ARGENTI, DIPINTI, ICONE ED OGGETTI D'ARTE

ARGENTI, DIPINTI, ICONE ED OGGETTI D'ARTE

martedì 14 settembre 2021 ore 15:00 (UTC +01:00)
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Lotti dal 97 al 120 di 351
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  • Constantijn Netscher (L'Aia 1668 - 1723)
    Lotto 97

    Constantijn Netscher (L'Aia 1668 - 1723)

    Cerere - Allegoria dell’estate

    Olio su tavola

    Cerere - Summer allegory

    Oil on board

    44 x 34 cm


    Figlio di Caspar e fratello dei pittori Theodor e Anthonie van Netscher, diventa genero di Johan van Haensbergen quando il 6 febbraio 1709 sposa Magdalena van Haensbergen. É ricordato come valente ritrattista e per le sue figure allegoriche, come la presente opera. Oltre alle sue qualità artistiche, Netscher è ricordato per l’importante funzione che ha svolto verso i giovani artisti nel suo atelier. Sono ricordati quali suoi allievi: Hendrick Doorschodt , Dirk Kindt o Kint, Coenraet Roepel e Mattheus Verheyden

  • Scuola italiana del XVII secolo
    Lotto 98

    Scuola italiana del XVII secolo

    Ritratto di nobiluomo con rosa

    Olio su rame

    Italian School of the 17th century

    Portrait of a nobleman with rose

    Oil on copper

    38 x 34 cm ottagonale/octagonal


    L’autore di questo raffinato ritratto ha saputo rendere a pieno un carattere mite e benevolo del nobiluomo, giungendo a questa espressione con immediatezza e sicurezza di mezzi. Il simbolo floreale della rosa esplica l’amore e la fedeltà coniugale. Osservando le vesti, è possibile ipotizzare che la datazione sia intorno agli anni ‘70/’80 del Sedicesimo secolo. Abbigliamenti molto simili li ritroviamo nelle opere emiliane datate intorno il Settimo e Ottavo decennio del Seicento

  • Scuola italiana del XVII secolo
    Lotto 99

    Scuola italiana del XVII secolo

    Ritratto di nobildonna con rosa

    Olio su rame

    Italian School of the 17th century

    Portrait of a noblewoman with rose

    Oil on copper

    38 x 34 cm ottagonale/octagonal


    L’autore di questo raffinato ritratto ha saputo rendere a pieno il carattere mite e benevolo della signora: giunge a questa espressione con immediatezza e sicurezza di mezzi. Il simbolo floreale della rosa esplica l’amore e la fedeltà coniugale. Osservando le vesti, si può potizzare che la datazione sia da stabilire intorno agli anni ‘70/’80 del Sedicesimo secolo. Abbigliamenti molto simili li ritroviamo nelle opere emiliane datate intorno il settimo e ottavo decennio del Seicento

  • Scuola lombarda del XVIII secolo
    Lotto 100

    Scuola lombarda del XVIII secolo
    Natura morta con cacciagione e frutta
    Olio su tela
    Lombard School of the 18th century
    Still life with game and fruit
    Oil on canvas
    119 x 178 cm

  • Scuola veneziana XVIII/XIX secolo
    Lotto 101

    Scuola veneziana XVIII/XIX secolo

    Veduta di Bacino San Marco con Bucintoro

    Olio su tela

    Venetian School of the 18/19th century

    View of San Marco Basin with Bucintoro

    Oil on canvas

    70 x 100 cm


    Caduta la Serenissima Repubblica, in Italia e in Europa non si placa il desiderio collezionistico di possedere vedute veneziane. Morti tutti i grandi vedutisti del Settecento (Canaletto, Marieschi, Bellotto, Guardi e Tironi), sono i nuovi esponenti a sostenere le richieste di mercato: alcuni di essi hanno radici settecentesche, biografiche e stilistiche, come Vincenzo Chilone, Giuseppe Bernardino Bison, Giacomo Guardi e Giuseppe Borsato; altri, come Ippolito Caffi, Luigi Querena, Carlo e Giovanni Grubacs e Francesco Zanin sono artisti nati nel XIX secolo che, pur mantenendo in vita la tradizione vedutistica, la trasmettono riscrivendola con le velature romantiche insite nella cultura del tempo

  • Nicolò Rondinelli (Lugo di Romagna o Ravenna 1450 circa - Ravenna 1510)
    Lotto 102

    Nicolò Rondinelli (Lugo di Romagna o Ravenna 1450 circa - Ravenna 1510)

    San Lorenzo

    Olio su tavola

    St. Lawrence

    Oil on panel 

    83,5 x 68,5 cm


    In principio Rondinelli fece apprendistato presso Giovanni Bellini, passando poi a Ravenna sotto le spinte del forlivese Baldassarre Carrari e di Francesco Zaganelli da Cotignola. Considerando i dipinti per la devozione privata realizzati con l’apporto della bottega sino alle grandi pale d’altare per le diverse chiese di Ravenna, Rondinelli esplicita i rapporti che sussistevano tra le istanze veneziane con quelle emiliane e centro italiane, che si fondevano a Ravenna.

