LA GRAZIA E LA FORZA. PARTE I
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Lot 25 Lino Bianchi Barriviera (1906 - 1985)
Tempio di Venere e Roma
Inchiostro su carta
39,3 x 53,6 cm
Altre iscrizioni: “martedì” al recto
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 90% (pieghe)
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lot 26 Ottorino Stefani (1928 - 2016)
Montello, 1960
Olio su tavola
55 x 80 cm
Firma: “Stefani” al recto
Data: “1960” al recto
Elementi distintivi: sul verso, timbro dell’artista con titolo e dati relativi all’opera
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95%
Nativo di Volpago del Montello, Stefani ha vissuto gran parte della sua vita a Montebelluna. Legato a personalità della cultura locale come Orazio Celeghin e Manlio Dazzi, frequentò l’Accademia di Belle Arti e la Facoltà di Architettura di Venezia, avvicinandosi alla lezione di Bruno Zevi e Carlo Scarpa. Si laureò nel 1978 con una tesi su Antonio Canova, autore cui dedicò importanti studi, così come a Noè Bordignon, Luigi Serena, Luigi Bianchi Barriviera e Renzo Biasion. Per trent’anni insegnò disegno e storia dell’arte presso l’Istituto Magistrale di Montebelluna, dedicandosi costantemente alla pittura. A Ottorino Stefani si devono anche numerose raccolte poetiche ed il saggio "Itinerari autobiografici". Bibliografia di confronto: Marco Goldin e Alberico Sala, a cura di, "Ottorino Stefani", Cornuda, 1989. -
Lot 27 Giuseppe Stevenazzi (XX secolo)
Settembre a Borgomanero
Olio su faesite
70,5 x 79,5 cm
Firma: “Stevenazzi” al recto
Altre iscrizioni: sul verso, “Borgomanero” e recapiti dell’artista
Elementi distintivi: sul verso, etichetta del IX Premio Borgomanerese di Pittura “Il grappolo d’oro”
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lot 28 Biagio Castilletti (1966)
Roma, lungo il Tevere, 2007
Acrilico su tela
80 x 180 cm
Firma: “Biagio Castilletti” sul verso e lungo il lato destro
Data: “2007” sul verso
Altre iscrizioni: “Roma, lungo il Tevere 80x180 Acrilico” sul verso
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95%
Castilletti reinterpreta il paesaggio urbano, lavorandovi come un pittore di vedute, ma a partire da stampe o foto antiche. Restituisce così di Roma,in particolare delle sue prospettive più famose, un'immagine poetica e inusitata. -
Lot 29 Lino Bianchi Barriviera (1906 - 1985)
Verso Montecompatri, 1956
Acquaforte su carta
22,5 x 32,3 cm (lastra)
Firma: “Lino Bianchi Barriviera” al recto a matita e in lastra
Data: “1956” al recto a matita e in lastra
Altre iscrizioni: tiratura “6/30”, “verso Montecompatri” al recto a matita
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Bibliografia: Marco Goldin, a cura di, "Cento incisioni di Lino Bianchi Barriviera", Villorba, 1993, p. 89
Esposizioni: Marco Goldin, a cura di, "Cento incisioni di Lino Bianchi Barriviera", Casa dei Carraresi, Treviso, 16 dicembre 1993 - 16 gennaio 1994 (altro esemplare)
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lot 30 Alberto Gianquinto (1929 - 2003)
La rondine, 1981
Olio su tela
199,5 x 250 cm
Data: “1981” al recto
Altre iscrizioni: “Quod inchuatum” (sic!)
