LA GRAZIA E LA FORZA. PARTE I
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Lotto 97 Giovanni Peruzzini, l'Anconetano (1629 - 1694)
Erminia tra i pastori
Olio su tela
115,8 x 97,6 cm
Altre iscrizioni: al verso della tela di rifodero a pennello “i5”; sul telaio a pennarello “1376” e “Armida che va a trovare il pastore” a penna
Elementi distintivi: Indicazione al verso della tela, etichetta "Casa Boar[?] 1640"; inoltre al retro della cornice etichetta della casa d’aste Semenzato con numero “460” e etichetta anonima con numero “303066”
Provenienza: Collezione privata, Veneto; Semenzato, Venezia, 26-27 marzo 2011 (l. 460, come scuola emiliana della fine del XVII secolo); Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 70% (reintelo e reintelaiatura)
Stato di conservazione. Superficie: 70% (cadute di colore e integrazioni, anche sui volti delle figure e per delineare gli arti, per esempio, del pastore; importanti danni da urto e fratture alla cornice)
L'opera è stata restituita a Giovanni Peruzzini, il brillante allievo di Simone Cantarini, da Massimo Pulini, per le evidenti similitudini "sia nel profilo di Erminia, sia nella fattura del pastore, sia nella resa dei putti e anche in generale negli atti dei personaggi e nel trattamento dello sfondo naturale" (comunicazione del 28 giugno 2021). L'attribuzione è stata confermata da Angelo Mazza (comunicazione del 14 luglio 2021). Entrambi gli studiosi hanno verificato l'opera dal vero.
In precedenza il dipinto era stato attribuito a Luca Giordano da S. Zanutto (17 maggio 1977) e da Didier Bodart (30 agosto 1993) e successivamente a Ludovico Carracci (1555-1619) e Lorenzo Garbieri (1580-1654) da Maurizio Marini, come si legge nella scheda Semenzato. Marini - la cui perizia è conservata in copia da Veneto Banca - attribuisce a Carracci l'invenzione della composizione e gran parte delle due figure centrali, riconoscendo in Garbieri l'autore del dipinto nella sua generalità.
Ringraziamo Angelo Mazza e Massimo Pulini per il supporto dato alla schedatura. -
Lotto 98 Guido Cadorin (1892 - 1976)
Vaso n. 2, 1922
Maiolica dipinta in policromia
67,5 x 37
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Bibliografia: "XIIIa Esposizione Internazionale d'Arte della città di Venezia", Catalogo, III ed., Venezia, 1922
Esposizioni: "XIIIa Esposizione Internazionale d'Arte della città di Venezia", 15 aprile - 31 ottobre 1922 (inv. 162574)
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95%
Nel 1922 Cadorin espone alla Biennale una "Deposizione dalla Croce" e due opere sul tema del mare e dell'estate, ed inoltre, nella sala XV, un gruppo di vasi in maiolica, tra cui il nostro, dipinti dall'artista nella fabbrica di Benetelli & C. di Venezia. Notevole la decorazione delle formelle, in una delle quali il pittore pare ritrarsi di spalle, mentre osserva il mare. -
Lotto 99 Enrico Benetta (1977)
… Giostra a cavalli…
Acrilico, smalto e sabbie su carta applicata su tela
90 x 180 cm
Firma: “EB”, “Enrico Benetta”, “E” sul verso
Altre iscrizioni: “Per autentica del 6 Aprile 2006”, “… giostra a cavalli… dolce ricordo, musicali memorie, giocano i pensieri a rincorrersi, senza mai essere presi!” sul verso
Provenienza: Galleria d’Arte Martinazzo, Montebelluna; Veneto Banca SpA in LCA
Certificati: sul verso dell'opera certificato di originalità della Galleria d’Arte Martinazzo di Montebelluna con titolo e dati relativi all’opera; fotocertificato firmato dall'artista e timbrato dalla Galleria d'Arte Martinazzo, Montebelluna (non datato)
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lotto 100 Mariano Fracalossi (1923 - 2004)
Allegoria, 1984
Encausto su tela
70 x 50 cm
Firma: “Fracalossi M.” al recto
Elementi distintivi: sul verso, due etichette di esposizione con dati relativi all’artista e all’opera con titolo e data
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Esposizioni: “142a Esposizione arti figurative, Promotrice delle Belle Arti”, Torino 1986
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lotto 101 Franz Borghese (1941 - 2005)
Folla
Serigrafia su carta
49 x 60 cm (luce)
Firma: “Borghese” al recto a matita
Altre iscrizioni: tiratura “184/200” al recto a matita
Elementi distintivi: sul verso, etichetta della Veneto Banca con riferimenti di inventario
Provenienza: Galleria d'Arte Martinazzo, Montebelluna; Veneto Banca SpA in LCA
Certificati: sul verso, certificato di autenticità della Galleria d’Arte Martinazzo con titolo e dati relativi all’opera
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lotto 102 Luigi Serena (1855 - 1911)
Ritratto di uomo in uniforme di dragone lanciere, 1884
Olio su tela
105 x 75 cm
Firma: “LSerena” al recto
Data: “1884” al recto
Elementi distintivi: sul verso della cornice, etichetta della Veneto Banca con riferimenti di inventario
Provenienza: Collezione privata (fino al 2002); Veneto Banca SpA in LCA
Bibliografia: O. Stefani, a cura di, "Luigi Serena. 1855-1911", Ponzano Veneto, 2006, pp. 138 e 157, tav. 120
Certificati: Fotocertificato e scheda critica di Margherita Binotto datati 10 aprile 1994
Stato di conservazione. Supporto: 70% (reintelo)
Stato di conservazione. Superficie: 90%
Luigi Serena, pittore d'elezione della borghesia trevigiana a cavallo tra '800 e '900, non ebbe allievi diretti, ma fu ammirato dagli artisti più giovani per il suo spirito bohémien e antiborghese, anche quale riferimento morale, diventando una pietra miliare nell'orizzonte artistico della Marca. Saranno proprio gli artisti dell'avanguardia, in testa Arturo Martini, a promuovere la mostra postuma di Serena poco dopo la sua morte nel 1911. Pur operando prevalentemente in provincia, l'artista partecipò con successo alle più importanti esposizioni del tempo: a Venezia (1881), Milano (1883), Torino (1884), Firenze (1886), Parigi (1888) e Monaco (1890). Fu tra gli invitati alla Biennale veneziana del 1897 (Eugenio Manzato, "Treviso", in "La Pittura in Italia. L'Ottocento", Milano, 1990, p. 213).