    La sua permanenza all’interno dell’atelier di Bellini non è documentata, anche se ritenuta certa dagli storici. Egli risulta assente dai pagamenti dei lavori in Palazzo Ducale, dove, oltre al Maestro e ad Alvise Vivarini, ritroviamo operanti Cristoforo Caselli, Lattanzio da Rimini, Marco Marziale, Francesco Bissolo e Vincenzo dalle Destre. La sua prima produzione è fortemente riferita alle invenzioni belliniane, che Niccolò dovette mantenere anche dopo la sua permanenza veneziana. Anche se negli anni in laguna non mancano importanti collaborazioni e influenze con Cima da Conegliano, Lattanzio da Rimini, Giovanni Mansueti e Jacopo da Montagnana. Forte di una esperienza così varia e importante, tornato in Romagna, Rondinelli si dedica a diverse commissioni pubbliche di rilievo. A partire dall’altare di Galla Placidia, oggi a Brera, i ricordi del Carpaccio e del classicismo di Cima e Bellini emergono, similarmente a quanto si scorge nel S. Sebastiano del duomo di Forlì. Con l’avvento del nuovo secolo la pittura di Nicolò assume una certa monumentalità, le sue sacre figure emanano una profonda ieraticità e fanno presumere un’attenzione particolare di Rondinelli verso Antonello da Messina. In seguito, nelle sue opere appare l’afflato nordico ed espressionista derivato dall’imporsi della pittura degli Zaganelli, seppur permanga la costante presenza del vecchio bagaglio lagunare e gli elementi di più forte marcatura dei canoni di Marco Palmezzano desunta attraverso Baldassare Carrari. I giusti confronti attributivi per l’opera di Rondinelli li ritroviamo nei trenta santi, raffigurati a mezzobusto, del Soffitto della chiesa Santa Maria degli Angeli di Murano, per esempio. Il santo è vestito secondo l'iconografia tradizionale, ovvero con una pesante dalmatica diaconale, lumeggiata d'oro e con decori di fiori di cardo. Ad una attenta analisi, comunque, la datazione dell’opera va riportata al periodo ravennate, quando le sue opere sono ornate da ricchi tessuti e decorazioni, le stesse che ritroviamo nella dalmatica del nostro santo, e che ritroviamo nelle opere “Madonna San Girolamo e Santa Caterina” e “Madonna, San Tommaso d’Aquino, San Giovanni Battista, Santa Caterina e Santa Maria Maddalena” della Pinacoteca Comunale di Ravenna

  • Bernardo Cavallino (Napoli 1616 - 1656) cerchia di-circle of
    Lotto 103

    Bernardo Cavallino (Napoli 1616 - 1656) cerchia di-circle of

    Santo martire incoronato di fiori

    Olio su tela

    Holy martyr crowned with flowers

    Oil on canvas

    85 x 71 cm


    Poco si conosce sulla formazione artistica di Bernardo Cavallino, anche se dalla sua pittura si nota un linguaggio pittorico articolato ove riverberano influenze veneziane di Tiziano, fiamminghe di Van Dick e Rubens e, soprattutto, di Caravaggio e dei seguaci caravaggeschi napoletani, nonché dal naturalismo cruento del Ribera. Oggi pare consolidarsi l’opinione di un suo alunnato presso Andrea Vaccaro e Massimo Stanzione. Grazie alla sua eterogenea formazione è riuscito a dipingere con personalità autonoma e riconoscibile all’interno del panorama seicentesco partenopeo. Le sue figure si caratterizzano per una sottile vena malinconica e le sue opere dimostrano un senso cromatico vigoroso che dimostra la conoscenza del neo venetismo romano. Edificanti le parole dell’esimio Nicola Spinosa a suo riguardo: L’adesione del napoletano ad alcuni aspetti del neo-venetismo classicheggiante dei Francesi a Roma non significò, comunque, rinuncia alle qualità peculiari della sua produzione precedente: “al tono sentimentale, tra l’idillio e l’elegia, di tante piccole composizioni degli anni Quaranta; alla resa intimistica, colta e raffinata, delle sue storie di amori e di martirii; alla esaltazione pacata, quasi sommessa, ma non per questo meno appassionata e sincera della bellezza femminile e dei teneri affetti quotidiani”, pag. 122 di “Civiltà del Seicento a Napoli”

