Dipinti e Disegni Antichi
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Lot 121 Alessandro Magnasco (Genova 1667 - 1749) - Monache francescane davanti al camino
cm 60 x 44,5
olio su tela
PROVENIENZA
Collezione Perego di Cremnago;
Milano, collezione privata
L'opera è accompagnata da expertise della dott.ssa Franchini Guelfi, datata 9 marzo 2011
Per informazioni storico-artistiche si veda il lotto 118 -
Lot 122 Giovanni Battista Beinaschi (Fossano o Torino, 1636 - Napoli, 1688) - Lot e le figlie
cm 122 x 158,5
olio su tela
Referenze fotografiche
Fototeca Zeri, scheda n. 48808
Ringraziamo il dottor Francesco Petrucci per aver confermato la presente attribuzione dopo aver visionato l'opera dal vivo.
Il dipinto è databile al periodo napoletano dell'artista, come si può evincere dall'uso della tela a trama grossa, tipica della pittura partenopea. Anche il soggetto fu più volte replicato da Beinaschi proprio durante il suo soggiorno a Napoli. Se ne segnala, infatti, un'altra versione passata in asta presso Briscadieu (S.V.V.), Bordeaux, Francia, il 15 giugno 2019 e un'altra pubblicata da Susanna Marra (in V. Pacelli e F. Petrucci, Giovan Battista Beinaschi: pittore barocco tra Roma e Napoli, Roma 2011, Cb. 12, p. 316s.).
Il dipinto qui offerto sembrerebbe essere quello repertoriato nella fototeca Zeri, in cui compare però la foto durante il restauro.
Il tema biblico di Loth e le figlie era molto richiesto ed apprezzato dalla committenza napoletana, anche ecclesiastica, dell'epoca, perché permetteva di rappresentare un soggetto dalle forti connotazioni erotiche e incestuose, giustificato dal riferimento alle Sacre Scritture. -
Lot 123 Andrea Vaccaro (Napoli 1604 - 1670) - Carità romana
cm 128,5 x 102
olio su tela
Del dipinto è nota un'altra versione, passata in asta Blindarte, Napoli, 11 dicembre 2008, lotto 53 (M. Izzo, Nicola Vaccaro (1640 - 1709) un artista a Napoli tra Barocco e Arcadia, fig. 101, p. 98). -
Lot 124 Andrea Vaccaro (Napoli 1604 - 1670) - Davide con la testa di Golia
cm 98 x 72,5
olio su tela
PROVENIENZA
Asta Finarte Milano, 10 giugno 1987, lotto 71
La figura di Davide trova un confronto con quella del David con la testa di Golia festeggiato dalle fanciulle di Israele, conservato a Napoli, Museo di Capodimonte.
Qui il giovane eroe biblico è ritratto nel momento della riflessione e del raccoglimento, dopo aver ucciso il gigante: volge la testa verso sinistra quasi ad ascoltare il richiamo divino, mentre con la destra stringe, come a volerlo proteggere, il macabro trofeo della enorme testa mozzata. -
Lot 125 Atelier di Francesco Solimena (Canale di Serino 1657 – Barra 1747 - San Cristoforo
cm 145 x 77
olio su tela
PROVENIENZA
Asta Finarte Milano, 10 giugno 1987, lotto 130
BIBLIOGRAFIA
N. Spinosa, Francesco Solimena (1657 - 1747) e le Arti a Napoli, Roma 2018, p. 330 cit.
Il dipinto offerto nel lotto è in relazione con la grande pala d'altare raffigurante lo stesso soggetto, realizzata da Solimena e oggi conservata nella Chiesa di Monteoliveto a Napoli.
Per l'alta qualità esecutiva, evidente soprattutto nella splendida resa dell'anatomia del Santo, non è possibile escludere l'intervento diretto del Maestro; il dipinto fu probabilmente eseguito come modelletto o "ricordo" della pala d'altare. -
Lot 126 Luca Giordano (Napoli 1634 - 1705) - Flagellazione di Cristo
cm 105 x 118
olio su tela
antico numero di inventario sul retro 3
Ringraziamo il professor John T. Spike per aver confermato la presente attribuzione dopo aver visionato l'opera dal vivo. Secondo lo studioso, il dipinto è da riferire all’epoca giovanile quando Luca Giordano realizza opere alla “maniera di” celebri maestri del passato.