«Tipicamente in posa da vero soldato di carriera, a fare il Ritratto di Dragone lanciere del 1884. Un ritratto che è una minuziosa documentazione della complicata divisa da militare, ricca di colori luci che brillano su svariati oggetti metallici. La limpidezza della luce che sfiora l'immagine del Dragone, rende l'atmosfera del dipinto particolarmente adatta a penetrare nella fermezza caratteriale dell'uomo conferendo al dipinto un'armonia quasi neoclassica» (O. Stefani, a cura di, "Luigi Serena. 1855-1911", Ponzano Veneto, 2006, p. 138).
Nella propria scheda critica, Margherita Binotto ha ricostruito meticolosamente il rango del ritrattato quale membro del reggimento dei lancieri, a partire dalla sciarpa azzurra e dalla bandoliera argentata sulla quale compare in rilievo un trofeo di lance sormontato da corona reale. Sull'elmo nero con cresta e sottogola dorati compare la croce dei Savoia. La stessa postura del lanciere - impettito, con lo sguardo diretto in quello dell'osservatore - ne sottolinea il carattere severo, marziale. -
Lotto 103 Angelo Rossetto da Maser (1886 - 1927)
Pietro Bertolini
Bronzo patinato
66,3 x 41,4 x 40,4 cm
Firma: Firma:"ARossetto da Maser" in fusione su un fianco
Altre iscrizioni: "Fond. G Vignali e C Firenze" inciso sulla base
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 90% (leggera consunzione della patina)
Politico di spicco dell'età umbertina e del primo '900, il montebellunese Pietro Bertolini (1859-1920) fu eletto deputato nel 1890 e sempre riconfermato fino al 1919. Sottosegretario al ministero delle finanze dal 1894 al 1896 nel quarto Governo Crispi e al ministero dell'interno dal 1899 al 1900 nel secondo Governo Pelloux, divenne Ministro dei Lavori Pubblici dal 1907 al 1909 nel terzo Governo Giolitti. Dal 1912 al 1914 fu Ministro delle Colonie del quarto Governo Giolitti. -
Lotto 104 Luigi Serena (1855 - 1911)
Ritratto di uomo con cappello e barba, 1880-1885
Matita e carboncino su carta
60,5 x 45,7 cm (luce)
Firma: “L. Serena” al recto
Elementi distintivi: sul verso, etichetta della Banca Popolare di Asolo e Montebelluna con riferimenti di inventario
Provenienza: Banca Popolare di Asolo e Montebelluna; Veneto Banca SpA in LCA
Bibliografia: O. Stefani, "Luigi Serena 1855-1911", Ponzano Veneto, 2006, pp. 170 e 174, ill. 139
Stato di conservazione. Supporto: 90%
Stato di conservazione. Superficie: 90% (foxing)
Luigi Serena, pittore d'elezione della borghesia trevigiana a cavallo tra '800 e '900, non ebbe allievi diretti, ma fu ammirato dagli artisti più giovani per il suo spirito bohémien e antiborghese, anche quale riferimento morale, diventando una pietra miliare nell'orizzonte artistico della Marca. Saranno proprio gli artisti dell'avanguardia, in testa Arturo Martini, a promuovere la mostra postuma di Serena poco dopo la sua morte nel 1911. Pur operando prevalentemente in provincia, l'artista partecipò con successo alle più importanti esposizioni del tempo: a Venezia (1881), Milano (1883), Torino (1884), Firenze (1886), Parigi (1888) e Monaco (1890). Fu tra gli invitati alla Biennale veneziana del 1897 (Eugenio Manzato, "Treviso", in "La Pittura in Italia. L'Ottocento", Milano, 1990, p. 213).
