IMPORTANTI DIPINTI ANTICHI | Opere provenienti da una storica collezione romana e altre prestigiose committenze

IMPORTANTI DIPINTI ANTICHI | Opere provenienti da una storica collezione romana e altre prestigiose committenze

martedì 2 dicembre 2025 ore 17:00 (UTC +01:00)
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  • Anonimo greco del XVI secolo () San Marco Evangelista tempera e oro su tavola...
    Lotto 177

    Anonimo greco del XVI secolo
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    San Marco Evangelista tempera e oro su tavola cm 29x22 - con cornice cm 43x35 La piccola tavola proviene dal registro degli Apostoli di un’iconostasi, struttura liturgica che nelle chiese orientali separava il coro dalle navate e che veniva ornata con immagini sacre disposte su architravi e colonne. La figura, identificabile con ogni probabilità come San Marco Evangelista, è rappresentata con un libro, simbolo del suo ruolo di autore del secondo Vangelo.
    L’opera si colloca nell’ambito della pittura greca post-bizantina, verosimilmente realizzata a Creta nella prima metà del XVII secolo. Lo stile, pur fedele ai canoni dell’iconografia bizantina per quanto riguarda la frontalità e la gerarchia compositiva, rivela una certa morbidezza nel volto e una particolare attenzione alla resa plastica del corpo, e in particolare della mano, oltre a un uso più articolato del colore. Elementi analoghi si riscontrano in diverse opere coeve della Scuola cretese, come quelle di Emmanuel Tzanes o Leos Moskos, che mostrano una sensibilità pittorica aggiornata pur restando nella tradizione orientale. già collezione G. Sterbini; collezione Lupi; collezione privata, Roma Pubblicato in Fondazione Zeri n. 116120

  • Anonimo greco del XVI secolo () San Bartolomeo Tempera e oro su tavola cm...
    Lotto 178

    Anonimo greco del XVI secolo
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    San Bartolomeo Tempera e oro su tavola cm 29x22 - con cornice cm 43x35 La piccola tavola proviene dal registro degli Apostoli di un’iconostasi, struttura liturgica che nelle chiese orientali separava il coro dalle navate e che veniva ornata con immagini sacre disposte su architravi e colonne. La figura, identificabile con ogni probabilità come San Bartolomeo, è raffigurata con un’espressione austera e i tratti regolari tipici della sua iconografia canonica, anche se priva di attributi specifici.
    L’opera si colloca nell’ambito della pittura greca post-bizantina, verosimilmente realizzata a Creta nella prima metà del XVII secolo. Lo stile, pur fedele ai canoni dell’iconografia bizantina per quanto riguarda la frontalità e la gerarchia compositiva, rivela una certa morbidezza nel volto e una particolare attenzione alla resa plastica del corpo, in particolare della mano, oltre a un uso più articolato del colore. Elementi analoghi si riscontrano in diverse opere coeve della Scuola cretese, come quelle di Emmanuel Tzanes o Leos Moskos, che mostrano una sensibilità pittorica aggiornata pur restando nel solco della tradizione orientale. già collezione G. Sterbini; collezione Lupi; collezione privata, Roma Pubblciato in Fondazione Zeri n. 116122

  • Scuola russa del XIX secolo () Madonna col Bambino tempera su tavola cm...
    Lotto 179

    Scuola russa del XIX secolo
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    Madonna col Bambino tempera su tavola cm 22,5x18 Si tratta di un’icona russa del XIX secolo raffigurante la Vergine col Bambino, arricchita da una preziosa copertura metallica decorativa, finemente lavorata con tecniche di filigrana e incisione, che conferiscono all’opera un ricco apparato ornamentale. La cornice, concepita per esaltare la sacralità dell’immagine, lascia visibili soltanto i volti e le mani delle figure sacre, sottolineando il ruolo centrale della devozione e della contemplazione nell’arte religiosa ortodossa. già collezione Lupi; collezione Privata, Roma

  • Scuola russa del XIX secolo () Le dodici grandi feste dell'anno liturgico...
    Lotto 180

    Scuola russa del XIX secolo
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    Le dodici grandi feste dell'anno liturgico tempera e oro su tavola cm 42,5x35,5 Questa icona russa del XIX secolo raffigura le cosiddette Dodici Feste, ovvero le principali solennità dell’anno liturgico della Chiesa Ortodossa. La composizione segue una struttura canonica, con dodici riquadri disposti attorno a una scena centrale che rappresenta la Risurrezione di Cristo nella sua forma più diffusa nell’iconografia ortodossa: la Discesa agli Inferi (Anastasis), simbolo della vittoria sulla morte.
    I dodici episodi raffigurati lungo il bordo dell’icona illustrano i momenti più significativi della vita di Cristo (feste despotiche) e della Madre di Dio (feste teomitoriche), offrendo una narrazione visiva e teologica dell’intera economia della salvezza. Ogni scena è contenuta in un proprio riquadro, secondo una disposizione che favorisce la lettura meditativa e liturgica delle immagini.
    L’opera, realizzata nel XIX secolo, riflette lo stile tipico delle icone russe di quell’epoca: composizione ordinata, uso decorativo del colore, dorature abbondanti e figure dal disegno ieratico semplificato, coerente con la produzione seriale delle botteghe attive soprattutto nei centri del Volga e degli Urali, al servizio della devozione privata e dell’ampio mercato religioso dell’Impero Russo. già collezione Lupi; collezione privata, Roma

  • Pittore romano del XVIII secolo () Madonna della Stella col Bambino olio su...
    Lotto 181