Elementi distintivi: sul verso, etichetta dell’Archivio storico Alberto Giacquinto
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Certificati: sul verso, certificato di autenticità con titolo, data e dati relativi all’opera
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lot 31 Ilirjan Xhixha (1964)
Cavalli in corsa
Acrilico su tela preparata
80 x 120 cm
Firma: “i xhixha” in colore al recto
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 90% -
Lot 32 Giuseppe Cesetti (1902 - 1990)
Derby
Serigrafia su carta
59,5 x 80 cm (lastra)
Firma: “G Cesetti” al recto a matita
Altre iscrizioni: tiratura “72/120” al recto a matita
Elementi distintivi: sul verso, etichetta della Veneto Banca con riferimenti di inventario
Provenienza: Galleria d’Arte Martinazzo, Montebelluna; Veneto Banca SpA in LCA
Certificati: sul verso, certificato di autenticità della Galleria d’Arte Martinazzo con dati relativi all’opera
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lot 33 Isabel Jover (1951)
Senza titolo, 2004
Acrilico su cartoncino
47,5 x 35 cm (luce)
Firma: “Jover” al recto e sul verso
Data: “04” al recto e sul verso
Altre iscrizioni: “Tarragona Es.” sul verso
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lot 34 Autore non riconosciuto (XX secolo)
Senza titolo, 2001
Olio e sabbia su tela
80 x 60 cm
Firma: illeggibile al recto
Data: “2001” al recto
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lot 35 Salvatore Fiume (1915 - 1997)
Cavalcata
Serigrafia su broccato
50 x 70 cm
Elementi distintivi: sul verso, una etichetta anonima con dati dell’opera; etichetta della Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana con riferimenti di inventario
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lot 36 Anton Zoran Mušič (1909 - 2005)
Cavalli
Olio su tela
31,5 x 41,3 cm
Firma: “Music” al recto
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 85%
Stato di conservazione. Superficie: 80% (lievi distacchi del colore)
In questo dipinto, appartenente alla celebre serie dei Cavallini, Mušič ritorna al motivo che più di ogni altro ha segnato la fase felice e lirica della sua produzione del dopoguerra. Il tema affonda le sue radici nei soggiorni estivi trascorsi dall'artista in Dalmazia, tra le piane carsiche e le colline pietrose che fornivano un repertorio naturale di asinelli e cavalli dalmati. Quel mondo – semplice, arcaico, attraversato da un ritmo pacato – diviene negli anni immediatamente successivi alla guerra un serbatoio di memoria e di quiete, un contrappunto esistenziale alla tragedia vissuta a Dachau.
Mušič sviluppo il motivo dopo la liberazione dal campo di concentramento e il ritorno in Slovenia. I cavallini si dispongono quasi sempre in piccoli gruppi, colti da tergo, di tre quarti o di profilo come in una processione lenta e silenziosa. Non sono rappresentazioni descrittive: le loro forme allungate, le teste ridotte, le macchie decorative sul manto appartengono più al regno del ricordo che a quello della rappresentazione naturalistica.
La critica ha spesso letto questi cavallini come figure doppie: da un lato evocano la nostalgia dell’infanzia e della terra d’origine; dall’altro incarnano un’idea fragile di libertà, costantemente minacciata dall’ombra dell’orrore del lager, che l’artista porterà a maturazione nel ciclo "Nous ne sommes pas les derniers".
Nell'opera di Veneto Banca il linguaggio è già quello del primo periodo astratto di Mušič (circa 1951–57): le linee curve dominano la composizione, unificando manti, colline e superfici; la materia è asciutta, quasi terrosa; le figure – gialle, brune, rossastre – emergono da un fondo caldo che richiama le pietraie dalmate. Le macchie scure e la trama della tela a vista accentuano il carattere atmosferico, sospeso, quasi trasognato della scena. La processione dei cavalli è resa attraverso sottili variazioni cromatiche e segni minimi: piccoli punti, reticoli obliqui, striature che trasformano i corpi animali in elementi ritmici, ormai più vicini al segno che allo studio dal vero.
