Asta N. 14 - Arte Antica, Moderna e Contemporanea
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Lotto 1 QUADRATURISTA seguace di Viviano Codazzi Seconda metà del XVII secolo Veduta di un portico con arcate su un giardino Olio su tela, cm 45 x 57
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Lotto 2 Scuola romana Seconda metà del XVII secolo Paesaggio con castello e cacciagione. Olio su tela, cm 74 x 99
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Lotto 3 Scuola romana Seconda metà del XVII secolo Paesaggio con cacciagione. Olio su tela, cm 74 x 99
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Lotto 4 PITTORE VENETO XVIII SECOLO Ritratto di nobildonna con perle Olio su tela ovale, cm 100 x 80 Provenienza Collezione Ciardi Villa Baciocchi, Villa Vicentina Collezione privata Villa Baciocchi, Villa Vicentina
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Lotto 5 PITTORE VENETO XVIII SECOLO Ritratto di cardinale Olio su tela, ovale cm 100 x 80 Provenienza Collezione Ciardi Villa Baciocchi, Villa Vicentina Collezione privata Villa Baciocchi, Villa Vicentina
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Lotto 6 GIOVANNI BATTISTA LANGETTI (attr.) Genova 1635 - Venezia 1676 Episodio tratto dalle storie di Diogene Olio su tela, cm 107 x 133,7 In questa sede si vuole riferire l’opera in oggetto al Langetti; efficaci risultano i confronti con opere simili, come il Diogene ed Alessandro della Fondazione Querini Stampalia a Venezia, una Morte di Archimede passsato all’incanto presso Art Consulting a Brno il 10.11.2010 e una tela con Giuseppe interpreta i sogni del coppiere e del panettiere passato in asta Christie’s 10.07.2014.
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Lotto 7 Cerchia di Francesco Albani Marte e Venere con amorini Olio su tavola, cm 61 x 55 Cornice in legno dorato e guantiera Il dipinto riprende lo schema tipico delle composizioni dell’Albani, con figure degli incarnati luminosi e torniti e grande preponderanza data al paesaggio. E’ ipotizzabile che figure e paesaggio spettino a due mani diverse. L’opera è in ottimo stato di conservazione sia nella pellicola pittorica che nel supporto costituito da tre tavole di pioppo
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Lotto 8 FRANZ KAISERMANN Yverdon 1765 - Roma 1833 Vista del Foro Romano con figure, 1793 Acquerello su carta, cm 70 X 90 Firma poco leggibile e data in basso a sinistra
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Lotto 9 MANIERISTA ROMANO Seconda metà del XVI secolo Marte e Venere olio su tela, cm 80 x 120 Il dipinto si avvicina ai modi di Niccolò Circignani, detto il Pomarancio, nella stesura cromatica vivace e dai forti contrasti di tonalità pastello e per il movimento a serpentina delle figure tipico del manierismo toscano e romano della seconda metà del XVI secolo. Il dipinto è stato recentemente sottoposto a pulitura ed è in ottimo stato di conservazione.
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Lotto 10 SCUOLA NAPOLETANA seguace di Luca Giordano seconda metà del XVII secolo. Venere ordina all’officina di Vulcano le armi per Enea Olio su tela, cm 120 x 175
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Lotto 11 SCUOLA BOLOGNESE, cerchia di Benedetto Gennari Seconda metà del XVII secolo San Girolamo scrivente Olio su tela, cm 95,5 x 131,5
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Lotto 12 SCUOLA ROMANA prima metà del XIX sec. Veduta del Colosseo dal tempio di Venere e Roma Olio su tela, cm 60,5 x 38,5
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Lotto 13 SCUOLA ROMANA Prima meta del XIX sec. Veduta di Castel Sant’Angelo, ponte Sant’Angelo e la basilica di San Pietro in Vaticano Olio su tela, cm 56,4 x 41,2
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Lotto 14 GIUSEPPE BARTOLOMEO CHIARI (attr.) Roma 1654 - 1727 Il bagno di Betsabea olio su tela, cm 110 x 150 Il dipinto mostra caratteri tipici del tardo cortonismo romano, vena mescolata anche a una ripresa di stilemi classicisti che vanno dal Sacchi fino al Reni, Annibale Carracci, Maratta. La costruzione simmetrica e bilanciata delle figure e il loro perfetto accordarsi alle architetture di fondo, dove dominano due colonne e, a sinistra, una fontana con un putto sopra un delfino, ne fa un’opera armonica e tipicamente romana. Queste caratteristiche inducono a pensare che la tela in oggetto possa essere riferita al Chiari, allievo appunto del Maratta, in una fase giovanile e maggiormente cortonesca collocabile nell’ultimo ventennio del XVII secolo. Confronti possibili sono con opere note del Chiari come la Susanna e i Vecchioni al Walters Art Museum di Baltimora, il Riposo dalla fuga in Egitto al Bob Jones University Museum and Gallery di Greenville (SC) e una bella figura femminile allegorica segnalata nella fototeca Zeri al n.47965. Il dipinto è in perfetto stato di conservazione.