    Pittore romano del XVIII secolo
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    Madonna della Stella col Bambino olio su tavola cm 83x63 - con cornice cm 115x83 Si tratta di un’opera di carattere devozionale, probabilmente destinata ad altare laterale o cappella di confraternita. La Madonna e il Bambino sono coronati con corone metalliche in rilievo, elemento che testimonia un culto popolare e la funzione liturgica dell’opera, in una tradizione nata dal gesto devozionale di incoronare la Vergine come segno di venerazione e riconoscimento del suo ruolo di Regina del Cielo. La Vergine, raffigurata in posa ieratica (maiestas) con manto blu decorato da una stella, richiama la specifica iconografia della Madonna della Stella, enfatizzandone il carattere regale e celeste.

    già collezione Lupi; collezione privata, Roma

  • Scuola di Nevyansk dell'inizio del XIX secolo () Entrata di Cristo in...
    Lotto 182

    Scuola di Nevyansk dell'inizio del XIX secolo
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    Entrata di Cristo in Gerusalemme tempera su tavola cm 42x35 La tavola raffigura l’Entrata di Cristo in Gerusalemme, secondo la tradizione iconografica bizantina, reinterpretata nella maniera russa. La composizione, piuttosto inusuale, così come lo stile generale dell’opera, permettono di collocarla nel primo Ottocento e di collegarla con una certa sicurezza all’ambiente iconografico di Nevyansk. In particolare, sono noti due esemplari simili: uno realizzato tra il 1814 e il 1822 nella celebre bottega di Ivan Bogatyrev, l’altro datato 1840 e firmato da Stephan Frolov Berdnikov.
    Le figure allungate, la frontalità ieratica, l’uso dell’oro e la composizione gerarchica richiamano i modelli bizantini, ma sono declinati in uno stile decorativo e tardo-russo che riflette l’evoluzione della pittura sacra nell’area degli Urali in quel periodo. Rispetto alla più arcaica scuola Stroganov, attiva tra i secoli XVII e XVIII, a cui l’opera era stata inizialmente avvicinata, questo dipinto mostra caratteri stilistici e compositivi più coerenti con la produzione del XIX secolo.
    Sul retro, un’iscrizione manoscritta in italiano attribuisce l’opera a un certo 'Meguerditzech' o 'Meguerditsek', nome citato anche nel catalogo redatto da Antoine Munoz per la mostra d’arte italo-bizantina tenutasi alla Badia Greca di Grottaferrata nel 1905, dove l’opera fu esposta come prestito di Giulio Sterbini. Ignoto alla storia dell’arte russa, il nome potrebbe essere frutto di un’invenzione antiquariale, forse funzionale alla commercializzazione dell’opera nel collezionismo europeo del XIX secolo, come suggerisce lo stesso Munoz.
    Proveniente dalla collezione del cardinale Joseph Fesch, l’opera è registrata anche nell’Archivio Zeri come “anonimo russo del XVIII secolo”. già collezione Fesch; collezione G. Sterbini; collezione Lupi; collezione privata, Roma Esposizione d'arte Italo-Bizantina nella Badia Greca di Grottaferrata, Catalogo 1905, Tip. dell'Unione Cooperativa Editrice, Roma, 1905, p. 50, n. 16
    Pubblicato in Fondazione Zeri n. 116124

    Antoine Munoz, L'art byzantin à l'exposition de Grotaferrata, Rome, Danesi Editeur, 1906, p. 21, 25 ripr.

    Bilbiografia di riferimento:

    Bogatyrev: F. Yeremeev (ed.), Nevyansk Icon / Nevyanskaya ikona, Ekaterinburg 1997, Nr. 81, ripr. p. 105
    Berdnikov: idem, Nr. 47, ripr. p. 69

  • Scuola senese del XIV secolo () Noli me tangere, Cristo portacroce tempera e...
    Lotto 183

    Scuola senese del XIV secolo
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    Noli me tangere, Cristo portacroce tempera e oro su tavola cm 76,5x33,5 Questa raffinata tavola, con cornice dorata a pinnacoli gotici, è attribuibile a un artista attivo nella scuola senese della seconda metà del Trecento. L’opera presenta due scene sacre eseguite su fondo oro, con figure eleganti e slanciate, vesti stilizzate dai motivi decorativi minuziosi, tipiche del Gotico senese e delle sue evoluzioni proto-rinascimentali.
    Nella parte inferiore è raffigurato l’episodio del Noli me tangere (Giovanni 20, 11-18): Cristo Risorto appare a destra, mentre Maria Maddalena, inginocchiata a sinistra, cerca di toccarlo. Rivolgendosi a lei, Gesù pronuncia le parole: Non mi trattenere. 
    Lo stile richiama chiaramente l’ambiente pittorico senese, riconoscibile nell’uso dell’oro, nella linearità elegante delle figure e nella narrazione delicata. Si percepiscono influenze di quella raffinata sensibilità formale e spirituale che caratterizzava la produzione artistica del tempo. già collezione G. Sterbini; collezione Lupi; collezione privata, Roma Pubblicato in Fondazione Zeri n. 7297

  • Lippo d'Andrea, detto Pseudo-Ambrogio di Baldese (ambito di) (1370 0 1371 -...
    Lotto 184

    Lippo d'Andrea, detto Pseudo-Ambrogio di Baldese (ambito di)

    (1370 0 1371 - prima del 1471)


    L'opera è corredata da Attestato di Libera Circolazione

    Martirio di San Lorenzo tempera e oro su tavola cm 24,5x65,5 - con cornice cm 36,5x78,5 La tavola, parte di uno spartito di predella, raffigura il martirio di San Lorenzo, rappresentato mentre viene bruciato vivo su una graticola, posto al centro di una composizione fortemente simmetrica. Ai suoi lati si trovano i carnefici intenti nell’esecuzione, mentre un angelo scende dal cielo in segno di intervento divino o di consolazione celeste. La scena è animata da due gruppi laterali: a sinistra, è riconoscibile la figura di Papa Sisto II accompagnato da dignitari e personaggi ufficiali; a destra, un gruppo di soldati tra cui uno con uno scudo recante l’iscrizione SPQR, chiaro riferimento all’autorità romana.