  • Luca Carlevarijs (Udine 1663 - Venezia 1730) attribuito-attributed
    Lotto 104

    Luca Carlevarijs (Udine 1663 - Venezia 1730) attribuito-attributed

    Veduta di porto con personaggi all'orientale 

    Olio su tela 

    Pier view with oriental people

    Oil on canvas

    95 x 132 cm


    Alla morte del padre Giovanni Leonardo occorsa nel 1679, Luca Carlevarijs decide, appena sedicenne, di trasferirsi a Venezia prendendo alloggio nei pressi di Ca’ Zenobio. Compie un viaggio a Roma tra il 1685-90 e probabilmente visita sia Firenze sia Bologna. Nel 1703 il Carlevarijs pubblica la sua monumentale raccolta di incisioni all’acquaforte “Le fabriche, e vedute di Venetia”; opere grafiche che riscuotono un successo continentale tanto che gli procurano autorevoli commissioni, tra le quali dal conte di Manchester e dal del re di Danimarca. Iscritto alla Fraglia dei pittori veneziani dal 1708 al 1713, quindi dal 1726 al 1728, egli è da considerare il padre della veduta veneziana del Settecento, colui che ha fatto da apri pista, stilistico e commerciale, ai vari Canaletto, Bellotto, Marieschi, Albotto, Domenichini, Tironi. Ebbe un illustre allievo e seguace nello svedese Johan Richter. Per quanto concerne le vedute portuali Il suo fare pittorico ha origine con l’arrivo a Venezia di Johann Anton Eismann, tra il 1685 ed il 1700. Le figure di Carlevarijs, invece, sono del tutto estranee al contesto veneziano e risentono largamente dello stile dei bamboccianti romani, e in particolar modo del francese Jacques Callot. Le sue vedute hanno indiscutibilmente saldi legami prospettici con le opere Gaspar Van Wittel (Vanvitelli), pittore presente sia a Venezia sia a Roma dove carlevarijs ha avuto modo di osservare le sue opere. Per quanto riguarda la pittura di paesaggio, egli, come Marco Ricci e Bartolomeo Pedon, ha fatto propria la lezione dei paesaggisti nordici e denota l’influenza del Cavalier Tempesta, presente a Venezia dal 1697 al 1700, e del suo “realismo atmosferico “, altresì portatore, in laguna, dei risultati del paesaggio “estatico” di Gaspard Dughet e quello “eroico” di Salvator Rosa. La nostra opera mostra, a nostro giudizio, inequivocabili punti di contatto con la produzione di Carlevarijs, partendo dallo schema compositivo che nei porti di mare dell’artista è pressoché sempre il medesimo: promontorio laterale che s’adagia nel mare e banchina in proscenio. Nel cielo, come nel nostro dipinto, vi sono sempre sulfuree, gonfie e mosse nuvole, dalle forme quasi sempre simili a quella che si vede nella nostra tela. Scendendo sulla banchina portuale ritroviamo i tanto amati personaggi orientali “alla turca” e i bellissimi cavalli. I personaggi, ad un attento esame, hanno attenuato la monumentale plasticità drammatica derivata dal Magnasco, come nel “Porto di mare con arco romano e monumento equestre” di collezione Terruzzi. Particolarmente significativo è il confronto dei caratteristici volti dei personaggi, eseguiti con guizzo magistrale e le caratteristiche “deformazioni” caricaturali di callottiana memoria. Non sfugge la presenza del suo caratteristico “picchiettare” cromatico delle vesti rosse e blu, framezzate con qualche punto di giallo, accorgimento ritmico espressamente del Carlevarijs. Infine, altro dettaglio significativo la presenza del veliero, appoggiato su un fianco, in riparazione e l’animoso operare delle maestranze. Particolari e paragoni, questi citati, facilmente riscontrabili nel corpus di opere ritraenti porti di mare e scene fluviali, che ad oggi conta oltre sessanta dipinti

  • Altare domestico toscano con dipinto della bottega di Valerio Mariani (Pesaro 1568 circa - 1625/1636)
    Lotto 105

    Altare domestico toscano con dipinto della bottega di Valerio Mariani (Pesaro, 1568 circa - 1625/1636)

