Importanti Dipinti Antichi

Pandolfini Casa d'Aste - Borgo degli Albizi (Palazzo Ramirez-Montalvo) 26, 50122 Firenze

Importanti Dipinti Antichi

martedì 17 novembre 2015 ore 16:30 (UTC +01:00)
Lotti dal 25 al 34 di 34
Mostra
Cancella
  • Giuseppe Zais (Forno di Canale, Belluno, 1709 – Treviso 1781) PAESAGGIO...
    Lotto 225

    Giuseppe Zais
    (Forno di Canale, Belluno, 1709 – Treviso 1781)
    PAESAGGIO BOSCOSO CON CONTADINI E CASE IN LONTANANZA
    PAESAGGIO FLUVIALE CON GIOVANE PESCATRICE E ANIMALI
    coppia di dipinti a olio su tela, cm 95,5x131 ciascuno (2)


    Splendidi esempi della produzione di Giuseppe Zais, le tele qui presentate devono probabilmente situarsi negli anni della maturità del pittore agordino, intorno al settimo decennio del secolo. Ancora sensibile, nel primo dipinto, il richiamo ai modelli paesistici di Marco Ricci, in particolare nelle scelte cromatiche e nell’ambientazione agreste, mentre la tela compagna mostra la piena adesione ai motivi decisamente arcadici proposti da Francesco Zuccarelli, presente a Venezia fin dalla metà degli anni Trenta. E’ appunto sul suo esempio che Giuseppe Zais, iscritto alla Fraglia dei pittori veneziani dal 1748, si allontana progressivamente dal relativo naturalismo dei giovanili paesaggi agresti per aderire alla formula decorativa e alla tavolozza chiara e luminosa con cui il maestro di Pitigliano aveva incontrato il favore dei collezionisti veneziani e di terraferma. Ai suoi modelli si deve appunto il motivo delle giovani pastorelle intente alla pesca appena sotto la cascata, come la luminosa apertura sui monti azzurrini in lontananza. Innumerevoli, e in fondo superflui, i possibili confronti con la produzione dell’artista agordino, per lo più in collezione privata oltre che all’Accademia di Venezia, che conserva altresì l’unica opera datata, del 1765.

  • Francesca Volò Smiller, detta Francesca Vicenzina (Milano 1657 –...
    Lotto 226

    Francesca Volò Smiller, detta Francesca Vicenzina
    (Milano 1657 – 1700)
    ROSE, UVA E GELSOMINI ALL''APERTO
    olio su tela, cm 73x94
    Provenienza
    collezione privata, Brescia

    Bibliografia
    G. e U. Bocchi, Naturaliter. Nuovi contributi alla natura morta in Italia settentrionale e Toscana tra XVII e XVIII secolo, Casalmaggiore 1998, pp. 104 e 106, fig. 104; A. Cottino, I fiori di Francesca , Legnano (VA) 2007, p.17.

    L''attribuzione è confermata anche da un parere scritto di Alberto Cottino

    Citato nel 1983 da Ferdinando Bologna, e pubblicato per la prima volta da Ulisse e Gianluca Bocchi, il dipinto qui offerto è da considerarsi pendant di una composizione firmata per esteso “FRANCESCA VICENZINA FECIT” (Bocchi, 1998, fig. 103): insieme a quella costituisce dunque uno dei rari punti di partenza per la ricostruzione del catalogo dell’artista milanese. La sua appartenenza alla famiglia del francese italianizzato Vincenzo Volò, detto Vincenzino dei Fiori, padre di Margherita Caffi e del più giovane e noto Giuseppe Vicenzino oltre che della stessa Francesca, aveva reso difficile fino a quel momento identificare il suo contributo alla produzione di quella fiorente bottega. Come Margherita, infatti, Francesca dispone all’aperto e con grande libertà compositiva fiori recisi o disposti in vaso i cui colori scintillanti (prediletti il rosa, il bianco e il giallo) emergono dal fondo scuro. Rispetto a quelli della Caffi, i fiori di Francesca Vincenzina, talvolta accompagnati da verdure, risaltano per la loro precisa definizione, come poi quelli del più famoso Giuseppe, e sono appunto questi i dati che emergono dall’esame dello splendido dipinto qui proposto, importante anche per dimensioni.
    Priva di date certe, l’attività dell’artista si svolse a Milano per almeno due decenni, riscuotendo ampio successo presso il collezionismo locale, come indicano le citazioni inventariali. Inaugurata dalle ricerche di Ferdinando Bologna in occasione di una mostra romana, la restituzione di questa importante personalità artistica ha avuto il suo culmine nell’esposizione I fiori di Francesca tenuta nell’autunno 2007 presso la Galleria Romigioli a Legnano, a cura di Alberto Cottino.