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Lotto 15 MAESTRO CARAVAGGESCO della cerchia di Lionello Spada Primo trentennio del XVII secolo San Girolamo traduce la bibbia Olio su tela, cm 99,2 x 126 Questo raro San Girolamo di grande formato deriva senza dubbio dal prototipo di Lionello Spada conservato presso la basilica di San Petronio a Bologna, una delle più note rappresentazioni di un soggetto tra i più interpretati nella pittura barocca italiana ed europea. La straordinaria invenzione del San Girolamo sdraiato a Bologna, dove lo Spada regala tocchi di ironia come negli occhiali da studioso che fa indossare al santo, viene ripresa dal nostro anomimo maestro emiliano in una chiave più classica e composta e senz’altro meno brillante dell’illustre collega, nondimeno priva di una certa originalità, come nel leone ai piedi del santo. La materia del dipinto, spessa e dalla tipica preparazione bruno-rossiccia, induce a datare l’opera entro la prima metà del XVII secolo ad opera di un maestro certamente emiliano. Lo stato di conservazione del dipinto è buono tranne per una leggera patina data da una vecchia vernice ossidata.
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Lotto 16 LUDOVICO LANA (attr.) Codigoro 1597 - Modena 1646 San Giovanni Battista olio su tela, cm 130 x 94,5 Il dipinto mostra un taglio caravaggesco che si potrebbe definire moderato, segno dell’appartenenza a quella cerchia trasversale dei seguaci del Merisi, da Schedoni a Spada, dal primo Reni al Cavarozzi, dove il senso drammaturgico della lezione caravaggesca si stempera in un linguaggio più semplice, ma assai meno universale. Sono caratteristiche che inducono a considerare un riferimento, per questa potente figura del Battista, a Ludovico Lana, figura recentemente ricostruita criticamente dal Benati nella mostra dedicata al maestro (L’amorevole maniera. Ludovico Lana e la pittura emiliana del primo seicento, a cura di Daniele Benati, Milano 2003). Confronti molto interessanti sono con il Martirio dei Ss. Giovanni e Paolo presso la chiesa di San Pietro a Modena, dove si risonosce una stesura simile alla nostra tela, tornita e reniana, ma soprattutto con la cosiddetta pala del voto, ovvero la Madonna della Ghiara tra le nubi adorata dai Santi Omobono, Geminiano, Rocco e Sebastiano, conservata presso la chiesa del voto a Modena. Molto pregnante un ultimo confronto con un opera del Lana dal deciso carattere caravaggesco, il San Sebastiano soccorso da Irene conservato presso la collezione della Banca Popolare dell’Emilia Romagna, soprattutto per le analogie tra la figura di San Sebastiano e il nostro Battista. L’opera è in perfetto stato di conservazione.
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Lotto 17 ANDREA LOCATELLI Roma 1695 - 1741 Paesaggio Laziale con pastori, un ponte ed un torrione Paesaggio con marina verso il tramonto Coppia di dipinti ad olio su tela, cm 49 x 64 Pubblicazioni Andrea Busiri Vici. Andrea Locatelli e il Paesaggio Romano del ‘700. Ed. Ugo Bozzi 1974. n. 84; n.85 I due paesaggi con figure, in pendant, sono da considerare due opere esemplari dello stile del Locatelli, come giustamente ebbe a dire Andrea Busiri Vici nella storica monografia sul maestro pubblicata nel 1975. Tipico è il modo di comporre del Locatelli sul piccolo formato, con la grazia di un miniatore; il paesaggio fa sempre perno su una quinta boschereccia in primo piano che introduce a una veduta ariosa intervallata da un capriccio architettonico, puntellato dai monumenti romani più noti. Nel primo dipinto il ponte sul fiume è certamente da riconoscere con il Ponte Lucano e il Sepolcro dei Plautii a Tivoli, ancora oggi esistente seppure manomesso. Un grande albero di quercia al centro della composizione lascia spazio a tre pastori in primo piano seduti in una selva in ombra. In secondo piano una veduta agreste in piena luce con il ponte sul fiume, gregge al pascolo e donne intente a lavare indumenti nel corso d’acqua. Nel secondo dipinto a pendant più che una veduta di marina si può leggere un paesaggio lacustre, con tre figure intente a togliere gli ormeggi ad una piccola barca da pesca in legno; nell’orizzonte di sfondo si riconosce nettamente un lembo di terra che chiude lo specchio d’acqua, nella luce del tramonto. Il ponte sulla sinistra è un capriccio d’invenzione, ma ricorda le forme del Ponte Nomentano sull’Aniene, quest’ultimo coperto però interamente da una superfetazione medievale merlata. Anche in questo caso è sapientissimo il gioco della luce, che parte dalla penombra degli alberi sulla destra per arrivare alla