    L’attribuzione all'ambito dello Pseudo Ambrogio di Baldese rimanda a una cerchia di artisti attivi a Firenze tra la fine del XIV e gli inizi del XV secolo, caratterizzata da un linguaggio stilistico che unisce elementi tardogotici con suggestioni proto-rinascimentali. L’opera è stata pubblicata e schedata nell'Archivio Fotografico Federico Zeri (n. 3565), punto di riferimento fondamentale per studi e attribuzioni.


    già collezione G. Sterbini; collezione Lupi; collezione privata, Roma Pubblicato in Fondazione Zeri n. 3565


    Bibliografia di riferimento:

    L. Pisani, Pittura tardogotica a Firenze negli anni trenta del Quattrocento: il caso dello Pseudo‑Ambrogio di Baldese, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, 45, 1/2 (2001), pp. 1‑36

    J. Pope-Hennessy, Italian Gothic Painting, Phaidon Press, 1955

    G. Morelli, La Pittura Gotica a Firenze, Firenze, Sansoni, 1984

  • Pittore Toscano del XIV secolo () Matrimonio mistico di Santa Caterina...
    Lotto 185

    Pittore Toscano del XIV secolo


    L'opera è corredata da Attestato di Libera Circolazione


    Matrimonio mistico di Santa Caterina tempera e oro su tavola cm 96x62 L’opera è stata in passato attribuita a un anonimo senese del XIV/XV secolo oppure a un anonimo pisano del XIV secolo. Federico Zeri non ha specificato a quale dei due autori si riferisse esattamente, lasciando l’attribuzione aperta. La datazione risulta oggi difficile da definire con precisione, in parte a causa di un intervento di restauro successivo, che ha potenzialmente alterato alcune caratteristiche stilistiche originarie. Nonostante ciò, l’ipotesi di un artista toscano, tra Siena e Pisa, si mantiene fondata su elementi iconografici e stilistici tipici della tradizione toscana, come l’uso raffinato dell’oro e la delicata resa dei volti e dei panneggi, in particolare nella veste della santa Caterina. già collezione G. Sterbini; collezione Lupi; collezione privata, Roma Pubblicato in F. Zeri n. 7408

  • Giovanni Antonio Sogliani (Firenze 1492 - Firenze 15 luglio 1544) Cristo...
    Lotto 186

    Giovanni Antonio Sogliani
    (Firenze 1492 - Firenze 15 luglio 1544)
    Cristo risorto mostra le sue piaghe olio su tavola cm 70x57 - con cornice cm 96,5x73,5 Il dipinto raffigura Cristo incoronato di spine con intensità drammatica e controllo formale, esemplificando la pittura devozionale di Giovanni Antonio Sogliani. Il fondo verde scuro crea un forte contrasto con il capo raggiato d’oro, che Venturi descrive come illuminante l’oscurità e formando “un aere vaporoso d’un color d’alga bagnata”, mentre le carni, brune e lisce, e la capigliatura fulva, tendente al rossiccio, evidenziano la sua raffinata gestione del colore; come già notava Venturi nel 1906, l’opera mantiene oggi colori ancora vivi e luminosi. La veste rossa è trattata con gradazioni chiare nelle pieghe, e le mani, così come il volto, conservano “la bellezza leonardesca, la dolcezza e profondità della sua espressione”, pur con una certa ammanieratezza delle forme e freddezza cromatica. Interessante è notare come la costruzione del corpo e la prospettiva delle spalle del Cristo possano essere messe a confronto con la figura del San Francesco nella Madonna delle Grazie, opera abbozzata da Andrea del Sarto e completata da Sogliani, oggi conservata nella quarta campata della navata laterale destra del Duomo di Pisa, evidenziando la continuità stilistica e la capacità dell’artista di assimilare la lezione del maestro fiorentino. 
    Allievo di Lorenzo di Credi e attivo principalmente a Firenze, Sogliani si formò in un ambiente influenzato dalla scuola di Leonardo e dalla tradizione pittorica fiorentina, lavorando prevalentemente su commissioni religiose per pale d’altare, affreschi e opere devozionali, tra cui interventi per il convento di San Marco e la Certosa del Galluzzo.


    già collezione G. Sterbini; collezione Lupi; collezione privata, Roma Pubblicato in Fondazione Zeri n. 33194

    A. Venturi, La Galleria Sterbini in Roma. Saggio illustrativo, 1906, pp. 139-141, n. 34 fig. 59

  • Marco Cardisco, detto Marco Calabrese (attribuito a) (Tiriolo 1486 ca. -...
    Lotto 187