    Madonna del latte

    Miniatura su pergamena

    Cornice a tempietto in legno ebanizzato con colonne in marmo , decorata con inserti e putti in bronzo dorato , del XIX secolo

    17th century Tuscan domestic altar with a painting from the workshop of Valerio Mariani (Pesaro, c. 1568 - 1625/1636)

    Madonna of the milk

    Miniature on parchment

    Temple frame in ebonized wood with marble columns, decorated with inserts and cherubs in gilded bronze, 19th century 

    10 x 7 cm miniatura, miniature

    53 x 32 cm misure totali dell'altare, total dimensions of the altar

  • Frans Francken II (Anversa 1581 - 1642)
    Lotto 106

    Frans Francken II (Anversa 1581 - 1642)

    Adorazione dei Magi

    Olio su tavola

    Etichette di vecchie aste sul retro

    Magi Adoration

    Oil on board

    Old auction labels on the back 

    66 x 51 cm


    Frans Francken II è il rappresentante più importante della dinastia di pittori della famiglia Francken. Figlio di Frans Francken I, si forma presso il padre e lo zio Hieronymus nel suo atelier di Parigi. Inizialmente dipinge subendo lo stile del padre, ma presto si emancipa ed elabora uno stile personale caratterizzato da una brillante inventiva compositiva, in cui le figure dialogano tramite le loro movenze. La brillantezza d'esecuzione è data grazie all’utilizzo di colori caldi e decisi, la rappresentazione di personaggi in pose aggraziate è raffigurata secondo il gusto manierista dell’epoca. Artista polivalente, ha dipinto i temi più svariati, sempre in formati ridotti e destinati agli ambienti domestici. Tra i suoi apporti più importanti bisogna annoverare il tema delle gallerie di dipinti, soggetto introdotto proprio dal pittore nella pittura fiamminga, ripreso nelle opere di Pieter Paul Rubens, Jan Brueghel il Vecchio e David Teniers il Giovane. Inoltre, fu tra i primi ad apportare messaggi moralistici nelle sue opere, dipingendo le scimmie dentro ambienti umani con l'obiettivo di denunciare la bassezza di certi atteggiamenti. Francken II, come in uso all’epoca, soprattutto nelle Fiandre, ha collaborato con altri artisti, pittori specializzati in paesaggi o rovinisti, inserendo nelle loro opere le figure: tra questi troviamo Abraham Govaerts, Jasper van der Lanen, Daniel Seghers, Andries Daniels, e Bartholomeus van Bassen. Per non farsi confondere con il padre era solito firmare le sue opere aggiungendo “De Jonge” ovvero “il giovane”. Nel suo atelier sono cresciuti i figli Ambroise e Frans Francken III. In parallelo alla scuola di P.P. Rubens, ha sviluppato uno stile in seno al Manierismo Nordico, con uno stile pittorico pacato, ricco di colore, particolareggiato, che gli fece guadagnare il favore di un ampio mondo collezionistico.

    La tavola in questione raffigura molte delle peculiarità di Frans Francken, soprattutto nell’esaltazione minuziosa delle splendide vesti dei Magi. Quel che però risalta è come egli ponga in risalto la severa ed estrema semplicità della sacra famiglia, ricca di santità, al cospetto dei tre Magi riccamente abbigliati

  • Simone Brentana (Venezia 1656 - Verona 1742)
    Lotto 107

    Simone Brentana (Venezia 1656 - Verona 1742)

    Madre con bambino

    Olio su tela

    Mother and child

    Oil on canvas

    105 x 88 cm


    Si ringrazia il Prof. Michele Danieli per l'attribuzione


    Nonostante fosse già orfano e in precario stato economico, Simone Brentana, già all'età di nove anni si impegna negli studi di musica e matematica. In seguito scopre la pittura, e segue gli insegnamenti di Pietro Negri. A trent’anni circa si trasferisce da Venezia a Verona, momento sagacemente descritto dal Prof. Marinelli: “mostra la formazione di un tenebroso, un allievo di Pietro Negri, ma con una teatralità nuova, dove la tragedia si mescola al comico dell’irrisione, della beffa”. Mentre Craievich così lo descrive in questo momento cruciale della sua carriera, parlando del modellato per la Giuditta e Oloferne (Verona, chiesa di San Nicolò), conservato presso la Galleria Nazionale d’Arte Antica di Trieste, che tramite “pennellate guizzanti e abbreviate, mette in evidenza le capacità squisitamente pittoriche del giovane Brentana, che in questo caso sembra ancora memore di certe esperienze luministiche della pittura veneziana di metà secolo. In particolare la maschera grottesca e deformata della vecchia fantesca completamente in luce richiama alla memoria le fisionomie caricaturali di Pietro della Vecchia, mentre gli audaci passaggi cromatici e talune iridescenze potrebbero rinviare a quei «classicisti» meno ortodossi attivi a Venezia nel corso del Seicento, come Federico Cervelli, Giuseppe Diamantini, Ludovico David o lo stesso Louis Dorigny”. Il suo incipit pittorico è nella scia della "maniera tenebrosa", ma maturando, come molti della sua generazione, colto dagli echi Rococò, giunge ad una pennellata soffice, con larghe e morbide campiture di colore chiaro, evidenziando risultati assimilabili a quelli di Antonio Balestra. Le fonti antiche, ci ricordano sue opere a Milano, in Toscana e Roma, oltre che in Spagna, Danimarca e Polonia. L’attribuzione certa dell’opera in questione è supportata dal fatto che è riprodotta, in controparte, nella parte in basso a destra nel dipinto Martirio di Sant'Andrea, 1725 circa, in collezione Sgarbi Cavallini

