ARGENTI, DIPINTI, ICONE ED OGGETTI D'ARTE
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Lotto 1 Tobias van Nijmegen o Nymegen (Nimègue 1670 circa - post 1725)
Cortile di reggia con porticato e fontana
Fimato ai piedi della colonna
Olio su tavola
Provenienza: Sotheby's, Londra, 6 novembre 1955, lotto n. 118, Collezione privata italiana
L'opera è registrata presso RDK.NL https://rkd.nl/en/explore/images/283542
Palace courtyard with fountain
Signed on the column lower side
Oil on panel
Provenance:Sotheby's, London 16 november 1955, lot n.118, Italian private collection
The work is registered at RDK.NL https://rkd.nl/en/explore/images/283542
30,5 x 36 cm
Le notizie su Tobias van Nijmegen ci informano che è stato fratello minore e allievo di Elias van Nijmegen ( Nijmegen 1667 - Rotterdam 1755), del quale poi diviene collaboratore. In seguito opera in qualità di pittore di corte per l’Elettore Palatino del Reno
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Lotto 2 Pieter Mulier detto il Tempesta o Cavalier Tempesta (Haarlem 1637 - Milano 1701)
Paesaggio con piramide
Paesaggio con fiume e pescatori
Coppia di oli su tela
Provenienza: Galleria Pesaro Milano, Galleria Lavizzari Milano
Etichette al retro
Landscape with pyramid
Landscape with river and fishermen
Pair of oils on canvas
Provenance: Pesaro Gallery Milan, Lavizzari Gallery Milan
Labels on the back
18 x 25 cm
Pieter Mulier, riceve dal padre, Pieter Mulier il Vecchio, la prima formazione.
Nel 1656, il giovane Mulier, è a Roma e vi soggiorna per ben cinque anni, studiando attentamente il complesso e eterogeneo panorama di paesaggisti che la città eterna offre. In seguito si trasferisce a Genova, fra il 1668 e l’anno successivo, ove riscuote successo, tanto che gli viene concesso di dipingere anche in carcere durante gli otto anni di reclusione per aver commissionato l’omicidio della moglie. Nel 1684 grazie all’intercessione di Vitaliano Borromeo, il Tempesta lascia il carcere e si trasferisce a Milano. Città che lascia nel biennio 1688-1690 quando lo ritroviamo a Venezia. Fatto ritorno a Milano, accoglie nel suo atelier Carlo Antonio Tavella, suo discepolo e collaboratore
Pieter Mulier, chiamato il Tempesta per le sue, un tempo molto apprezzate, tempeste marine, è in epoca moderna riconosciuto come uno dei padri del paesaggismo italiano, colui che inserì nella veduta della natura la percezione atmosferica. La sua produzione vanta un linguaggio peculiare, derivato dallo studio e dalla fusione degli stili naturalista di Dughet e di aulico di Claude Lorrain e di Pier Francesco Mola dal quale derivano i suoi blu intensi e i contrasti di macchie colorate. Come dice Roethlisberger, Tempesta è il tramite tra il paesaggio del Seicento romano e quello veneto del Settecento grazie all’influenza su Marco Ricci. Le due opere in esame, di eccezionale stato di conservazione e qualità, vanno riferite al periodo romano quando la componente nordica è ancora percettibile, quando ai paesaggi con aneddoti di vita contadina o pastorale, della sua maturità, prevale una veduta più ampia e rarefatta condita di aspetti proto-romantici come Dughet aveva saputo trasmettergli
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Lotto 3 Giovanni Andrea de Magistris (Como o territorio comasco 1460/1475 - 1532 circa) bottega di - workshop
Madonna in trono con Gesù Bambino e due angeli
Tempera su tavola
Madonna enthroned with Child and two angels
Tempera on panel
24 x 17 cm
La tavoletta è riconducibile ad un pittore attivo tra Lombardia e Piemonte, dove si diffuse un’attenzione ai modi umbri proto-classici (vedi per esempio i seguaci di Pinturicchio e Perugino, Andrea d’Assisi o Sinibaldo Ibi) attraverso Macrino d’Alba e altri, nell’ultimo ventennio del secolo XV. Tra questi pittori si può rintracciare in Giovanni Andrea de Magistris e la sua bottega il probabile autore dell’opera.A conforto dell’attribuzione si veda Madonna tra i SS Sebastiano e Rocco, 1508, chiesa di Chiesa di San Fedele a Como, nonchè affreschi nella Chiesa dei SS Nazaro e Celso a Scaria d'Intelvi.Giovanni Andrea nasce tra il 1460 e il 1475 a Como o nel territorio comasco, da una famiglia di mastri: composta dal padre Gian Antonio, dal fratello Gian Giacomo, ai quali si aggiunse Sigismondo, suo figlio, sicuramente il più artisticamente lodevole .La sua prima formazione avviene presso la bottega di Giampietro Malacrida.Opera nel comasco per chiese conventi e i signori locali, producendo affreschi e opere su supporto ligneo, quasi tutte andate perdute. Muore tra il 1529 e il 1532 sempre a Como o dintorni. Opera a Fino Mornasco, a san Fedele a Como, al castello di Galliano, nella Chiesa dei SS. Nazaro e Celso a Scaria d'Intelvi, ciclo datato 1516. Questi dipinti vivono di un cromatismo fresco e vibrante e vivaci, e sono pervenuti in discreto stato di conservazione. Suo figlio Sigismondo è a sua volta pittore, si forma col padre, ma verosimile finisce il suo apprendistato presso Ludovico Alvise De Donati. I De Magistris e i De Donati, questi ultimi già operosi in Piemonte e probabili importatori dei riflessi umbro e centro italiani nel comasco, sono le due famiglie e botteghe artistiche più attive e importanti del tardo Quattrocento lariano
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Lotto 4 Jacques Antoine Vallin (Parigi 1760 - 1831)
Ritratto presunto del Conte Tadini Boninsegni Tobler
Firmato e datato sulle scatole sopra il tavolo a destra J.Vallin 1805
Olio su tela
Presumed portrait of Count Tadini Boninsegni Tobler
Signed and dated on the boxes above the table on the right J.Vallin 1805
Oil on canvas
161 x 128 cm
Provenienza: Sotheby's Londra, lotto 308, asta del 14 aprile 2011
All'età di quindici anni, nel 1779, Vallin entra all’Académie Royale de Peinture sotto la protezione del pittore di storia Gabriel Doyen. Fu poi allievo di Callet e Antoine Renou. Il suo esordio al Salons risale al 1791, quando espone Tempesta e un Piccolo Paesaggio. Attento e curioso, osserva il panorama artistico francese, infatti, le sue opere settecentesche sentono l'influenza del Vernet e di Bidault. Trovando il suo linguaggio espressivo e traendo ispirazione dalla storia antica o dalla mitologia, nascono opere che raffigurano ninfe e baccanti collocati in paesaggi armoniosi, spesso bagnati da una fine luce dorata. Abilissimo e apprezzato ritrattista, il suo ritratto di Giuseppe Forlenza (Joseph Forlenze) è esposto alla National Gallery di Londra
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Lotto 5 Francesco Fernandi, o Fernando, o Ferrandi, o Ferrando, o Ferrante, detto l'Imperiali (Milano 1679 - Roma 1740) attribuito - attributed
Strage degli innocenti
Olio su tela
The massacre of the innocents
Oil on canvas
191 x 245 cm
Il biografo e collezionista Nicola Pio (1673 - 1736) lo dice giunto a Roma nel 1705, già al servizio del cardinale Giuseppe Renato Imperiali, dal quale deriva il suo soprannome. Il prelato fece decorare la sua residenza romana di piazza Colonna da pittori seguaci di Carlo Maratta; la presenza di Francesco Fernandi è convalidata dall'inventario dei beni del cardinale, che cita circa venti dipinti dell’artista milanese. La sua prima produzione romana è dedicata a soggetti di genere, animali e nature morte, con matrice naturalistica di area settentrionale. A questo periodo vanno ricondotte le opere delle collezioni del conte di Leicester a Holkham Hall, Norfalk, e del marchese di Linlithgon, a Hopetown House, West Lothian. Con l’inizio del XVIII secolo, Imperiali muta la sua pittura, prediligendo interpretazioni legate alla letteratura classica o temi biblici. Intorno al 1714 esegue, per la cappella dei Ss. Valentino e Ilario nella cattedrale di Viterbo, due tele aventi come soggetto il Martirio dei due santi protettori della città. Emerge lo studio e l’ammirazione e lo studio per Nicolas Poussin: rilettura che in seguito virerà verso una tecnica precisa e un realismo piuttosto pronunciato, talvolta algido. Nel 1720, con D. M. Muratori, G. Triga, M. Benefial, su comando del il cardinale Imperiali, restaura la decorazione del duomo di Vetralla. L'anno dopo, su commissione di Filippo Juvarra, esegue alcune soprapporte per il palazzo reale di Torino. Alternando commissioni reali a quelle ecclesiastiche, intorno al 1726-1727 Fernandi realizza la pala centrale per la chiesa di Sant’ Eustachio. Nel 1733-1734, affiancandosi alle soluzioni del freddo naturalismo accademico del Benefial, dipinse la Morte di S. Romualdo per l'altare dedicato al santo nella chiesa di S. Gregorio al Celio. Nel 1736, ancora una volta grazie a Juvarra, riceve una commissione dalla corte di Spagna. Il suo succeso fu continentale: anche oltremanica la sua arte è stata molto apprezzata, tanto che diverse sue opere sono conservate in collezioni, pubbliche e private, del Regno Unito. Molti furono i giovani artisti inviati dall’Inghilterra a imparare l’arte pittorica a Roma presso di lui: ricordiamo W. Mosman, W. Hoare, J. Russel, A. Clerk e A. Ramsay. La tela in questione, di spettacolare bellezza, va ricondotta alla produzione dell’Imperiali degli anni ’30 del secolo XVIII, quando, forse anche su sollecitazione del mercato estero, ha prodotto opere con tecnica descrittiva puntuale cara all’occhio nordico. Dei confronti si possono fare con l’opera “Ettore e Andromaca", della donazione Lemme, del Museo del Barocco romano, Palazzo Chigi, ad Ariccia; il sopraccitato Martirio di Sant'Eustachio, nella chiesa di Sant'Eustachio di Roma, e “Apollo e Marsya”, presentato il 06/07/2018 da Christie's a Londra
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Lotto 6 Gaspard Dughet detto Le Guaspre oppure Gaspard Poussin (Roma 1615 - 1675)
Paesaggio fiume e personaggi
Olio su tela
Landscape with figures at a river
Oil on canvas
60 x 85 cm
Nato a Roma da padre francese e madre italiana, Gaspard Dughet è tra i più importanti pittori italiani del Seicento, e si trova sul podio del paesaggismo barocco. La sua formazione è merito di Nicolas Poussin, suo cognato, che subito si accorse del suo talento. Giunto alla maturità artistica, l'artista era solito perdersi per la campagna romana per cogliere spunti paesaggistici, senza essere mai stato coinvolto dal fascino delle rovine ivi disseminate. La sua pittura si spiega attraverso l’amore per la natura, per il paesaggio laziale e la dimensione favolistica e poetica d’ispirazione arcadica, donata alle sue opere. Egli può essere considerato il nume tutelare di Jan Frans van Bloemen, Andrea Locatelli, Crescenzio Onofri, Johannes Glauber, Albert Meyering: la sua influenza si protrae sino a Marco Ricci. Il dipinto in esame è quindi un affascinante esempio della tarda maturità dell'artista, ove sostituisce contadini e pescatori indaffarati nel loro lavoro quotidiano ai personaggi all’antica abbigliati con stole. Lo schema compositivo ricalca quello di molte sue opere, ove lo zigzagare del fiume gli permette di scandire i diversi piani prospettici che si chiudono sulla catena di monti. L’intonazione dorata del primo spiano si schiarisce in tinte cristalline sullo sfondo; le antiche torri e l’atmosfera autunnale, preferita da Gaspard, hanno determinato l’ammirazione dei paesaggisti romantici del XIX secolo
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Lotto 7 Francesco Fidanza (Roma / Città di Castello 1747 - Milano 1819) attribuito - attributed
Paesaggio di campagna con pescatori e viandanti
Olio su tela
Sul retro etichetta circolare "Accorsi Pietro Antichità - Via Po 55 - Torino" ripetuta in due esemplari.
