Asta 21 - Eclettica
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Lot 1 Antico capezzale in rame dorato e corallo,
nello stile delle maestranze trapanesi del XVI/XVII secolo, raffigurante Cristo in croce, Madonna e San Giovanni, con zefiri a forma
di dodecaedro equilatero, cm 39x 33. Corallo 275 gr circa
Quest'opera presenta varie affinità di stile con altre che sono state prodotte a Trapani nei secoli XVI/XVII/XVIII.
È caratterizzante la lavorazione del rame che, degradando verso l'interno fino ad una piccola edicola a lunetta centrale, dà un effetto di profondità. Nell’alloggiamento centrale è posto in Cristo in croce, attorniato in alto da zefiri, mentre alla base trovasi la Madonna e al loto opposto San Giuseppe, entrambi in preghiera. Sopra la lunetta, uno zefiro centrale con rosoncini ai lati ed un decoro a virgole intervallato da rosette che prosegue per tutto il giro della nicchia centrale con la tecnica del retroincastro. Due livelli differenti, ovvero un doppio ordine di cornici sovrapposte, decorate a piccoli ovuli e palline, chiudono formando un dodecaedro lungo il perimetro esterno, la cornice è arricchita da un aereo elegante orlo a merletto in rame dorato, lavorato a traforo sul quale risaltano rosette fissate su perni dorati. Sul retro bombato di rame ribattuto a mano, è stilizzata una croce. ASORStudio -
Lot 2 Candelabro in legno argentato e dorato a cinque candele, figurato a vaso con foglie e fiori. XVIII secolo. H cm 102. Base cm 33x16
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Lot 3 Sculture lignee femminili raffiguranti cariatidi a mensola circolare, del periodo neoclassico, fine XVIII, inizi XIX secolo. H cm 90
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Lot 4 Trittico cartaglorie in legno dorato e argentato a foglia, inizi secolo XIX. Grande cm 45x49, piccole cm 30x23
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Lot 5 Base in legno argentato, Toscana (adattabile per tavolino). H cm 45, base cm 53x34
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Lot 6 Coppia di leoni Marzocco di Firenze in legno dorato e argentato, inizi XX secolo. H cm 40, base 23x13
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Lot 7 Mensola portacandele a quattro luci in legno dorato a foglia, Sicilia, XVIII secolo. Con braccetti e colacera in metallo. H complessiva cm 33. Base maggiore cm 30, base minore cm 19,5
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Lot 8 Candeliere a tre luci in legno dorato, fine XVIII secolo. H cm 78, base cm 43x15.
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Lot 9 Candeliere a tre luci in legno dorato, fine XVIII secolo H cm 78, base cm 43x15.
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Lot 10 Fronte di edicola in marmo bianco e applicazioni di diaspri siciliani in rosso, Sicilia, XVIII secolo. H cm 59 base cm 40, mensola profondita cm 10.
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Lot 11 Grande lampadario in vetro di Murano, 16 luci più 3 luci centrali in coppa. H cm 120. Larghezza cm 155
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Lot 12 Coppia di plafoniere da soffitto in ottone e brindoli a rosetta, XX secolo. H cm 30. Cm diametro 100
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Lot 13 Mensola in legno dorato a foglia e laccata in rosso pompeiano, XVIII secolo. H cm 26x45x25. Mancanze di colore
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Lot 14 Fregio in legno dorato a foglia con piccolo specchio ovale centrale, XVIII secolo. Cm 22x70
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Lot 15 Piccola specchiera in legno dorato con cimasa, XIX secolo. Cm 46x26,5
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Lot 16
Udvary, olio su cartone pressato raffigurante maternità. Cm 35x44 , in cornice 53x62
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Lot 17 Johann Heinrich Roos (Otterberg, 29 settembre 1631 - Francoforte sul Meno, 3 ottobre 1685), dipinto ad olio su tela raffigurante paesaggio con ruderi, cascate e gregge. Firmato in basso a destra J. Roos. Cm 90,5x129,5, in cornice cm 116x153. "La sua famiglia emigra ad Amsterdam a causa della guerra dei trent'anni nel 1640. Fu allievo di Guilliam du Gardijn, Cornelis de Bie e Barent Graat, ma i pittori del paesaggio Nicolaes Berchem e Karel Dujardin hanno avuto la più grande influenza su di lui. Nel 1653 la famiglia Roos torna in Germania, dove Johann e suo fratello Theodor Roos lavorano insieme su una commissione per un chiostro a Magonza. Tra il 1654 e il 1659, Johann lavora per Ernst, Landgrave di Hesse-Rheinfels (figlio di Maurice, visse tra il 1623 e il 1693), dove dipinge un ritratto di A Prince (1654, Heidelberg, Kurpfälzisches Museum) e scene religiose. Nel 1664 è invitato a dipingere alla corte di Carlo I Luigi, Elettore Palatino. A causa di condizioni di lavoro insoddisfacenti, si trasferisce con la famiglia a Francoforte nel 1667, dove ha molto successo, ma perde tutto in un incendio nel 1685.