Il foglio è stato identificato da Eugenio Manzato nel 2002. «Nel "Ritratto di un uomo con capello e barba", del 1880- 85, la pensosità e il carattere individuale sono presentati dal Serena con tono di pacata e malinconica riflessione sentimentale: come consapevolezza, cioè, di momenti particolari della vita umana segnati da profonde inquietudini spirituali» (O. Stefani, "Luigi Serena 1855-1911", Ponzano Veneto, 2006, p. 170). Il modello sembra essere Filippo Danieli, di cui Serena dipinse, nel 1894, un ritratto oggi ai Musei Civici di Treviso e che compare forse anche in almeno altre tre opere dell'artista, in collezione privata, databili intorno al 1880-1885 (La lettura, Vecchio con chitarra e Cantori girovaghi: cfr. Stefani 2006, ill. 52, 68, 69). -
Lotto 105 Josè Guevara (1926 - 2010)
La corrida, 1990
Olio su masonite
81 x 53,5 cm
Firma: “Guevara” al recto e sul verso
Data: sul verso, “1991”
Altre iscrizioni: sul verso, autentica dell’artista con dati relativi all’opera
Elementi distintivi: sul verso, etichetta Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana con riferimenti di inventario; una etichetta anonima con dati dell’opera
Provenienza: Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana; Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lotto 106 Paolo da San Lorenzo (1935)
Veduta parziale del sogno, 1999
Olio su tela
50,1 x 69,7 cm
Firma: “Paolo da San Lorenzo”, al recto
Elementi distintivi: sul telaio due etichette con riferimento agli inventari della banca e stampigliature del produttore e delle dimensioni; al verso della tela certificato di garanzia dell’autore
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lotto 107 Luca Alinari (1943 - 2019)
Ricordi d’infanzia
Serigrafia su carta
68,5 x 69 cm (lastra)
Firma: “Alinari” al recto a matita
Altre iscrizioni: tiratura “100/175” al recto a matita
Elementi distintivi: sul verso, etichetta della Galleria d’Arte Martinazzo, Montebelluna; etichetta della Banca Popolare di Asolo e Montebelluna con riferimenti di inventario
Provenienza: Galleria d’Arte Martinazzo, Montebelluna; Banca Popolare di Asolo e Montebelluna; Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lotto 108 Andrea Locatelli (1695 - 1741), attribuito a
Polifemo con Aci e Galatea
Olio su rame
59,8 x 74,3 cm
Elementi distintivi: al verso del rame, a gesso, numero “1075”; al verso della cornice un numero, forse di inventario, a pennarello
Provenienza: Collezione privata (fino al 2011); Veneto Banca SpA in LCA
Bibliografia: Catalogo Finarte - Semenzato, Venezia, 27 marzo 2011 (lotto 462)
Stato di conservazione. Supporto: 80% (danni minori da sfregamento e urto, per esempio al volto di Polifemo)
Stato di conservazione. Superficie: 70% (graffi, cadute di colore e integrazioni)
L'opera venne attribuita a Francesco Cozza (1605-1682) da Maurizio Marini, con datazione al 1664-1665, in paragone, in particolare al "Paesaggio con il figliuol prodigo" nella collezione di Burghley House, datato 1667, al "Paesaggio con Agar e l'Angelo", datato 1665 conservato presso lo Statens Museum fur Kunst di Copenaghen, ed al dipinto di analogo soggetto, datato 1664, oggi presso il Rijksmuseum Amsterdam, con richiamo, per la figura di Polifemo, ai ciclopi affrescati da Cozza tra il 1658 e il 1661 nella stanza del fuoco del Palazzo Pamphili a Valmontone. L'identificazione dell'autore con Cozza è stata accolta nella scheda d'asta predisposta da Semenzato nel 2011(Venezia, 27 marzo 2011, lotto 462).
L'attribuzione è contestata da Ludovica Trezzani, curatrice del catalogo ragionato dell'artista (comunicazione dell'8 giugno 2021), e da Erich Schleier (comunicazione del 4 giugno 2021), i principali studiosi dell'autore. Schleier segnala «le forme un po' tornite e frastagliate delle figure» solo apparentemente prossime a Cozza, disegnate su «un paesaggio fantastico non tipico del Cozza, che fu allievo del Domenichino», nella cui produzione non si registrano paesaggi panoramici, a volo d'uccello. In accordo con Mary Newcome, lo studioso sottolinea come «Specialmente le montagne azzurre nella lontananza [siano] impossibili per Cozza», segnalando «l’impressione che il quadro non sia italiano, ma francese o fiammingo-francese intorno al 1700».
Rossella Vodret vi legge la mano «di Carlo Saraceni o di qualcuno a lui molto vicino» (comunicazione del 5 giugno 2021), con evidente richiamo alle opere su rame a tema mitologico del maestro veneziano, in genere di dimensioni di poco superiori a 40x50 cm, per esempio la serie di tre opere dedicata al "Volo di Icaro", il "Ratto di Ganimede", "Salmace ed Emafrodito" e "Arianna abbandonata a Nasso", provenienti dalla collezione Farnese e databili al 1605-1608, oggi al Museo di Capodimonte, Napoli (inv. Q151-Q156). Anche il paesaggio, in particolare nella resa della vegetazione, offre raffronti con l'opera di Saraceni, per esempio con la "Apparizione di un angelo alla moglie di Manue", conservato presso la Öffentliche Kunstsammlung di Basilea, e databile al 1610. Altri dettagli, come il regolare incresparsi delle onde, l'esuberanza fantastica dello sfondo paesistico e lo slancio dei panneggi più difficilmente si confrontano con il catalogo di Saraceni.