Il primo privo di numeri inventariali è sul verso cornice in basso a sinistra
Il secondo , sul telaio in basso a destra , presenta al centro numeri manoscritti ( n° 12 / 42)
Countryside landscape with fishermen and wayfarers
Oil on canvas
On the back circular label "Accorsi Pietro Antichità - Via Po 55 - Turin" repeated in two copies.
The first one without inventory numbers is on the reverse frame at the bottom left
The second, on the frame at the bottom right, has handwritten numbers in the center (n ° 12/42)
35 x 45,5 cm
Non è certo che sia stato allievo di Claude Joseph Vernet e poi di Charles Francois Lacroix (detto Lacroix di Marsiglia), ma sicuramente ne è stato coinvolto artisticamente dall'arte dei due artisti francesi. Vernet, che per conto di Luigi XV, aveva dipinto una serie di quindici porti francesi è stato il modello di Fidanza. Francesco con le sue atmosfere irrequiete, ricche di suggestioni cromatiche, è da ritenersi l’anello di congiunzione tra il vedutismo di stampo veneziano e il paesaggio romantico che si apre al realismo e allle turbolenze interiori specchiate nella natura. La nostra opera è una dei molti notturni di Francesco Fidanza, l’ambientazione notturna, la luce della luna, il villaggio semi illuminato, il ponte e il falò sono tutti elementi di un paesaggio romantico e simbolista in cui l’artista specchia la sua sensibilità umana nella natura traendone un sentimento di mestizia leopardiana. Per questi stessi dati l’opera va collocata nella fase estrema dell’artista
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Lotto 8 Cajetan Roos o Gaetano Rosa (Roma 1690 - Vienna 1770)
Paesaggio con pastorella e gregge
Olio su tela
Landscape with herd and animals
Oil on canvas
65 x 81 cm
Cajetan Roos, insieme al fratello Jacob, detto Rosa da Napoli (1682 - notizie fino al 1730), seguì le orme padre Philipp Peter detto Rosa da Tivoli, in seno al filone pittorico dedicato a soggetti pastorizi che li accumunava anche a Domenico Brandi. Cajetan rilegge le opere paterne con un fare pittorico più sciolto e una paletta rischiarata, tanto che le sue opere, più che scene di genere riconducibili all’ambiente bambocciante, ci appaiono più allineate ad un sentimento poetico e arcadico
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Lotto 9 Cajetan Roos o Gaetano Rosa (Roma 1690 - Vienna 1770)
Paesaggio con pastorella e gregge
Olio su tela
Landscape with herd and animals
Oil on canvas
65 x 81 cm
Cajetan Roos, insieme al fratello Jacob, detto Rosa da Napoli (1682 - notizie fino al 1730), seguì le orme padre Philipp Peter detto Rosa da Tivoli, in seno al filone pittorico dedicato a soggetti pastorizi che li accumunava anche a Domenico Brandi. Cajetan rilegge le opere paterne con un fare pittorico più sciolto e una paletta rischiarata, tanto che le sue opere, più che scene di genere riconducibili all’ambiente bambocciante, ci appaiono più allineate ad un sentimento poetico e arcadico
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Lotto 10 Gaspar Rem o Gaspare Rem (Anversa 1542 - Venezia dopo 1616)
Salome con la testa di San Giovanni Battista
Olio su tela
Salome with the head of St. John
Oil on canvas
88 x 109 cm
Gaspar Rem è nato ad Anversa, come lui stesso dichiara, qualificandosi “antverpienis” settanduenne, nell’autoritratto del Kunsthistoriches Museum di Vienna datato 1614. La sua prima formazione non ci è conosciuta e nemmeno la data del suo approdo a Venezia. Si può ipotizzare immaginabile che sia giunto negli anni sessanta del XVI secolo, visto che Hans Von Achen, nel 1574, giungendo in laguna va a chiedere lavoro nell’avviata bottega dell’anversese. Rem risulta iscritto alla Fraglia veneziana dal 1584 al 1615: l’ultimo dato in vita ci viene fornito dalle date del gruppo di dipinti eseguiti per il Collegio dei Mervcanti dei vini, datato dal 1611 al 1616. Dopo questa data non abbiamo più sue notizie. in alcune opere egli mostra un accostamento al Tintoretto, "Lavanda dei piedi del Duca d’Alba di Madrid", in un' interpretazione certo più elegante e manierata, soprattutto scevra dell’impatto chiaroscurale del veneziano. Nella figura della “Giuditta con la testa di oloferne”, recentemente scoperta e passata in asta fiorentina, si nota la sua profonda attenzione per il Veronese, soprattutto per la ricercatezza con la quale viene evidenziato il fastoso costume dell’eroina biblica. Per quanto concerne le sue esperienze paesaggistiche, va osservato come egli arrivi a risultati molto simili a Paolo Fiammingo, Pauwels Franck. E’ probabile che essi fossero in buoni rapporti, viste le loro origini comuni e l’attenzione di entrambi per l’arte di Paolo Veronese e Jacopo Tintoretto. La nostra opera palesa tutti gli ingredienti dell’arte di Rem, dalla figura elegante e ingioiellata di Salome, alla tipica pittura ruvida e ombratile usata per definire il servo che ci riconduce convintamente verso quell’ascendenza tintorettiana tante volte denunciata dal Rem. Va segnalata la somiglianza fisiognomica tra il volto della nostra Salome e la Giuditta precedentemente citata e passata in asta da Pandolfini l’11 ottobre 2017. Infine merita una nota il paesaggio che di apre oltre la finestra, tipicamente condotto alla fiamminga
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Lotto 11 Jan o Jean Peter Verdussen (Anversa 1700 circa - Avignon 1763) cerchia di - circle of
Cavallo ferito durante battuta di caccia
Cavalieri a caccia
Coppia di dipinti olio su tela
Horse injured during a hunting trip
Knights on the hunt
A pair of oil on canvas
37 x 31 cm
Allievo e collaboratore del padre Jacob, Jan Peter Verdussen si trasferisce a Marsiglia in giovane età, dove si inserisce nella scena locale, diventando membro dell'Accademia locale. La lunga permanenza in loco gli ha trasferito il senso della piacevolezza decorativa francese e la capacità di escogitare bei fondali paesaggistici per le scene di battaglia, di caccia e galanti. Nelle sue opere si avvertono consonanze con Peter Van Bloemen e Christian Reder, sebbene le loro vite, ergo esperienze pittoriche, non si siano mai incrociate. In Italia opera per i Savoia negli anni ’40 al servizio di Amedeo III. Successivamente si sposa in Inghilterra, per poi ritornare definitivamente in Francia nel 1759
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Lotto 12 Tiziano Vecellio (1488 o 1490 - 1576) allievo/seguace di - follower
Ecce Homo
Olio su tavola
Ecce Homo
Oil on panel
75 x 54 cm
Copia dal prototipo tizianesco conservato alla National Gallery of Ireland, che nel tempo ha ottenuto tanta fortuna, l'opera in esame si distingue per l'estrema qualità e la pennellata materica con cui è stata realizzata. La forte capacità espressiva, che cristallizza il solitario dolore di Gesù, lascia intendere che sia stata eseguita da un artista perfettamente e profondamente a conoscenza dell'arte e della tecnica tizianesca e non di un semplice copista. Quindi, in via del tutto prudenziale viste le sopraccitate qualità, l'opera è da assegnare alla produzione della stretta cerchia del Tiziano; probabilmente realizzata nella sua bottega sotto il suo diretto controllo oppure, qualche anno dopo, da uno dei suoi migliori allievi
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Lotto 13 Carlo Cignani (Bologna 1628 - Forlì 1719) bottega di - workshop of
Morte di Adone
Olio su tela
Ovale
L’opera si presenta con una bella cornice d’epoca
Death of Adonis
Oil on canvas
Oval
The work has a beautiful period frame
118 x 90 cm
Per un breve periodo, l'apprendistato di Carlo Cignani si svolge da G. B. Cairo, pittore bolognese semi sconosciuto, e successivamente nell’atelier di Francesco Albani. Contemporaneamente frequentava un'Accademia privata d'arte a Bologna, guidata dallo stesso Albani assieme a Alessandro Tiarini e il Guercino. Dopo le prime e fortunate commissioni cittadine lo ritroviamo a Roma per decorare una galleria nel casino Farnese fuori porta S. Pancrazio, commissione mai iniziata e poi passata dal Cardinale Gerolamo Farnese a Filippo Lauri. Sempre all’Urbe, assistito da Emilio Taruffi, gli sono commissionati due e grandi affreschi sulle pareti destra e sinistra dei presbiteri della grande chiesa di S. Andrea della Valle. Nel 1665 il Cignani ritorna a Bologna, dove risiede sino al 1684, anno in cui si trasferisce a Forlì. In questi decenni ha dipinto decorazione a fresco di quattro sovrapporte con Apparizioni dell'arcangelo S. Michele nella chiesa di S. Michele in Bosco, sopra le quadrature illusionistiche dipinte da D. Santi detto il Mengazzini. Questo suo intervento è chiaramente ispirato alla morbida grazia dei putti del Correggio, suo maggior ispiratore, a lui giunto tramite il suo maestro Francesco Albani che, fra tutti gli allievi di Annibale Carracci, fu probabilmente quello più influenzato dalla pittura mitologico-pastorale dell’Allegri. Nell'arte del Cignani, in effetti, oltre al Correggio si avverte la lezione di Guido Reni e la sua anima classicistica; l’arte di Carlo, in effetti, è caratterizzata da uno stile dignitoso delle figure, da forme gentili e tondeggianti, da un'elegante calma compositiva. Negli anni Settanta il suo studio si era ormai affermato e si avvelava di svariati collaboratori, tra i quali spiccano i nomi di Marcantonio Franceschini e Luigi Quaini. Nel 1683 Cignani