ASTA 357 - DIPINTI ANTICHI dal XVI al XIX secolo
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Lot 49 Pier Leone Ghezzi (ambito di)
(Roma 1674 - 1755)
Cerimonia della lavanda dei piedi prima della Missa in Coena Domini
Olio su tela
cm. 122x170. Con cornice antica
Collezione privata, Marche. -
Lot 50 Peter Paul Rubens (cerchia di)
(Siegen 1577 - Anversa 1640)
Studio per due teste di carattere
Oil su tela
cm. 47x61. Con cornice -
Lot 51 Jusepe de Ribera (bottega di)
(Xàtiva 1591 - Napoli 1652)
San Francesco orante
Olio su tela
cm. 76x63,5. Con cornice antica
Il dipinto è accompagnato da una relazione di restauro eseguita dallo studio "Consulenze d'arte e di restauro dipinti antichi e dell'Ottocento" di Castel Gandolfo, che propone di collocare la datazione dell'opera nella prima metà del Seicento.
Il dipinto ripropone un tema iconografico che Ribera affrontò a più riprese: il San Francesco in preghiera ripreso frontalmente, del quale elabora due varianti iconografiche essenziali, legate all'attributo tenuto in mano dal santo: il teschio, oppure, come nel caso qui in oggetto, il crocifisso. Prototipo del tipo con il teschio è considerato l'esemplare firmato e datato 1643 oggi a Palazzo Pitti, più volte replicato; del tipo con il crocifisso dovrebbe essere riconosciuta come totalmente autografa la versione passata da Dorotheum a Vienna il 24/04/2024, firmata e datata 1648. Di questa è nota qualche altra redazione uscita nel quinto decennio dall'atelier napoletano del maestro sotto il suo stretto controllo, a cui va ora ad aggiungersi il nostro esemplare, di bella qualità e sin qui inedito. -
Lot 52 Pacecco de Rosa
(Napoli 1607 - Napoli 1656)
Maddalena in meditazione
Olio su tela
cm. 76x58,5. Con cornice antica
Il dipinto è accompagnato da un'expertise del prof. Nicola Spinosa.
Questo intenso dipinto, in ottimo stato di conservazione, è stato ricondotto a Pacecco De Rosa da Nicola Spinosa, che vi ha riconosciuto con sicurezza i caratteri stilistici e qualitativi tipici della piena maturità dell’artista. La Maddalena, colta nel momento della meditazione e del pentimento, regge un teschio – simbolo della caducità umana – e posa la mano sul petto in gesto di contrizione. La tela mostra una resa pittorica morbida e luminosa, attenta alla resa naturalistica e alla definizione dei volumi, con inserti di natura in posa che accentuano l’atmosfera raccolta e interiorizzata. L’opera si colloca intorno agli anni centrali del Seicento, nel periodo in cui Pacecco, formatosi accanto a Filippo Vitale, suo patrigno, assimila gli esempi di Massimo Stanzione e apre il suo linguaggio al classicismo di Guido Reni e del Domenichino. Confronti puntuali si trovano nella Sant’Orsola già alla Galleria Caylus di Madrid e nella Santa Caterina d’Alessandria in collezione privata (cfr. N. Spinosa, Pittura del Seicento a Napoli: da Caravaggio a Massimo Stanzione, Napoli 2010, pp. 231 e 235). -
Lot 53 Andrea Vaccaro (attribuito a)
(Napoli 1604 - Napoli 1670)
Santa Cecilia o Allegoria della Musica
Olio su tela
cm. 99x73. Con cornice
Questa tela di raffinata fattura esprime la felice coesistenza, nella pittura napoletana di metà Seicento, di una tenace persistenza di temperato naturalismo, in senso lato post-caravaggesco, con una meditata adesione alla cultura classicista, sotto l'influsso di Guido Reni, Simon Vouet e Nicolas Poussin. Tale combinazione di ingredienti caratterizza tanta produzione di Massimo Stanzione, Bernardo Cavallino, Francesco Guarino e Andrea Vaccaro, al quale la bella Santa Cecilia (o Allegoria della Musica) qui in oggetto va riferita. La scena è costruita con una regia luministica sapientemente teatrale, che fa emergere la figura da un ombra profonda, esaltando il candido incarnato della figura femminile e il blu squillante del suo vestito, elegantemente accordato con il manto rossastro che le gira attorno avvolgendola morbidamente. La vaghezza sognante dell'espressione e la purezza virginale del volto di mediterranea bellezza, come pure la soda plasticità del busto e le mani carnose sono altrettanti marchi di fabbrica che collegano la nostra tela ad altre giovani protagoniste di opere del Vaccaro, quali la Lucrezia già in asta Christie's Londra, le fanciulle danzanti che accompagnano David con la testa di Golia del Palazzo Reale di Napoli, la santa nel Martirio di S. Agata già nella Galerie Giovanni Sarti a Parigi o la Giuditta con testa di Oloferne in collezione privata a Napoli.