Il dipinto in questione sembra essere quanto di meglio potesse esprimere il pittore, allorché voule rappresentare quella unione di uomini e animali in armonia idilliaca con la natura - tale era il suo pensiero che aspirava a dare alle sue raffigurazioni una impronta di carattere realistico, soprattutto nelle scene agresti e nelle rappresentazioni degli animali. Nel caso in specie, si avverte un senso di intimo sapore, quasi familiare, che globalizza in un'unione armonizzante paesaggio, e quindi natura, uomini e animali. Se fossimo indotti ad un paragone col figlio Philipp Peter, potremmo affermare che rimane molto più umorale e intimista nella ricerca di un legame con la natura tutta, e meno teatrale, quasi a non voler essere enfatizzante come il figlio, che spesso adotta in primo piano scene di animali e raffigurazioni quasi ritrattistiche degli stessi. ASORstudio -
Lot 18 Philippe Wouwermann (Haarlem 1619-1668), dipinto ad olio su tela raffigurante due personaggi a cavallo. Cm 57x76. Philippe Wouwerman, figlio del pittore Paul Joosten Wouwermann, crebbe in una famiglia di pittori in quanto anche i suoi fratelli Jean e Peter lo erano. Conosciuto come pittore di genere si dedicò al paesaggio sulla scia di Van de Laer che fu un pittore che era stato in Italia ed eseguiva dipinti di paesaggi italianizzanti. Le opere di Wouwerman sono raffigurazioni della vita quotidiana, scende contadine, nella tradizione dei bamboccianti. Visse principalmente nella sua città natale di Haarlem immerso nell'ambiente artistico a lui contemporaneo traendone influssi ma personalizzandoli facilitato da una capacità di esecuzione veloce e da una agile pennellata che gli permettevano una produzione ampia e considerevole. Le sue raffigurazioni di cavalli sono famose e conosciutissime si da renderlo popolare e da farlo considerare uno dei maggiori pittori dell'età dell'oro olandese. Quest'opera è caratterizzata da una composizione dove l'effetto luce è dato da un solo contrasto dando un colorito smorzato, Il punto di vista basso realizza una diagonale compositiva che gli è caratteristica e frequente . La tavolozza è dominata da colori bruni con particolari che risaltano per la loro vivacità come ad esempio il drappo rosso sul dorso del cavallo o l'abito rosso della figura a cavallo. La torre in cima e il paesaggio sfumato in lontananza danno un tono italianizzante alla maniera di Van de Laer. Il forte contrasto tra i marroni e i colori chiari del cielo nei toni del grigio argento danno una resa di profondità. Il monogramma P H W leggermente scolorito in basso a destra e le note su elencate fanno propendere per una paternità certa di Phillippe Wouwermann . Le sue opere si trovano al RijksMuseum di Amsterdam, alla National Gallery di Londra, all'Ermotage di San Pietroburgo e soprattutto , con una notevole collezione, al Museo di Dresda. ASORStudio
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Lot 19 Dipinto ad olio su tela raffigurante Parca Cloto e ragazzo con candela, XVII secolo. Cm 61x80. Privo di cornice. "L'opera è oralmente attribuita al pittore veneto Pietro della Vecchia (Vicenza, 1603 - Venezia 1678). Conosciuto come Pietro Muttoni fino al 1984, a seguito di errate interpretazioni dell’abate Luigi Lanzi, raggiunse notorietà intorno alla fine del quarto decennio del Seicento, fino ad essere considerato uno dei più importanti pittori di Venezia, soprattutto di arte sacra, e grande conoscitore di disegni e dipinti antichi, a capo di una grande bottega. La sua prima attività risente della pittura di colore dei veneti Carlo Saraceni e Alessandro Varotari il Padovanino, fino a subire gli influssi della pittura di Giorgione, Tiziano, Romanino, Palma il Vecchio, il Bassano e del genovese Bernardo Strozzi, quest'ultimo approdato a Venezia in quegli anni ’30. Dopo il 1650 la sua arte volge verso un uso sapiente e prevalente della luce, dunque verso una maggiore drammaticità, e riprende i primi modelli caravaggeschi. Subisce