  • Artista attivo a Roma alla metà del XVIII secolo CAPRICCI...
    Lotto 227

    Artista attivo a Roma alla metà del XVIII secolo
    CAPRICCI ARCHITETTONICI CON FIGURE
    coppia di dipinti a olio su tela, cm 98x73 (2)

    Ispirati a edifici di età imperiale – un arco trionfale con un tratto di mura e la piramide Cestia sullo sfondo; una facciata monumentale di ordine corinzio ornata da statue di barbari prigionieri, quali le sculture di età traianea riutilizzate per l’arco di Costantino – i capricci architettonici qui presentati si iscrivono nel clima fervido della Roma di metà Settecento quando, nell’ambiente internazionale richiamato dal Grand Tour, architetti e disegnatori si dedicano al rilievo dei monumenti antichi della città e dei dintorni, spingendosi peraltro nell’Italia meridionale e ben oltre i confini della penisola per documentare le vestigia del passato, ad uso dei viaggiatori stranieri ma anche nella ricerca di modelli architettonici inediti e filologicamente corretti per le dimore aristocratiche da progettare nel gusto più moderno e aggiornato.
    Tra i protagonisti di questo momento, è senza dubbio Jean-Louis Clérisseau (Parigi 1721- Auteuil 1820) a Roma dal 1749 presso l’Accademia di Francia, e dal 1755 responsabile dell’équipe di disegnatori ingaggiati da James Adam per riprodurre i complessi termali romani e, nel 1757, le rovine imperiali di Spalato pubblicate a Londra nel 1764. Accanto a lui, Antonio Zucchi (Venezia 1726- Roma 1795) che nel 1766 si trasferisce in Inghilterra per collaborare con gli architetti Robert e James Adam alla decorazione di interno delle residenze ispirate all’antico da loro progettate per l’aristocrazia inglese. Ed è appunto alle straordinarie tempere dell’artista francese, spesso completate dalle “macchiette” del veneziano e alle tele eseguite da quest’ultimo per i nobili committenti dello studio Adam (si vedano quelle per Osterley Park, del 1767) che le tele qui presentate, veri e propri capricci vedutistici su basi archeologiche, si accostano nella precisa definizione degli elementi architettonici che compongono l’ordine dorico dell’arco trionfale e lo scenografico frontespizio corinzio in parziale rovina coronato dalle statue dei barbari.
    Lo stile delle nostre macchiette, ancora legato al lontano modello ghisolfiano e comunque di gusto tipicamente romano non consente tuttavia di avanzare il nome di Antonio Zucchi, qui richiamato solo per evidenziare una singolare coincidenza di gusto, fondamentalmente diverso e più moderno di quello, fino allora imperante, di Giovanni Paolo Panini.

  • Michele Antonio Rapous (Torino 1730 - 1819) FIORI E FRUTTA ALL''APERTO coppia...
    Lotto 228

    Michele Antonio Rapous
    (Torino 1730 - 1819)
    FIORI E FRUTTA ALL''APERTO
    coppia di dipinti ad olio su tela, cm 61x105 ciascuno (2)

    Provenienza
    Ferdinando di Savoia, Duca di Genova;
    collezione privata;
    Falanga Antichità, Milano;
    collezione privata

  • Michele Antonio Rapous (Torino 1730 - 1819) FIORI E FRUTTA ALL''APERTO coppia...
    Lotto 229