BIBLIOGRAFIA DI CONFRONTO:
R. Lattuada, "I percorsi di Andrea Vaccaro", in M. Izzo, Nicola Vaccaro (1640-1709), Todi 2009, pp. 49-108. -
Lot 55 Onorio Marinari
(Firenze 1627 - 1715)
Maria Maddalena
Olio su tela
cm. 74x56,5
Il dipinto è stato attribuito a Onorio Mrinari dalla prof. Francesca Baldassari tramite parere orale alla proprietà. -
Lot 56 Francesco Solimena (attribuito a)
(Serino 1657 - Napoli 1747)
Apelle ritrae Campaspe alla presenza di Alessandro Magno
Olio su rame
cm. 39x52. Con cornice
Il dipinto è una versione di notevole qualità di una felice composizione di Francesco Solimena nota in almeno altre tre redazioni. Due di esse sono eseguite su supporto di rame come il presente esemplare e sono oggi rispettivamente a Chatsworth House nel Devonshire e presso la collezione Valerio a Ginevra, mentre a Palazzo Madama in Roma si conserva una versione su tela di grande misura. Le tre versioni, alle quali si aggiunge ora la nostra, ripropongono la brillante invenzione pressoché immutata, fatte salve minime varianti, e si presentano sempre in coppia con il soggetto pendant di Zeusi che ritrae le fanciulle di Crotone per dipingere l'immagine di Venere: ed è altamente presumibile che anche il nostro dipinto sia nato in abbinamento a quell'altro tema per molti versi gemello e come il nostro derivato dal racconto della Naturalis Historia di Plinio il Vecchio.
BIBLIOGRAFIA DI CONFRONTO:
N. Spinosa, Francesco Solimena (1657-1747) e le arti a Napoli, Roma 2018, n. 69a-f, pp. 234-236. -
Lot 57 Giovanni Serodine
(Ascona 1600 - Roma 1631)
Anziano filosofo
Olio su tela
cm. 89x68. Con cornice antica
Il dipinto è accompagnato dagli studi critici del prof. Daniele Benati e del prof. Andrei L. Bliznukov, i quali indipendentemente hanno attribuito l'opera a Giovanni Serodine.
Nella tradizione caravaggesca, e segnatamente nella pittura dei Ribera e dei suoi seguaci, il personaggio che mostra vesti lacere e un aspetto da mendicante è spesso da intendere come un filosofo d’indirizzo stoico, indifferente ai beni terreni e alle avversità della sorte, catturato da una ricerca interiore puramente spirituale. Apparentandosi idealmente a tante figure di miserabili che popolano la pittura naturalista di primo Seicento, il protagonista di questa tela impressionante esibisce un povero cappuccio rossastro, reso con una pennellata energica e vibrante mirabilmente materica. Analoga libertà di stesura si apprezza nella definizione delle carni flaccide del torace e nelle pieghe del manto. Gli autorevoli studi che accompagnano convengo nel riconoscere l’autore di questo dipinto superbo, del tutto inedito, in Giovanni Serodine: anzi, Daniele Benati si riferisce ad esso come ad una delle prove più intense ed emozionanti alla fine del suo breve percorso.