Proprio l’equilibrio tra figurazione e astrazione è la qualità focale di questa piccoal tela. La disposizione dei cavalli in sequenza, l’uso calibrato delle tonalità calde e la vibrazione decorativa delle superfici testimoniano una fase matura e consapevole della ricerca di Mušič, in cui il tema dalmata viene distillato fino a diventare un’immagine-simbolo. L’opera si distingue per la sua delicatezza lirica e per la capacità di unire semplicità narrativa e profondità emotiva — un tratto che rende questi Cavallini tra i soggetti più amati e riconoscibili dell’artista. -
Lot 37 Enrico Benetta (1977)
Fantasia in giostra. Cavallo dei sogni
Acrilico, smalto e sabbia su carta applicata su tela. Dittico irregolare
160 x 100 x 5,3 cm (il primo pannello)
139,4 x 100 x 5 cm
Firma: firme sul verso e sul lato di ogni pannello
Altre iscrizioni: titolo al verso del primo pannello e iscrizioni per autentica al verso di ogni pannello
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lot 38 Paolo da San Lorenzo (1935)
Il canto della luce, 2001
Olio su tela
100 x 100 cm
Firma: “Paolo da San Lorenzo” al recto
Elementi distintivi: etichetta della Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana con riferimento di inventario e analoga etichetta anonima, al verso
Provenienza: Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana; Veneto Banca SpA in LCA
Certificati: sul verso, certificato di garanzia dell’artista con titolo e data
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lot 39 Italia (Fine del XX secolo - Inizi del XXI secolo)
Rivisitazione
Stampa offset su carta
73 x 148 cm
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lot 40 Ibrahim Kodra (1918 - 2006)
Composizione astratta
Litografia su carta
32,3 x 23,3 cm (luce)
Firma: “Ib. Kodra” a matita al recto
Altre iscrizioni: “41/100” a matita al recto
Elementi distintivi: etichetta Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana con riferimenti di inventario
Provenienza: Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana; Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lot 41 Enrico Benetta (1977)
Senza titolo
Acrilico, smalto, sabbie su carta applicata su tela e parti in metallo aggettanti
71 x 70 x 5 cm
91 x 90 x 18,5 cm (la teca)
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lot 42 Francesco Bassano (1549 - 1592), con possibili interventi di Jacopo Bassano (1510-1592)
Ritorno del figliol prodigo, 1575 circa
Olio su tela
99,4 x 131 cm
Provenienza: Cambi, Genova, 26 febbraio 2007, l. 1301 (€ 68.000); Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 70% (reintelo)
Stato di conservazione. Superficie: 80% (abrasioni nelle parti delle terre, limitate cadute; interventi di restauro in due momenti diversi)
La parabola del “Ritorno del figliol prodigo”, dal Vangelo di Luca (15, 11-32), è un soggetto fortunato e ricorrente nella produzione dei Bassano: la complessa scena – sul fondo il giovane che si allontana a cavallo, a sinistra l’incontro con l’anziano padre che lo perdona e al centro la macellazione del vitello grasso – offre alla capacità inventiva ed al gusto narrativo di Jacopo da un canto una efficace articolazione teatrale del tempi (consentendo di rappresentare l’intera storia in una unica scena), e dall’altro la possibilità di unire i temi più apprezzati della pittura del Cinquecento, la figura umana, il paesaggio, i ricchi interni, la natura morta, gli animali, i contrasti luminosi, la prospettiva e l’architettura classica. Se l’ideazione è certamente di Jacopo, le molte versioni note richiedono una attenta valutazione delle mani operanti, e nessuna di esse sembra, oggi, essere stata compiuta integralmente dal caposcuola.
Presso il Prado, con datazione intorno al 1570, si conserva la composizione più complessa: eguale all’opera in asta nell’impianto generale, presenta tre ulteriori personaggi, di eccezionale fattura: a sinistra un uomo intento a pulire un pollo, al centro un ragazzo riccamente abbigliato e a destra, innanzi al focolare, una giovane serva. Soprattutto nelle prime due figure citate, si rileva lo scatto qualitativo tra Jacopo ed il figlio Francesco, ma l’impianto generale mostra la collaborazione tra i due artisti. Jacopo e Francesco affrontano il tema insieme altre volte, tra il 1570 e il 1590 nelle tele conservate alla Galleria Doria Pamphili, Roma, ed alla Art Gallery of Western Australia, Perth, e forse in un dipinto già presso il Rose Art Museum, Brandeis University, di Waltham (MA) archiviato da Federico Zeri con attribuzione piena a Jacopo Bassano (Fototeca Zeri, cat. 44488). Integralmente a Francesco sono da ascriversi le versioni conservate presso il Musée des Beaux Arts di Libourne e presso la Chiesa della Ss. Annunziata a Napoli, mentre a Leandro risale una replica oggi al Bristol Museum of Fine Arts. Non poche copie, più o meno vicine alla celebre bottega, sono inoltre apparse negli anni.