intraprende la più importante opera della sua carriera, ovvero la decorazione della cupola della cappella della Madonna del Fuoco nella cattedrale di Forlì con la grandiosa Assunzione della Vergine, opera che lo obbliga a stabilirsi in Romagna. Va ricordato il ruolo preminente di Cignani nella fondazione dell'Accademia Clementina, la prima accademia d'arte di Bologna, patrocinata dalla città, organizzata nel primo decennio del Settecento dai più eminenti artisti di Bologna e da vari personalità della nobiltà cittadina. La sua arte ha vissuto oltre la sua morte, avvenuta a Forlì il 6 settembre 1719, grazie all’esorbitante e impressionanante numero di pittori usciti dalla sua bottega: ricordiamo il figlio Felice Cignani, Clemente Ruta, Antonio Catalani “il Romano”, Giulio Aldrobrandini, Giacomo Alboresi, Giulio Benzi, i veronesi Antonio Calza Sante Prunato, Alessandro Marchesini, i ferraresi Maurelio Scannavini e Giacomo Parolini, Ludovico David, Giovan Camillo Sagrestani, Giuseppe Maria Crespi, Francesco Mancini, Federico Bencovich e Ignazio Stern, oltre ai già citati Franceschini e Quaini. Il riferimento puntuale e convincente a favore della tesi attributiva lo ritroviamo nel giovane protagonista della tela “Agar e Ismaele” della collezione Graf von Schonbornsche Schlossverwaltung, pubblicata a pag 197, foto 68, della monografia redatta da Beatrice Buscaroli Fabbri. Inoltre, come ci indica acutamente il Professor Michele Danieli, è molto probabile che il prototipo per il nostro Ismaele sia la figura in primo piano nel “Martirio di Sant’Agnese" del Domenichino, oggi alla Pinacoteca Nazionale di Bologna
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Lotto 14 Carlo Cignani (Bologna 1628 - Forlì 1719) bottega di - workshop of
Narciso
Olio su tela
Ovale
L’opera si presenta con una bella cornice d’epoca
Narcissus
Oil on canvas
Oval
The work has a beautiful period frame
118 x 90 cm
Per un breve periodo, l'apprendistato di Carlo Cignani si svolge da G. B. Cairo, pittore bolognese semi sconosciuto, e successivamente nell’atelier di Francesco Albani. Contemporaneamente frequentava un'Accademia privata d'arte a Bologna, guidata dallo stesso Albani assieme a Alessandro Tiarini e il Guercino. Dopo le prime e fortunate commissioni cittadine lo ritroviamo a Roma per decorare una galleria nel casino Farnese fuori porta S. Pancrazio, commissione mai iniziata e poi passata dal Cardinale Gerolamo Farnese a Filippo Lauri. Sempre all’Urbe, assistito da Emilio Taruffi, gli sono commissionati due e grandi affreschi sulle pareti destra e sinistra dei presbiteri della grande chiesa di S. Andrea della Valle. Nel 1665 il Cignani ritorna a Bologna, dove risiede sino al 1684, anno in cui si trasferisce a Forlì. In questi decenni ha dipinto decorazione a fresco di quattro sovrapporte con Apparizioni dell'arcangelo S. Michele nella chiesa di S. Michele in Bosco, sopra le quadrature illusionistiche dipinte da D. Santi detto il Mengazzini. Questo suo intervento è chiaramente ispirato alla morbida grazia dei putti del Correggio, suo maggior ispiratore, a lui giunto tramite il suo maestro Francesco Albani che, fra tutti gli allievi di Annibale Carracci, fu probabilmente quello più influenzato dalla pittura mitologico-pastorale dell’Allegri. Nell'arte del Cignani, in effetti, oltre al Correggio si avverte la lezione di Guido Reni e la sua anima classicistica; l’arte di Carlo, in effetti, è caratterizzata da uno stile dignitoso delle figure, da forme gentili e tondeggianti, da un'elegante calma compositiva. Negli anni Settanta il suo studio si era ormai affermato e si avvelava di svariati collaboratori, tra i quali spiccano i nomi di Marcantonio Franceschini e Luigi Quaini. Nel 1683 Cignani intraprende la più importante opera della sua carriera, ovvero la decorazione della cupola della cappella della Madonna del Fuoco nella cattedrale di Forlì con la grandiosa Assunzione della Vergine, opera che lo obbliga a stabilirsi in Romagna. Va ricordato il ruolo preminente di Cignani nella fondazione dell'Accademia Clementina, la prima accademia d'arte di Bologna, patrocinata dalla città, organizzata nel primo decennio del Settecento dai più eminenti artisti di Bologna e da vari personalità della nobiltà cittadina. La sua arte ha vissuto oltre la sua morte, avvenuta a Forlì il 6 settembre 1719, grazie all’esorbitante e impressionanante numero di pittori usciti dalla sua bottega: ricordiamo il figlio Felice Cignani, Clemente Ruta, Antonio Catalani “il Romano”, Giulio Aldrobrandini, Giacomo Alboresi, Giulio Benzi, i veronesi Antonio Calza Sante Prunato, Alessandro Marchesini, i ferraresi Maurelio Scannavini e Giacomo Parolini, Ludovico David, Giovan Camillo Sagrestani, Giuseppe Maria Crespi, Francesco Mancini, Federico Bencovich e Ignazio Stern, oltre ai già citati Franceschini e Quaini. Il riferimento puntuale e convincente a favore della tesi attributiva lo ritroviamo nel giovane protagonista della tela “Agar e Ismaele” della collezione Graf von Schonbornsche Schlossverwaltung, pubblicata a pag 197, foto 68, della monografia redatta da Beatrice Buscaroli Fabbri. Inoltre, come ci indica acutamente il Professor Michele Danieli, è molto probabile che il prototipo per il nostro Ismaele sia la figura in primo piano nel “Martirio di Sant’Agnese" del Domenichino, oggi alla Pinacoteca Nazionale di Bologna
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Lotto 15 Pietro Labruzzi (Roma 1739 - 1805)
Ritratto di nobiluomo
Olio su tela
Portrait of a nobleman
Oil on canvas
64 x 82 cm
La formazione artistica di Pietro Labruzzi resta a tutt'oggi ancora poco chiara per la mancanza di precisi dati cronologici. Risale al 1753 la prima precoce opera documentata raffigurante la Madonna con i SS. Anna e Gioacchino, eseguita per la chiesa romana di S. Maria della Luce, nell'ambito degli interventi di decorazione voluti dai padri minimi e affidati a un gruppo di artisti di cultura napoletana, fra i quali figuravano Sebastiano e Giovanni Conca e Onofrio Avellino; ciò lascerebbe supporre, vista anche l'affinità stilistica, che Pietro sia cresciuto seguendo l’accademismo partenopeo frequentando Conca e arricchita però dall'influenza di Pompeo Batoni e da richiami del Cortona. Negli anni Settanta, con la riforma classicista dello stile, il suo linguaggio va a semplificarsi assumendo i toni severi e l'essenzialità. In occasione dell’intervento decorativo patrocinato da Pio VI per il duomo di Spoleto, affidato a Corvi, Cristoforo Unterperger, Bernardino Nocchi e Cavallucci, Pietro esegue una serie di dipinti. Labruzzi opera con successo anche in ambito ritrattistico seguendo le orme dettate da Batoni nel secondo Settecento. Il nostro dipinto va attribuito a Pietro Labruzzi per la pertinenza al gusto neoclassico romano, alimentato da Pompeo Batoni, Anton Raphael Mengs e Anton von Maron. Il personaggio, posizionato con elegante imponenza, è colto con la massima cura e raffinatezza del suo vestire. Un utile confronto lo ritroviamo nel celeberrimo ritratto Giovanni Battista Piranesi del Museo di Roma, oppure il ritratto datato 1783 “Ritratto di gentiluomo con sfondo di ninfeo” pubblicato da Giancarlo Sestieri, figura 562, in “Repertorio della Pittura Romana della fine del Seicento e del Settecento
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Lotto 16 Cesare Fracanzano (Bisceglie 1605 - Barletta 1651) Cerchia di - circle of
San Francesco di Paola
Olio su tela
St. Francis of Paola
Oil on canvas
91 x 74 cm
L'impostazione dell’opera in questione rimanda a diversi influssi desunti dai modelli ribereschi per l’accentuato naturalismo del volto e delle belle mani. La luminosità, invece, ci porta a riflettere sull’influenza svolta nel sud Italia da Pietro Novelli, detto il monrealese Anton Van Dyck. Non mancano citazioni bolognesi, di Guido Reni in particolare. Questa fitta rete di indizi porta alla scuola pittorica dell'Italia meridionale, che ha visto a Napoli la sua capitale. La cerchia o un seguace di Cesare Fracanzano potrebbe essere realisticamente l’autore dell’opera, ispirato alla fase ultima dell’artista, quando ammorbidì il suo naturalismo riberesco e il chiaroscuro, producendo una pittura più solare ed estasiata, sulla linea di Guido Reni
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Lotto 17 Scuola romana del XVIII secolo da Guido Reni
Madonna col Bambino dormiente
Olio su vetro
Roman School of the 18th century from Guido Reni
Madonna with sleeping Child
Oil on glass
43 x 35 cm
L’immagine originale di questa dolce scena spetta al maestro bolognese Guido Reni, da cui è stata tratta quest'opera di assoluta qualità. Questo motivo reniano ha avuto ampio e duraturo successo, tanto da essere replicato da Francesco Gessi e da Sassoferrato. Fu anche fonte di ispirazione per i pittori del primo settecento romano che rivisitavano la lezione reniana, come Francesco Trevisani, Sebastiano Conca, Benedetto Luti, Carlo Maratta, Ignazio Stern, Francesco Mancini, per citare i nomi più importanti
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Lotto 18 Agostino Scilla (Messina 1629 - Roma 1700) attribuito - attributed
Cartesio
Olio su tela
Descartes
Oil on canvas
67 x 56 cm
Dopo i primi studi umanistici nella sua città, è apprendista nella bottega di Antonino Barbalonga Alberti.
