe, 1530-1540

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LA GRAZIA E LA FORZA. PARTE I Sessione unica
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Paris Bordone (1500 - 1571) Cristo e la Samaritana al pozzo di Giacobbe, 1530-1540

Paris Bordone (1500 - 1571)
Cristo e la Samaritana al pozzo di Giacobbe, 1530-1540
Olio su tela
50,8 x 78,5 cm

Provenienza: Viancini, Venezia (?); Christie’s, Londra (27 novembre 1970, l.20); collezione privata, Silea; Veneto Banca SpA in LCA

Bibliografia: Andrea Donati, "Paris Bordone. Catalogo ragionato", Soncino 2014, p. 320, n. 103, come “Ambito di Bonifacio de’ Pitati”
Certificati: expertise di Giordana Canova Mariani del 25 febbraio 2005; expertise di Maurizio Marini, s.d.; scheda critica di Andrea Donati (come Paris Bordon)

Stato di conservazione. Supporto: 75% (reintelo)
Stato di conservazione. Superficie: 65% (cadute di colore, svelature, ridipinture, integrazioni)

Il dipinto è stato attribuito alla produzione giovanile di Paris Bordone da Maurizio Marini, che lo colloca nella «fase di più intensa adesione all'indagine materica giorgionesca», esaminando in particolare «la resa dello splendido paesaggio, vero protagonista del dipinto. In questo, infatti, fogliami , chiome arboree, cascine, case coloniche, nonché, sulla destra, il borgo immerso tra le fronde tutto sotto un cielo marezzato di nubi sospinte dal vento, è indice della sua adesione alla magia naturale di Giorgione.». Concorda Giordana Canova Mariani, che data l'opera agli anni venti del Cinquecento, osservando «sia il colorito, sia l'impianto generale della scena, sia l'addolcito patetismo effusivo dei personaggi, atteggiati in ben cadenzate posture, sia soprattutto il paesaggio tipicamente tizianesco, che ricorda da vicino quello della Sacra famiglia con Sant'Ambrogio e un donatore della Pinacoteca di Brera». Per la studiosa, «particolari inconfondibili, come l'atteggiamento della gamba della samaritana, e il puro profilo del Cristo rimandano inequivocabilmente alle consuetudini di Bordon».
La attribuzione è stata confermata da Mauro Lucco (comunicazione orale), con datazione intorno al 1520, e da Andrea Donati, curatore del catalogo ragionato dell'artista, che all'opera ha dedicato la scheda critica riprodotta in calce, con una datazione agli anni trenta del secolo, in relazione in particolare alla diffusione «dell'immagine della Samaritana in area veneto-ferrarese», forse in connessione con la spiritualità evangelica, poiché «La Samaritana incarna l’idea della fede nella sola grazia che fu al centro del dibattito religioso nel secondo quarto del Cinquecento». Riserve sulla attribuzione sono state sollevate da Giorgio Tagliaferro (comunicazione orale), che pure non la esclude sottolineando «la elevata qualità del blu della veste di Cristo». Un ulteriore parere è stato espresso in favore della attribuzione alla cerchia dell'artista, intorno al 1540-1560.
Un apporto decisivo alla attribuzione è stato fornito dalla campagna di analisi realizzata da Diagnostica Fabbri nel 2021 (radiografia, riflettografia infrarossa, infrarosso a falsi colori e fluorescenza ultravioletta), che ha consentito di leggere in profondità la complessità creativa dell'opera. Infatti, sotto la composizione visibile a luce naturale è risultata una prima stesura, ruotata di 180° e con altre notevoli varianti, nella forma del pozzo, nelle posture e nelle vesti di Cristo e della Samaritana. Quanto alla stesura definitiva, visibile a occhio nudo, la riflettografia infrarossa ha messo in evidenza tracce di un abbozzo lungo le anatomie e le vesti delle figure, eseguito con un 'medium' opaco all’infrarosso, forse carbone, nonché numerosi pentimenti e aggiustamenti.

Ringraziamo Andrea Donati, Mauro Lucco, Giorgio Tagliaferro e Davide Bussolari (Diagnostica Fabbri) per il supporto nella catalogazione dell'opera.