La tela in esame, inedita, è stata presentata in asta nel 2007 come autografa di Jacopo Bassano presso Cambi a Genova, dove è stata acquistata da Veneto Banca, con la consulenza di Saviano Luigi Bellé, che ne ha anche curato la pulitura, restituendo alla tela – piuttosto appannata in asta – una grande leggibilità dei valori cromatici, e per primo proponendo l’attribuzione a Francesco Bassano (2007).
Come ricorda Rodolfo Pallucchini, nella monografia dedicata all’artista, “Alle soglie degli anni settanta, si avverte (…) che qualcosa sta mutando nel gusto di Jacopo Bassano: venuta meno la esigenza di un «experiri» manieristico, il pittore tende a ridare alla composizione una monumentalità su basi prospettiche che possa consentire un racconto sacro, ormai ambientato in luce vespertine, sviluppato e coordinato secondo i canoni tridentini. Contemporaneamente a tale attività nel campo devozionale, richiesta da chiese e conventi di tutto il Veneto, Jacopo, con l’aiuto della bottega - specialmente del figlio Francesco – s’avvia ad una produzione sempre più larga nel campo della pittura di genere. Le opere dell’ottavo decennio, tanto le devozionali o civili quanto le scene campestri o di genere, sono forse quelle che hanno dato maggiore fama al Bassano: le prime per essere esposte in pubblico, le seconde per corrispondere a quella moda che è stata definita del «bassanismo»: ma sono anche le più esteriori (Pallucchini, Bassano, Bologna, 1982, p. 41).
In questo excursus stilistico, l’opera in asta, databile intorno il 1575, si colloca assai vicino al dipinto del Prado (1570 circa), più complessa e di maggiore piglio realistico, ed alla tela della Galleria Doria Pamphilj (1570-1578 circa), che presenta la analoga composizione semplificata. La presenza di Francesco, nelle tre tele, è testimoniata dalle pennellate rapide e compendiarie (pressoché identico, il modo in cui è realizzato il cappello del macellaio nella tela del Prado e nell’opera in asta), che nel dipinto di Veneto Banca dominano la composizione, più aperta anche nel paesaggio. Quasi una firma di Francesco è il modo di realizzare le orecchie, con una sovrapposizione nervosa di colpi di pennello, la stessa che si snoda ampiamente nei panneggi, di contro alla mano più controllata del padre. Più vicini a Jacopo, e di maggiore effetto drammatico e realistico insieme, sono invece la scena del perdono, in particolare le figure del padre e del figliol prodigo, così come particolari nel macellaio di spalle, nella figura femminile a destra e nel viso di vecchia come rileva Giorgio Tagliaferro (comunicazione orale), opinione condivisa, in particolare per quanto concerne il gruppo del perdono, da altri tre specialisti, che hanno chiesto di non essere citati. Andrea Donati (comunicazione orale) considera per l’opera una datazione più tarda, intorno al 1580-1585, suggerendo che il gruppo del perdono risalga all’ultimo Jacopo. Giuseppe Pavanello ascrive, invece, l’opera completamente a Francesco (comunicazione del 10 giugno 2021).
Nel complesso svolgersi della bottega dei Bassano – iniziata dal padre di Jacopo, Francesco il Vecchio, e proseguita dai figli Francesco, Leandro, Giambattista e Gerolamo – la figura di Francesco è centrale, tant’è che Jacopo lo ricorda, con Leandro, nel proprio testamento come pratico e di pronta invenzione, e capace di un’arte “bona e perfetta" (Alberton Vinco da Sesso - F. Signori, “Il testamento di Jacopo Bassano”, in “Arte veneta”, XXXIII, pp. 161-64, 1979, pp. 163 s.). Come segnala Marco Horak, confermando l’attribuzione a Francesco con interventi di Jacopo nella scheda approntata per l’asta, nel 1577 il Marucini annota che Iacopo ha un "figlio ammaestrato da lui che non solamente è imitatore diligentissimo del Padre, ma tende a strada di non, solo agguagliarlo, ma superarlo, se Dio li presta vita", mentre nel 1648 il Ridolfi descrive Francesco come "Il più valoroso dei figli di Iacopo" e aggiunge che "fu allevato con ottime istituzioni dal Padre, e negli anni ancor giovanili gli fu di sollievo di molte fatiche", soprattutto dopo il 1575, quando il crescente successo obbliga ad una riorganizzazione della “ditta familiare” dei Bassano.