  • Francesco Stringa (Modena 1635 - 1709)
    Lotto 108

    Francesco Stringa (Modena 1635 - 1709)

    Madonna con Gesù Bambino

    Olio su tela

    Forma ottagonale

    Madonna and Child Jesus

    Oil on canvas 

    Octagonal form

    36 x 34 cm 


    Creduto allievo di Ludovico Lana, cosa impossibile per i dati anagrafici dei due, Francesco Stringa si forma con Boulanger durante gli ultimi anni del maestro francese al Palazzo ducale di Sassuolo, probabilmente in compagnia di Sigismondo Caula, Cittadini e Mitelli. Successivamente, frequenta la corte estense e i pittori ivi presenti, Flaminio Torri e Benedetto Gennari, aggiungendo alla sua prima formazione nozioni dervate dal Correggio e Guercino. Importante è la presenza di Stringa a Venezia, dove acquisisce citazioni del Tintoretto e dello Zanchi. L’opera in esame riconduce alla maniera di bozzettista del maestro modenese, in particolare mostra cenni corregeschi, ingentiliti dall’influenza di Carlo Cignani, mentre il forte chiaro scuro è di chiara eredità guercinesca. Opere simili si posso osservare alla Pinacoteca Stuard di Parma: L’elemosina, Vergine e Bimbo appaiono a san Ottavio e San Pietro battezza san Giacomo, date, acutamente, allo Stringa già nel 1989 (vedi “Arte emiliana dalle raccolte storiche al nuovo collezionismo” pp. 120-121) da Emilio Negro, dopo attribuzioni errate.

  • Gian Domenico Valentino (Roma 1630 circa - Imola (?) post 1698)
    Lotto 109

    Gian Domenico Valentino (Roma 1630 circa - Imola (?) post 1698)

    Interno di cucina con personaggio e natura morta

    Olio su tela

    Kitchen interior with character and still life

    Oil on canvas

    50 x 66 cm


    Pittore romano attivo per qualche anno ad Imola, Gian Domenico Valentino è stato spesso confuso con Cristoforo Munari. La sua presenza in terra d’Emilia è data dalle iscrizioni ritrovate al retro di alcune sue tele, che ci informano del fatto che il pittore era ad Imola sia nel 1661 sia nel 1881, anche se le ricerche d’archivio dimostrano che il suo luogo di residenza e attività sia stata prevalentemente Roma. Il suo stile pittorico trova le sue radici nelle nature morte olandesi e fiamminghe del Seicento: in particolar modo, ci appaiono come rielaborazione barocca degli esempi di David Teniers. Questa tipologia di produzione pittorica è molto amata nella Roma della seconda metà del XVII secolo, e si riallaccia alla pittura del Fieravino, probabilmente in parallelo a Carlo Manieri. L’opera in esame s’iscrive al corpus della produzione del pittore romano per l’ottima qualità inventiva con cui sono esposti gli infiniti oggetti all’interno della rurale cucina e per come essi siano rappresentati. Il confronto puntuale con le opere certe del Valentino è possibile farlo con le tele presentate in “La pittura morta in Emila e Romagna”, a cura di Daniele Benati e Lucia Peruzzi, pag. 260-268

  • Antonio Allegri detto il Correggio (Correggio 1489 - 1534) cerchia/seguace - circle of/follower
    Lotto 110

    Antonio Allegri detto il Correggio (Correggio 1489 - 1534) cerchia/seguace - circle of/follower