Scheda critica

Nel mio catalogo ragionato di Paris Bordone, edito nel 2014, avevo potuto giudicare il dipinto della "Samaritana" solamente sulla base delle fotografie d’archivio. Siccome non mi pareva abbastanza evidente dalle fotografie che fosse un’opera del pittore trevigiano, lo avevo classificato come dell’ambito di Bonifacio de’ Pitati1. Avendolo finalmente esaminato dal vivo e poi studiato attraverso l’indagine diagnostica, compiuta su mia indicazione da Davide Bussolari nel 2021, ho potuto verificare che si stratta effettivamente di un’opera di mano di Paris Bordone, riferibile agli anni trenta del '500.
Dall’analisi diagnostica emerge chiaramente che la prima stesura della Samaritana è stata dipinta in modo diverso: Cristo a sinistra e la Samaritana a destra erano stati immaginati come i soli protagonisti della scena, accostati entrambi al bordo del pozzo, che aveva una forma circolare. Poi il pittore ha cambiato idea e girando la tela da sotto in su ha dipinto la stessa scena in modo diverso. Dal punto di vista iconografico il pozzo circolare, visibile solo ai raggi X, rimanda alla incisione di Hans Sebald Beham. Uno dei primi riflessi di questa fonte iconografica tedesca nella pittura veneta si trova in un quadro attribuito a Palma il Vecchio (olio su tela, cm 96,5 x 132), datato per via stilistica al 1514-1516 circa, già in possesso di William Graham nel 18862. Nella stampa di Beham, come nel dipinto attribuito a Palma, caratterizzati entrambi da un’ambientazione paesaggistica 'en plein air' (una costante di questo soggetto cristologico), la Samaritana sta in piedi con il fianco accostato al pozzo e il braccio sinistro appoggiato sul secchio, mentre dal lato opposto Cristo le parla seduto con un gruppo di apostoli assiepati alle sue spalle. Questa stessa iconografia, rovesciata, ma sempre con il pozzo circolare, ricompare in un altro dipinto attribuito alla cerchia di Bonifacio Veronese (olio su tela, cm 140 x 275) datato per via stilistica al 1535 circa, già in collezione Max Rothschild3. Il pozzo circolare è una costante nella raffigurazione della Samaritana di matrice tedesca e risulta particolarmente diffuso nella pittura veneta e ferrarese del Cinquecento: valgano ad esempio i quadri riferiti alla cerchia del Garofalo nella Galleria Borghese4 e quello certamente suo all’Ermitage (olio su tavola, cm 27 x 41)5, il quadro del Moretto da Brescia all’Accademia Carrara di Bergamo (olio su tela, cm 38,9 x 31,2)6, l’incisione di Francesco de Nanto dal disegno di Girolamo da Treviso databile dopo il 15257.
Nella versione finale di Paris Bordone, rispetto alla prima visibile solo ai raggi X, il pozzo ha assunto una forma ottagonale e ogni lato è decorato da semplici ovali profilati dalla luce radente. La forma geometrica del pozzo rimanda al linguaggio figurativo di Sebastiano Serlio, un architetto e prolifico disegnatore che ebbe largo seguito tra i pittori raffaelleschi di Bologna e poi tra quelli veneziani più vicini al gusto “romanista”. Serlio trovò rifugio a Venezia dopo il Sacco di Roma nel 1527. Tra tutti i pittori veneziani Bordone è quello più vicino a Serlio, che gli fornì ispirazione per alcuni dei più spettacolari dipinti a sfondo architettonico del Cinquecento, a cominciare dal grande telero della Consegna dell’anello al doge dipinto per la Scuola di San Marco nel 1534. Tra le famiglie che protessero Serlio a Venezia spiccano i Priuli, potenti patrizi imparentati con i Grimani. Nel 1537 Serlio risulta abitare in affitto ai Santi Apostoli, alle fondamenta di Santa Caterina, in una casa di proprietà di Francesco Priuli “procuratore di San Marco” e di suo fratello Federico Priuli. Costoro erano cugini del banchiere Antonio Priuli (Antonio “dal banco”) e di suo fratello Alvise, amico intimo del cardinale Reginald Pole. In quel tempo i cugini Priuli possedevano come bene indiviso una stupenda villa a Treville, luogo di delizie noto in tutta Italia8. Villa Priuli a Treville è scomparsa da due secoli. Bordone aveva dei possedimenti nella campagna trevigiana, dove amava ritirarsi. Era proprio lì che traeva ispirazione per i suoi paesaggi idilliaci. Dunque si può immaginare che Bordone avesse dipinto qualche opera per i Priuli. Di recente ho avanzato l’ipotesi che i "Giocatori di scacchi" di Berlino rappresentino due membri della famiglia Priuli nella loro villa di Treville9. Antonio e Alvise Priuli si distinsero anche per il loro interesse nei confronti della Riforma ecclesiastica; di certo erano al corrente delle idee luterane e del pensiero protestante. La "Samaritana" di Bordone era destinata a un committente sensibile alla pittura di paesaggio e alla spiritualità evangelica, come appunto furono i Priuli. Anche se questo non è sufficiente per determinare l’origine della "Samaritana" e accreditarne la provenienza dai Priuli, serve tuttavia da riferimento per delineare il profilo storico del committente. Le dimensioni contenute del dipinto rimandano a un ambiente domestico privato, non all’ambito ufficiale ecclesiastico.
La circolazione dell’immagine della "Samaritana" in area veneto-ferrarese trova una spiegazione nella connessione di questa figura femminile con la spiritualità evangelica. Molti gruppi religiosi italiani erano vicini alla Riforma protestante. Non solo Ferrara e Venezia, ma altri centri della pianura Padana e dell’Italia in genere erano sensibili alle istanze di Lutero e di Calvino. La "Samaritana" incarna l’idea della fede nella sola grazia che fu al centro del dibattito religioso nel secondo quarto del Cinquecento. L’interpretazione più singolare del soggetto si deve a Michelangelo, che in vista del Concilio di Trento e del tentativo di Paolo III e Carlo V di dare una risposta adeguata alla rivolta protestante, rispose a una domanda precisa di Vittoria Colonna, che gli chiese di rappresentare la "Samaritana al pozzo" nell’ambito di una serie di immagini cristologiche tese a mostrare la forza salvifica della fede. Si tratta della terza invenzione sacra eseguita nel giro di poco tempo da Michelangelo per la marchesa di Pescara. Il "Crocifisso", la "Pietà" e la "Samaritana al pozzo" si collocano in sequenza tra il soggiorno di Vittoria Colonna a Viterbo, presso la corte del cardinal legato Reginald Pole, e il suo definitivo ritorno a Roma nel convento di Sant’Anna de’ Funari, vale a dire tra la primavera del 1543 e la fine del 1545. La "Samaritana" è documentata da una lettera della marchesa di Pescara a Michelangelo del 20 luglio 1545, quando risulta come una “pittura” già in suo possesso10, e dalla seconda edizione delle 'Vite' di Vasari del 156811. Nessun disegno o dipinto di Michelangelo è sopravvissuto, ma alcune copie grafiche e pittoriche danno un’idea precisa della composizione originale. Nella lettera di Vittoria Colonna spedita a Michelangelo dal monastero di Santa Caterina di Viterbo il 20 luglio 1545 si parla della "Samaritana al pozzo" in questi termini12. Nel 1545 usciva un libretto di Lutero in traduzione italiana falsamente attribuito al defunto cardinale Federico Fregoso, cugino di Vittoria Colonna, sulla 'Lettera di san Paolo ai Romani', la cui marca tipografica era illustrata da una "Samaritana al pozzo" ben diversa da quella inventata da Michelangelo, ma assai vicina agli esempi della pittura veneta dei due decenni precedenti13. Richiamare la Samaritana di Michelangelo è utile sia a datare il dipinto all’inizio di quel fervore religioso che animò il dibattito pre-Tridentino, sia a collocare il soggetto in un ambito iconologico preciso, afferente alla spiritualità evangelica italiana

