ASTA 244 - GIOIELLI, ARGENTI, OROLOGI, AVORI E CABINET DE CURIOSITÉS
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Lot 337 Icona russa con narrazioni religiose - XIX secolo
empera su tavola e bronzo.
Domina la scena la Crocifissione di Cristo, completata da due medaglioni con la Vergine ed il Bambino da una parte e l’arcangelo con due profeti dall’altro. Nella scena centrale, ai piedi della croce del supplizio di Cristo si trovano Maria, intesa non solo come persona, ma anche come immagine rappresentativa della Chiesa. Assieme a lei Maddalena e un’altra donna che fanno eco al dolore di Maria e quasi compongono un coro funebre esprimendo con il pianto la loro vicinanza a Gesù. Nel lato opposto l'apostolo Giovanni e il centurione Longino.
Nel registro inferiore troviamo una grande icona da viaggio realizzata in bronzo con cornice semplice sagomata e smalti policromi, composta di quattro pannelli raffiguranti le Sedici feste ortodosse.
L’opera si caratterizza per un cromatismo acceso tutto giocato nella giustapposizione dei rossi, dei blu, dei verdi e dei giallo ocra, per poi stemperarsi nell'oro che pervade l’intera tavola.
Altezza x larghezza x profondità: 55 x 46 x 3,7 cm.
Stato di conservazione: **** buono (piccole cadute di colore).
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Lot 338 Teschio giapponese
in avorio - Periodo Meiji, 1868-1912
Memento Mori' in avorio di elefante (Loxodonta africana Blumenbach, 1797 o Elephas maximus Linnaeus, 1758) finemente intagliata a tutto tondo a raffigurare un teschio.
Una vanitas è un'opera d'arte simbolica che mostra la caducità della vita, l'inutilità del piacere e la certezza della morte. Il teschio è stato il simbolo della morte dal 1500 in poi; precedentemente la morte era rappresentata come uno scheletro. I teschi erano molto popolari nel periodo barocco, non solo come parte essenziale di ogni Camera delle Meraviglie (Wunderkammer), ma fungevano anche da ricordi contemplativi della mortalità.
Altezza x larghezza x profondità: 10,8 x 12,3 x 10,5 cm. Peso 1110 gr.
Stato di conservazione conservazione: **** buono.
Accompagnato da certificato di autenticità Ce.S.Ar. Centro Studi Archeometrici e da certificato CITES.
Questo lotto è disponibile per la vendita solo con spedizioni all’interno della Comunità Europea; il certificato CITES di esportazione al di fuori della Comunità Europea sarà infatti possibile richiederlo solo per lotti venduti a musei. -
Lot 339
"Memento Mori", scatola con teschio tedesco in osso - XIX secolo
Memento Mori - Vanitas, scatola circolare in legno di mogano, coperchio con teschio in osso sormontato da un topo e affiancato da uno scoiattolo e da un serpente.
Una vanitas è un' opera d'arte simbolica che mostra la caducità della vita, l'inutilità del piacere e la certezza della morte. Il teschio è stato il simbolo della morte dal 1500 in poi; precedentemente la morte era rappresentata come uno scheletro. I teschi erano molto popolari nel periodo barocco, non solo come parte essenziale di ogni Camera delle Meraviglie (Wunderkammer), ma fungevano anche da ricordi contemplativi della mortalità.
Altezza 10 cm, diametro base scatola 8,8 cm.
Altezza x larghezza x profondità teschio 4 x 4 x 3 cm. Peso 32 gr.
Peso totale 95,2 gr.
Stato di conservazione: **** buono.
CITES - Regolamento del Consiglio (CE) No 338/97
Questo oggetto è stato realizzato con materiali non appartenenti a specie in via di estinzione protette dalla normativa CITES (Convenzione sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione). -
Lot 340 "Memento Mori", pipa italiana in legno con teschio - Genova inizio XX secolo, CESARE VACCARI
"Memento Mori" - Vanitas, con fornelleto scopito a foma di teschio. Bocchino in bachelite.
Una vanitas è un' opera d'arte simbolica che mostra la caducità della vita, l'inutilità del piacere e la certezza della morte. Il teschio è stato il simbolo della morte dal 1500 in poi; precedentemente la morte era rappresentata come uno scheletro. I teschi erano molto popolari nel periodo barocco, non solo come parte essenziale di ogni Camera delle Meraviglie (Wunderkammer), ma fungevano anche da ricordi contemplativi della mortalità. Nelle clessidre l'intervallo impiegato dalla sabbia o dall'acqua per passare dal superiore, pieno, all'inferiore, vuoto, costituiva la misura del tempo; frequente come simbolo del fluire del tempo, della caducità della vita umana e quindi anche della morte.