Il riferimento all’artista ticinese - il cui catalogo, com’è noto, annovera un numero esiguo di opere certe - trova conforto dal confronto con la grande Incoronazione della Vergine e santi eseguita per l’altare maggiore della parrocchiale di Ascona intorno al 1628, nella quale il san Sebastiano all’estrema destra presenta una muscolatura cascante assai prossima a quella del nostro filosofo. Se nelle sue prime prove, come il Cristo che rimprovera i figli di Zebedeo della parrocchiale di Ascona, datata 1623, Serodine mostra un certo ossequio ai modi del Caravaggio, l’artista presto se ne distacca lungo un percorso potentemente personale, che procede dalle tre tele di soggetto sacro eseguite nel 1625 per Asdrubale Mattei, oggi tra il Musée du Louvre a Parigi (Gesù tra i dottori), la National Gallery of Scotland a Edimburgo (Il tributo della moneta) e la Galleria nazionale di Palazzo Barberini a Roma (I santi Pietro e Paolo condotti al martirio), sino alle due pale per San Lorenzo fuori le Mura e la Madonna della Mercede (Rancate, Pinacoteca Züst), nonché la misteriosa Allegoria della Pinacoteca Ambrosiana di Milano. Attraverso le opere indicate, la traiettoria artistica di Serodine si caratterizza per una progressiva accelerazione della pennellata, capace di rileggere la lezione di Caravaggio in una chiave incisivamente pittorica, che supera le ricerche di Orazio Borgianni secondo una linea di sviluppo che anticipa i modi di Rembrandt. La libertà con cui è condotta la pala di Ascona si ritrova in altri passaggi del dipinto in esame: il modo con cui la barba nera del nostro filosofo si sovrappone all’incarnato, impastandosi con esso, torna nel san Paolo, i cui capelli danno luogo a un effetto analogo contro il cielo chiaro, così come i solchi neri sulla pelle del torace e nell’incavo dell’ascella del filosofo si possono confrontare con quelli che scavano violentemente le ombre dei mantelli dei santi di Ascona. La libertà di stesura va di pari passo con la ricerca espressiva, inducendo il pittore a conferire ai suoi personaggi fisionomie inquiete e talora stralunate, in una ricerca di inclinazioni caratteriali di straordinaria forza inventiva. -
Lot 58 Bernardo Cavallino
(Napoli 1616 - 1656)
Sant'Antonio da Padova con il Bambino
Olio su tavola
cm. 61x38
Il dipinto è accompagnato da un'expertise del prof. Nicola Spinosa.
Questo raffinato dipinto su tavola, inedito e in discreto stato di conservazione, è stato riconosciuto da Nicola Spinosa come opera autografa di Bernardo Cavallino, e rappresenta una preziosa variante, di dimensioni ridotte e con la composizione invertita, della celebre tela con lo stesso soggetto conservata al Museo di Capodimonte a Napoli. L’opera raffigura la visione mistica di Sant’Antonio da Padova, in preghiera davanti al Bambino Gesù, che gli appare circonfuso di luce.
L’atmosfera raccolta e la resa dei volti, insieme ai raffinati effetti chiaroscurali, restituiscono quella delicata grazia espressiva e luministica che caratterizza la produzione matura di Cavallino, dopo il 1645, negli anni della sua maggiore attenzione a modelli classicisti, alla contemporanea pittura veneta e alla lezione di Van Dyck. Il tono di poesia intima, la calibrata dolcezza dei gesti e l'accuratezza nella raffigurazione degli oggetti – come il volume aperto e il giglio bianco nella mano del Bambino – rivelano la sensibilità raffinata dell’artista, erede della scuola naturalista napoletana, ma capace di tradurla in chiave lirica e sentimentale.
Nicola Spinosa accosta questa tavola ad alcuni tra gli esiti più eleganti del pittore, come la Santa Cecilia in Estasi di Capodimonte e le figure femminili dei suoi capolavori conservati a Birmingham, Boston, Ottawa e Rotterdam. Il nostro dipinto, eseguito probabilmente per una raccolta privata, rappresenta una toccante testimonianza di quella pittura devozionale colta e meditativa che rese Cavallino uno degli assoluti protagonisti della scuola napoletana del Seicento. -
Lot 59 Mattia Preti
(Taverna 1613 - La Valletta 1699)
Giobbe sul letamaio visitato dai suoi tre amici
Olio su tela
cm. 119x169. Con cornice
Il dipinto è stato indipendentemente confermato a Mattia Preti dal Prof. Nicola Spinosa e dal Prof. Stefano Causa con comunicazioni alla proprietà.