    Santa Maria Maddalena Penitente

    Olio su tela

    Saint Mary Magdalene Penitent

    Oil on canvas

    95 x 80 cm


    Antonio Allegri, detto il Correggio, è uno dei più importanti pittori rinascimentali italiani. Probabilmente ha studiato a Modena e Mantova, giusto in tempo di conoscere il famoso pittore di corte Andrea Mantegna. Il maestro lascia con le sue opere mantovane una sensibile influenza in Correggio al pari di un altro grande artista amato dal giovane emiliano, ovvero Leonardo da Vinci, dal quale apprende soprattutto la morbidezza del contorno e il famoso “sfumato”. La sua formazione si chiude col soggiorno romano dove ha avuto il modo di osservare altri due immensi maestri del suo tempo ovvero Michelangelo e Raffaello. Nella pittura da cavaletto emerge la sua lirica ed eleganza, i tempi mitologici e religiosi hanno carattere liricamente sensuale e una dimensione intima. Sebbene non abbia avuto allievi, la sua arte ha influenzato molto l’ambiente emiliano del suo secolo, tanto quanto grandi artisti che seppero avvalersi della sua lezione, citiamo: Bartolomeo Schedoni, il Pordenone, i Carracci, Giovanni Lanfranco, Peter Paul Rubens. L’opera in esame, evidentemente di origine emiliana, si rifà ad un particolare di una tela del Correggio realizzata per la chiesa di San Giovanni Evangelista di Parma, oggi alla Galleria Nazionale della stessa città. La figura è la medesima, ma è completamente differente sia il contesto tematico sia il paesaggio che circonda la santa

  • Scuola francese del XVIII secolo
    Lotto 111

    Scuola francese del XVIII secolo 

    Commedia nel parco

    Olio su tela

    Opera firmata in basso a destra, firma non decifrata

    French School of the 18th century

    Comedy in the park

    Oil on canvas

    Unknown signature lower right

    60 x 49 cm


    L’opera in esame è la tipica espressione della pittura francese del XVIII secolo. Iniziato con Watteau e Boucher, questo genere pittorico, ove si esaltavano la vita di corte, l’arte, l’eleganza, i sensi e spesso con velature erotiche riscuote ampio successo. Molti sono i pittori ad operare per accontentare le tante commissioni: tra questi citiamo Jacques Philippe Caresme, Johann Heinrich Keller, Jean Baptiste Pater, Jean Jacques Bachelier e soprattutto Nicola Lancret, che ha influenzato l’autore della nostra tela

  • Melchior de Hondecoeter, o Hondecoutre o Hondekoeter o Hondecooten (Utrecht, 1636 – Amsterdam, 3 aprile 1695) seguace di
    Lotto 112

    Melchior de Hondecoeter, o Hondecoutre o Hondekoeter o Hondecooten (Utrecht, 1636 – Amsterdam, 3 aprile 1695) seguace di - follower of

    Gallo, Galline, pulcini e colombi

    Olio su tela

    Rooster, hens, chicks and doves

    Oil on canvas 

    93 x 125 cm


    La nostra opera è una pregevolissima testimonianza del successo di Melchior anche dopo la sua morte. In essa infatti notiamo, soprattutto nella realizzazione dei volatili, una qualità pittorica eccelsa; segno che questa tela non è nata con intenti puramente decorativi, ma è frutto di un pittore di estrema raffinatezza. Melchior de Hondecoeter è uno dei membri di una famiglia di artisti. Si è formato col padre Gysbert e con lo zio Jan Baptist Weenix. E’ da sempre stato considerato il più famoso pittore di uccelli dei Paesi Bassi, tanto da essere sopranominato il Raffaello degli animali. E’ stato un artista prolifico e molte sue opere sono sparse in moltissimi musei rappresentato in molti musei

  • Ugo Celada da Virgilio (Cerese 1895 - Varese 1995)
    Lotto 113

    Ugo Celada da Virgilio (Cerese 1895 - Varese 1995)

    Natura morta

    Olio su tela

    Still life

    Oil on canvas

    70 x 52 cm


    Ugo Celada da Virgilio nasce nel Mantovano, a Cerese. Sin da giovane emerge come talentuoso disegnatore, frequentando la Scuola di Arti e Mestieri. Grazie agli ottimi risultati ottiene una borsa di studio che gli permette di iscriversi all’Accademia di Belle Arti di Brera, dove è allievo del pittore Cesare Tallone.