Lunghezza x altezza x larghezza 15,5 x 6 x 3,5 cm.
Stato di conservazione: **** buono. -
Lot 341 Teschio continentale in teracotta - XX secolo
Memento Mori' in terracotta raffigurante un teschio.
Una vanitas è un'opera d'arte simbolica che mostra la caducità della vita, l'inutilità del piacere e la certezza della morte. Il teschio è stato il simbolo della morte dal 1500 in poi; precedentemente la morte era rappresentata come uno scheletro. I teschi erano molto popolari nel periodo barocco, non solo come parte essenziale di ogni Camera delle Meraviglie (Wunderkammer), ma fungevano anche da ricordi contemplativi della mortalità.
Altezza x larghezza x profondità: 15 x 20 x 13 cm.
Stato di conservazione: **** buono. -
Lot 342
"Memento Mori", elemosiniere a forma di teschio - XVIII secolo, Italia -Francia ?
Memento Mori - Vanitas, in legno intagliato con maniglia superiore e sportello posteriore incernierato.
Una vanitas è un' opera d'arte simbolica che mostra la caducità della vita, l'inutilità del piacere e la certezza della morte. Il teschio è stato il simbolo della morte dal 1500 in poi; precedentemente la morte era rappresentata come uno scheletro. I teschi erano molto popolari nel periodo barocco, non solo come parte essenziale di ogni Camera delle Meraviglie (Wunderkammer), ma fungevano anche da ricordi contemplativi della mortalità.
Altezza x larghezza x profondità 10 x 8 x 5 cm. Weight 400 gr.
Stato di conservazione: **** buono. -
Lot 343 Putto dormiente sopra un teschio - Italia, XIX secolo
terracotta, con traccie di doratura sul teschio.
Il contrasto tra la figura del putto e quella del teschio reo evidenzia lo scorrere del tempo e la precarietà dell’esistenza, dando immagine a una delle iconografie più diffuse nelle vanitas del
L’opera riprende gli stilemi del barocco romano, trovando raffronto nel gruppo marmoreo con San Nicola da Tolentino cui appare la Vergine col Bambino, Sant’Agostino e Santa Monica, posto nella chiesa di San Nicola di Tolentino a Roma o anche nel dipinto olio su tela di Giulio Carpioni (Venezia 1613 – Vicenza 1678) “Putto dormiente sopra un teschio”.
Una vanitas è un' opera d'arte simbolica che mostra la caducità della vita, l'inutilità del piacere e la certezza della morte. Il teschio è stato il simbolo della morte dal 1500 in poi; precedentemente la morte era rappresentata come uno scheletro. I teschi erano molto popolari nel periodo barocco, non solo come parte essenziale di ogni Camera delle Meraviglie (Wunderkammer), ma fungevano anche da ricordi contemplativi della mortalità.
Altezza x larghezza x profondità 15 x 26 x 155 cm.
Stato di conservazione: **** buono. -
Lot 344 Scorticato continentale in bronzo - XIX secolo
rara scultura anatomica di un busto maschile scorticato in bronzo patinato. Le sculture anatomiche sono solitamente eseguite in gesso a scopo didattico.
Altezza x larghezza x profondità 10 x 8 x 5 cm. Weight 400 gr.
Stato di conservazione: **** buono. -
Lot 345 "Memento Mori", scheletro tedesco in avorio di Mammut - seconda metà del XVIII secolo
"Memento Mori" - Vanitas, scultura in avorio di Mammut (Mammuthus primigenius) raffigurante una composizione con scheletro centrale con falce e clessidra contornato da teschi e ossa.
Una vanitas è un' opera d'arte simbolica che mostra la caducità della vita, l'inutilità del piacere e la certezza della morte. Il teschio è stato il simbolo della morte dal 1500 in poi; precedentemente la morte era rappresentata come uno scheletro. I teschi erano molto popolari nel periodo barocco, non solo come parte essenziale di ogni Camera delle Meraviglie (Wunderkammer), ma fungevano anche da ricordi contemplativi della mortalità. Nelle clessidre l'intervallo impiegato dalla sabbia o dall'acqua per passare dal superiore, pieno, all'inferiore, vuoto, costituiva la misura del tempo; frequente come simbolo del fluire del tempo, della caducità della vita umana e quindi anche della morte.
Altezza x larghezza 20,5 x 8,5 cm. Peso 101 gr.