Anna Ottani Cavina, per contro, esclude «ogni riferimento a Saraceni e al primo Seicento», considerando pertinente «l'area cronologica indicata da Maurizio Marini, in età barocca, nel secondo Seicento», in «ambiente probabilmente romano» (comunicazione del 22 febbraio 2022). Anche Massimo Francucci, esclusa la attribuzione a Cozza, non avverte legami sufficientemente forti con la serie di Capodimonte di Saraceni né ritiene che «il dipinto sia così precoce»: sottolineando la «qualità ragguardevole», ne rileva alcuni elementi «non troppo italiani» suggerendo come possibile soluzione «l'ambito di Schonfeld» (comunicazioni del 5 e 7 giugno 2021). Francesco Petrucci intravede «un minore, forse nordico» (comunicazioni del 5 giugno 2021). L'eco nordica appare forte anche a Angela Negro, che considera l'opera meglio avvicinabile al gusto di Filippo Lauri, così confermando una datazione avanzata nel secolo ed una maniera lontana da Cozza «sanguigno, monumentale, post caravaggesco nel gioco delle luci e delle ombre» allorché il dipinto di Veneto Banca appare «nella resa del paesaggio e delle figure ... pre-arcadico, come appunto fu Lauri che introduce alla pittura settecentesca di Trevisani» (comunicazioni del 7 e 8 giugno 2021). Riccardo Lattuada avvicina il rame al mondo di Pieter Mulier, il Tempesta, e, secondariamente, di Carlo Antonio Tavella, «anche nelle citazioni dei modi e delle invenzioni da Salvator Rosa» (comunicazione del 7 giugno 2021).
Claudio Strinati, che all'opera ha dedicato la scheda critica pubblicata in calce, conferma di contro il legame con Venezia, patria di Saraceni, precisando però l'autore in Joseph Heintz il giovane (1600 ca. - 1678), con datazione verso il quinto decennio del Seicento (comunicazione del 2 luglio 2021). Daniele D'Anza conferma l'elevato interesse e complessità del dipinto, ma su base fotografica non ritiene di potersi esprimere sulla attribuzione (comunicazione del 6 luglio 2021). Daniela Gallavotti Cavallero e Marco Cannone non concordano con la attribuzione ad Heintz, considerando anomala la ambientazione naturalistica e distante la tecnica pittorica («Heintz costruisce le forme per piccoli tocchi cromatici rialzati di bianco»), mentre segnalano il valore della attribuzione a Francesco Cozza, in quanto, «pur non calzante, indirizza, a nostro parere correttamente, verso l'ambito della cultura figurativa classicista, probabilmente non veneziana» (comunicazione del 21 luglio 2021).
Le letture degli esperti nel loro insieme sembrano riportare ad un autore non nominato, il cui stile richiama però da vicino il trattamento del cielo, delle fisionomie, delle fronde e molte altre soluzioni formali del dipinto in esame: Andrea Locatelli (1695–1741). Si paragoni, per esempio, la tela in esame al "Paesaggio con Venere e Adone" già a Sotheby's, New York (28 gennaio 2016, l. 329).
Ringraziamo, per il prezioso supporto dato alla schedatura, Marco Cannone, Daniele D'Anza, Daniela Gallavotti Cavallero, Massimo Francucci, Riccardo Lattuada, Angela Negro, Mary Newcome, Anna Ottani Cavina, Francesco Petrucci, Erich Schleier, Ludovica Trezzani, Rossella Vodret, Claudio Strinati.
Una nuova proposta per Joseph Heintz il giovane
Scheda critica di Claudia Strinati
La rappresentazione del mito di Polifemo, Aci e Galatea è condotta in questo quadro su rame con notevole arguzia e ironia rispetto ai modelli iconografici del tempo.
La Ninfa non è ancora salita sul carro navigante che la porterà lontano accompagnata dai tritoni e dalle nereidi; Polifemo ha afferrato il gigantesco masso con cui intende colpire Aci reo di sottrarle la fanciulla desiderata; mentre Aci a sua volta ha l'aspetto inconsueto di un giovane baldanzoso e tutt'altro che intimorito e schiverà facilmente l'immane proiettile di pietra scagliatogli contro da Polifemo. Questi ha un'aria erculea mentre la Ninfa è dipinta con elegante finezza accentuata dal drappo che si gonfia a vela sulla sua testa. Ha l'aria spaventata ma anche qui fino a un certo punto quasi beffandosi dell'inconsistente pericolo con aria maliziosa e ingenua nel contempo.