Nell'opera in esame la forte contrapposizione luministica e la tensione drammatica dei gesti e delle figure sono protagoniste della composizione, come riportato in una perizia di Maurizio Marini che accompagna l'opera. Il caravaggismo è qui reinterpretato dal giovane Giordano in chiave più espressionista. L’opera qui offerta appare infatti una libera reinterpretazione della celebre Flagellazione di Caravaggio già a San Domenico Maggiore (Napoli, Museo di Capodimonte). Mentre sono puntuali le citazioni degli aguzzini, il Cristo si discosta dall’illustre modello per una maggiore ed aspra torsione del corpo. Gli effetti emozionali della concitazione della scena sono accentuati dalla stesura quasi impressionistica del colore, con sciabolate di colore che imprimono forte dinamismo alla composizione.
Il dipinto trova un confronto con quello di analogo soggetto conservato a Napoli, Museo di San Martino, e con il Gesù messo in croce nella chiesa di Santa Maria Regina Coeli sempre a Napoli. -
Lot 128 Mattia Preti (Taverna 1613 - La Valletta 1699) - Noli me tangere
cm 130 x 192
olio su tela
Siamo grati a John T. Spike per aver confermato l'attribuzione a Mattia Preti, dopo aver visionato l'opera dal vivo, e per la sua gentile collaborazione nella compilazione di questa scheda.
Questo impotente dipinto di Mattia Preti, finora inedito, costituisce un’importante riscoperta per l’opera dell’artista. Si distingue per l’originale e profonda interpretazione del tema noto con le parole latine, "Noli me tangere" [Non toccarmi]. Il soggetto è tratto dal Vangelo di San Giovanni (20,13-18), che descrive gli eventi del mattino di Pasqua, quando Maria di Magdala si recò da sola al sepolcro di Gesù. Non trovando il corpo di Cristo, la Maddalena cominciò a piangere, dicendo: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l'hanno posto». In quel momento, si voltò e vide Gesù in piedi, ma non lo riconobbe. Pensò invece che fosse il custode del giardino di quel luogo. Allora Gesù si rivelò a lei pronunciando il suo nome. Immediatamente Maria si voltò per abbracciarlo, ma Gesù le disse: «Non toccarmi, perché non sono ancora salito al Padre; va' dai miei fratelli e diglielo».
La vigorosa raffigurazione del miracoloso incontro della Maddalena con il Cristo risorto nel giardino del sepolcro è un eccellente esempio dello stile energico di Preti della metà degli anni Settanta del Seicento. L'artista ha dedicato uno sforzo eccezionale alla creazione di un'immagine visionaria e appassionata di quella storia sacra, evidentemente eseguita per un importante mecenate. La raffigurazione del Cristo risorto da giovane è unica tra le altre opere di Preti su questo soggetto, ma ha un precedente notevole che ne conferma la data. Sempre nei primi anni dello stesso decennio, Preti aveva similmente ritratto San Giovanni Battista come un giovane attraente dallo sguardo penetrante in un celebre dipinto della Museo nazionale delle belle arti di Malta. Dieci anni più tardi, negli anni ’80 del Seicento, Preti e i suoi assistenti dipinsero una versione più grande, semplificata e meno animata di questo Noli me tangere in una serie di quattro scene del Nuovo Testamento, oggi conservate nella Quadreria del Pio Monte della Misericordia a Napoli.
Mattia Preti (Taverna 1613 - 1699 Malta), fu uno dei maggiori protagonisti della pittura italiana del XVII secolo. Nacque nel 1613 a Taverna, un piccolo ma antico paese sulle montagne della Calabria, da una famiglia rispettata. Il giovane Preti ricevette un'eccellente educazione nei classici greci e latini. Prima di compiere vent'anni, l’artista lasciò la sua città natale per recarsi a nord, a Roma, dove raggiunse il fratello maggiore, Gregorio, nel 1632. Sebbene Preti sia spesso associato alla pittura barocca napoletana, dove fu attivo negli anni Cinquanta del Seicento, si formò e ottenne i suoi primi riconoscimenti a Roma come ultimo importante seguace del ribelle Michelangelo Merisi detto il Caravaggio (1571-1610). Preti fu immediatamente attratto dalle composizioni cupe e drammatiche di Caravaggio e anche dai suoi seguaci francesi, come Valentin de Boulogne.
Alla fine del decennio, l'irresistibile talento di Preti lo aveva già introdotto nei circoli più alti della società romana. Nel novembre del 1641, papa Urbano VIII Barberini gli offrì il cavalierato dell'Ordine di San Giovanni, che ricevette l'anno successivo. Da allora in poi, fu conosciuto con il suo celebre soprannome, Il Cavalier Calabrese. Preti trasformò il suo stile pittorico a metà degli anni Quaranta del Seicento, in seguito ai viaggi a Venezia per ammirare dal vivo le grandiose composizioni di Tiziano e Paolo Veronese, e a Bologna, dove studiò i Carracci e le opere tarde di Guercino. Questi grandi maestri ispirarono Preti a combinare la luce espressiva di Caravaggio con effetti naturali di atmosfera e spazio, oltre a una suggestiva teatralità.