Dalle analisi diagnostiche realizzate nel 2021, sono emerse in radiografia significative variazioni nella resa della struttura architettonica a sinistra e la sovrapposizione del gruppo del perdono allo sfondo paesistico, con un importante ampliamento della figura del figliolo: un dato che conferma come queste figure siano state realizzate per ultime, quasi a suggellare l’opera (Relazione Diagnostica Fabbri, pp. 7-12). Rimarchevole, anche ai fini di datazione, la parziale rotazione del volto della bambina intenta a lavare i panni, originariamente maggiormente di profilo come nel dipinto Doria Pamphilj e poi corretta con un risultato assai simile alla tela del Prado, modelli che dovevano quindi essere entrambi ben presenti agli autori del dipinto di Veneto Banca.
La lavorazione del gruppo del perdono con maggiore libertà assume particolare significato in confronto alla predisposizione di parte dei confini di figure e architetture con abbozzo con medium opaco, probabilmente carbone, messa in evidenza dalla riflettografia infrarossa: per esempio, la figura del macellaio, di cui si può facilmente seguire il disegno preparatorio dal cappello alla spalla lungo il fianco destro (Relazione Diagnostica Fabbri, p. 14), in analogia con la tela del Prado. Tratteggiata a carbone anche la fronte della figura femminile seduta davanti al caminetto – che risulta maggiormente di profilo rispetto alle tele di Roma e Madrid, e ridotta nel mento rispetto alla prima stesura – così come il petto ed un tratto della veste (ibidem, p. 15). Analoghi segni di organizzazione dell’immagine con abbozzo a carboncino si rilevano nel profilo inferiore del gatto e nella definizione delle architetture, realizzate con l’ausilio di una riga e anch’esse dipinte precedentemente al gruppo del perdono (ibidem, p. 17).
L’analisi a falso colore ha messo in evidenza il viraggio verso una tonalità grigio scuro di alcuni elementi che probabilmente in origine tendevano maggiormente al blu ed al verde: in particolare il cielo, il paesaggio, alcune vesti (del padre, della lavandaia e del servo che apre l’anta) e la seconda fila di piatti a parete. Questo rilievo è assai interessante perché la cromia originale blu-verde di queste parti è confermata dalle repliche di questo soggetto conservate al Musée de Beaux-Art di Libourne (con attribuzione a Jacopo, ma in realtà di Francesco) ed al Bristol Museum of Fine Arts (con attribuzione a Leandro), nonché dal dipinto del Prado, che tuttavia presenta, nelle vesti, una cromia maggiormente scurita e più simile all’opera in esame.
Ringraziamo Andrea Donati, Marco Horak, Giuseppe Pavanello, Giorgio Tagliaferro e Davide Bussolari (Diagnostica Fabbri) per il supporto nella catalogazione dell'opera. -
Lot 43 Gaspare Diziani (1689 - 1767), attribuito a
Martirio di Santa Giustina da Padova
Olio su tela
131,5 x 97,5 cm
Provenienza: Eredi G. Galanti (fino al 16 dicembre 1960, come "Martirio di Sant'Agnese"), Banca Popolare di Asolo, Banca Popolare di Asolo e Montebelluna; Veneto Banca SpA in LCA
Bibliografia: Danilo Gasparini e Lucio De Bortoli, Storia di una banca di territorio. Dalla Popolare di Montebelluna a Veneto Banca. 1877-2007, Treviso, 2008, p. 235
Stato di conservazione. Supporto: 70% (reintelo, in seguito ad un danno da urto con lacerazioni in sei punti suturati con restauro nel 2003)
Stato di conservazione. Superficie: 80% (superficie pittorica sanificata e consolidata, abrasioni e ridipinture)
Il dipinto, che proviene probabilmente dalla settecentesca Villa Galanti ad Asolo, oggi Villa Cipriani, venne attribuito a Gaspare Diziani da Luigi Coletti (1886-1961), conservatore del Museo e della Pinacoteca Civica di Treviso, successore di Roberto Longhi nella cattedra di storia dell'arte a Bologna e poi, nel 1937, di Matteo Marangoni a Pisa. Gli inventari della Banca Popolare di Asolo ne registrano, infatti, la cessione da parte di G. Galanti nel 1960, due anni prima dell'acquisto della villa da parte di Rupert Edward Cecil Lee Guinness, della celebre famiglia di produttori di birra.