    Michele Antonio Rapous
    (Torino 1730 - 1819)
    FIORI E FRUTTA ALL''APERTO
    coppia di dipinti ad olio su tela, cm 61x105 ciascuno (2)

    Provenienza
    Ferdinando di Savoia, Duca di Genova;
    collezione privata;
    Falanga Antichità, Milano;
    collezione privata

  • GIOVANNI MARTINELLI (Montevarchi, Arezzo 1600-1604 – Firenze, 1659)...
    Lotto 230


    GIOVANNI MARTINELLI
    (Montevarchi, Arezzo 1600-1604 – Firenze, 1659)
    ANGELICA E MEDORO
    olio su tela, cm 155,5x181 entro antica cornice con intagli dorati a motivi fogliati e classici, laccata color ocra-rosato

    Provenienza
    Villa Lupezzinghi Ceoli, Titignano, Cascina di Pisa
    La tela presenta una scena idilliaca, ambientata in un ameno sfondo paesistico prossimo all’imbrunire, con un giovane uomo e un’avvenente figura femminile accompagnata da due coppie di putti, tutti raffigurati in primissimo piano. In base alla particolarità della posa dell’uomo intento a scrivere con una penna o stilo qualcosa sulla corteccia di un albero è possibile identificare nei due protagonisti del dipinto Angelica e Medoro, coppia di innamorati resa celebre da Lodovico Ariosto nel suo Orlando furioso . In base a questo poema apprendiamo che Medoro, soldato saraceno, per rendere noto al mondo intero il suo amore per Angelica, principessa del Catai, scrive i propri nomi sulla corteccia di un albero. Il tema, apprezzato in ambito artistico italiano soprattutto in età barocca, sottolinea, paradigmaticamente, il successo e la diffusione del poema ariostesco, dal quale furono tratte, insieme a episodi della Gerusalemme liberata di Torquato Tasso, numerose redazioni pittoriche e scultoree. Interessanti alternative ai più correnti soggetti storici o mitologici, le scene ispirate ai poemi cavallereschi italiani incrementarono notevolmente il panorama artistico-iconografico seicentesco, alla costante ricerca di nuove fonti tematiche di rappresentazione.
    I caratteri stilistici e la particolarità tipologica delle figure inducono ad ascrivere convincentemente il dipinto a Giovanni Martinelli, figura di punta della corrente naturalistica fiorentina, al quale è stata dedicata nel 2011 una mostra monografica nella sua cittadina di origine, Montevarchi ( Giovanni Martinelli pittore di Montevarchi. Maestro del Seicento fiorentino , catalogo della mostra a cura di A. Baldinotti, B. Santi e R. Spinelli, Montevarchi, Firenze, 2011).
    Nato tra il 1600 e il 1604, Martinelli compì i suoi studi artistici a Firenze, dove all’inizio degli anni venti è documentato nella scuola di Jacopo Ligozzi, pittore al quale rimase legato per vari anni. Poco dopo aver dato inizio a un’attività indipendente, l’artista si recò con probabilità a Roma, città nella quale ebbe modo di accostarsi alla corrente post-caravaggesca di chiara impronta naturalistica legata, in quel tempo, a vari artisti italiani e d’oltralpe. Al rientro in patria dette il via a una serrata attività segnata da dipinti su tela e ad affresco che sancirono entro breve tempo la sua affermazione professionale, testimoniata dall’acquisizione del titolo di accademico nel 1637 all’Accademia del Disegno a Firenze, onorificenza conferita solo agli artisti più importanti.