    Marco Cardisco, detto Marco Calabrese (attribuito a)
    (Tiriolo 1486 ca. - Napoli 1542)
    Madonna col Bambino in Gloria olio su tavola centinata cm 164x113 - con cornice cm 176x125,5 Marco Cardisco è stato un pittore calabrese, attivo principalmente a Napoli e membro della Corporazione dei pittori napoletani, nonché uno dei pochi artisti meridionali citati da Giorgio Vasari nelle Vite. Si formò a Napoli aggiornandosi sugli stilemi della pittura iberico-lombarda e sui primi tentativi di un ingenuo raffaelismo locale, ricevendo influenze decisive da Polidoro da Caravaggio. La sua attività documentata inizia nel 1520 e si sviluppa tra Napoli, Roma e altre località del Sud Italia. Tra le sue opere principali si ricordano la Madonna in gloria col Bambino e San Giovannino, la Disputa di S. Agostino a Capodimonte e il ciclo della cappella della Concezione (o Turchi) in Trinità dei Monti a Roma. Fu anche maestro di Pietro Negroni e console della Corporazione dei pittori napoletani fino alla morte nel 1542.
    Quest'opera si colloca intorno al 1530, periodo in cui Marco Cardisco esprime uno stile elegante, equilibrato e luminoso, con influenze leonardesche e romane filtrate attraverso la sensibilità napoletana. L’artista bilancia devozione e armonia formale, prestando particolare attenzione al colore e alla resa emotiva dei personaggi sacri.
    La tavola raffigura un’iconografia molto diffusa: la Madonna siede sulle nuvole ed è circondata da angeli, mentre tiene in braccio il Bambino Gesù. Il dipinto si distingue per una composizione equilibrata e centrale, con la Vergine piuttosto monumentale ma non rigidamente classica, caratterizzata per la morbidezza delle forme. Il Bambino, dal volto dolce e giovanile, è collocato al centro e, insieme ai cherubini che lo circondano, mostra uno sguardo dolce e giovanile. I cherubini intorno alla Vergine e al Bambino sembrano creare un gioco di sguardi, contribuendo a rendere la scena più armoniosa e viva. Lo spazio appare compatto e poco profondamente prospettico, tipico della pittura del Sud Italia del periodo.
    Lo stile riflette l’interpretazione della 'maniera moderna', influenzata da artisti come Polidoro da Caravaggio e Cesare da Sesto e si può confrontare con la Madonna in gloria col Bambino e San Giovannino 1525-30 ca. in Collezione Borbone al Museo di Capodimonte per la composizione centrale e equilibrata, la monumentalità armoniosa delle figure, l’uso luminoso del colore, la morbidezza dei volumi e la resa emotiva dei personaggi, in particolare nel rapporto tra la Vergine, il Bambino e gli angeli, che creano un gioco di sguardi e relazioni molto vivo e coinvolgente. già collezione G. Sterbini; collezione Lupi; collezione privata, Roma Pubblicato in Fondazione Zeri n. 38093

    A. Venturi, La Galleria Sterbini in Roma. Saggio illustrativo, 1906, pp. 196-199, n. 50 fig. 81

  • Giacomo Raibolini, detto Giacomo Francia (Bologna 1484 - Bologna 3 gennaio...
    Lotto 188

    Giacomo Raibolini, detto Giacomo Francia

    (Bologna 1484 - Bologna 3 gennaio 1557)


    L'opera è corredata da Attestato di Libera Circolazione

    Sacra Famiglia con Santa Caterina d'Alessandria e San Giovannino olio su tavola cm 102,5x71,5 - con cornice cm 126x96 Questa intensa scena sacra raffigura il Matrimonio mistico di Santa Caterina d'Alessandria, soggetto devozionale molto diffuso tra la fine del Quattrocento e l'inizio del Cinquecento. L'opera si distingue per la delicatezza dei gesti e la disposizione equilibrata dei personaggi. A sinistra, inginocchiata in atteggiamento devoto, Santa Caterina sostiene la palma del martirio con la mano poggiata sulla ruota del suo supplizio. Al centro della scena siede la Vergine Maria, serena e composta, che sorregge in grembo Gesù Bambino, il quale prende il volto della santa tra le mani e si inclina per baciarla, un atto che sostituisce il più comune simbolo dell'anello nuziale e accentua la dimensione mistica dell'unione spirituale tra la santa e Cristo.

    Alla destra della Vergine, San Giovannino indica Gesù con un gesto eloquente. Questo gesto è accompagnato dall'iscrizione in basso: "Ecce Agnus Dei, (qui tollit) peccata mundi - Ecco l'Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo -, tratta dal Vangelo di Giovanni (1,29), che rafforza la funzione profetica del Battista e sottolinea la centralità di Cristo nella scena. San Giuseppe, assorto e silenzioso, osserva la scena con sguardo contemplativo.

    Sosteniamo l'attribuzione fatta in passato da Federico Zeri a Giacomo Francia, in quanto il dipinto presenta tratti stilistici coerenti con la produzione del pittore bolognese. Giacomo Raibolini, noto come Giacomo Francia, fu attivo a Bologna nella prima metà del Cinquecento. Dopo la morte del padre Francesco Francia (1517), proseguì l’attività della bottega familiare insieme al fratello Giulio, contribuendo a diffondere e aggiornare il linguaggio pittorico ereditato, in dialogo con le novità del Rinascimento maturo. La sua opera si caratterizza per una pittura equilibrata, dai toni delicati, attenta alla grazia delle figure e alla compostezza delle composizioni. Quest'opera trova paragone con altre rappresentazioni dello stesso soggetto, in particolare quelle conservate presso la Pinacoteca Nazionale di Bologna e la Pinacoteca Nazionale di Cracovia, evidenziando la continuità stilistica e la capacità dell’artista di armonizzare devozione, compostezza e lirismo.