Agostino Scilla si trasferisce a 17 anni Roma, dove ha modo di studiare i grandi maestri del Rinascimento e frequentare la scuola di Andrea Sacchi. Nel 1651 torna a Messina, operando come pittore. La sua fama e le conseguenti commissioni gli hanno permesso di aprire una sua bottega, dove tra i molti si sono formati Giuseppe Balestriero, Placido Celi, Antonio Madionai. Su commissione del Principe Antonio Ruffo ha decorato la terza camera del palazzo “Alla Marina”, dipingendo l’affresco intitolato “Sposalizio del Merito e della Virtù che scaccia Invidia e Avarizia“. A causa della sua partecipazione alla rivolta anti spagnola del 1674 a Messina, fugge in Francia, dove dipinge il quadro “La conversione della Maddalena” nella chiesa di Bouliac. Quattro anni più tardi, rientrando verso Roma, soggiorna a Torino, decorando il Salone del Palazzo Reale con figure allegoriche rappresentanti la Fortezza e la Giustizia. Giunto all’Urbe fa parte dell’Accademia di San Luca per cui dipinse un “Autoritratto” e un “San Gerolamo”. L’opera si caratterizza per una pittura di tocco e inquadrata nella corrente “neoveneziana” presente a Roma e portata in auge da Pier Francesco Mola e Salvator Rosa, che trova emuli e seguaci in vari artisti soprattutto di estrazione nordica, come Monsù Bernardo, Daniel Seitter ma anche gli italiani Gerolamo Troppa o Antonio Gherardi. Un confronto edificante lo si ritrova nell’opera “Tolomeo” (già mercato francese, pubblicata a pag. 206 de “Mola e il suo tempo- pittura di figura a Roma dalla Collezione Koelliker” a cura di Francesco Petrucci) poi passato in asta presso Hampel, il 5 luglio 2017
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Lotto 19 Daniel Vertanghen (Amsterdam o L'Aia 1601 - Amsterdam 1681/1684) e aiuti
Diana e Callisto
Olio su tela
Diana and Callisto
Oil on canvas
104 x 158
Daniel Vertanghen è da sempre ritenuto allievo di Cornelis van Poelenburch o Poelenburgh, condivide l’esperienza d’apprendistato assieme a Dirck van der Lisse, Jan van Haensbergen e Abraham van Cuylenborch. Versatile artista, egli si è dedicato ai più disparati temi pittura di genere, paesaggistica, ritratti, dipinse soggetti storici, mitologici e religiosi. I suoi paesaggi erano ambientazioni naturalistiche per episodi mitologi o biblici. La sua produzione di questo genere trova affinità con quanto realizzato da Poelenburch, del quale col tempo è diventato collaboratore. Puntuali riscontri stilistici per l’opera presentata li ritroviamo in “Ninfa e satiri” del Museo Nazionale di Budapest, “Diana e le ninfe al bagno” del Finnish National Gallery di Helsinki in “Diana e ninfe” del National Gallery of Denmark di Copenhagen
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Lotto 20 Francesco Salvatore Fontebasso (Venezia 1707 - 1769) bottega di - workshop
Aman si getta ai piedi di Ester chiedendo pietà
Olio su tela
Haman throws himself at Esther's feet asking for mercy
Oil on canvas
73 x 54 cm
Francesco Fontebasso si forma nella bottega di Sebastiano Ricci, anche se la sua pittura denuncia un’influenza di Giambattista Tiepolo, come testimoniano lo Sposalizio di Santa Caterina e l'Adorazione dei pastori. Intorno alla metà del Settecento opera a "Ca' Zenobio”, nei pressi di Treviso, ove dipinge a fresco raffinate decorazioni a stucco le allegorie della Giustizia, della Pace e delle Virtù. Sempre sulle orme del Tiepolo dipinse anche la sala da ballo della villa. Lavora anche a Padova, Treviso e a Trento, per poi recarsi a San Pietroburgo tra il 1761 ed il 1762, dove realizza tele e affreschi per il Palazzo d'Inverno. Va segnalato che Domenico Fontebasso dipinse secondo lo stile paterno. La tela in questione porta i segni indelebili dello stile di Fontebasso e in certi passaggi raggiunge vette pittoriche ( come nel caso dell'abito della regina e il tessuto che scende dalla base del trono, nonché la bandiera e lo scudo in primo piano) che fanno supporre che vi sia l’intervento, seppur limitato, del maestro. L’opera non compare nella monografia, quindi può essere una libera invenzione di bottega su schemi del maestro, oppure tratta da qualche opera andata perduta. I riferimenti puntuali a cui far riferimento sono “Ester e Assuero”, collezione Lord Sherborne, “Salomone e la regina di Saba” del Museo Diocesano Tridentino di Trento, e “Il giudizio di Salomone” del Kumstmuseum di Basilea
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Lotto 21 Bartolomeo Pedon (Venezia 1665 - 1733)
Veduta lacustre
Olio su tela
Lake view
Oil on canvas
68 x 102 cm
Nato a Venezia il 15 ottobre del 1665 nella parrocchia di San Bartolomeo, Pedon è con Antonio Marini e Marco Ricci uno dei migliori protagonisti del paesaggio barocco veneto tra Sei e Settecento. Il suo stile elabora quanto giunto tra le lagune da Johann Anton Eismann, Hans de Jode, Ernest Daret, Cornelio Dusman, Jan e Andries Both e Pieter Mulier detto il Cavalier Tempesta, tutti pittori paesaggisti nordici operanti a Venezia o nella sua terraferma. Uomo di cultura, oltre alla pittura Pedon era un fine letterato sebbene conducesse una vita piuttosto sregolata e dedita al vizio, motivo, forse, del fatto che la Fraglia dei Pittori lo vede iscritto per un solo anno, nel 1716. Dopo secoli di oblio la sua opera è stata rivalutata nel corso del ‘900 e grazie ad un primo nucleo di dipinti monogrammati. Dopo un’iniziale impostazione nordica, contrassegnata da scoscese rupi, quasi onnipresenti, nel corso della sua maturazione artistica, Pedon scorge nel Ricci il suo nuovo mentore: la sua pittura si fa così più dolce e colorata, e diventa piacevolmente arcadico, nel complesso, il suo modo di fare paesaggio. E’ utile ricordare come egli inizialmente fosse stato convenzionalmente chiamato “Maestro delle foglie bugnate” per il suo modo di dipingere le foglie picchettando gli alberi con l’ocra al fine di realizzare le foglie, particolare presente anche nell'opera in questione.
La tela in esame è da assegnare alla seconda fase del maestro veneziano, cioè a cavallo dei secoli, quando il suo graduale ma continuo allontanamento dai modi nordici è ben avviato, ma non completato, in favore di un’esposizione più pacata di ampie vedute paesaggistiche popolate di genti intente al loro lavoro umile e intenso, di rosiana memoria. Per quest’opera, che possiamo tranquillamente dir veneta, il confronto più utile lo troviamo in Hans de Jode e il suo “Paesaggio con porto” del Museo di Castelvecchio a Verona.
Pedon ha aperto l’angolo visivo e trasformato una visione concentrata in un piccolo anfratto in una visione di ampio respiro, che abbraccia l’intero specchio lacustre. L’intonazione cromatica è grigia, come si può riscontrare in de Jode. I pescatori hanno atteggiamenti pesanti che ricordano quanto proposto da Magnasco e Ricci e il loro paesaggio eroico, ma in generale la tragicità barocca è superata: la piacevolezza del paesaggio prevale su ogni altro elemento. Infine, interessante notare come le imbarcazioni disperse nello specchio d’acqua abbiano curiose vele “a dente” non dissimili da quelle che Noel Cochin, detto Monsù Cussin o Cochin de Venise, pittore francese presente a Venezia sul finire del Seicento, dipingeva e che si possono ritrovare nello splendido paesaggio conservato al Museo Civico di Treviso
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Lotto 22 Bartolomeo Pedon (Venezia 1665 - 1733)
Paesaggio con fiume e ponte romano
Olio su tela
Landscape with river and roman bridge
Oil on canvas
54 x 86 cm
Nato a Venezia il 15 ottobre del 1665 nella parrocchia di San Bartolomeo, Pedon è, con Antonio Marini e Marco Ricci, uno dei migliori protagonisti del paesaggio barocco veneto tra Sei e Settecento. Il suo stile elabora quanto giunto tra le lagune da Johann Anton Eismann, Hans de Jode, Ernest Daret, Cornelio Dusman, Jan e Andries Both e Pieter Mulier detto il Cavalier Tempesta, tutti pittori paesaggisti nordici operanti a Venezia o sulla terraferma. Uomo di cultura, oltre a dedicarsi alla pittura Pedon era un fine letterato sebbene conducesse una vita piuttosto sregolata e dedita al vizio, motivo, forse, del fatto che la Fraglia dei Pittori lo vede iscritto per un solo anno, nel 1716. Dopo secoli di oblio, la sua opera è stata rivalutata nel corso del ‘900, grazie ad un primo nucleo di dipinti monogrammati. Dopo un’iniziale impostazione nordica, contrassegnata da scoscese rupi, quasi onnipresenti, nel corso della sua maturazione artistica Pedon scorge nel Ricci il suo nuovo mentore. La sua pittura si fa più dolce e colorata, ed è piacevolmente arcadico, nel complesso, il suo modo di fare paesaggio. E’ utile ricordare come all'inizio egli fosse stato convenzionalmente chiamato “Maestro delle foglie bugnate” per il suo originalissimo modo di dipingere le foglie picchettando gli alberi con l’ocra al fine di realizzare le foglie, particolare presente anche nell'opera in questione.