  • Denijs Calvaert (Anversa, c. 1540 – Bologna 1619) NOZZE MISTICHE DI...
    Lotto 231

    Denijs Calvaert
    (Anversa, c. 1540 – Bologna 1619)
    NOZZE MISTICHE DI SANTA CATERINA
    olio su tavola, cm 72x54, in cornice intagliata e dorata

    Provenienza
    collezione privata, Bologna

    Tradizionalmente riferita a Calvaert nella raccolta di provenienza, e forse identificabile (per motivi di discendenza familiare) con un dipinto di tale soggetto descritto nel Seicento in casa Angelelli a Bologna, la tavola qui presentata offre numerosi confronti con la produzione pubblica dell’artista anversese, più che con i preziosi rametti a piccole figure e colori squillanti da lui destinati alla devozione domestica dei suoi concittadini d’adozione, o più semplicemente al collezionismo privato.
    Sono però inconfondibili le fisionomie dei sacri personaggi, protagonisti di un evento domestico e quasi familiare che riunisce, in maniera un po’ incongrua, la Sacra Famiglia completata dal precursore bambino, e lo sposalizio mistico della giovane santa: documento di quella affettuosa devozione domestica che caratterizza tanta parte della pittura controriformata del secondo Cinquecento bolognese.
    I maggiori punti di contatto sono offerti da pale eseguite da Calvaert nell’ultimo periodo della sua attività pubblica, quali la Madonna e Santi nel convento di San Luca a Bologna, del 1606, e soprattutto la Madonna col Bambino e San Francesco eseguita nel 1607 e ora Greenville (South Carolina, Bob Jones University, Collection of Sacred Art), accompagnata dal disegno un tempo a Londra presso Yvonne Tan Bunzl (1970).
    Ben leggibili sotto la vernice ingiallita, i riccioli d’oro filato della giovane santa coronata di nastri e gioielli lasciano intuire la tecnica magistrale del pittore fiammingo, così felicemente italianizzato da accogliere quale maestro nella sua bottega un’intera generazione di pittori bolognesi.


  • Giuseppe Zais (Forno di Canale, Belluno 1709 – Treviso 1781) PAESAGGIO...
    Lotto 232

    Giuseppe Zais
    (Forno di Canale, Belluno 1709 – Treviso 1781)
    PAESAGGIO CON PASTORE E PASTORELLE PRESSO UN FIUME
    PAESAGGIO CON PASTORI E UN BIMBO, CON PONTE IN LONTANANZA
    Coppia di dipinti a olio su tela, cm 38,5x45,5 ciascuno (2)
    Provenienza
    collezione privata Vicenza;
    collezione privata, Roma
    Bibliografia
    E. Martini, La pittura del Settecento veneto , Udine 1982, fig. 257 (il primo dipinto).

    Corredati da paperi scritti di Egidio Martini, Rodolfo Pallucchini, Carlo Volpe e brevi indicazioni attribuitive di Giuliano Briganti

    Riferiti nel 1978 al catalogo dell’artista agordino in una comunicazione privata al proprietario, i dipinti pendants qui offerti sono stati pubblicati da Egidio Martini nella seconda e più ricca edizione della sua opera fondamentale dedicata alla pittura veneziana del Settecento. La sua opinione era stata peraltro condivisa dai maggiori specialisti di pittura italiana del secolo scorso, tra cui Rodolfo Pallucchini e Carlo Volpe, che ne scrissero diffusamente per quanto in forma privata.
    Nella difficoltà di stabilire una cronologia sia pure approssimativa del ricco catalogo di Giuseppe Zais, di cui solo il Paesaggio con fontana classica nelle Gallerie dell’Accademia di Venezia, offerto nel 1765 quale pièce de réception reca una data certa, tutti gli studiosi citati concordano nel riferire i dipinti ad una fase matura dell’attività dell’artista, ormai indipendente dai suoi primi possibili maestri, Francesco Simonini e, più specificamente per quel che attiene al paesaggio, Francesco Zuccarelli.
    E’ in effetti negli anni del soggiorno inglese di quest’ultimo, fra il 1752 e il 1762, che Giuseppe Zais, privo di un concorrente diretto in patria, raggiunse il successo presso i collezionisti veneziani e lo stesso console Smith. Fu tuttavia negli anni Sessanta, periodo a cui queste tele sono state riferite, che Zais diede le prove più felici della sua attività, schiarendo la sua tavolozza e proponendo quella sua personale forma di Arcadia di cui anche la coppia di tele qui esaminata offre una precisa testimonianza, nella commistione di motivi ideali e realistici.