Al suo ritorno a Roma nel 1646, lo stile maturo di Preti attirò immediatamente il mecenatismo della famiglia di papa Innocenzo X Pamphili e di altri importanti collezionisti. L'anno giubilare del 1650 portò l’artista all'apice della sua carriera romana, quando gli fu assegnata la prestigiosa commissione di eseguire i tre affreschi di Sant'Andrea nell'enorme abside della Basilica di Sant'Andrea della Valle. In risposta a questo incarico, Preti aggiunse un'ultima componente a questo stile maturo, ovvero la monumentalità della pittura barocca romana, così come della scultura, in particolare di Bernini. Non appena questi affreschi furono inaugurati nell'aprile del 1651, il duca di Modena lo incaricò di recarsi a Modena per dipingere la cupola, i quattro pennacchi e l'abside della chiesa di San Biagio. Dipinse gli affreschi tra l'ottobre del 1651 e il marzo del 1652.
Un anno dopo lasciò Roma per lavorare a Napoli. Gli affreschi eseguiti a Roma e Modena tra il 1650 e il 1652 occupano un posto centrale nella carriera di Preti come esempi eccezionali di pittura barocca romana. Le figure possiedono qualità statuarie che si ispirano al principale scultore di Roma, Gianlorenzo Bernini. I bellissimi santi e angeli sembrano dotati di un'energia irrefrenabile che Preti ha usato come metafora della forza della loro spiritualità. Il presente Noli me tangere è un raro e importante esempio di dipinto su tela eseguito a Malta che mostra la stessa forza energica appresa per la prima volta a Roma. -
Lot 129 Giovanni Battista Piazzetta (Venezia 1683 - 1754) - Giovane mendicante
cm 55 x 44
olio su tela
PROVENIENZA
Trieste, collezione Giorgio Giorgiadis;
collezione privata
ESPOSIZIONI
Trieste, Seconda esposizione del Seicento e del Settecento, 1925, n. 88
BIBLIOGRAFIA
R. Pallucchini, L'arte di Giovanni Battista Piazzetta, Bologna 1934, p. 31;
A. Mariuz, L'opera completa di Piazzetta, Milano 1982, p. 126 (come opera di scuola, probabilmente Domenico Maggiotto);
G. Knox, Giambattista Piazzetta, Oxford 1992, p. 186
Il dipinto, en pendant con quello offerto al lotto successivo, si trovava nella collezione dell'avvocato Giorgio Giorgiadis a Trieste, nella quale fu documentato da Pallucchini già nella sua monografia dedicata a Piazzetta, edita nel 1934.
George Knox, nella pubblicazione più recente, pone in relazione il dipinto con altri raffiguranti lo stesso giovane modello, da identificarsi con il figlio maggiore di Piazzetta, Giacomo. In particolare il Giovane pellegrino, oggi conservato a Chicago, Art Institute, databile al 1738, è interpretato da Knox proprio come ritratto del giovane Giacomo, tredicenne all'epoca in cui fu dipinto, nelle vesti di pellegrino verso Santiago di Compostela. Rappresenterebbe, quindi, metaforicamente, l'adolescente che si incammina nel pellegrinaggio della vita, sotto la protezione del suo santo omonimo e patrono. Piazzetta ritrasse il figlio anche in altri dipinti di simile soggetto e formato, ad esempio nel Giovane alfiere, oggi a Dresda, Gemaldegalerie, e il Giovane con filo di perle (Hehlen, Schulenburg collection), tutti databili all'inizio del quinto decennio del Settecento, come quello qui presentato.
Nell'opera, dal grande impatto visivo e caratterizzata da una malinconica dolcezza, il colore è denso e pastoso, la pennellata veloce e sfrangiata, illuminata dai colpi di bianco della camicia, che spiccano dal fondo scuro facendo emergere la figura. -
Lot 130 Giovanni Battista Piazzetta (Venezia 1683 - 1754) - Giovane che sfodera la spada
cm 55 x 44
olio su tela
PROVENIENZA
Trieste, collezione Giorgio Giorgiadis;
collezione privata
ESPOSIZIONI
Trieste, Seconda esposizione del Seicento e del Settecento, 1925, n. 89
BIBLIOGRAFIA
R. Pallucchini, L'arte di Giovanni Battista Piazzetta, Bologna 1934, p. 31;
A. Mariuz, L'opera completa di Piazzetta, Milano 1982, p. 126 (come Domenico Maggiotto);
G. Knox, Giambattista Piazzetta, Oxford 1992, p. 186
Per informazioni storico-artistiche si veda il lotto precedente -
Lot 131 Evaristo Baschenis (Bergamo 1617 - 1678) - Strumenti musicali
cm 84 x 97
olio su tela
Violino con arco, chitarra, archicetera, mandora, libri, lettera, cofanetto, con tenda
firmato sul fianco destro del cofanetto: EVARISTUS BASCHENIS F.