Il paesaggio è coerente con l'impostazione generale del pregevole dipinto. La superficie pittorica, esaltata dal magnifico supporto del rame, è tersa, limpida e insieme articolata tra il fitto bosco da cui spunta Polifemo infuriato e l'orizzonte lontano disseminato di montagne. Il mare, che sarebbe il fattore predominante dal punto di vista visivo della vicenda, quasi non si vede e proprio qui rifulge il punto cruciale della questione interpretativa di quest'opera.
Il quadro, infatti, incorpora in sé una sorta di narrazione del mito distorta in chiave ironica e stravagante.
Si tratta di una mentalità figurativa tipica di quella fase della storia della pittura europea che corrisponde all'incirca al periodo che va dal terzo al quinto decennio del Seicento e culmina a Venezia e alla cultura veneta, ove ritengo debba essere incardinata quest'opera così bella, fresca e sensibile.
A Venezia, infatti, sull'onda del trionfo su scala europea della grande tradizione tizianesca e postizianesca, affluisce una vera e propria colonia di artisti provenienti dai Paesi Bassi e dall'area germanica, molti dei quali restano nell'ambito di attività marginali di paesaggisti, di pittori di genere o ritrattisti, mentre altri creano una vera e propria scuola potentemente originale e innovativa che si pone in bilico tra gli esiti estremi del cosiddetto manierismo internazionale e i primi impulsi in chiave barocca.
Il nostro quadro, qui in esame, deve essere stato eseguito, a parer mio, in quella temperie storica, probabilmente proprio a Venezia e da uno dei massimi esponenti di questa linea di tendenza innovativa: Joseph Heintz il giovane, il pittore nato a Augusta intorno all'anno 1600 (la data esatta si ignora) che, formatosi in patria, risulta già presente e attivo a Venezia dalla metà del terzo decennio per restarvi poi per il resto di una operosissima vita durata fino al 1678, anno della sua scomparsa dopo una carriera gloriosa che fece di lui uno dei massimi protagonisti di quella dimensione estetica dai contemporanei definita come "capriccio", termine che mutò poi significato nel Settecento ma che all'epoca significava la predilezione per rappresentazioni, tratte dai preziosi scrigni dell'iconografia imperiale asburgica, tali da trasformare il millenario patrimonio iconografico della mitologia greca e della religione cattolica in materia di supremo divertimento e di suprema bellezza e freschezza dell'immaginazione.
Se si confronta il nostro quadro con la celeberrima "Allegoria della Sapienza" dipinta da Heintz il giovane verso al fine della sua carriera nel 1674 e conservata oggi al Kunsthistorisches Museum di Vienna, sembra plausibile scorgere, sia pure a molti anni di distanza, la stessa mano e persino la stessa tipologia di figure rispetto al nostro quadro, ma, nell'opera di Vienna, molto più avanzata e tumultuante a cospetto del nostro "Polifemo, Aci e Galatea". E' probabile, infatti, che il nostro dipinto qui in esame, per motivi strettamente stilistici, debba esser datato piuttosto nel corso del quinto decennio del Seicento, quando Heintz il giovane fu tra l'altro in rapporti interessanti con numerosi colleghi attivi a Venezia tra cui il grande Nicolas Regnier, all'epoca molto influente sulla cultura artistica locale.
Doveva avere, Heintz il giovane, una posizione di enorme successo se si pensa come documenti certi attestino che nei primi anni del quinto decennio Heintz risulti a Venezia l'artista più tartassato dalle tasse insieme con il Padovanino, celebre allievo di Tiziano, e appunto Nicolas Regnier, il che la dice lunga sulla sua eminente figura.
La figura di Polifemo nel nostro quadro risulta pressoché identica a quella dell'Ercole che, accanto alla figura del Tempo, fiancheggia nel quadro di Vienna l'immagine centrale della Sapienza che si volge elegantemente estatica verso l'empireo che la sovrasta brulicante di presenze. La stessa figura di Galatea nel nostro dipinto, del resto, è paragonabile direttamente alla Sapienza di Vienna, una immagine di sintesi universale del mondo immaginario di Heintz, così come ricostruito magistralmente in sede filologica dagli studi di Daniele D'Anza, in particolare nel suo articolo determinante, "Uno stregozzo di Joseph Heintz il giovane", in Arte in Friuli, Arte a Trieste, 24, 2006; studi ripresi e sviluppati ultimamente da Marco Cannone e Daniela Gallavotti, "Dipinti inediti e nuove attribuzioni per Joseph Heintz il giovane", in "Storia dell'Arte" 139, 48-83, 2014.
Nel nostro quadro il mostro marino che dovrebbe presumibilmente trascinare il carro marino di Galatea già adombra quelle figure di curiosi esseri metafisici che Heintz il giovane poté mediare, inserendole a piene mani in tante sue opere, dalla conoscenza della cultura figurativa di Bosch e Brueghel, che riprodusse e rielaborò poi nelle forme più stravaganti e sottili nei suoi innumerevoli capolavori profani.