Il soggetto, da sempre ritenuto Santa Agnese, rappresenta invece il martirio di Santa Giustina da Padova, compatrona di Venezia: la giovane, figlia del governatore di Padova, era stata giustiziata dai soldati di Diocleziano il 7 ottobre 304 a causa del suo rifiuto di aderire ai culti pagani. Il culto di Giustina ebbe grande risalto in Veneto, sin dal VI secolo, con la fondazione di un primo santuario sulla sua tomba da parte del prefetto del pretorio Venanzio Opilione, divenuto importante centro monastico nel XV secolo, ed alla santa è dedicata la omonima basilica cittadina. Nel giorno della sua festa, il 7 ottobre 1571, a Lepanto la Lega Santa trionfò sulla flotta turca, frenando la avanzata di Istanbul nel Mediterraneo. Da quel momento, l'esecutore di Santa Giustina è rappresentano come un moro, spesso in vesti orientali, con il primo grande esempio figurativo nel "Martirio di Santa Giustina" di Paolo Veronese, conservato alla Galleria degli Uffizi (1570-1575): come nel dipinto di Veneto Banca, la martire è in vesti principesche, la corona poggiata a terra, simboli del suo lignaggio. In memoria della vittoria di Lepanto, a Venezia le è stata dedicata una chiesa in cui il Doge si recava ogni anno in processione il 7 ottobre per ascoltare il Te Deum e ringraziare per la miracolosa intercessione. Venezia le dedicò anche una speciale osella, la cosiddetta giustina.
A giudizio di Giuseppe Pavanello, la tradizionale attribuzione della tela a Diziani risulta dubbia, anche se forse giustificabile nella prospettiva di un'opera giovanile, compromessa sul piano conservativo (comunicazione del 24 maggio 2021). Sono stata autorevolmente suggerite diverse attribuzione alternative. La prima, da parte di Mauro Lucco, guarda ad un ambito piemontese, forse Pietro Francesco Guala (1698-1757) o più da vicino a Claudio Francesco Beaumont (1694-1766), con conseguente lettura del soggetto come Sant'Eurosia, la martire spagnola decapitata dai mori intorno al 968 a Yebra, il cui culto si diffuse anche in Italia settentrionale, soprattutto in Piemonte e Lombardia, come protettrice dei raccolti. La seconda, suggerita come prima impressione da Massimo Pulini, avverte nell'opera un legame con la pittura austriaca del primo Settecento. Tra le ulteriori attribuzioni alternative, va infine ricordato il pittore vicentino Giambattista Mariotti (1694-1765), in confronto con il "Martirio di Sant'Eurosia" del Museo Civico di Bassano per l'impostazione e i putti, che richiamano anche i "Putti musicanti" della cantoria Chiesa della Trinità a Chioggia (1720), e la tela con "Ercole e Onfale", in collezione Spanio (1740 circa), che mostra affinità anche nel trattamento del cielo (con costruzione in diagonale da sinistra a destra), del paesaggio (con l'estrema semplificazione degli alberi) e degli atti. Per le anatomie - il punto più distante dalla produzione di Mariotti - si possono individuare legami con le figure del "Martirio di Sant'Andrea" nella omonima chiesa di Sarcedo, in particolare nel raffronto tra il moro e sant'Andrea nella articolazione di spalla, gomito e braccio.
Convinto assertore della autografia dizianesca è invece Marco Horak, che ha dedicato all'opera una approfondita scheda critica, leggendovi «schemi formali che rinviano ad alcune composizioni con simili soggetti del maestro di Gaspare, Sebastiano Ricci. I colori sono delicati e luminosi al tempo stesso e la retoricità degli impianti figurativi, caratterizzati da una certa plasticità, è attenuata dal ductus narrativo che spezza le linee, rende morbidi i panneggi in un felice accordo con la tavolozza assolutamente matura e virtuosa che conduce a un risultato in cui si apprezzano armonia ed eleganza dell’insieme». Il dr. Horak data l'opera «attorno alla metà del XVIII secolo».