la fascinazione dell’atmosfera libertina, vagamente anticlericale e sovversiva, che caratterizza l'Accademia degli Incogniti, creata dal patrizio veneziano Giovan Francesco Loredan e frequentata da una variegata miscellanea di intellettuali di libero pensiero, non solo veneti. Questi influssi si manifestano soprattutto nell'iconografia di alcune opere della metà del secolo, che tendono a ridicolizzare, rappresentare in modo grottesco, dunque contestare, la cultura ufficiale e dominante. La tela raffigura verosimilmente la parca Cloto, il cui nome deriva dal greco Klothes, filatrice, che tesse lo stame della vita, ovvero il filo del fato. Nella Teogonia di Esiodo, rappresenta il destino ineluttabile, insieme alle sorelle Làchesi e Àtropo, che quel filo svolgono e infine recidono, segnando la vita e la morte di ogni uomo. Cloto, che lavora incessantemente giorno e notte, rischiarata dalla candela del ragazzo, viene evocata anche nel Purgatorio di Dante, Canto XXI, 25-27: “Ma perché lei che dì e notte fila, non gli avea tratta ancora la conocchia, che Cloto impone a ciascuno e compila…” La tematica suggestiva, la rappresentazione grottesca e spietatamente realistica, gli effetti di luci spettrali e la soffocante mancanza di spazio nella composizione, riconducono dunque il dipinto agli anni e all'atmosfera dell'Accademia degli Incogniti, nonché del “gruppo dei Tenebrosi”, che ebbero fortuna a Venezia intorno al 1660. L’attribuzione potrebbe trovare conferma confrontando l'opera con quella di sicura realizzazione di Pietro della Vecchia, rappresentante Le Tre Parche con teschio e conservata nelle Gallerie Estensi." ASORstudio ASOR Studio
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Lot 20 Dipinto ad olio su ardesia raffigurante Apollo che scuoia Marsia, XVII secolo. Cm 29x32. In cornice cm 40x42. Spessore mm 10.
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Lot 21 Attribuito a Pieter van Bloemen, detto lo Stendardo, (Anversa, 17 gennaio 1657 - Anversa, 1720), dipinto ad olio su tela raffigurante scena di battaglia, cm. 84x119. In cornice cm 110x143. Pieter van Bloemen appartiene ad una famiglia di pittori e disegnatori fiamminghi, attivi tra Italia e Francia.
Nel 1673 diventa membro della Corporazione di San Luca ad Anversa e dieci anni più tardi è a Lione in compagnia degli artisti olandesi Adriaen van der Cabel e Gillis Weenix.
Dal 1686 vive a Roma, dove entra a far parte della “Schildersbent”, un'associazione di pittori, principalmente olandesi e fiamminghi, dove Pieter acquista il soprannome di Standaart o Stendardo, probabilmente a seguito della realizzazione di stendardi, che suole dipingere nelle scene di battaglia. Tale periodo è ricco di successi ed influenza il suo lavoro fino alla fine.
Nel 1694 ritorna ad Anversa e, nel 1699, diviene decano della Corporazione di San Luca. Il dipinto preso in esame rappresenta una scena di battaglia. L'attribuzione potrebbe trovare conferma confrontandolo con le tele di analogo soggetto e di attribuzione certa allo stesso autore. In particolare possiamo riferirci alla tela con scena di battaglia, lotto 176 dell’asta 343 della Casa Cambi, sulla quale ritroviamo la stessa attenzione alla resa atmosferica, come gli occhi strabuzzati dei personaggi, la realizzazione di alberi e rami, i colori vivaci dell'abbigliamento delle figure in contrasto con i grigi e i marroni scuri dei fondi, o il cavallo bianco, che gioca un ruolo primario nella composizione. ASORStudio -
Lot 22 Alfred De Dreux (Parigi 1810-Parigi 1860), dipinto ad olio su tela raffigurante il ritorno della Duchessa D’Almeda da un viaggio a Koat-Ven. Cm 88x115, pollici 34,5x45,5.
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Lot 23 Dipinto olio su tela raffigurante Tivoli, attribuito a Richard Wilson (1714-1782). Cm 44x53 in cornice cm 53x62.
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Lot 24 Lampada da chiesa in metallo argentato e dorato, fine XVIII. H cm 58