    Nel 1920 espone alla Biennale di Venezia, firmando le sue opere col nome d’arte di Ugo Celada da Virgilio. L’esperienza veneziana si ripete anche nel 1924, nel 1926 e nel 1936. Grazie alla sua arte originale, che si muove tra il Realismo Magico e la Nuova Oggettività, egli riscuote notevole successo. Viene avvicinato a Gregorio Sciltian, Antonio Donghi e Cagnaccio di San Pietro, all’epoca uno dei massimi artisti a livello internazionale

  • Pittore Romano del XVIII secolo
    Lotto 114

    Pittore Romano del XVIII secolo
    Paesaggio con viandanti
    Olio su tela
    Roman painter of the 18th century
    Landscape with wayfarers
    Oil on canvas
    36 x 28,5 cm

  • Scuola Italiana della fine  XVIII secolo
    Lotto 115

    Scuola Italiana della fine XVIII secolo
    Paesaggio con figure
    Olio su tela
    Italian school of the late 18th century
    Landscape with figures
    Oil on canvas
    35 x 44 cm

  • Scuola Italiana del XVIII secolo
    Lotto 116

    Scuola Italiana del XVIII secolo
    Ritratto di nobildonna
    Olio su tela
    Italian school of the 18th century
    Portrait of a noblewoman
    Oil on canvas
    97 x 75 cm

  • Giuseppe Bazzani (Mantova 1690 - 1769)
    Lotto 117

    Giuseppe Bazzani (Mantova 1690 - 1769)

    Studio per il volto di Maria con dei fiori

    Studio per Madonna e Gesù Bambino

    Coppia di dipinti a forma ovale ,olio su tela

    Study for the Face of Mary with Flowers

    Study for Madonna and Child Jesus

    Pair of oval oval paintings on canvas

    31 x 23 cm



    I bozzetti sono da attribuire al genio creativo di Giuseppe Bazzani: pittore poliedrico, inizia come allievo di Giovanni Campi, dimostrando subito una forte personalità, influenzata sicuramente da Rubens e Francesco Maffei. L’esecuzione rapida e guizzante, l’utilizzo intenso e morbido del colore lo portano rapidamente all’attenzione della critica del tempo e della committenza ecclesiastica e privata. Sono rare le notizie documentate riguardanti la sua vita: opera quasi esclusivamente a Mantova, e nel 1752 diventa maestro di pittura presso l’Accademia di Belle Arti, dove nel 1767 ne diventa direttore. Analizzando i due dipinti in questione, riscontriamo notevoli affinità con la “Deposizione’’ del Museo Diocesano di Mantova, con “Sansone che perde le forze dopo il taglio dei capelli” della Chiesa di San Michele a Leffe (BG) e con “Alessandro e la regina Sisigambi” di Palazzo D’Arco a Mantova. Inoltre, notiamo fortissime analogie con il ciclo dei “Misteri del rosario” di Borgoforte, anch’essi ovali e di piccole dimensioni. Nel nostro caso, oltre alla fisionomia, si notano facilmente la stessa espressione nel volto delle modelle e lo stesso dolce abbandono. Quello che più caratterizza e lega a doppio filo le nostre due tele a tutto il "ciclo dei misteri” è l’atmosfera che racchiude i personaggi, quasi avvolti in una nebbia densa e calda che illanguidisce la scena, consacrandone la resa sognante e poetica a testimonianza dell’animo nobile e della mano felice dell’autore, che ancora oggi non è considerato all’altezza dei maggiori pittori Rococò lombardi e veneziani

  • Scuola lombarda del XVIII secolo
    Lotto 118

    Scuola lombarda del XVIII secolo

    Tobiolo e l'angelo

    Olio su tela

    Lombard School of the 18th century

    Tobiolo and the angel

    Oil on canvas

    116 x 92 cm


    La tela in esame è stata conservata sempre in collezione privata, con la tradizionale attribuzione al varesino Pietro Antonio Magatti (Varese, 20 giugno 1691 - 26 settembre 1767), dato probabilmente basato su una tradizione orale con qualche base storica. La raffinata opera mostra, in effetti, quel gusto per la scena di profilo di G.G. Dal Sole, maestro del Magatti, ma anche influenze venete, di Francesco Maffei in particolare, nonché richiami a Francesco Nuvolone e al suo approccio garbato ed elegante ai modi del barocco

  • Domenico Gargiulo detto Micco Spadaro (Napoli 1609/1612 - 1675)
    Lotto 119

    Domenico Gargiulo detto Micco Spadaro (Napoli 1609/1612 - 1675)