Artista filosofo, disincantato contestatore del mito ma nel contempo sottile esoterista, Heintz il giovane mi appare come l'autore del nostro quadro, in una fase ancora relativamente giovanile ma comunque già dominatore del suo stile ipercolto e insieme dottamente ammiccante allo spirito divertito e disincantato del popolo e del patriziato veneziano, cui seppe dare forme interessanti, fantasiose, edonisticamente orientate ma anche gravide di un senso di realismo e di pregnanza della forma che lo hanno portato ad assumere un ruolo eminente nell'arte del tempo. -
Lotto 109 Piergiorgio Rebesco (1936 - 2020)
Perenne ascesa, 2004-2005
Bronzo, marmo
300 x 147,5 x 188 cm (la scultura)
72 x 252 x 150,5 cm (il basamento - parte esposta)
Firma: sulla base in bronzo, in fusione, "P. G. Rebesco"; sulla targa affissa al basamento, in fusione, "P. G. Rebesco"
Data: sulla base in bronzo, in fusione, "2004 fuse 2005"
Altre iscrizioni: sulla targa affissa al basamento, in fusione, "PERENNE ASCESA"
Elementi distintivi: sulla base in bronzo, marchio della "FONDERIA ARTISTICA GUASTINI GAMBELLARA VICENZA"
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Bibliografia: Aa. Vv., "L'opera di Piergiorgio Rebesco", Asolo, 2005, pp. 114-115
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% (depositi)
La scultura è conservata nel parco dell'ex Centro Direzionale di Veneto Banca SpA in Via Feltrina Sud N. 250 a Montebelluna. -
Lotto 110 Maurizio Piovan (1953)
Tristezza, 1976
Olio, matita e pastelli su tela
80 x 90 cm
Firma: “M Piovan” al recto
Data: “76” al recto
Altre iscrizioni: nome, indirizzo e numero di telefono dell’artista sul verso
Elementi distintivi: sul verso, etichetta del “IV Premio di Pittura Concorso Nazionale”, S. Lucia di Piave con dati relativi all’opera
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Esposizioni: “IV Premio di Pittura Concorso Nazionale”, S. Lucia di Piave
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lotto 111 Ottorino Stefani (1928 - 2016)
Memoria di paesaggio, 1971
Olio su tavola
60 x 79,5 cm
Firma: “Stefani” al recto; illeggibile sul verso
Elementi distintivi: sul verso, etichetta con titolo e data; timbro con titolo e data; etichetta della Banca Popolare di Asolo e Montebelluna con riferimenti di inventario
Provenienza: Banca Popolare di Asolo e Montebelluna; Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95%
Nativo di Volpago del Montello, Stefani ha vissuto gran parte della sua vita a Montebelluna. Legato a personalità della cultura locale come Orazio Celeghin e Manlio Dazzi, frequentò l’Accademia di Belle Arti e la Facoltà di Architettura di Venezia, avvicinandosi alla lezione di Bruno Zevi e Carlo Scarpa. Si laureò nel 1978 con una tesi su Antonio Canova, autore cui dedicò importanti studi, così come a Noè Bordignon, Luigi Serena, Luigi Bianchi Barriviera e Renzo Biasion. Per trent’anni insegnò disegno e storia dell’arte presso l’Istituto Magistrale di Montebelluna, dedicandosi costantemente alla pittura. A Ottorino Stefani si devono anche numerose raccolte poetiche ed il saggio "Itinerari autobiografici". Bibliografia di confronto: Marco Goldin e Alberico Sala, a cura di, "Ottorino Stefani", Cornuda, 1989. -
Lotto 112 Enrico Benetta (1977)
Ricami antichi disegnarono fiori ... come farfalle ... come cuori ... come sole! Ricami d'oro
Acrilico, smalto e sabbie su carta applicata su tela
100 x 100 x 5,1 cm
Firma: al verso, "Enrico Benetta"
Altre iscrizioni: al verso, autentica e indicazione delle dimensioni
Provenienza: Galleria d'Arte Martinazzo, Montebelluna; Veneto Banca SpA in LCA
Certificati: fotocertificato firmato dall'artista e timbrato dalla Galleria d'Arte Martinazzo, Montebelluna (non datato)
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lotto 113 Ivo Pannaggi (1901 - 1981)
Fabbrica
Litografia su carta
44 x 66 cm (luce)
Firma: “IvoPannaggi” al recto a matita
Altre iscrizioni: tiratura “96/100” al recto a matita
Elementi distintivi: sul verso, una etichetta anonima con dati dell’opera; etichetta della Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana con riferimenti di inventario
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lotto 114 Franco Angeli (1935 - 1988)
Piramide
Acrilico su tela
90 x 90 cm
Firma: "Franco Angeli" al verso della tela
Altre iscrizioni: "Livio Collina" e sigla a matita non decifrabile al verso della tela; "A51" al verso del telaio
Elementi distintivi: sul verso, etichetta Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana con riferimenti di inventario e etichetta analoga anonima
Provenienza: Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana; Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 90% (intervento di pulitura da aggressione fungina, con tracce al verso della tela)
Stato di conservazione. Superficie: 90%
L'opera è in corso di archiviazione presso l'Archivio Franco Angeli, Roma. -
Lotto 115 Helidon Xhixha (1970)
Donna in tre colori
Metallo sagomato e laccato a campione
124,5 x 119,3 x 7,2 cm
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% (danni minori da urto e sfregamento)
È possibile che l'opera sia stata elaborata da Helidon Xhixha su disegno o in collaborazione con il fratello Ilirjan (1964), anch'egli artista di fama. -
Lotto 116 Franco Giuli (1934 - 2018)
Senza titolo
Serigrafia su carta
68,7 x 48,7 cm (luce)
Firma: "Giuli" a matita al recto
Altre iscrizioni: indicazione della tiratura a matita al recto ("107/125")
Elementi distintivi: sul verso, etichetta Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana con riferimenti di inventario
Provenienza: Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana; Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 90% (rilevanti danni da urto, frizione e pressione alla cornice)
Stato di conservazione. Superficie: 95%
Franco Giuli condusse una ricerca incessante sull’astrazione geometrica e sull’indagine su struttura e materiali, in cui si impone la riflessione sull’utilizzo del cartone ondulato come mezzo espressivo di elezione. Invitato a partecipare nel 1972 alla XXXVI Biennale di Venezia, ha esposto in sedi importanti in Italia e all’estero, accompagnato da autorevoli voci critiche del tardo Novecento: Giorgio Di Genova, Enrico Crispolti, Filiberto Menna, Bruno Corà ed altri.