Pur essendo un soggetto piuttosto raro nella pittura religiosa del Seicento, Mattia Preti si cimentò a più riprese nella rappresentazione di Giobbe nel letamaio in epoche diverse della sua lunghissima attività. In particolare, il pittore predilesse il brano del Libro di Giobbe in cui si narra che tre amici, avendo saputo della drammatica situazione in cui si versava, decisero di recarsi a visitare il patriarca per consolarlo e con lui ebbero una lunga e controversa discussione intorno ai motivi della sua sofferenza. Ritroviamo questo soggetto più volte nel corpus di Mattia Preti, a partire dalla versione oggi nel Musée Royaux des Beaux-Arts di Bruxelles, dalla quale derivano sotto il profilo compositivo le redazioni successive oggi al Museo Nazionale d'Abruzzo dell'Aquila e quella ulteriormente variata del Palazzo Arcivescovile di Siviglia. E' proprio con quest'ultima che la potente rappresentazione che qui si illustra evidenza le più strette relazioni formali e stilistiche, riproponendo la figura di un Giobbe dalle vesti lacere e dall'incarnato cereo, ma insolitamente energico e giovanile, proposto di profilo, scorciato e girato quasi di schiena, in una posizione sottostante al gruppo dei tre amici coi quali è intento a discutere. Una datazione nel corso dell'ottavo decennio, come per le versioni dell'Aquila e di Siviglia, dovrebbe risultare la più opportuna per questa tela impressionante, in cui rifulge la scultorea plasticità delle figure e l'eloquente teatralità della composizione. -
Lot 60 Corrado Giaquinto (attribuito a)
(Molfetta 1703 - Napoli 1765)
Riposo dalla fuga in Egitto
Olio su tela
cm. 99x65. Con cornice
Il dipinto costituisce probabilmente il modello per la fortunata composizione della grande tela che Corrado Giaquinto eseguì entro il 1738 per la cappella di S. Giuseppe della Chiesa di Santa Teresa a Torino, assieme ad un'altra, analoga per formato e misura, raffigurante il Transito di S. Giuseppe. Giaquinto realizzo varie redazioni di questa complessa invenzione compositiva, tra cui si segnala la versione proveniente dalla collezione Busiri Vici, oggi conservata al Museo del Louvre di Parigi, generalmente considerata il bozzetto preparatorio per la pala d'altare. Diversamente da quest'ultimo, il dipinto qui in oggetto presenta una fattura decisamente più rifinita, come si conviene a un modello, e mostra già la sagoma centinata al pari della tela eseguita per l'altare della chiesa. -
Lot 61 Jan Anton Garemijn (attribuito a)
(Bruges 1712 - 1799)
Paesaggio con gioco di putti presso una fontana
Olio su tela
cm. 47x181,5. Con cornice
Collezione privata, Roma. -
Lot 62 Carlo Dolci
(Firenze 1616 - 1686)
Angelo annunziante
Olio su tela ottagonale
cm. 72x60. Con cornice antica
Il dipinto è accompagnato da un'expertise del prof. Sandro Bellesi.
Questo raffinatissimo dipinto è stato ricondotto a Carlo Dolci dal prof. Sandro Bellesi, che ne riconosce pienamente, per i caratteri stilistici e qualitativi, la mano del maestro fiorentino. L’opera, proveniente da una collezione privata toscana e in ottimo stato di conservazione, rivela sin dal primo sguardo la perizia tecnica e la sensibilità luministica che fecero di Dolci uno dei protagonisti assoluti della pittura devozionale del Seicento.