    Strage degli innocenti

    Olio su tela

    The massacre of the Innocents

    Oil on canvas 

    100,5 x 146 cm


    Una delle fonti antiche per la vita di Domenico Gargiulo è Bernardo de Dominici, che lo cita in “Vita de’ pittori, scultori, ed architetti napoletani vol. 3”. Domenico nasce a Napoli il 1612, ed è figlio di Pietro Antonio, che per professione è forgiatore di spade. Da qui, con molta probabilità, gli è stato attribuito lo pseudonimo di “spadaro”. Per seguire la sua indole artistica diventa allievo di Aniello Falcone, nella cui bottega aveva per compagni d’apprendistato Carlo Coppola, Andrea de Lione, Paolo Porpora, Marzio Masturzo e Salvator Rosa. Fondamentale, altresì per la specializzazione nella pittura di paesaggio o scene cittadine affollate da figure cariche di tensione, realizzate con minuto descrittivismo, è l’interesse di Micco per i modelli di Jacques Callot. Poco più che ventenne inizia la sua attività in proprio, grazie alle commissioni di Antonio Piscicello, che gli richiede la realizzazione dell’eruzione del Vesuvio (1631), poi la rivolta di Masaniello (1647) e infine la peste a Napoli (1656): tre assoluti capolavori, dove Gargiulo, con estrema freddezza riporta realisticamente tre momenti drammatici del popolo napoletano, dipinti che sanno ancora impressionare per la loro lucida crudezza. Dalla fine degli anni 30, l’artista opera per i certosini realizzando gli affreschi nella Certosa di San Martino. Sempre il De Dominici sottolinea l'importanza della collaborazione con Viviano Codazzi da Bergamo, secondo lui iniziata a partire dal 1647, sotto il patrocinio di Gaspar Roomer. I due sperimentano dei lavori a quattro mani con l'inserimento delle vivaci scene del Gargiulo nelle scene monumentali e di rovine del pittore bergamasco. Di seguito, frequentando la bottega di Aniello Mele, rivenditore di quadri, conosce l'ormai anziano Vaccaro e suo figlio Nicola, Giovan Battista Ruoppolo e Luca Giordano: quest’ultimo contribuisce ad una sua nuova fase pittorica ne subisce l’influenza pittorica. L’influenza del Giordano la si può vedere, per esempio nell’ “Adorazione dei pastori”, ove il freddo realismo è sostituito dalla ricercatezza plastica delle figure e esuberante teatralità. L’opera in esame, torva significative aderenze con quanto lo Spadaro ha prodotto. Oltre ai te dipinti sopraccitati, il confronto può essere arricchito dal paragone con il Martirio di Sant’Agata e Martirio di Sant’Orsola, già Colnaghi, pubblicati da Nicola Spinosa a pag. 296 e 297 di “Civiltà del Seicento a Napoli”

  • Francesco Montemezzano (Verona 1555 - Venezia 1602) attribuito - attributed
    Lotto 120

    Francesco Montemezzano (Verona 1555 - Venezia 1602) attribuito - attributed

    Ritratto di nobildonna

    Olio su tela

    Portrait of a noblewoman

    Oil on canvas

    113 x 93 cm


    Formato nella bottega di Paolo Veronese, nel 1570, con Benedetto Caliari, decora il Vescovado trevigiano e nel 1575 operò nella Chiesa di San Francesco della Vigna, a Venezia, realizzando due tele. Maestro molto impegnato nei territori della Serenissima e influenzato da l maestro, nel 1581 realizza Il Battesimo di Cristo a Lendinara; mentre 1590 l'opera raffigurante il Martirio dei santi Fermo e Rustico, destinato all'omonima chiesa di Lonigo, nei pressi di Vicenza. Importante è la sua attività di ritrattista come dimostrano i due ritratti del Museo Civico di Padova, il ritratto femminile del Metropolitan Museum di New York, del Rijksmuseum di Amsterdam, di Palazzo Pitti a Firenze, nel Staatliche Kunstsammlungen di Dresda e Herzog Anton Ulricht Museum di Braunschweig. Egli anche nei ritratti segue le orme di Paolo Caliari, non senza punte di assoluta personalità. Il nostro tema di confronto ce lo offre puntuale il ritratto di gentildonna con figlioletto degli Eremitani di Padova. La nostra effigiata e quella del Museo hanno il medesimo collo di pizzo, gli stessi bracciali al polso, anche i risvolti delle maniche seppur di diverse dimensioni sono molto simili. Come l’opera del museo patavino anche la presente va datata intorno alla metà degli anni ’80 del Cinquecento

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ARGENTI, DIPINTI, ICONE ED OGGETTI D'ARTE


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  • 14 settembre 2021 ore 15:00 ARGENTI, DIPINTI, ICONE ED OGGETTI D'ARTE (1 - 351)

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