Andrea Donati

Note

1 Andrea Donati, Paris Bordone. Catalogo ragionato, Soncino 2014, p. 320, n. 103, come “Ambito di Bonifacio de’ Pitati”.
2 Philip Rylands, Palma Vecchio, Cambridge University Press 1992, p. 284, n. A41.
3 Rylands 1992, cit., p. 286, n. A42.
4 Paola Della Pergola, Galleria Borghese, Roma 1955, I, p. 45, n. 68, come “seguace fiammingo del Garofalo”, ivi, n. 69, come “seguace del Garofalo”, p. 46, n. 71, come “seguace del Garofalo”.
5 Tatjana Kustodieva e Mauro Lucco, Garofalo, Milano 2008, pp. 118, 173, n. 57.
6 Federico Zeri e Francesco Rossi, La Raccolta Morelli nell'Accademia Carrara, 1986, p. 149, n. 49. Altri due disegni e un dipinto riferiti al Garofalo sono riprodotti da Anna Maria Fioravanti Baraldi, Il Garofalo, Ferrara 1993, p. 272, nn. 6-7.
7 Paolo Ervas, Girolamo da Treviso, Saonara (Padova) 2014, pp. 90-91, 126, n. 16, fig. 28.
8 Donati, Vittoria Colonna, cit., capitolo VII.
9 Donati 2019, cit.
10 La Colonna a Michelangelo, da Santa Caterina di Viterbo, 20 luglio [1545].
11 G. Vasari, Le vite de’ più eccellenti Pittori Scultori e Architettori nelle due redazioni del 1550 e 1568, a cura di R. Bettarini e P. Barocchi, VI, Firenze 1987, p. 112: «le disegnò Michelagnolo una Pietà in grembo alla Nostra Donna con dua angioletti, mirabilissima, et un Cristo confitto in croce, che, alzato la testa, raccomanda lo spirito al Padre, cosa divina; oltre a un Cristo con la Samaritana al pozzo».
12 La Colonna a Michelangelo, da Santa Caterina di Viterbo, 20 luglio [1545]: Ferrero-Müller 1892, p. 268, n. CLVII (data 1542-1543); Barocchi-Ristori 1979, IV, p. 169, n. MXII (data 1543); Ch. Beaufort-Spontin, in Ferino-Pagden 1997, pp. 400, 402, n. IV.24 (data 1543).
13 Lutero, ed. 1545; cfr. Seidel Menchi 1977.