    Numerose opere di Giacomo Francia sono oggi conservate presso la Pinacoteca Nazionale di Bologna, la Galleria Nazionale di Parma e in collezioni pubbliche e private in Italia e in Europa, testimoniando la diffusione e l’apprezzamento della sua pittura equilibrata e raffinata nel contesto del Rinascimento bolognese maturo.


    già collezione G. Sterbini; collezione Lupi; collezione privata, Roma Pubblicato in Fondazione Zeri n. 29068


    Bibliografía di riferimento:

    Michael Bryan, Dictionary of Painters and Engravers, Biographical and Critical (Volume II L-Z), a cura di Walter Armstrong & Robert Edmund Graves, York St. 4, Covent Garden, London; Original from Fogg Library, Digitalizzato 18 maggio 2007, George Bell and Sons, 1889, p. 341

    E. Negro, N. Roio, Francesco Francia e la sua scuola, Bologna: Consorzio fra le banche popolari dell'Emilia Romagna-Marche, 1998, monografia, 1998, 285, a cura di Vera Fortunati Pietrantonio, Casalecchio di Reno Grafis, 1986, monografia, 1986, Giacomo e Giulio Raibolini detti i Francia, pp. 29-57

  • Pittore dell'Italia settentrionale tra il XV e il XVI secolo () Madonna col...
    Lotto 189

    Pittore dell'Italia settentrionale tra il XV e il XVI secolo


    L'opera è corredata da Attestato di Libera Circolazione

    Madonna col Bambino e San Giovannino tempera su tavola cm 71x54 - in cornice cm 115x98 La Madonna è raffigurata a mezza figura, con il Bambino in braccio e San Giovannino accanto. La Vergine, dal volto dolce e assorto, indossa una veste rossa con manto azzurro ornato sul petto da un cherubino alato, ornamento sacro che rimanda al suo titolo di Regina degli Angeli e alla sua mediazione tra il cielo e la terra, motivo molto usato nella pittura rinascimentale, spesso ripreso anche in scultura e oreficeria. Il Bambino, nudo, è in piedi sulle ginocchia della madre e benedice con la mano destra, mentre San Giovannino osserva la scena in atteggiamento devozionale.

    Sul fondo si estende un paesaggio collinare luminoso, dominato da tonalità azzurre e verdi. A sinistra è raffigurata la scena della Fuga in Egitto, con la Vergine sull’asino guidato da San Giuseppe lungo una strada sinuosa che conduce a un borgo fortificato con torri e case. Al centro si apre un corso d’acqua attraversato da ponti e costeggiato da edifici, mentre a destra compaiono barche a remi e alcune costruzioni isolate. Le colline lontane, che sfumano nell’azzurro, ricordano i paesaggi ideali veneti cari a Cima da Conegliano e alla pittura rinascimentale del Nord Italia.

    L’opera si inserisce tra il tardo Quattrocento e il primo Cinquecento, nell’ambito del Rinascimento italiano centro-settentrionale. Per le caratteristiche stilistiche, come la dolcezza dei volti e il paesaggio luminoso e dettagliato, si ravvisano influenze riconducibili a scuole padane o venete, in particolare a Cima da Conegliano, ma anche a maestri umbri o toscani, come Francesco Francia. Collezione Lupi; collezione privata, Roma

  • Arcangelo di Jacopo del Sellaio (Firenze 1477/78 - 1530 Firenze) Madonna col...
    Lotto 190

    Arcangelo di Jacopo del Sellaio

    (Firenze 1477/78 - 1530 Firenze)


    L'opera è corredata da Attestato di Libera Circolazione

    Madonna col Bambino e San Giovannino tempera su tavola centinata cm 59,5x43 - con cornice cm 109x80 Figlio del pittore Jacopo del Sellaio, Arcangelo ne proseguì la bottega dopo la morte del padre nel 1493, mantenendo uno stile legato alla tradizione familiare, fondato su compostezza formale, eleganza lineare e colori limpidi. Pur attento alle novità del primo Cinquecento, conservò un linguaggio intimo e devozionale, con figure dolci e gesti misurati. Una parte della sua produzione, in passato riferita al cosiddetto 'Maestro del Tondo Miller', dal nome di una tavola oggi conservata agli Harvard Art Museums di Boston, è stata definitamente ricondotta al pittore dagli studi di Nicoletta Pons (1996), che ne ha delineato con maggiore chiarezza il catalogo.


    Questa tavola è documentata nell’Archivio Zeri come Madonna col Bambino. Dopo una pulitura è riemersa la figura del san Giovannino, restituendo la composizione originaria e confermando l’attribuzione ad Arcangelo di Jacopo del Sellaio.

    La Vergine, avvolta in un manto blu e un velo rosato, tiene in grembo il Bambino Gesù che, fasciato, afferra con gesto affettuoso il velo materno. Alle sue spalle compare il piccolo san Giovanni Battista, riconoscibile dal cartiglio ECCE AGNUS DEI. Sullo sfondo, un paesaggio sereno di colline e alberi contribuisce all’atmosfera raccolta, tipica della pittura devozionale privata. già collezione G. Sterbini; collezione Lupi; collezione privata, Roma Pubblicato in Fondazione Zeri n. 17129


    Bibliografía di riferimento:

    N. Pons, Arcangelo di Jacopo del Sellaio, in Arte Cristiana, vol. 84, n. 776 (settembre-ottobre 1996), pp. 374-388

  • Raffaello Sanzio (cerchia di) (Urbino 1483 - Roma 1520) Madonna col Bambino e...
    Lotto 191

    Raffaello Sanzio (cerchia di)
    (Urbino 1483 - Roma 1520)
    Madonna col Bambino e San Giovannino olio su tavola cm 37,5x31 - con cornice 53x46 Questo piccolo dipinto raffigura la Madonna col Bambino e san Giovannino, secondo uno schema compositivo derivato dalla celebre Madonna Aldobrandini (nota anche come Madonna Garvagh) di Raffaello Sanzio, oggi conservata alla National Gallery di Londra. La Vergine, seduta in un interno aperto su un paesaggio lacustre con architetture lontane, tiene in braccio il Bambino nudo che prende un garofano, tradizionalmente simbolo dell'amore divino e della Passione, dalla mano del suo cugino Giovanni Battista, il quale ricambia il gesto con un moto di tenera devozione. La composizione, di impostazione piramidale e raccolta, rivela la piena assimilazione del linguaggio raffaellesco maturo: la morbidezza dei volti, la purezza dei gesti e la serena armonia dei colori rimandano agli anni in cui Raffaello era impegnato nella decorazione delle Stanze Vaticane. Questo dipinto, pur derivando fedelmente dal modello raffaellesco, presenta una resa più rigida nei contorni e una cromia più intensa, elementi che fanno pensare alla mano di un seguace di Raffaello, probabilmente attivo a Roma nei primi decenni del Cinquecento. Si tratta tuttavia di un dipinto di notevole qualità esecutiva, che testimonia una profonda assimilazione del linguaggio di Raffaello e ne traduce la grazia in una dimensione più intima e affettuosa, coerente con la destinazione devozionale domestica dell’immagine, analoga a quella dell’originale conservato alla National Gallery di Londra.