Su fondo scuro e in primissimo piano, il busto di un giovane arcangelo dai tratti efebici e dallo sguardo assorto, è identificabile, per la posa e per la presenza dei candidi gigli, simbolo di purezza, con Gabriele annunciante. La figura, descritta con finezza quasi fotografica, rivela l’accuratezza minuziosa propria dell’artista nella resa dei particolari: dalla morbida chioma dei capelli ramati, alle sete iridescenti, fino alle sfumature dei gigli, colti nei diversi stadi di fioritura.
Come riporta il prof. Bellesi, l’opera trova stringenti riscontri nell’Angelo annunziante già nella collezione Feroni, oggi alle Gallerie degli Uffizi, con cui condivide l’impostazione compositiva e la resa levigata degli incarnati; si distingue da questo per evidenti varianti nel volto, più maturo e intensamente ombreggiato, probabilmente dovuto ad un diverso modello dal vivo. Confronti puntuali sono inoltre individuabili nelle tele con Santa Maria Maddalena nelle collezioni Ducrot a Roma e Corsini a Firenze e ancora nella Vergine dipinta per la pala, oggi frammentaria, eseguita per la chiesa di Sant’Andrea Apostolo a Cennano, presso Montevarchi.
Particolarmente raffinata è la resa dei gigli, la cui esecuzione trova termini di confronto in altre opere autografe, come il San Nicola da Tolentino di Palazzo Pitti e la Sincerità del Kunsthistorisches Museum di Vienna. Sulla base dei confronti stilistici e in assenza di documentazione d’archivio, il prof. Bellesi propone una datazione dell'opera alla prima metà degli anni Cinquanta del Seicento. -
Lot 63 Jean Jouvenet (cerchia di)
(Rouen 1644 - Parigi 1717)
a) Cena a casa di Simone il Fariseo; b) La resurrezione di Lazzaro. Coppia di dipinti
Olio su tela
cm. 47x59. Con cornice
Il dipinto (a) deriva strettamente dall'opera di Jean Jouvenet con medesimo soggetto, eseguito nel 1706 per la chiesa di Saint-Martin-des-Champs, e oggi conservato al Musée des Beaux-Arts di Lione. Il dipinto (b) deriva strettamente dall'opera di Jean Jouvenet con medesimo soggetto, eseguito nel 1707 per la chiesa di Saint-Martin-des-Champs, oggi conservato al Museo del Louvre di Parigi, noto anche nella redazione, di formato minore, oggi al County Museum of Art di Los Angeles. -
Lot 64 Paolo Anesi
(1697 - 1773)
a) Veduta di fantasia della campagna romana, con pescatori presso torrente e borgo abitato; b) Veduta di fantasia della campagna romana, con pescatori, cascatelle e tempietto circolare. Coppia di dipinti
Olio su tela
cm. 31x48 cad. Con cornice
Collezione privata Bassi, Roma. -
Lot 65 Corrado Giaquinto
(Molfetta 1703 - Napoli 1765)
Sant'Agnese
Olio su tela
cm. 40x31,3. Con cornice
Questo raffinato dipinto di destinazione privata raffigura a mezzo busto Sant’Agnese vergine e martire accompagnata dall’agnello, suo attributo distintivo, che solleva una zampa sulle gambe della fanciulla assisa e indirizza lo sguardo verso la palma. L’ovino appare dipinto dal vivo con grumi materici di colore che mostrano echi della pittura animalista di Rosa da Tivoli. La nostra Sant’Agnese è trasformata qui in un’arcadica pastorella, da cui però trapelano in controluce anche le valenze morali della figura allegorica della Mansuetudine. Dalla tela emerge la vasta cultura figurativa di Giaquinto, che combina i riferimenti a Solimena con un raffinato colorismo di marca veneta e suggestioni romane che coinvolgono Luigi Garzi e Benedetto Luti e indirizzano l’opera verso un elegante registro classico. Evidenti i legami stilistici che accostano il nostro dipinto a opere certe del Giaquinto come l’Allegoria della Pace della Casita del Principe dell’Escorial, l’Immacolata Concezione delle Gallerie dell’Accademia di San Luca in Roma, la Madonna della Pietà in collezione privata a Molfetta o l’Allegoria della Prudenza, della collezione della Cattolica Popolare di Molfetta. -
Lot 66 Francesco Solimena (bottega di)
(Serino 1657 - Napoli 1747)
San Bonaventura riceve il Gonfalone del Santo Sepolcro dalla Vergine
Olio su tela
cm. 102x75. Con cornice a listello
La tela è una buona replica di bottega del grande dipinto di Francesco Solimena, firmato e datato 1710, eseguito per la confraternita del Gonfalone di Aversa e oggi nella Cattedrale di San Paolo. A testimonianza della sua brillante riuscita, la composizione fu più volte riproposta dallo stesso Solimena e della sua prolifica bottega, con destinazione ecclesiastica, ma soprattutto, come presumibilmente nel nostro caso, per committenti privati (vedi N. Spinosa, Francesco Solimena e le arti a Napoli, Roma 2018, n. 168, pp. 402-403). -
Lot 67 Niccolò Codazzi
(Napoli 1642 - Genova 1693)
a) Capriccio architettonico con Cristo e la Maddalena; b) Capriccio architettonico con Cristo e la Samaritana al pozzo. Coppia di dipinti
Olio su tela
cm. 49x66 cad. Con cornice
Il dipinto (b) reca sigla in basso a destra in corrispondenza di un lato della fontana: "NC".