luce radente sul ponte e sulla costa in lontananza. Condivisibile la posizione del Busiri che accosta le due tele in esame a due tra i massimi capolavori del Locatelli, i due Paesaggi Laziali con figure e un ponte conservati presso la Galleria Pallavicini a Roma. Altri confronti stringenti con le opere in oggetto sono diversi paesaggi in pendant o singoli citati dai numeri 87 al 92 della monografia del Busiri sopra citata. “Paesaggio di grande qualità dai toni freddi azzurrini del mattino, che denota per il suo stile impressionistico, punti di contatto con il dipinto al numero precedente e con le due tele Pallavicini, cat. n. 135 e 136 e pendant col numero seguente e con questo forma una delle coppie di paesaggi più felici del Locatelli.” “E’ pendant al numero precedente ed è anche questo un dipinto di grande qualità con qualche accenno impressionistico nel modo di ‘toccare’ le frasche in primo piano a sinistra. Tutto il paesaggio è soffuso della luminosità rosata del cielo al tramonto contro il quale si stagliano i tronchi della destra” Riportiamo le due schede critiche ai due dipinti pubblicata nel vol. sopra citato
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Lotto 18 JAN VAN DEN HOECKE (scuola di) Antwerp 1611 - Brussels 1651 Coppia di paesaggi con vedute portuali e figure. Olio su tela, ognuno cm 63 x 100 La coppia di dipinti è da considerare della cerchia del maestro belga Van Der Hoecke. L’artista, che lavorò presso lo studio del Rubens, soggiornò in Italia tra gli anni trenta e quaranta del XVII secolo entrando a far parte dell’Accademia dei Virtuosi al Pantheon. Van Hoecke fu soprattutto pittore di storia, ritratti e fu spesso esecutore di disegni per arazzi. I dipinti in esame sono da riferire ad un allievo della bottega del Van Hoecke, dove è evidente una certa influenza del paesaggio pousseniano e domenichiniano. Entrambe le composizioni giocano sul motivo del capriccio architettonico abbinato ad una veduta portuale, di grande eleganza e vivacissimo cromatismo.
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Lotto 19 SCUOLA FIAMMINGA (cerchia di Gaspar de Crajer) Metà del XVII secolo San Girolamo scrivente nel deserto olio su tela , cm 61,5 x 96
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Lotto 20 CERCHIA DI PIER FRANCESCO CITTADINI Seconda metà del XVII secolo Ritratto di gentildonna olio su tela, cm 130 x 93 Il dipinto in oggetto è da considerare opera di un maestro lombardo seguace del Cittadini e può essere confrontato, a livello tipologico, con opere come il ritratto della contessa Simonetta Cavazzi della Somaglia (Christie’s London, 2.12.1983, n.60) o il ritratto femminile conservato al Musèe des Beaux-Arts di Marsiglia.
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Lotto 21 GIOVANNI FRANCESCO GUERRIERI da Fossombrone (attr.) Fossombrone 1589 - Pesaro 1656 Giuditta e Oloferne Olio su tela, cm 180 x 130 Perizia autografa di Andrea Emiliani La tela in esame, secondo quanto espresso dall’Emiliani, può essere ricondotta ad uno dei soggiorni romani del maestro marchigiano, più volte presente nella città papale con frequenti ritorni nella natia Fossombrone. Il periodo dovrebbe essere compreso negli anni tra il 1615 e il 1618, quando il maestro viene messo sotto contratto dal principe Marcantonio Borghese per decorare alcune sale del palazzo di famiglia in Campo Marzio. E’ noto che per questa impresa, dove Guerrieri ideò ampie decorazioni con Sibille, figure mitologiche e diverse immagini tratte dall’Iconologia del Ripa, il maestro mise a libro paga nel cantiere alcuni collaboratori probabilmente fiamminghi di cui ricordiamo solo i nomi: il fratello Federico, Francesco Fransi, Abele Rampunion, Ambrogio Lucenti e forse Avanzino Nucci sotto il nome di Aventino. Gli influssi palesemente visibili nelle opere Borghese, che vanno dal Reni al Domenichino, passando attraverso la cultura caravaggesca pura o mediata da personaggi come Antiveduto Grammatica o Alessandri Turchi, detto l’Orbetto, sono tutti visibili nella splendida opera in esame. In questo caso è una verve tutta fiamminga a dare alla composizione quell’atmosfera teatrale e drammatica di ascendenza primo caravaggesca che tanto influì sul maestro. Al rientro a Fossombrone negli anni venti del Seicento corrisponderà un rientro nei ranghi del maestro marchigiano, a partire dalla pala d’altare della chiesa di San Filippo a Fossombrone dove, come giustamente sottolinea l’Emiliani, il Guerrieri ritornerà nel solco di una pittura di tranquilla condotta, quasi contadina. Il dipinto è in perfetto stato di conservazione.