La tela in esame è da assegnare alla fase estrema del maestro veneziano, quando oramai ha completamente lasciato ogni asperità nordica, le turbolenze atmosferiche a vantaggio di una narrazione posata e arcadica ove descrive il fare di contadini, pastori e pescatori disseminati tra i campi e i corsi d’acqua. L’opera si contraddistingue per la presenza, centrale, del ponte romano a tre arcate. Esempi di manufatti simili erano disseminati nel contado veneto, di questi, oggi rimangono Ponte Molino a Padova e Ponte Pietra a Verona. Lo splendido paesaggio per l’equilibrata composizione, bilanciata dalle grandi querce laterali, per la complessità espositiva e il bellissimo degradare prospettico sino ai lontani monti, nonché per la cura e la vivacità scenica dei personaggi, è da annoverare tra le massime espressioni del paesaggismo di Pedon nella sua fase tarda al pari del “Paesaggio fluviale con pescatori” della collezione Crédit Agricole FriulAdria, oppure il “Paesaggio con lavori agricoli”, Fototeca Zeri, numero scheda 68550
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Lotto 23 Giuseppe Ghezzi (Comunanza 1636 - Roma 1721)
La guarigione miracolosa di Tobia per mano dell'Arcangelo Raffaele
Olio su tela
The miraculous healing of Tobias by the hand of the Archangel Raphael
Oil on canvas
99 x 135 cm
Nato a Comunanza, in provincia di Ascoli Piceno, è stato allievo del padre Sebastiano Ghezzi. Giunto a Roma matura nell’orbita di Pietro da Cortona, allargandola all’influenza di Carlo Maratta e il Baccicia anche se non manca da parte sua un’attenzione per la pittura veneta al Guercino e Lanfranco. Ne determina una pittura di forte impatto, caratterizzata da una paletta cromatica accesa e vivida prestata a raffigurazioni dove coesistono attenzioni naturalistiche ed effetti barocchi.
La tela trova precisa corrispondenza con le due opere della Fototeca Zeri: Ghezzi Giuseppe, Tobia ridona la vista al padre (Entry number 48640); Ghezzi Giuseppe, Guarigione di Tobia (Entry number 48641)
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Lotto 24 Alessandro Tiarini (Bologna 1657 - 1668) e collaboratori - and workshop
Compianto del Cristo deposto
Olio su tela
Lamentation of the deposed Christ
Oil on canvas
94 x 127 cm
L’opera è accompagnata da uno studio del dottor Emilio Negro disponibile su richiesta
La formazione di Alessandro Tiarini avviene presso Prospero Fontana, successivamente si lascia influenzare da Bartolomeo Cesi. Tornato a Bologna dopo un soggiorno di lavoro a Firenze, inevitabilmente si accosta alla scuola dei Carracci, facendo proprie le loro istanze naturalistiche, avvicinandosi specialmente all'opera di Ludovico Carracci, di cui denuncia il forte e sofferto sentire religioso. Le sue opere si caratterizzano per come le sue figure s’impongono entro composizioni scure, di impressionante gravità, illuminate con luce altamente drammatica. Di questo periodo il capolavoro esemplificativo è da ritenersi la “Deposizione di Cristo nel sepolcro”, opera realizzata per la chiesa di Sant'Antonio del Collegio Montalto, ora alla Pinacoteca Nazionale di Bologna, a cui la nostra tela fa evidente riferimento.
Successivamente, entra in contatto con gli ambienti pittorici di Parma, Venezia e Ferrara, dedicandosi alla riscoperta dell’opera del Correggio. In questa seconda fase schiarisce la tavolozza, mentre le figure acquistano monumentalità e perdono la loro estremizzazione drammatica, godendo maggiore naturalezza
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Lotto 25 Francesco Sebaldo Unterperger (Cavalese 1706 - 1766)
San Giuseppe con Gesù bambino
Olio su tela
St. Josep with Jesus
Oil on canvas
77 x 62 cm
Gli storici concordano nel sostenere una presenza del pittore trentino a Venezia e un suo apprendistato presso la bottega di Giambattista Pittoni. Le opere di questo mutevole pittore partono dalle tonalità perlacee, probabilmente desunte dal fratello Michelangelo, anch’egli pittore, e maturano in un colorismo veneto derivato dalla sua permanenza veneziana. Stilisticamente l’influenza pittoniana si averte attorno alla metà del XVIII secolo quando Francesco perde contatto col fratello, oramai stabilmente a Vienna. Intorno al 1750 vanno moltiplicandosi i dipinti ispirati da Pittoni, quindi passando a effetti chiaroscurali più morbidi e ad una paletta più accesa e in linea col nuovo stile rocaille. Però, per comprendere l’arte di Francesco Sebaldo, artista eclettico bisogna ricordare che egli ebbe modo di confrontarsi col pittore altoatesino Paolo, Paul, Troger, pittore dal forte sentimentalismo patetico, nato nella Val Pusteria da una famiglia di artisti, con formazione artistica si svolse a Venezia dove, all'inizio del secondo decennio del Settecento, fu in contatto con pittori quali Piazzetta e Federico Bencovich. Inoltre come la tela” Madonna e San Francesco” conservata presso la Comunità di Cavalese di Nicola Grassi, già in collezione del nostro pittore, egli al pari del fratello Michelangelo, ha avuto molta ammirazione per il pittore friulano. La nostra opera trova punti di sicura attinenza nel confronto tra il nostro Gesù bambino e il Divin Bambino della pala di San Vincenzo, 1752, Chiesa di Falzes; oppure col Gesù della pala “Madonna dà il Carine a San Simone Stock della Parrocchiale di San Nicolò d’Ega, realizzata nella seconda metà degli anni ’50 del XVIII secolo. Questo doppio dettaglio, oltre alla morbida e pastosa pennellata con cui è realizzato il perlaceo corpicino del Gesù, memore di Michelangelo Unterperger, ci permettono di datare l’opera attorno al sesto decennio del Settecento. A suffragare la tesi l’imponente figura del San Giuseppe che pare una trascrizione vernacolare dell’alto linguaggio scenico pittoniano
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Lotto 26 Carlo Cignani (Forlì 1628 - 1712)
Carità
Olio su tela
Charity
Oil on canvas
70 x 93 cm
L’opera è corredata da una scheda di studio redatta dal Prof. Egidio Martini, che verrà rimessa all’acquirente
Scrive l’esimio Professore: Il dipinto raffigura la Carità, ed è, a mio giudizio, opera di Carlo Cignani (Forlì 1628 - 1712). E’ un soggetto ripetuto più volte dal pittore; ciò dimostra la sua piacevolezza, oltre che alla sua qualità pittorica. Esso si lega bene ad altri dipinti del Cignani, come ad esempio ai Cinque Sensi, della Galleria Sabaudia di Torino e alla Carità, del Museo di Castelvecchio di Verona: opere che ritengo, come la presente in esame, della maturità del pittore
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Lotto 27 Giovanni Battista Beinaschi, Giovanni Battista Benasca, Giovanni battista Benaschi (Fossano 1636 . Napoli 1688) bottega/seguace - workshop/follower
Volto di filosofo o volto di santo
Olio su tela
Philosopher's face or saint's face
Oil on canvas
60 x 47 cm
Dopo un primo apprendistato a Torino, presso "Monsù Spirito" ancor oggi non pittore sconosciuto e senza fonti, il giovane piemontese si trasferisce a Roma nel 1652. Qui opera nella bottega di Pietro del Po, anche se le influenze maggiormente evidenti, in questa fase, sono di Lanfranco, del quale è, di fatto, seguace tra i più fedeli. A Roma egli conosce e diviene sodale di Cerrini, condividendone il fare pittorico con contorni ondulati e morbidi, rese con un colore raffinate con chiaroscuri che ricordano quanto fatto dal Guercino. Altro artista e amico a formare lo stile del nostro con il quale condivide l’ammirazione per i modi del Lanfranco. Con il Brandi si presta alla pittura a fresco con suggestioni di Mattia Preti, conseguentemente conosce ed apprezza il naturalismo la pittura tenebrosa. Raggiunta Napoli, Beinaschi accresce la sua formazione, sviluppando i modi originariamente lanfranchiani schiarendo le tinte e attenuando il risalto grafico dei contorni delle figure al fine di realizzare una maggiore fusione cromatica e un più mosso pittoricismo. E’ significativo ricordare che Beinaschi in questa fase si mette raggiunge risultati molto simili con quanto offrivano Luca Giordano e Francesco Solimena. Nella città partenopea, inoltre, il nostro eclettico e curioso pittore approfondisce quanto visto e appreso a Roma ed entra in contatto col crudo naturalismo di Ribera, grazie alla rivisitazione di Battistello Caracciolo e Guillaume Courtois il Borgognone. Il nostro dipinto si caratterizza per una forte ascendenza napoletana e ha il suo tocco di estrema drammaticità nella mano che denuncia sorpresa e nella bocca aperta che rappresenta una discussione in atto, oppure un sintomo di stupore o paura. Un’opera certa del Beinaschi a cui avvicinarla la troviamo a Genova, Musei di Strada Nuova - Palazzo Rosso ( inv. PR 130) “Le lacrime di San Pietro”
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Lotto 28 Francesco Hayez (Venezia 1791 - Milano 1882) cerchia di - circle of
Santa Maria Maddalena penitente
Olio su tela
Saint Mary Magdalene penitent
Oil on canvas
100 x 74 cm
L’opera è semplicemete ispirata dal prototipo da Guido Reni, essa coglie larga parte del capolavoro reniano conservato alla Galleria Nazionale d'Arte Antica di Palazzo Corsini, ma Il nostro autore porta delle modifiche sostanziali, interpretando, quindi, l’opera: sposta e gira il teschio nella mano di Maddalena, omette i due angeli, modifica le fattezze della croce, cambia la fluente capigliatura, il paesaggio, aggiunge la pisside/lacrimatoio. La qualità pittorica è elevatissima, le pennellate sono attente e veloci, segno di una mano matura e di spessore. La tavolozza è schiarita e aggraziata, grazie a delle tonalità cristalline. Tutti elementi che permettono di attribuire la tela all'ambito di Francesco Hayez
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Lotto 29 Margherita Caffi (Cremona 1647 - Milano 1710) bottega di - workshop of
Cesto di fiori