Una ricca retrospettiva venne presentata nel 2013 presso la Galleria Edieuropa di Roma. A Bruno Corà si deve la curatela delle sue ultime due personali, “Franco Giuli: le costruzioni pittorico-plastiche e oltre” presso il Museo Bilotti, Roma, nel 2016, e “Strutture e spazi di superficie” presso il Museo Riso di Palermo nel 2017. -
Lotto 117 Josè Guevara (1926 - 2010)
Natura morta, 1991
Olio su masonite
54 x 81 cm
Firma: “Guevara” al recto e sul verso
Data: sul verso, “1991”
Altre iscrizioni: sul verso, autentica dell’artista con dati relativi all’opera
Elementi distintivi: etichetta Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana con riferimenti di inventario
Provenienza: Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana; Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 90%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lotto 118 Roberto Poloni (1938)
Limoni
Olio e sabbia su tela
50 x 40 cm
Firma: “Poloni” al recto; “Roberto Poloni” sul verso
Altre iscrizioni: “Limoni”, “opera mia autentica” sul verso
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lotto 119 Lino Bianchi Barriviera (1906 - 1985)
Lalibelà. Medani Alem, 1939-40
Acquaforte su carta
45,7 x 50 cm (lastra)
Firma: “Lino Bianchi Barriviera” in lastra
Data: “1939-1940” in lastra
Altre iscrizioni: “Lalibelà Medani Alem” in lastra
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Bibliografia: Silvia Bianchi con Francesca Ghersetti, a cura di, “Paesaggi Africani, 1937-1939. Disegni e incisioni di Lino Bianchi Barriviera”, Treviso, 2010, cat. 78, p. 75 (ill. altro esemplare)
Esposizioni: Silvia Bianchi con Francesca Ghersetti, a cura di, “Paesaggi Africani, 1937-1939. Disegni e incisioni di Lino Bianchi Barriviera”, Fondazione Benetton Studi Ricerche, Treviso, 13 febbraio – 4 aprile 2010 (altro esemplare)
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95%
L'opera appartiene al nucleo di opere grafiche - incisioni e disegni - realizzate da Bianchi Barriviera durante la sua permanenza in Libia e nell'Africa Orientale Italiana, tra il 1937 e il 1939. Come ricorda Silvia Bianchi, nella introduzione alla mostra monografica tenuta a Treviso nel 2010 (pp. 6-8), "I disegni e le incisioni africane costituiscono una presenza importante nella vasta opera grafica di Lino Bianchi Barriviera - un artista che nella scelta dei soggetti ha sempre prediletto la veduta e il paesaggio - sia per il loro inconfutabile pregio artistico sia in quanto testimonianza di un capitolo fondamentale nell'esperienza di vita del maestro (...) un vero e proprio diario di viaggio". "Bianchi Barriviera si era recato una prima volta in Libia nel 1927 al termine degli studi superiori, dopo aver conseguito il diploma di perito e ragioniere commerciale". "Nella primavera del 1937 Bianchi Barriviera effettuò una seconda, più lunga, escursione in Libia spingendosi nell'interno, lungo la fascia occidentale della Tripolitania al confine con la Tunisia, sino alla città-oasi di Gadàmes alle soglie del deserto, quindi lungo la costa fino al sito archeologico di Leptis Magna. Da questo viaggio riportò un gruppo di disegni, alcuni più finiti, altri più nudi e schematici, fatti esclusivamente per essere tradotti in acquaforte, dai quali al ritorno ricavò una cartella di tredici incisioni condotte con raffinata e sapiente tecnica, dedicata al governatore di Libia, Italo Balbo, che aveva favorito e sostenuto il progetto. Nel dicembre del 1938, dietro invito del duca d'Aosta, viceré d'Etiopia, l'artista si recò nell'Africa Orientale Italiana dove fino al luglio del 1939 percorse l'Eritrea dalla costa sul mar Rosso fino alle regioni dell'interno al confine col Sudan, e parte dell'Etiopia giungendo ad Addis Abeba". "Dal viaggio nell'Africa Orientale l'artista riportò oltre trecento disegni e una trentina di rami incisi: i disegni per la maggior parte condotti a fondo, fine a se stessi, le lastre incise direttamente sul posto con la punta sulla matrice incerata e trattate con la morsura all'acquaforte in occasione del ritorno alla base provvisoria. In queste opere si avvicendano esattezza descrittiva e concisione interpretativa: vi sono puntuali descrizioni di monumenti, di villaggi tipici a volte animati dalla presenza degli indigeni e vi sono paesaggi sconfinati dove tutto è riassunto in sintesi che paiono non indagare, non indugiare nella ricerca di particolari per aumentare il mistero e la vastità del paese". "Tra le prime mostre che hanno ospitato opere africane di Bianchi Barriviera vanno ricordate la XXI Biennale di Venezia del 1938, la mostra personale allestita dall'artista stesso ad Asmara nel giugno 1939, la III Quadriennale di Roma del 1939, la Prima Mostra Triennale d'Oltremare di Napoli del 1940, la XXII Biennale di Venezia del 1940, la XXIX mostra della Galleria di Roma del 1942". -