    già collezione G. Sterbini; collezione Lupi; collezione privata, Roma Pubblicato in Fondazione Zeri n. 30825

  • Michele Coltellini (1480 circa - 1542) Madonna con Bambino in gloria con San...
    Lotto 192

    Michele Coltellini
    (1480 circa - 1542)
    Madonna con Bambino in gloria con San Giacomo Maggiore, San Girolamo, Santa Caterina d'Alessandria e San Bernardino da Siena olio su tavola centinata cm 40,5x26 - con cornice cm 52x38,5 La Vergine, incoronata e assisa su nubi tra angeli musicanti, tiene in braccio il Bambino benedicente. In basso, san Girolamo e santa Caterina d’Alessandria, in primo piano, si volgono verso la visione celeste, immersi in un paesaggio limpido di gusto nordico. L’opera riflette la cultura figurativa di Francesco Coltellini, pittore attivo principalmente a Ferrara agli inizi del Cinquecento, la cui formazione si alimenta alle fonti fiamminghe e alla conoscenza delle incisioni di Martin Schongauer, con echi anche della grafica di Dürer. L’interesse per il dettaglio minuzioso, i panneggi taglienti e il paesaggio di fondo, costruito con una luce tersa e cristallina, rimandano a tali modelli nordici, reinterpretati in chiave locale. La composizione, equilibrata e solenne, testimonia il gusto per la narrazione serena e la chiarezza formale che caratterizzano la produzione giovanile dell’artista. Tali qualità emergono con particolare evidenza nella Morte della Vergine (1502, Pinacoteca Nazionale di Bologna), prima opera datata di Coltellini, nella quale si avvertono anche richiami alla bottega di Ercole de’ Roberti e alla lezione prospettica e plastica di Mantegna, reinterpretate con sensibilità analitica e attenzione alla costruzione spaziale.

    già collezione G. Sterbini; collezione Lupi; collezione privata, Roma Pubblicato in Fondazione Zeri n. 40262

    Bibliografia di riferimento:
    S. Zamboni, Pittori di Ercole I d'Este : Giovan Francesco Maineri, Lazzaro Grimaldi, Domenico Panetti, Michele Coltellini, Milano, Silvana Ed., stampa 1975
    M. Lucco, La pittura a Bologna nel Quattrocento, Bologna, 1990
    Catalogo generale della Pinacoteca Nazionale di Bologna, Bologna, 1998, ad vocem Coltellini

  • Lorenzo di Credi (bottega di) (Firenze 1459/1460 - Firenze 1537) Madonna in...
    Lotto 193

    Lorenzo di Credi (bottega di)

    (Firenze 1459/1460 - Firenze 1537)


    L'opera è corredata da Attestato di Libera Circolazione

    Madonna in adorazione del Bambino con San Giovannino e un angelo olio su tavola diametro cm 92 - con cornice diametro cm 130 Il tondo raffigura la Vergine inginocchiata in adorazione del Bambino, accompagnata dal piccolo san Giovannino e da un angelo, secondo un modulo compositivo di intimità e raccoglimento tipico della bottega di Lorenzo di Credi. La scena si svolge in un paesaggio idealizzato, costruito su piani paralleli e geometricamente disposti, con un lago e monti nel lontano, secondo il gusto prospettico della scuola fiorentina del tardo Quattrocento.

    La dolcezza dei volti, il modellato morbido e la cura meticolosa dei dettagli – visibile nei fiorellini dai petali trasparenti e nelle lumeggiature dorate dei capelli e dei nimbi – rimandano direttamente alla lezione di Lorenzo di Credi, mentre alcune differenze, quali la struttura più compatta delle figure, le ombre bruciate e la gamma coloristica più intensa, fanno pensare alla mano di un suo stretto seguace. Venturi (1906) segnalava infatti l’esistenza di opere affini, caratterizzate da un colorismo più smaltato e da un’accentuata rigidità plastica, prive della “colorazione chiara e fredda” tipica del maestro.

    L’intonazione cromatica, dominata dal blu profondo della tunica della Vergine, dal verde acceso del manto con risvolti chiari e dal rosso rubino del mantello di san Giovannino, conferisce all’insieme una preziosità luminosa che richiama la produzione più raffinata della cerchia crediana.