Ringraziamo Giuseppe Pavanello, Mauro Lucco, Massimo Pulini e Marco Horak per il prezioso aiuto nella catalogazione dell'opera. -
Lot 44 Luigi Bartolini (1892 - 1963)
Odalisca
Olio su tela applicata su cartoncino
22,3 x 14,6 cm
Firma: “Bartolini” al recto
Elementi distintivi: sul verso, etichetta Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana con riferimenti di inventario
Provenienza: Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana; Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 85% (residui di adesivo, danni da urto e abrasione)
La autenticità dell'opera è stata confermata su base fotografia da Luciana Bartolini, erede e specialista dell'artista (comunicazione del 7 ottobre 2021).
Ringraziamo la Professoressa Luciana Bartolini, Presidente dell'Archivio Luigi Bartolini, per il prezioso supporto nella schedatura dell'opera. -
Lot 45 Lojze Spacal (1907 - 2000)
Granito, 1985
Serigrafia su carta
40 x 54 cm (luce)
Firma: “C. Spacal” a matita al recto
Data: “85” a matita al recto
Altre iscrizioni: indicazione dell’esemplare, “P.A.”, a matita al recto
Elementi distintivi: due etichette con riferimenti di inventario, una della Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana e l’altra anonima; etichetta anonima con riferimento all’opera ed etichetta della Corniceria Laurenzi, Fabriano
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 80% (ondulazione, leggere pieghe e piccoli danni da umidità)
Stato di conservazione. Superficie: 80% (residui di muffa) -
Lot 46 Paolo da San Lorenzo (1935)
Acquario, 2001
Olio su tela
80 x 100 cm
Firma: “Paolo da San Lorenzo” nel colore, al recto
Elementi distintivi: al verso della tela, etichetta con certificato di garanzia e dati dell’opera; sul telaio marchio con indicazione della misura e due etichette con riferimenti inventariali, una della Cassa di risparmio di Fabriano e Cupramontana e l’altra anonima
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 90%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lot 47 Remo Brindisi (1918 - 1996)
Venezia
Serigrafia su carta
66 x 45,5 cm (lastra)
Firma: "Brindisi” al recto
Altre iscrizioni: tiratura “79/150” al recto
Elementi distintivi: sul verso, una etichetta anonima con dati dell’opera; etichetta della Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana con riferimenti di inventario
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lot 48 Giuseppe Bernardino Bison (1762 - 1844), cerchia di
Venezia: veduta del ponte di Rialto da sud
Olio su tela
26 x 35,2 cm
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Certificati: fotocertificato a firma di Cesare Lampronti relativo alla presente e ad altra opera, datato 21 febbraio 2006, ed inoltre scheda critica su carta intestata di Cesare Lampronti
Stato di conservazione. Supporto: 70% (reintelo)
Stato di conservazione. Superficie: 90%
La piccola veduta fa parte di un insieme di quattro, non necessariamente nato come gruppo unitario, attribuito a Giuseppe Bernardino Bison (1762-1844) da Cesare Lampronti, che vi ha anche dedicato una approfondita scheda, mettendo in luce, per tre su quattro delle opere, i rapporti con prototipi canalettiani recensiti da W. G. Constable e J. G. Links, in "Canaletto. Giovanni Antonio Canal 1697-1768", Oxford, 1989, nn. 95, 113 e 228 (tavv. 27, 29, 47).
Infatti, nella veduta in esame «figura il Ponte di Rialto oltre il Rio di San Salvatore, a destra in primo piano appare il palazzo Dalfin-Manin (oggi la Banca d'Italia) e le Fondamenta del Ferro: al di là del ponte si snoda la curva del palazzo dei Camerlenghi e la parte superiore del Fondaco dei Tedeschi. A sinistra appaiono le Fondamenta del Vin». Il prototipo canalettiano era conservato nella collezione del Barone Rothschild (Lampronti, scheda, p. 2).
La attribuzione è considerata da revisionare da Charles Beddington (comunicazione del 24 maggio 2021), Giuseppe Pavanello (comunicazione del 24 maggio 2021) e Anna Bozena Kowalczyk (comunicazione del 17 giugno 2021).
Ringraziamo Charles Beddignton, Anna Bozena Kowalczyk e Giuseppe Pavanello per il supporto dato nella catalogazione dell'opera.