Collezione privata Bassi, Roma. -
Lot 68 Artista attivo a Venezia, prima metà XIX secolo
()
Veduta di Punta della Dogana e San Giorgio Maggiore con l'arrivo di una imbarcazione
Olio su tela
cm. 97,5x121
Collezione privata, Roma. -
Lot 69 Nicola Levoli (attribuito a)
(Rimini 1728 - 1801)
a) Natura morta con uva, zucche, pesche e un serpente; b) Natura morta con cavolo, sedano, melegrane e fichi. Coppia di dipinti
Olio su tela
cm. 72x108,5 cad. Con cornice
Questa elegante coppia di nature morte con ortaggi in un interno di cucina, può essere riferita a Nicola Levoli. Vi ritroviamo, infatti, la sensibilità realista, l’armonia cromatica, l'equilibrata compostezza della composizione, il registro meditativo e quasi astratto che costituiscono caratteri tipici dell’artista, e che conferiscono alle sue nature morte anche il valore di preziose fotografie della vita quotidiana che il pittore restituisce con sguardo lucidamente analitico. -
Lot 70 Antonio Calza (attribuito a)
(Verona 1653 - Verona 1725)
Battaglia di cavalieri
Olio su tela
cm. 56,5x100. Con cornice -
Lot 71 Artista olandese, XVII - XVIII secolo
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Scena di cortile con figure, animali e chiesa sullo sfondo
Olio su tela
cm. 76x96,5. Con cornice -
Lot 72 Francesco Solimena (bottega di)
(Serino 1657 - Napoli 1747)
Incontro tra Enea e Didone
Olio su tela
cm. 75x101. Con cornice
La nostra tela è una replica coeva di ottima qualità del dipinto di Francesco Solimena oggi conservato alla National Gallery di Londra, la cui esecuzione viene fissata da Nicola Spinosa al 1708-1710. Nella sua recente monografia sul pittore, lo studioso segnala che "della tela della National Gallery di Londra sono note almeno tre copie d'atelier di ridotte dimensioni e con alcune varianti [la prima delle quali] identificata nel 2000 in una privata raccolta italiana (cm. 75x101) (...)" (Spinosa 2018, p. 393). Sebbene non riprodotta, è presumibile che tale copia d'atelier sia da identificare con il presente esemplare, stante l'assoluta equivalenza delle misure, la presenza di alcune piccole differenza rispetto al superbo autografo londinese e l'adesione fedele allo stile del maestro.
BIBLIOGRAFIA DI CONFRONTO:
N. Spinosa, Francesco Solimena e le arti a Napoli, Roma 2018, n. 161, pp. 392-393.
Collezione privata, Campania. -
Lot 73 Artista lombardo, fine XVII - inizio XVIII secolo
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Natura morta di caccia con leprotto, volatili e fucile
Olio su tela
cm. 97x58. Con cornice antica
Collezione privata, Marche.