    Come osservato già da Venturi, diversi tondi di analogo carattere, già attribuiti a Lorenzo di Credi o alla sua bottega, presentano affinità con l’opera in esame, in particolare nella resa levigata delle carni e nei contorni netti e metallici dei capelli. Venturi menziona esempi analoghi nella Cattedrale di Pistoia (già ascritta a Lorenzo di Credi, ma da lui esclusa per l’intensità degli scuri), nella collezione Dreyfuss a Parigi e nella collezione del Museo di Monaco di Baviera.



    già collezione G. Sterbini; collezione Lupi; collezione privata, Roma Pubblicato in Fondazione Zeri n. 13082

    Claudio Falcucci MIDA, indagine diagnostiche, analisi di fluorescenza dei raggi X (XRF), Roma, luglio 2025


    A. Venturi, La Galleria Sterbini in Roma. Saggio illustrativo, 1906, pp. 130-133, n. 31, fig. 55

    G. Dalli Regoli, Lorenzo di Credi, 1966, p. 194 n. 265 ill.

    M. Hauptmann, Der Tondo, Ursprung, Bedeutung und Geschichte des Italienischen Runbildes in Relief und Malerei, 1936, Vittorio Klostermann Frankfurt am man, pp. 175-288


  • Antonio di Benedetto degli Aquili, detto Antoniazzo Romano e collaboratori...
    Lotto 194

    Antonio di Benedetto degli Aquili, detto Antoniazzo Romano e collaboratori
    (1430-1435 ca. - Roma 1508)
    Cristo coronato di spine olio su tavola cm 37,5x27 - con cornice cm 71x59 Antonio di Benedetto Aquilio, detto Antoniazzo Romano (attivo a Roma tra il 1460 e il 1508), fu il principale interprete del Rinascimento romano prima dell’arrivo di Raffaello, capace di tradurre i modelli medievali in un linguaggio umanistico di raffinata spiritualità. Quest’opera riflette pienamente la sua direzione artistica e può essere ricondotta all’attività della sua bottega, nella quale la partecipazione dei collaboratori è tuttavia guidata da una chiara impronta del maestro. Il volto di Cristo, dal modellato morbido e dalla malinconica compostezza, manifesta con evidenza la mano e la supervisione di Antoniazzo, nella tipica fusione tra la ieraticità bizantina e la grazia umanistica del Quattrocento romano. La calibrata modulazione dei toni caldi dell’incarnato, il rosso profondo della veste e l’uso misurato dell’oro rivelano la tavolozza sobria ma luminosa del maestro. 
    L'iconografia del Redentore traduce in forme moderne il modello dell’icona Acheropita del Sancta Sanctorum lateranense, e conta numerosi copie della scuola di Antoniazzo in prevalenza nel reatino [a Zagarolo (1497), Castelnuovo di Porto (1501), Moricone, Nemi, Stimigliano]. Il formato ridotto fa pensare ad una tavoletta portatile destinata al culto privato.
    La regolarità delle ciocche, la finezza dei lineamenti e la compostezza dello sguardo trovano riscontro in opere come il Cristo Redentore benedicente della Collegiata di San Lorenzo a Zagarolo e nei numerosi Volti delle Madonne col Bambino di Roma (San Nicola in Carcere, affresco staccato) e del Museo Civico di Velletri, dove si ritrova la medesima sintesi di spiritualità bizantina e armonia rinascimentale che caratterizza la poetica più alta di Antoniazzo.

    Di particolare interesse è la corona di spine, rarissima nell’opera di Antoniazzo e forse un unicum nel suo catalogo, che aggiunge al volto del Redentore un’intensità drammatica insolita, pur mediata dalla consueta solennità iconica dell’artista. Le lettere dorate che ornano il colletto, non riconducibili a un alfabeto reale, assumono un valore ornamentale e calligrafico, evocando una dimensione sacrale più che narrativa.


    L’attribuzione ad Antoniazzo Romano e collaboratori è stata proposta dalla Prof.ssa Anna Cavallaro, che si ringrazia per la cortese comunicazione. già collezione Lupi; collezione privata, Roma Bibliografia di riferimento:
    A. Cavallaro, Antoniazzo Romano pittore “dei migliori che fussero allora in Roma”, in
    Antoniazzo Romano ‘pictor urbis’, catalogo della mostra (Roma, Palazzo Barberini, 1
    novembre 2013-2 marzo 2014), a cura di A. Cavallaro, S. Petrocchi, Cinisello Balsamo,
    Silvana Editore, 2013, pp. 20-47.

  • Pittore fiorentino della seconda metà del XVI secolo () Ritratto di Cavaliere...
    Lotto 195

    Pittore fiorentino della seconda metà del XVI secolo
    ()
    Ritratto di Cavaliere dell'Ordine di Malta olio su tavola cm 108,5x78,5 - con cornice cm 135x110 Datato in basso a destra Anno 1572

    Il dipinto raffigura un cavaliere dell’Ordine di Malta (già noto come Ordine di San Giovanni di Gerusalemme), riconoscibile dalla croce ottagona bianca appesa a una catena dorata. Il soggetto, ritratto a mezza figura su fondo scuro con tendaggi, indossa un abito nero con colletto in pizzo, in linea con la moda aristocratica del tardo Cinquecento. La posa composta e il gesto della mano destra suggeriscono un ritratto di rappresentanza, di tono ufficiale.
    L’opera è stata attribuita in passato a Francesco Salviati (1510–1563), importante esponente del manierismo fiorentino, e con tale attribuzione schedata e pubblicata nell’Archivio Fotografico Federico Zeri. Tuttavia, l’iscrizione con data '1572', posteriore alla morte dell’artista, rende tale attribuzione improbabile. Stilisticamente, l’opera richiama ancora l’eleganza grafica e la solennità della ritrattistica salviatesca, ma si avvicina piuttosto alla pittura di ambito toscano della generazione successiva, in particolare a pittori come Mirabello Cavalori o alla cerchia italiana di El Greco.
    Il soggetto potrebbe essere identificato con Vincenzo Anastagi, noto cavaliere dell’Ordine, già ritratto da El Greco intorno al 1572. Non si esclude tuttavia che possa trattarsi di un altro membro di alto rango dell’Ordine (un commendatore o un balì) la cui identità resta al momento ignota. già collezione G. Sterbini; collezione Lupi; collezione, privata, Roma Pubblicato in Fondazione Zeri n. 35942
    Bibliografia di riferimento:
    Sillato, Marina. I Cavalieri di Malta nella pittura italiana del Cinquecento. Firenze, Olschki, 2004
    Brown, Jonathan. El Greco and His School. Princeton University Press, 1982.
    Freedberg, Sydney J. Painting in Italy, 1500–1600. Penguin, 1993 (capitolo su Francesco Salviati e la ritrattistica manierista)