Lotto 120 Giovanni Battista Salvi, detto il Sassoferrato (1609 - 1685)
Madonna in adorazione del Bambino dormiente
Olio su tela
37,2 x 43,6 cm
Elementi distintivi: sul verso, etichetta Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana con riferimenti di inventario
Provenienza: mercato antiquario, Bologna (fino al 2000); Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana (fino al 2010); Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana; Veneto Banca SpA in LCA
Bibliografia: Piccinini 1931, p. 30; Enggass, 1962; François Macé de Lépinay, "Giovan Battista Salvi detto il Sassoferrato", Milano, 1990, pp. 84, 129, nn. 30, 64; Massimo Pulini, "Il minimalismo della bellezza", in Massimo Pulini, "Il Sassoferrato. Un preraffaellita tra i puristi del Seicento", Milano, 2009, p. 31; Arianna Bardelli, scheda dell'opera, in François Macé de Lépinay, a cura di, "Il Sassoferrato. La devota bellezza. Devout beauty", Milano, 2017, pp. 234-235 (rip.)
Esposizioni: "Il Sassoferrato. La devota bellezza. Devout beauty", a cura di François Macé de Lépinay, Sassoferrato, Palazzo degli Scalzi e Monastero di Santa Chiara, 17 giugno - 5 novembre 2017, cat. 53
Stato di conservazione. Supporto: 80% (il tondo originale è stato trasportato in antico su una tela di rifodero rettangolare, prima del 2000)
Stato di conservazione. Superficie: 85% (superficie leggermente consunta; moderate integrazioni e ritocchi sulla pittura originale; completa integrazione delle parti della tela di rifodero esuberanti la superficie del dipinto)
Il dipinto proviene dal mercato antiquario bolognese, dove fu acquistato nel 2000 dalla Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana, con la consulenza di Andrea Emiliani. Nel novembre 2016, durante l'organizzazione della mostra "La Devota Bellezza", François Macé de Lépinay "ha esaminato la tela e ne ha riconosciuto la autografia al Sassoferrato, sottolineandone l'assoluto pregio, la raffinatezza e intensità" (Bardelli 2017, p. 53). Il dipinto raffigura la Madonna in adorazione del Bambino dormiente e deriva da un celebre modello di Guido Reni, di cui Cornelis Bloemart ha realizzato una incisione diffusa a Roma da Giovanni Giacomo de Rossi. Robert Engass ha studiato il successo e la diffusione del modello reniano, attraverso la richiesta di un crescente numero di copie da parte del pubblico. Anche Sassoferrato realizzò numerose copie, tuttavia mai identiche al modello originale. Le versioni note - tra cui la tela di Veneto Banca, la tela della Galleria Parmeggiani di Reggio Emilia, quella della Galleria Nazionale di Roma ed una tela apparsa da Pierre Bergé & Associés (08/12/2017, l. 22) - si distinguono per il diverso uso del colore, sempre brillante e intenso, accentuato in senso teatrale. Il dipinto in asta si caratterizza per l'elevata qualità pittorica e gli intensi contrasti di luce, che fanno risaltare il viso di Maria, le mani giunte, il corpo del bambino e il telo sullo sfondo, donando al dipinto un effetto di preziosa intimità. Come osserva Massimo Pulini, Sassoferrato utilizza "una sorta di triade cromatica equidistante e perfetta": "il bianco, solitamente ingiallito da una goccia di ocra, il blu oltremare, ottenuto tramite un azzurro minerale inconfondibile, e il rosso, mai puro, ma sempre mescolato in piccole dosi a qualche altro colore" (Bardelli 2017, p. 53).
Ringraziamo il Prof. Massimo Pulini per aver ulteriormente confermato la autografia dell'opera. La nostra nota di catalogo è ampiamente debitrice nei confronti di Arianna Bardelli e della scheda da lei curata per la mostra del 2017.