Olio su tela
Basket of flowers
Oil on canvas
50 x 65 cm
Figlia del pittore di origine francese Vincenzo Volò, attivo in Lombardia, in special modo a Milano nel Seicento. Margherita nasce a Cremona nel 1647, assume il cognome sposandosi in giovane età con il pittore cremonese Ludovico Caffi presso il quale completò forse la sua formazione di artista. Risulta ammessa all'Accademia di San Luca a Milano, insieme alla sorella Francesca detta la Vicenzina a partire dal 1697, secondo un documento ritrovato recentemente da Alberto Cottino. Rinomata e richiesta in tutta Europa la Caffi ha prestato la sua arte per gli arciduchi del Tirolo, la casa regnante di Spagna e i granduchi di Toscana; in particolare la sua arte fu molto apprezzata da Vittoria Della Rovere. Con l’inizio del Diciottesimo secolo ha aperto a Milano una importante bottega ove sono passati numerosi pittori della scena locale, tant’è che le nature morte e i dipinti di fiori del primo Settecento milanese risento della sua influenza. Pittoricamente, al pari del padre e della sorella, mostra un'estrema libertà della stesura pittorica, un intreccio di pennellate libere, e briose a mano sciolta. In questo senso mostra affinità espressive con Elisabetta Marchioni e con l’enigmatico pittore convenzionalmente chiamato Pseudo Guardi
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Lotto 30 Margherita Caffi (Cremona 1647 - Milano 1710) bottega di - workshop of
Cesto di fiori
Olio su tela
Basket of flowers
Oil on canvas
50 x 65 cm
Figlia del pittore di origine francese Vincenzo Volò, attivo in Lombardia, in special modo a Milano nel Seicento. Margherita nasce a Cremona nel 1647, assume il cognome sposandosi in giovane età con il pittore cremonese Ludovico Caffi presso il quale completò forse la sua formazione di artista. Risulta ammessa all'Accademia di San Luca a Milano, insieme alla sorella Francesca detta la Vicenzina a partire dal 1697, secondo un documento ritrovato recentemente da Alberto Cottino. Rinomata e richiesta in tutta Europa la Caffi ha prestato la sua arte per gli arciduchi del Tirolo, la casa regnante di Spagna e i granduchi di Toscana; in particolare la sua arte fu molto apprezzata da Vittoria Della Rovere. Con l’inizio del Diciottesimo secolo ha aperto a Milano una importante bottega ove sono passati numerosi pittori della scena locale, tant’è che le nature morte e i dipinti di fiori del primo Settecento milanese risento della sua influenza. Pittoricamente, al pari del padre e della sorella, mostra un'estrema libertà della stesura pittorica, un intreccio di pennellate libere, e briose a mano sciolta. In questo senso mostra affinità espressive con Elisabetta Marchioni e con l’enigmatico pittore convenzionalmente chiamato Pseudo Guardi
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Lotto 31 Christian Horneman (Copenaghen 1765 - 1844)
Ritratto allegorico maschile
Cornice in legno ebanizzato e tartaruga
Olio su avorio
Allegorical man's portrait
Ebonized wood and tortoiseshell frame
Oil on ivory
14 x 10,5 cm
Horneman ha frequentato la Royal Danish Academy of Fine Arts dal 1780, ottenendo più volte degli encomi. Nel 1787 lascia la Danimarca e viaggia per sedici anni, perfezionandosi in miniature di ritratto. In questo periodo ha anche visitato l'Italia e Vienna, dove ha potuto studiare Johann Heinrich Wilhelm Tischbein, Heinrich Füger e Daniel Chodowiecki. Durante il soggiorno tedesco realizza il ritratto in miniatura di Ludwig van Beethoven, Joseph Haydn e un importante taccuino di schizzi, ora conservato alla Galleria nazionale danese. Nel 1803 Horneman torna in Danimarca, e l'anno successivo è nominato pittore di miniature nella contea reale danese. A tutti gli effetti, egli è stato il ritrattista che ha riempito il vuoto dopo la morte di Cornelius Høyer e Jens Juel.
Nell'opera in questione, osserviamo un paesaggio ai margini di un porto, ove spicca un veliero che batte bandiera danese, campeggia il ritratto allegorico virile. A sorreggere l’effigie troviamo Hermes (Mercurio), dio protettore dei viaggi e dei viaggiatori, e un putto portante una corona di alloro a simboleggiare la gloria
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Lotto 32 Rosalba Carriera (Venezia 1675 - 1757) attribuito - attributed
Allegoria del Fuoco (Dalla serie dei quattro elementi)
Pastello su carta
Allegory of Fire (From the series of the four elements)
Pastel on paper
56 x 46 cm
Rosalba Carriera è tra i maggiori artisti del Settecento europeo. Viene considerata l’artista donna più grande di tutti i tempi. Il suo stile è il più attento e penetrante della società veneziana ed europea del Settecento, fondamentale per lo sviluppo della ritrattistica francese. Con i suoi ritratti ha scandagliato in modo impareggiabile ideali di grazia e di eleganza di un’epoca: il canto del cigno della nobiltà europea che dopo qualche decennio avrebbe perso il proprio status all’interno della società rinnovata dalle idee illuministiche. Educata a coltivare le arti, come si conveniva alle ragazze del tempo, Rosalba e le due sorelle studiano musica, letteratura, pittura, ricamo e lingue straniere. Presto Rosalba si dedica allo studio della pittura, specialmente nelle miniature e nei ritratti, approfondendo e riscoprendo la tecnica del pastello, all’epoca dimenticata. Diventata famosa per la delicatezza delle sue miniature, comincia a ritrarre le personalità più imminenti dell'epoca usando la tecnica del pastello, in cui primeggiava in Europa. Grazie alle sfumature delicatissime e ai segni di colore puro che questa tecnica permette, nelle sue opere i committenti trovavano sia un'estrema delicatezza nei vellutati incarnati sia la precisione realistica dei particolari. Grazie al suo successo e alla conoscenza delle lingue, è accolta dalle corti di tutta l'Europa, dove accresceva la sua fama dipingendo miniature e ritratti per le famiglie reali e per la nobiltà di corte. Muore a Venezia poco più che ottantenne, il 15 aprile 1757, dopo un decennio doloroso per l’avvenuta cecità. Ricordiamo la sua abitudine di fare una copia, o più copie, di tutti i dipinti eseguiti dal 1720. Il pastello da noi preso in esame, di sublime bellezza, non a caso trova la sua copia, anche nelle misure, nella serie degli elementi della Gemaldegalerie di Dresda. Per un confronto si veda:
B. Sani, Rosalba Carriera 1673-1757: Maestra del pastello nell'Europa ancien régime, Torino 2007, pp. 360 sgg., cat. 416, fig. 416b
F. Zava Boccazzi, in Rosalba Carriera "prima pittrice de l'Europa", catalogo della mostra a cura di G. Pavanello, Venezia 2007, p.19
A. Henning, Rosalba Carriera e la collezione dei suoi pastelli a Dresda, in Rosalba Carriera 1673-1757: atti del Convegno internazionale di studi 26-28 aprile 2007, Venezia, Fondazione Cini, Chioggia, Auditorium San Niccolo, a cura di G. Pavanello, Verona 2009, p. 303, cat.1-27
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Lotto 33 Guido Reni (Bologna 1575 - 1642) bottega/seguace - workshop/follower
"Trionfo di Giobbe"
Olio su tela
"Triumph of Job"
Oil on canvas
170 x 130 cm
L’opera riproduce la pala oggi a Parigi, Cattedrale di Notre-Dame, proveniente dalla chiesa di Santa Maria dei Mendicanti a Bologna, realizzata dal maestro felsineo tra il 1621 e il 1636
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Lotto 34 Pieter Paul Rubens (Siegen 1577 - Anversa 1640) bottega / seguace - workshop / follower
Caritas romana
Olio su tela
Roman caritas
Oil on canvas
126 x 101 cm
Il dipinto ricalca lo stile pittorico di Rubens, detto “il principe del barocco”: il grande maestro ha rivoluzionato tanto la pittura fiamminga quanto quella europea. La sua prima formazione si deve ai maestri Otto van Veen (1558-1629) e Jan Brueghel il Vecchio. Fondamentale per la sua crescita artistica è il suo viaggio in Italia. Ha soggiornato, studiato e dipinto per otto anni nel Bel Paese, facendo tappa prima a Venezia, dove studia Tiziano, Veronese e Tintoretto. In seguito, entrato in contatto con Vincenzo I Gonzaga duca di Mantova, diviene loro pittore di corte, carica che conserva sino alla fine del suo soggiorno italiano. A Mantova, Rubens ha modo di studiare da vicino e assiduamente la ricca collezione ducale. Realizzando copie di diversi dipinti famosi ha modo di esercitarsi tecnicamente sugli esempi dei più grandi maestri. Nel 1601 venne inviato dal duca a Roma, dove ha modo di ampliare ulteriormente i suoi orizzonti figurativi, grazie alla copia di modelli di Michelangelo e Raffaello e allo studio dell'antico, guardando anche alla coeva produzione artistica del Carracci, di Caravaggio e di Federico Barocci. Lasciata l’Italia si stabilisce ad Anversa, ove organizza il suo atelier, applicando i metodi di produzione organizzata, ovvero impiegando i suoi collaboratori con criteri razionali e in base alle singole specializzazioni. Tra i molti pittori usciti dalla bottega di Rubens o fortemente influenzati dal maestro, ricordiamo: Cornelis e Paul de Vos, Thomas Willeboirts
Bosschaert, Jacob Jordaens, Pieter Van Mol, Victor Wolvoet, Joanna Vergouwen, Jan Boeckhorst detto Lange Jan, Lucas Van Uden, Theodor Van Thulden, Peter Van Lint, Willem Van Harp, Vincent Adrianssen, Pieter Van Avont, Jan e Hendrick van Balen, Theodor Boeyemans o Boeijermans, Vincent Malò, Gerard Segher Gaspar de Crayer e Abraham Willemsens
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Lotto 35 Maestro fiammingo attivo in Italia nel XVI secolo
Predica di San Giovanni Battista
Olio su tela
Flemish master active in Italy in the 16th century
Sermon of St. John the Baptist
Oil on canvas
130 x 104 cm