BIBLIOGRAFIA
E. De Pascale, in Evaristo Baschenis e la natura morta in Europa, catalogo a cura di A. Veca, Milano 1996, cat. 6, pp. 144-145.
A. Bayer, The Still Lifes of Evaristo Baschenis, the Music of Silence, catalogo della mostra New York Metropolitan Museum of Art, 17 novembre 2000 - 4 marzo 2001, Milano 2000, p. 33 fig. 14
Il dipinto offerto nel lotto, firmato e pubblicato, costituisce un'interessante variante di un tema compositivo più volte affrontato dall'artista. In particolare trova un confronto con le due tele oggi conservate a Bergamo, collezione privata (M. Rosci, Evaristo Baschenis, Bartolomeo e Bonaventura Bettera, in I pittori Bergamaschi dal tredicesimo al diciannovesimo secolo, Bergamo 1985, n. 14) e con quella in collezione privata milanese (Evaristo Baschenis e la natura morta in Europa, catalogo a cura di A. Veca, Milano 1996, p. 142-143, cat. 5), tutte datate al quinto decennio del Seicento. Il dipinto qui offerto presenta però un'organizzazione spaziale e compositiva più matura, che suggerisce una datazione più avanzata di circa venti anni.
Sul tavolo coperto dal tappeto verde sono disposti, in ordine apparentemente casuale ma in un cumulo piramidale, i vari strumenti musicali e gli altri oggetti. Chiude la composizione, con un tocco di colore che crea un notevole effetto scenografico e decorativo, un pesante tendaggio a disegni rossi su fondo giallo, che ha anche la funzione di definire il piano più avanzato del dipinto. Il gruppo di strumenti è articolato secondo uno schema di diagonali incrociate e parallele, con gli spigoli vivi presentati in senso ortogonale all'osservatore, che ha la duplice funzione di ordinare e regolarizzare la distribuzione degli oggetti sul proscenio e di accentuarne la penetrazione nello spazio. La luce dorata che si irradia da sinistra individua con precisione ottica i valori tattili e plastici dei singoli elementi e ne delinea le caratteristiche stereometriche, facendoli emergere dallo spazio spoglio e neutro dello sfondo. L'accostamento degli strumenti scelti corrisponde perfettamente a quelli impiegati per l'esecuzione della sonata strumentale, a dimostrazione della completa padronanza, da parte del pittore, della teoria e della pratica musicale del suo tempo. -
Lot 132 Scuola francese, secolo XVIII - Gioco di putti con pecore; Gioco di putti con capra
cm 71,5 x 112,5 ciascuno
coppia, olio su tela, in monocromo -
Lot 133 Scuola francese, secolo XVIII - Giochi di putti
cm 71,5 x 112,5 ciascuno
coppia, olio su tela, in monocromo -
Lot 134 Luca Carlevarijs (Udine 1663 - Venezia 1730) - Veduta di porto con figure e velieri
cm 56,5 x 83,5
olio su tela
Si ringrazia il professor Charles Beddington per aver confermato l'attribuzione sulla base di fotografie a colori.
Il dipinto è probabilmente da collocarsi nella fase giovanile del pittore e, in particolare per l'esecuzione delle figure e del veliero, può essere ben confrontato con la Partenza della carovana dei mercanti dal porto (Padova, collezione privata), opera databile entro la prima metà degli anni Novanta del Seicento (cfr. D. Succi, Luca Carlevarijs, Azzano Decimo, 2015, n. 92 a p. 230, fig. 92 pp. 232-233). Nella tela di collezione padovana, così come in quella qui all'incanto, Carlevarijs mostra chiaramente la sua dipendenza stilistica ed iconografica dalla produzione pittorica del Cavalier Tempesta, i cui "paesaggi di gusto classicheggiante e arcadico, connotati da una ricerca di effetti atmosferici", esercitarono sul pittore di Udine una grande influenza durante la sua iniziale attività artistica (D. Succi, ibidem, p. 230).