Stato di conservazione: **** buono.
Accompagnato da certificato di autenticità Ce.S.Ar. Centro Studi Archeometrici.
CITES - Regolamento del Consiglio (CE) No 338/97
Questo oggetto è stato realizzato con materiali non appartenenti a specie in via di estinzione protette dalla normativa CITES (Convenzione sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione). -
Lot 346 Teca Luigi XIV con elementi in ceroplastica - XIX secolo
La teca lignea in ceroplastica rappresenta una natura morta. Si tratta con ogni evidenza di una Vanitas, una tipologia di natura morta seicentesca che prende spunto dai primi versetti del libro biblico sapienziale Qohelet (o Ecclesiaste), tradotti in “vanitas vanitatum et omnia vanitas”, allude al tema della caducità della vita.
La scena nella teca si compone da un teschio a cui lati sorgono un rametto di corallo ed una mano con il dito indice che punta verso l’alto. Il significato di tale natura morta suggerisce nello spettatore la riflessione sull’inesorabile trascorrere del tempo ed anche sull’inutilità degli effimeri beni e piaceri terreni. L’iconografia perciò ha dei presupposti moraleggianti, finalizzati ad invitare i fruitori di occuparsi della più importante salvezza eterna. La teca rettangolare è composta da legno e vetro, decorata da foglie d’acanto negli angoli e quattro piedini fisiomorfi.
Altezza lunghezza profondità: 44 x 56 x 36 cm.
Stato di conservazione: **** buono (lievi difetti). -
Lot 347 Teca con scheletro e teschi in ceroplastica - 1700 circa, ambito GAETANO GIULIO ZUMBO
Ceroplastica, teca in legno e vetro.
La ceroplastica, ovvero l’antica arte di lavorare la cera, venne usata fin dall’antichità in ambito funerario, devozionale e successivamente dal XVII secolo fu largamente impiegata anche per la riproduzione a scopo didattico di modelli anatomici, zoologici e botanici. Nel corso del tempo la ceroplastica divenne celebre per le sue rappresentazioni soprattutto in ambito anatomico, grazie ad artisti come Gaetano Giulio Zumbo (Siracusa 1656- Parigi 1701).
Col passare del tempo e l'affinarsi delle tecniche, si identificarono quattro principali filoni all’interno della ceroplastica: il filone iperrealistico, che riproduceva principalmente scene macabre e quello vedutista, che realizzava suggestive vedute.
Questo manufatto come altre analoghe del Seicento, non si limitano a riprodurre la realtà ma offrono una visione drammatica e grottesca della caducità della vita. Queste rappresentazioni come altre analoghe del suo tempo, avevano “la funzione di esorcizzare la malattia, il dolore e la pestilenza” che dilagava a quel tempo; difatti secondo il pensiero del Seicento, circondarsi di queste immagini allontanava la morte stessa. Probabilmente la teca si può collocare nell’ambito dell’abate Giulio Gaetano Zumbo.
La scena è incastonata all’interno di una teca lignea trapezoidale con vetro. Il racconto si presenta essenziale ma ricco di particolari: un uomo giace semisdraiato al centro, appoggiato su di una roccia con il capo reclinato indietro ed il volto segnato dalla sofferenza. Il corpo coperto solo da un drappeggio nel basso ventre, corrotto dalla decomposizione emerge in uno scenario disgustoso in cui animali si accaniscono contro la carne putrescente, scorpioni e ratti simbolicamente, secondo la tradizione del seicento rappresentano l’angoscia, il disgusto ed il degrado. Sul fondale una carta da parati e un drappeggio.
La scena si completa con teschi ed ossa; questo accostamento è strettamente legato al tema del memento mori, tema largamente indagato nel Seicento, in cui dominava l’ossessiva riflessione sulla caducità della vita e della transitorietà della fortuna, poiché in termini generali, c’era la consapevolezza che l'uomo è solo e che la sua esistenza era precaria, breve, continuamente in balìa del fato.
Teca di legno:
Altezza x larghezza x profondità: 23 x 36 x 17 cm.
Stato di conservazione: **** buono (lievi mancanze). -
Lot 348 Teca con Ceroplastica, Busto anatomico con Verminaio - 1699-1700, GAETANO GIULIO ZUMBO (1656- 1701)
Ceroplastica, teca in legno e vetro.