L’opera va ricondotta alla produzione dei pittori fiamminghi al Sud Italia, attivi nel XVI secolo e in particolar modo a Napoli, ove operano Dirk Hendricksz chiamato Teodoro d'Errico, Cornelis Smet, Wenzel Cobergher e Pietro Torres; nelle regioni come in Abruzzo con Rinaldo fiammingo ed Aert Mijtensuali; in Puglia con Gaspar Hovic, in Calabria di Pietro Torres, Teodoro d'Errico e Cesare Smet. In Sicilia, alcuni degli artisti citati ebbero modo di soggiornare. La mobilità degli artisti e della circolazione di opere condussero a una significativa mutazione linguistica dell’arte meridionale, con reciproche interferenze che determinarono effetti di adattamento e/o di contaminazione sul terreno dello stile, delle iconografie, delle tipologie della cultura figurativa locale
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Lotto 36 Paul de Vos (Hulst 1592 - Anversa 1678)
Combattimento tra animali da cortile
Olio su tela
Fight between poultry animals
Oil on canvas
115 x 179 cm
Il dipinto va confrontato con l'opera di Paul de Vos passata presso Tajan il 19 dicembre 2001 lotto n° 45
Paul de Vos si forma con Denis van Hove e di David Remeeus. Cognato di Frans Snyders, subisce il fascino e l’influenza della sua arte. Presto si trasferisce ad Anversa, ove entra nella Gilda di San Luca dal 1620. Riconosciuto tra i più importanti esponenti della scena pittorica locale, ha modo di collaborare con Pieter Paul Rubens, Erasmus Quellinus, Antoon van Dyck, e Jan Wildens, realizzando nei loro dipinti scene di caccia, di selvaggina oppure trofei. Paul de Vos è stato attivo anche in Spagna, dove tra l’altro, con Snyders e Rubens nel biennio 1637-1638, collabora al celebre ciclo nel castello del Buen Retiro e nella Torre de la Parada a Madrid. Infine, tra il 1633 e il 1640, è a servizio di Filippo d'Arenberg duca d'Arschot, nobile fiammingo agli arresti domiciliari a Madrid, dove si trovava in missione diplomatica dal dicembre 1633, avendo il compito, assegnatogli dagli Stati Generali della Repubblica delle Sette Province Unite, di trattare con Filippo IV di Spagna per ottenere la pace. Le sue opere sono influenzate da Snyders per quanto riguarda le tematiche di caccia e di animali, ma si distanzia dal cognato per la sua libertà interpretativa e originalità tecnica. Tra i musei che conservano le sue opere si possono menzionare il Museo di San Pietroburgo, il Museo del Prado, il Museo del Louvre, la Galleria Belvedere di Vienna, e in Italia i musei di Roma, Bologna e Torino
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Lotto 37 Francesco Fracanzano (Monopoli 1612 - Napoli 1656)
Sant’Andrea
Olio su tela
St. Andrew
Oil on canvas
105 x 85 cm
Trasferitosi a Napoli con la famiglia nel 1625, Francesco Fracanzano sposa, ventenne, la sorella di Salvator Rosa, Giovanna. Sempre a Napoli, secondo De Dominici, si forma con il fratello Cesare, nella bottega di Juseppe de Ribera. La ricchezza dei riferimenti culturali, non esclusivamente ribeschi, fa ipotizzare che le sue prime opere siano frutto dell’incontro del riberismo con le influenze di Antoon van Dyck. Sempre alla fase iniziale del pittore sono stati ricondotti quei dipinti in cui il Fracanzano cita brani di autentico naturalismo, sulla scia di Filippo Vitale, Giovanni Do, il Maestro degli Annunci ai pastori e Bartolomeo Bassante. In seguito, pur restando fedele al verbo del Ribera, appaiono nella sua pittura gli elementi classicistici, da Massimo Stanzione a Simon Vouet, elementi che nel progredire della sua attività diverranno prevalenti. Alla metà del quarto decennio l’artista sposa le proposte di matrice fiamminga, adontando una tecnica in grado di conciliare le scelte pittoriche più innovative con una cura dei dettagli di Vouet, nonché il suo perlaceo incarnato dei volti, e l'austero contenimento della forma di Francesco Guarino e Bernardo Cavallino. A una fase successiva va riferita la tela raffigurante l'Ecce Homo, del 1647 e oggi conservata nella collezione Morton B. Harris a New York. Essa documenta come nel quinto decennio fosse rinata in Francesco la sensibilità naturalistica, in questa fase marcatamente caratterizzata da asprezza compositiva. All'ultima fase dell'attività del F. appartiene la Morte di s. Giuseppe per l'Arciconfraternita dei Pellegrini, del1652. L’opera testimonia la ritrovata ieraticità guariniana, accumunata dalla ripresa della sua vena classicistica come nel resto della sua tarda produzione. Oltre alla convergenza stilistica e compositiva tra la nostra opera e le opere certe di Francesco, anche l’analisi sulla tecnica esecutiva ci conforta nell’attribuzione. Lo strato pittorico è grumoso e denso, e oltre questa corposità materica riscontriamo il suo vigoroso effetto luministico e vibrato cromatismo, sostenuto dal caratteristico arrossamento dei volti. Per la qualità che l’opera evidenzia, il tema impostato con equilibrio scenico e il vibrato naturalismo, a nostro giudizio, posizionano la tela nell’ultimo decennio di vita dell’autore
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Lotto 38 Francesco de Mura (Napoli 1696 - 1782) bottega / seguace di - workshop / follower
Allegoria delle Arti
Allegoria della Forza
Olio su rame
Allegory of the Arts
Allegory of Strength
Oil on copper
19,5 x 16 cm
Domenico Viola è il suo primo maestro, poi passa nell’atelier di Francesco Solimena, il quale influenza il giovane de Mura che lascia gradualmente il naturalismo e il chiaroscuro accentuato, cioè la lezione di Mattia Preti avuta durante l’anno di permanenza nella bottega di Domenico Viola. Un schiarimento della sua tavolozza e tematiche arcadiche lo aggiornano verso il Rococò e Luca Giordano. Tra il 1741 e il 1743 soggiorna e opera a Torino dove conosce il pittore il conterraneo Corrado Giaquinto con il quale affina ulteriormente il suo modo di interpretare a pittura assumendo uno stile più vaporoso, vivace e imperioso. Tornato a Napoli, ormai artista maturo e di riconosciuto valore, è accolto alla corte spagnola. Nella sua bottega si sono formati tre imminenti pittori del tardo Settecento napoletano, quali Pietro Bardellino, Fedele Fischetti e Giacinto Diano. Con questi che furono a loro volta maestri di rilevanza, sono cresciuti altri allievi che hanno svolto la professione di pittori in ambito minore ma non per questo di scarsa qualità, essi sono: Romualdo Formosa, Francesco Palumbo, Luigi Velpi, Nicola Peccheneda, Oronzo Tiso, Nicola Menzele , Vincenzo Cannizzaro, Vincenzo De Mita. Con molta probabilità tra questi nomi si nasconde l’autore delle nostre due interessanti e belle opere nate da prototipi di De Mura, rispettivamente oggi al Louvre di Parigi e Museo di Palazzo Reale a Torino
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Lotto 39 Alessandro Casolani (Siena 1571 - 1639)
Volto di Maria Maddalena
Olio su tela
Maria Maddalena's face
Oil on canvas
52 x 40 cm
Expertise di Maurizio Marini disponibile su richiesta
Alessandro Casolani fu allievo di Ventura Salimbeni e Cristoforo Roncalli detto il Pomarancio; nella sua arte si avvisano altresì influenze dal Barocci e dal Veronese. Opera nel contado senese, a Genova, Napoli e Pisa, ma di queste sue attività rimangono poche tracce. Sono in loco gli affreschi eseguiti intorno al 1600, in collaborazione con Pietro Sorri, nella Certosa di Pavia. Le opere più significative del suo percorso artistico sono legate alla sua città natale, come gli affreschi alla Torre del Mangia impreziositi da figure allegoriche, la Natività della Vergine nella chiesa di San Domenico, il Presepe realizzato per i Servi e il Martirio di san Bartolomeo per la chiesa del Carmine, gli affreschi nell’Oratorio di Santa Caterina. L’opera in esame ci riconduce all’interesse del Casolani per la pittura veneta: in questa tela in effetti emerge una visione cromatica vivida ed esuberante. A riprova della tesi attributiva, tra gli innumerevoli esempi, si vedano il volto di Maria in “Sacra famiglia con San Giovannino e Santa Caterina da Siena” e “Vergine annunciata” delle Collezioni Monte Paschi di Siena
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Lotto 40 Pandolfo Reschi (Danzica 1643 - Firenze 1696)
Paesaggio con rovine e cavalieri
Olio su tela
Landscape with ruins and knights
Oil on canvas
71 x 58 cm
Pittore di origine polacca, Pandolph Resch è conosciuto universalmente con il nome italianizzato di Pandolfo Reschi. Giunto come militare in Italia poco più che ventenne, si forma con Jacques Courtois detto il Borgognone e Salvator Rosa. Dividendo la dimora con Pieter Mulier detto Cavalier Tempesta, ha avuto modo di sviluppare la componente atmosferica nel suo paesaggismo. Mise alla prova le sue capacità dipingendo battaglie e paesaggi, della pittura di genere con una vocazione precoce al vedutismo. Il dipinto è uno splendido inedito siglato con la "P" di Pandolfo sulla coscia del cavallo bianco in primo piano, con un borgo fortificato medievale di architettura tipicamente toscana, verso il quale convergono tre cavalieri di rango
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Lotto 41 Gabriele Bella (Venezia 1720 - 1799) attribuito - attributed
Il Bucintoro a San Nicolò di Lido il giorno dell'Ascensione
Olio su tela
The Bucintoro in San Nicolò di Lido on Ascension Day
Oil on canvas
54 x 69 cm
Le scarse notizie biografiche ci indicano che Bella è attivo fra il 1740 ed il 1782 e iscritto alla fraglia a Venezia nel 1760. Dimenticato per anni , il suo nome riemerge dall’oblio durante il XX secolo, quando viene giustamente riscoperto grazie alle sue tele, ove è possibile ammirare la vita a Venezia nella seconda metà del XVIII secolo, dalle scene d’interni a quelle pubbliche delle grandi cerimonie. Gran parte della sua produzione si trova nella pinacoteca Querini-Stampalia, a Venezia, ove sono presenti una settantina di opere. Spesso Bella dipinge le sue vedute veneziane partendo dalle incisioni di Canaletto, Carlevarijs e Marischi, inserendo poi i personaggi e descrivendo un dato avvenimento. Un giusto confronto può esser fatto con le tele della Querini Stampalia oppure con l’opera "Veduta del Canal Grande", passata alla Casa d'Aste Cambi di Genova il 16/11/2016, la quale mostra lo stesso taglio prospettico e una qualità esecutiva molto prossima