  • Famiglia Crespi (Bologna, sec. XVIII) FUGA IN EGITTO olio su tela, cm 9...
    Lotto 233

    Famiglia Crespi
    (Bologna, sec. XVIII)
    FUGA IN EGITTO
    olio su tela, cm 9 4,5X74,5

    Provenienza
    collezione privata, Bologna
    collezione privata, Roma


    In un bosco buio appaiono d’un tratto tre figure, anzi quattro. Sono un giovane angelo scalzo, che conduce per le redini l’asino su cui siede Maria col Bimbo in braccio. Il fianco lo guarda Giuseppe, che avanza aiutandosi con un bastone. Non si ode un rumore, Maria porta l’indice alle labbra, per invitare tutti a tacere e non svegliare il piccolo che dorme, gli occhi chiusi, il capo poggiato sopra la spalla nuda. Incedono lentamente, sotto lo sguardo supino di un bove pasciuto e di qualche pecora (si direbbe, appena accennata a risparmio sulla tela). Ma cala la sera, la luce lontana che filtra tra i rami e le frasche comincia ad ingiallire e bisognerà trovare un riparo per la notte. La storia è raccontata nella parte iniziale nel solo Vangelo di Matteo, ed è detta “Vangelo dell’infanzia” (Mt 1-2). Fuggivano quei tre dalla persecuzione ordita da Erode Ascalonita detto Il Grande, re della Giudea sotto il protettorato romano che, per eliminare il messia annunciato dall’arrivo dei Magi a Gerusalemme, ordinò lo sterminio di tutti i neonati maschi nel territorio di Betlemme. Avvisato in sogno da un angelo, Giuseppe radunò in fretta la famiglia e pochi averi e fuggì in Egitto. La strada per arrivarci dalla Galilea è oggi piuttosto asciutta e desertica salvo, forse, il tratto iniziale e, sospetto, lo era anche ai tempi dello Spagnuolo, come era noto Crespi a Bologna. I rari alberi lungo quel cammino li si troverebbero deviando verso Gerusalemme, ma quella era proprio la direzione da evitare. Ma il bosco immaginato è quello di grandi querce, con le siepi di prugnolo e biancospino, proprio della collina bolognese e la parete sulla destra è di argilla scagliosa, l’arenaria friosa di un calanco. I placidi armenti che assistono impassibili al passaggio del grupo sacro pascolano anche in altre tele dello Spagnuolo e della sua cerchia, vendute alla Fiera di Poggio a Caiano degli Uffizi (nota1). Tanto affollato era quel mercato ed altri, assieme a quello (come la Scena di Mercato della Pinacoteca Nazionale di Bologna) (nota2) , che allo Spagnuolo vennero attribuiti anche alcuni disegni fiorentini con mucche, pecore e cani a matita rossa (nota3) , ché certo aveva pur dovuto ben guardare e forse anche studiare, seppure non su quei fogli. Alcuni fragili, altri tra i quali una Fuga in Egitto (nota4) , abili ma troppo precisi per la mano guizzante e il segno pastoso di Crespi, testimoniano del lavorio della sua larga bottega, quella che andrà chiamata “Famiglia Crespi” e che comprendeva, oltre agli alunni, inizialmente numerosi, anche i suoi non pochi figli ed il famiglio Ludovico Mattioli.

  • Maestro dei Vasi a Grottesche (attivo tra il XVI e il XVII secolo) GRANDI...
    Lotto 234

    Maestro dei Vasi a Grottesche
    (attivo tra il XVI e il XVII secolo)
    GRANDI VASI IN METALLO SBALZATO CON ANSE A FORMA DI SATIRO
    c oppia di dipinti ad olio su tela, cm 94x116 ciascuno (2)

    Provenienza
    collezione privata, Bologna

Lotti dal 25 al 34 di 34
Mostra
×

Importanti Dipinti Antichi

Esposizione
FIRENZE
13-16 Novembre 2015
orario 10 – 13 / 14 – 19
Palazzo Ramirez-Montalvo
Borgo degli Albizi, 26

Sessioni

  • 17 novembre 2015 ore 16:30 Sessione Unica dal lotto 201 al lotto 234 (201 - 234)