La ceroplastica, ovvero l’antica arte di lavorare la cera, venne usata fin dall’antichità in ambito funerario, devozionale e successivamente dal XVII secolo fu largamente impiegata anche per la riproduzione a scopo didattico di modelli anatomici, zoologici e botanici. Nel corso del tempo la ceroplastica divenne celebre per le sue rappresentazioni soprattutto in ambito anatomico, grazie ad artisti come Gaetano Giulio Zumbo (Siracusa 1656- Parigi 1701).
L’abate siciliano Zumbo, dopo i primi studi a Napoli frequentò la più antica scuola di anatomia a Bologna, l’Alma Mater Studiorum, in seguito si sposta a Napoli, per approdare a Firenze al servizio del Granduca Cosimo dè Medici (tra il 1691-94), celebri i macabri teatrini in cera realizzati in questo periodo raffiguranti corpi umani in vari stadi di decomposizione.
In seguito a Genova, dove eseguì due opere importanti andate perdute: una Natività e una Deposizione dalla Croce. La fama del ceroplasta giunse fino a Parigi, dove nel 1701 fu invitato a “mostrare una sua testa anatomica all'Académie Royale des Sciences”(1) . A seguito di ciò, ottenne da Luigi XIV il monopolio delle preparazioni anatomiche, ottenendo anche l'autorizzazione a tenere pubbliche lezioni di anatomia, ma sfortunatamente morì improvvisamente a seguito di un'emorragia nello stesso anno.
I suoi manufatti sono a cavallo tra rigore scientifico e artistico, non si limitano a riprodurre la realtà ma offrono una visione drammatica e grottesca della caducità della vita. Queste rappresentazioni come altre analoghe del suo tempo, avevano “la funzione di esorcizzare la malattia, il dolore e la pestilenza”(2) che dilagava a quel tempo; difatti secondo il pensiero del Seicento, circondarsi di queste immagini allontanava la morte stessa.
Zumbo aveva una predilezione particolare per il racconto figurativo del corpo umano in disfacimento. Ne è testimonianza la cera del Busto anatomico con verminaio, in cui l’aspetto è emotivamente sconcertante sia nell’anatomia che nella resa dei dettagli. Il corpo corrotto dalla decomposizione, emerge in uno scenario disgustoso in cui animali si accaniscono contro la carne putrescente, incastonato all’interno di una teca lignea con tre aperture di impianto trapezoidale.
Il volto del giovane suggerisce una morte violenta, dato le ferite multiple ed in più punti: nel viso, nel cranio e nel collo. Le orbite degli occhi sono rovesciate verso l’alto e descrivono la ricerca ultima di un al di là differente, privo di sofferenza e finalmente sicuro. L’identificazione del giovane non è certa, ma le fonti ci suggeriscono che nel suo soggiorno francese conobbe il “Generale delle Galere”(3) , per il quale eseguì una testa anatomica. Probabilmente questo Busto anatomico con verminaio risale a quel tempo e potrebbe identificare il giovane come un galeotto che durante la sua permanenza aveva al collo una corda o una catena, pena per la sua condanna, come ci suggerisce lo squarcio in gola. L’opera non manca di simbolismi e significati: il ratto rappresenta l’angoscia, il disgusto ed il degrado, così come lo scarafaggio rappresenta le tenebre, la depressione e la morte. La falena invece, nell’immaginario cristiano, è emblema di resurrezione e di salvezza proprio in virtù del suo percorso. Pertanto, Zumbo ha cercato di “rappresentare sia il bene che il male, le tenebre e la luce, il putridume della carne e disfacimento e il sogno cristiano della resurrezione”(4) . In conclusione, il fondale della teca è dipinto ad ampie pennellate senza suggerire una descrizione specifica.
Le sue opere sono conservate a Firenze presso il Museo della Specola, Galleria Regionale di Palazzo Bellomo di Siracusa, a Londra presso il Victoria and Albert Museum ed in altre importanti collezioni private
1) Paolo Giansiracura, Arte e scienza in una ritrovata cera di Gaetano Giulio Zumbo, ed. Longari Arte Milano, 2016 https://www.longariartemilano.com/download/Arte-e-scienza-in-una-ritrovata-cera-di-Gaetano-Giulio-Zumbo-di-Paolo-Giansiracusa-2016.pdf
2) ibidem
3) ibidem
4) ibidem
Teca di legno:
Altezza dell’opera lignea senza pinnacoli e piedini 41 cm; altezza dei pinnacoli 13.5 cm; altezza piedini 6.5 cm; lato maggiore della base trapezoidale 60 cm; lato minore 38 cm; profondità 25 cm
Stato di conservazione: **** (eccellente)
Accompagnata da expertise del Prof. Paolo Giansiracusa.