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Lotto 42 Giuseppe Nogari (Venezia 1699 - Venezia 1763) copia da - copy from
Fumatore di pipa
Olio su tela
Pipe smoker
Oil on canvas
65 x 50 cm
L’opera, di raffinata esecuzione, probabile prova accademica, è una copia del medesimo soggetto dipinto dal Nogari e oggi conservato alla Galleria Sabauda di Torino
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Lotto 43 Hendrick Mommers (Haarlem 1627 - 1697)
Mercato con antiche rovine e vista sul Tevere
Olio su tela
Firmato in basso a sinistra
Market among ancient ruins with a view of the Tiber
Oil on canvas
Signed lower left
68 x 95 cm
Hendrik Mommers è stato un allievo di Nicolaes Berchem, pittore specializzato in scene pastorali. I due artisti giunsero insieme a Roma, dove si fermarono fra 1644 e il 1646, estasiati dalla bellezza dell’Urbe e della campagna laziale. A Roma, Mommers dipinge scene pastorali con animali e scene di mercato con mazzi di ortaggi, usando come sfondo le piazze romane o paesaggi con antiche rovine. Il soggiorno romano continua a nutrire la sua fantasia anche dopo il ritorno in patria, quando si specializza nel genere italianizzante, seguendo le orme di Johannes Lingelbach ad Amsterdam e Anton Goubau ad Anversa. Dipinse anche paesaggi olandesi, con figure di pastori e con bestiame al pascolo, sotto fondali di cieli immensi e solcati da nuvole, utilizzando una tavolozza di tinte calde e bionde che ricorda quella dei paesaggi, con scene di genere, dipinti da Aelbert Jacobsz Cuyp
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Lotto 44 Francesco Furini (Firenze 1603 - 1646) bottega / seguace - workshop / follower
Venere, Cupido e Marte
Olio su tela
Venus, Cupid and Mars
Oil on canvas
42 x 33 cm
Di umili origini, Francesco Furini riprende da suo padre Filippo i primi rudimenti dell'arte, per passare succesivamente presso la guida di Matteo Rosselli. Ha subito, parimenti, l’influenza di Domenico Passignano e di Giovanni Bilivert. Nella bottegga del del Rosselli conosce Lorenzo Lippi, Baldassare Franceschini e Giovanni da San Giovanni. Nel 1619 si reca a Roma dove apprende a fa propria l’arte di Caravaggio e dei suoi allievi. Tornò poi a Firenze, immatricolandosi nell'Accademia dei pittori dove tra i suoi committenti ed estimatori vi fu Galileo Galilei. Furini è stato un pittore molto apprezzato in patria e oltre i confini toscani, in quanto la sua pittura elegante, raffinata e sottilmente melanconica era molto apprezzata presso le cattoliche europee. Lo stile pittorico dell'artista Furini è caratterizzato da una pittura morbida e sensuale, adattata a soggetti biblici e mitologici, spesso declinati al femminile
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Lotto 45 Francesco Ruschi (Roma 1600/1610 - Treviso 1661)
Salomè con la testa del Battista
Olio su tela
Salome with the head of the Baptist
Oil on canvas
74 x 92 cm
Dopo un apprendistato nella bottega del Cavalier d’Arpino, è a stretto contatto con alcune personalità di spicco del caravaggismo romano degli anni Venti. Nello stesso tempo coltiva l’amicizia con Francesco Albani, e s’interessa a quanto proposto da Pietro da Cortona, come “Ercole e Onfale", Christie’s a New York nel 2001, conferma. Tra il 1628 e il 1629 giunge a Venezia, probabilmente al seguito del padre medico. L’ambiente veneziano impresse sulla sua tavolozza un amore verso Veronese, percepibile nei dipinti degli anni Trenta. Secondo lo storiografo Carlo Ridolfi, a Ruschi fu chiesto, dalle autorità della Serenissima, di «rinnovare» due teleri del Tintoretto in Palazzo Ducale, visto che lo consideravano in grado di comprendere e calarsi nello stile del grande maestro veneziano meglio di altri. Tra il 1639 e il 1651 si dedicò a uno degli incarichi più impegnativi e prestigiosi, come la decorazione del soffitto della chiesa di S. Anna a Venezia e alcuni i dipinti di storia romana e con episodi biblici per il collezionismo privato, riconoscibili per i contorni netti e le cromie ricche dai toni acidi e stridenti, in cui emerge la sua vocazione decorativa, elaborata in un classicismo accademico, elegante sino alla leziosità. Al quinto decennio si collocano il S. Giovanni Battista che indica Cristo come l’Agnello di Dio, della basilica di S. Giusto a Trieste; la S. Orsola delle Gallerie dell’Accademia di Venezia; e l’Allegoria della Verità e della Misericordia di Odessa (Museo di arte occidentale e orientale), nonchè la Diana nella pinacoteca Querini Stampalia a Venezia. Nel 1656 si trasfere a Treviso, dove opera al servizio di varie chiese del luogo e del contado, comunque rimangono ben saldi i contatti con Venezia da dove arrivano significative commisioni per il duomo di Murano a la chiesa di Santa Teresa. La pittura di Ruschi si pone come anello di congiunzione tra il tardo manierismo e quello veneziano, con il suo particolare avvicinamento ai modi veronesiani. A lui deve qualcosa il Carpioni, ma soprattutto la generazione di pittori macadamizzanti nati anche grazie al suo apporto: Giovanni Carboncino, Valentin Lefèbre, Giovanni Antonio Flumiani oltre a Antonio Zanchi, Pietro Negri, Francesco Rosa e Federico Cervelli, che il Temanza (1738, 1963, p. 84) ci dice essere stati suoi allievi. La nostra tela mostra significative aderenze con quanto il Ruschi ha prodotto circa a metà del secolo Diciassettesimo, per esempio, con le sopraccitate Allegoria della Verità e della Misericordia (olio su tela, 71,2 x 106,8 cm; Odessa, Museo d’Arte Occidentale e Orientale) e l’Ercole e Onfale, esitata da Christie’s a New York il 3 ottobre del 2001
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Lotto 46 Giuseppe Cades (Roma 1750 - 1799) attribuito - attributed
Gesù Bambino dormiente
Olio su tela
Sleeping Child Jesus
Oil on canvas
73,5 x 103,5 cm
Giuseppe Cades è un artista precoce: nato a Roma da famiglia di origine francese, ha un talento tale da portarlo al successo appena sedicenne. La sua formazione si deve a Domenico Corvi e all'Accademia di San Luca. Amante e imitatore dell’arte cinquecentesca egli media con la tarda cultura barocca e classicista, esprimendosi rara grazia e felicità cromatica. Elementi che ben si colgono osservando la nostra tela in esame, esaltata dalla pennellata fluida e cromaticamente preziosa, supportata da doti disegnative di assoluto rilievo. Il modello del Divin Bambino dormiente risale alla pittura padana tardo manierista e post tridentina: in questo caso è ingentilito con esiti toccanti grazie al suo gusto per il colori tenui, morbidi, chiari e dal limitato chiaroscuro, desunti dai modelli nordici e soprattutto francesi, molto in voga a Roma nel XVIII secolo
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Lotto 47 Scuola tedesca o austriaca del XVIII secolo
Cinque dipinti raffiguranti uccelli
Olio su tavola
German or Austrian School of the 18th century
Five paintings with birds
Oil on board
23 x 30 cm -
Lotto 48 Joseph Parrocel (Brignoles 1646 - Parigi 1704)
Tre cavalieri
Olio su tela
Three knights
Oil on canvas
54 x 73 cm
Figlio d’arte, appartiene ad una famiglia di artisti di rango, più o meno noti per l’esiguo numero di opere pervenute. Tra questi, meritano essere citati: Georges Parrocel (1540-1614 c.), Barthélemy Parrocel (1595-1660), Jean Barthélemy Parrocel e Louis Parrocel (1634-1694). Alla morte del padre nel 1660, da cui aveva appreso l’arte pittorica, Joseph si trasferì a Marsiglia, ove Il suo talento come pittore fu ben presto notato. Ricevette una commissione per la produzione di un numero di dipinti rappresentanti scene della vita di Sant'Antonio da Padova per la chiesa di San Martino. Successivamente, dopo essere stato a Parigi, partì per un viaggio in Italia, dove soggiornò per otto anni. A Roma conosce Jacques Courtois, detto il Borgognone, e affina la sua tecnica pittorica, diventando un pittore di battaglie. Sempre a Roma ha modo di studiare le opere di Salvator Rosa, da cui fu influenzato in modo particolare. Lascia Roma per Venezia, dove pensava di stabilirsi, ma dopo aver subito un tentativo di assassinio, torna a Parigi. Qui, ben presto, diventa membro dell'Académie royale de peinture et de sculpture. Sebbene osteggiato da Charles Le Brun, direttore e cofondatore dell’accademia, grazie al marchese di Louvois decora una delle sale da pranzo dell'Hôtel des Invalides a Parigi, con scene delle conquiste di Luigi XIV. Grazie al successo di questo intervento, a Joseph arrivano altre prestigiose commissioni, come la decorazione del castello di Marly e del palazzo di Versailles. Nel periodo dal 1685 al 1688 eseguì undici dipinti per la Salle du Grand Couvert al castello di Versailles.
Joseph Parrocel deve la sua notorietà soprattutto alle sue scene di battaglie, ma eseguì anche opere a tema storico e religioso, come San Giovanni Battista orante e Sant'Agostino che soccorre gli infermi. Dopo il 1700, collabora eseguendo scene di battaglie agli sfondi di ritratti, con Hyacinthe Rigaud e Gabriel Blanchard. La tela in esame mostra l'originale tecnica dell'artista, caratterizzata da uno stile ad esecuzione libera, saettante e vibrante, dove ogni forma è perfettamente definita ma si dissolve nell’ambiente circostante. Due importanti conferme della tesi attributiva le troviamo in “Scena della storia antica”, del Los Angeles County Museum of Art e “Scena storica con re su carro da guerra”, collezione privata. Entrambe le opere sono datate 1680-90: questo dato comune ci permette di ipotizzare la stessa datazione per l’opera esaminata