  • Pittore ferrarese del XVI secolo () Ritratto di gentiluomo olio su tela cm...
    Lotto 196

    Pittore ferrarese del XVI secolo
    ()
    Ritratto di gentiluomo olio su tela cm 104x80 - con cornice cm 117x91,5 Opera realizzata come derivazione dal celebre Ritratto di Federico II Gonzaga di Tiziano (1529, Museo del Prado, Madrid). Sebbene non raggiunga la perfezione dell’originale, il dipinto offre una preziosa testimonianza della circolazione dell’immagine tizianesca e della sua influenza sul gusto e sulla ritrattistica del periodo, rappresentando un collegamento diretto con la grande tradizione veneziana del Cinquecento. già collezione Lupi; collezione privata, Roma

  • Pittore del XVI secolo (0 - 0) Madonna col Bambino, Santa Elisabetta e San...
    Lotto 197

    Pittore del XVI secolo
    (0 - 0)
    Madonna col Bambino, Santa Elisabetta e San Giovannino olio su tavola cm 75x62 - in cornice cm 106x94 già collezione G. Sterbini; collezione Lupi; collezione privata, Roma Pubblicato in F. Zeri n. 87037

  • Niccolò Frangipane (Padova? 1555 - 1600) Cristo portacroce olio su tela cm...
    Lotto 198

    Niccolò Frangipane
    (Padova? 1555 - 1600)
    Cristo portacroce olio su tela cm 66x84 - con cornice cm 87x106,5 Registrata nella Fototeca Zeri con scheda n. 39114, l’opera, già in collezione Sterbini, raffigura Cristo nell’atto di portare la croce, in composizione rappresentativa del repertorio veneto di Nicolò Frangipane (1555‑1600). Artista attivo tra Venezia e Udine, Frangipane è noto per la sua produzione religiosa e per la capacità di unire modelli tardo-cinquecenteschi veneziani a una resa attenta dei dettagli anatomici e della luce. La scena mette in evidenza la sensibilità luministica e la cura del dettaglio anatomico, richiamando modelli veneziani della sua epoca. già collezione G. Sterbini; collezione Lupi; collezione privata, Roma Pubblicato in Fondazione Zeri n. 39114

  • Benedetto Coda (attribuito a) (Treviso 1492 ca. - Rimini 1535 ca.) Cantori in...
    Lotto 199

    Benedetto Coda (attribuito a)
    (Treviso 1492 ca. - Rimini 1535 ca.)
    Cantori in Concerto olio su tela cm 91x105 - con cornice cm 103x117 Il dipinto, attribuito a Benedetto Coda, raffigura un gruppo di cantori disposti su un unico piano visivo, di fronte a un fondo neutro. Le figure, variate nelle altezze ma accomunate da una disposizione ordinata e calibrata, si concentrano su un unico atto musicale, suggerendo una comunione raccolta e silenziosa più che un’esibizione sonora.
    Le espressioni dei volti, lievemente abbassati e composti in un sentimento di meditazione o assorta partecipazione, trovano un parallelo evidente nel Compianto sul Cristo morto nella lunetta della Basilica del Monte a Cesena. Anche lì, i personaggi manifestano un’emozione trattenuta, quasi cristallizzata, coerente con l'“arcaismo devozionale” che caratterizza gran parte della produzione dell’artista.
    Attivo tra la fine del Quattrocento e il secondo decennio del Cinquecento tra Rimini, Cesena e Pesaro, Coda sviluppò uno stile personale, segnato da una forte adesione a modelli devozionali e da un’attenzione costante alla chiarezza compositiva.


    già collezione Lupi; collezione privata, Roma

  • Carlo Maratta (bottega di) (Camerano 15 maggio 1625 - Roma 15 dicembre 1713)...
    Lotto 200

    Carlo Maratta (bottega di)
    (Camerano 15 maggio 1625 - Roma 15 dicembre 1713)
    Madonna dalla mela olio su tela cm 99x74,5 - con cornice cm 118x89 La tela replica una riuscita composizione di Carlo Maratta, che realizzò almeno due versioni di questo tema, una conservata a Firenze presso la Biblioteca Nazionale e l’altra nella collezione dei Duchi d’Alba a Madrid, Palacio Liria. Maratta fu il pittore più influente della Roma tra il tardo Seicento e l’inizio del secolo successivo, e la sua bottega attrasse numerosi artisti che modellavano il proprio stile sul maestro. Per questo motivo risulta difficile distinguere le opere della bottega da quelle di Maratta stesso, come nel caso della nostra tela, che proviene dalle collezioni del Cardinale Fesch e di Giulio Sterbini, e di un’ulteriore versione visibile a Roma nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva. già collezione Fesch; collezione G. Sterbini; collezione Lupi; collezione privata, Roma Pubblicato in Fondazione Zeri n. 49907

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IMPORTANTI DIPINTI ANTICHI | Opere provenienti da una storica collezione romana e altre prestigiose committenze

Roma, Palazzo Celsi - Corso Vittorio Emanuele II, 18, 2 Dicembre 2025

TORNATA UNICA: 02/12/2025 Ore 17:00

Esposizione

Da Giovedì 27 a Domenica 30 Novembre 2025 dalle 10 alle 19, Lunedì 1 Dicembre 2025 dalle ore 10 alle 13.

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  • 2 dicembre 2025 ore 17:00 IMPORTANTI DIPINTI ANTICHI | Sessione unica (177 - 253)

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