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Lotto 22 LIONELLO SPADA (attr.) Bologna 1579 - Parma 1622 Salome’ con la testa del Battista Olio su tela, cm 72,1 x 58,3 Perizia autografa di Emilio Negro L’opera è riferibile con buoni margini di certezza alla mano di Lionello Spada, maestro bolognese tra i primi seguaci diretti del maestro, e probabilmente tra i pochi ad aver sperimentato un contatto vero e proprio col Merisi. Alcune fonti, ricordate da Emilio Negro, attestano che tra i modelli che posarono per la Vocazione di San Matteo in San Luigi dei Francesi ci fosse proprio il ventenne Lionello. Storicamente la conoscenza tra i due non è acclarata, anche se le date lo consentirebbero, e comunque è ben noto che Caravaggio non ebbe allievi diretti ma solo seguaci soprattutto post mortem. Tra il 1610 e il 1617 Spada viaggiò tra Napoli, Malta e probabilmente anche Roma, mentre la fase finale della sua breve carriera fu a Parma dove per la corte di Ranuccio Farnese realizzò diverse opere caratterizzate da un netto caravaggismo. I caratteri graffianti e affilati della Salomè in esame appartengono con certezza a questa fase, dove ad una luce diffusa e dorata di taglio fiammingheggiante fa riscontro una gamma cromatica giocata tra il rosso e l’ocra della figura di Salomè stagliata contro un fondo nero di ascendenza prettamente caravaggesca. Confronti stringenti sono con la Buona Vantura presso la Galleria Estense di Modena o con l’Incoronazione di spine presso il Musée Condé di Chantilly
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Lotto 23 GIOVANNI FRANCESCO GUERRIERI da Fossombrone Fossombrone 1589 - Pesaro 1656 Anfitrite sul carro Olio su tela, cm 180 x 120 Perizie autografe di Andrea Emiliani, Mina Gregori e Daniele Benati Il dipinto si può considerare un capolavoro del maestro marchigiano Guerrieri da Fossombrone, tipico del proficuo periodo romano che va dal 1615 al 1618 quando il maestro era impegnato nella nota decorazione del palazzo Borghese commissionata dal principe Marcantonio, interamente tratta dalla Iconologia di Cesare Ripa. Guerrieri aveva nel 1615 solo venticinque anni, e veniva da una commessa molto importante nella chiesa di Santa Maria del Piano del Ponte a Sassoferrato. Da quelle straordinarie invenzioni formali trae origine il nostro dipinto, che dovrebbe raffigurare una Anfitrite sul carro, seduta su una grande conchiglia sorretta da quattro rami di corallo puro; all’estremità sinistra due tritoni suonano corni. L’intonazione della composizione è molto manierata e fortissimo è l’influsso di un caravaggismo pacato di prima battuta che risente soprattutto del primo Reni e della cultura senese del Gramatica. La figura di Anfitrite, solida e classica nella movenza, si potrebbe considerare un perfetto connubio tra classicismo reniano e primo caravaggismo romano, in un’epoca in cui le due anime forti della cultura barocca convivevano con esiti assai differenti. Emiliani sottolinea come la composizione possa essere memore della figura del Carro delle Ore sulla volta del casino Pallavicini Rospigliosi al Quirinale, caposaldo dell’attività del Reni. Il dipinto è in ottimo stato di conservazione.
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Lotto 24 CORNELIS VAN HAARLEM (cerchia di) Haarlem 1562 - 1638 Adorazione dei Magi Olio su tela, cm 230 x 170 Fotografia autenticata da Mario Bucci L’opera è riferita al grande maestro olandese da una nota autografa del Bucci; Van Haarlem è maestro in bilico tra la tradizione fiamminga (il cosiddetto manierismo di Haarlem di cui fu esponente) e il manierismo italiano, dandone una rivisitazione in chiave naturalistica e dal vivacissimo cromatismo. La scena dell’Adorazione è indagata con grande respiro, indugiando sui particolari dei variopinti costumi del corteo ma regalando poi un brano di intenso sentimento religioso nella solenne dignità con cui la Vergone si pone di fronte ad uno degli anziani re orientali. Il dipinto è in buono stato di conservazione ed è stato recentemente sottoposto a pulitura; essa ne ha evidenziato alcune zone dove passati interventi di restauro aggressivo hanno leggermente assottigliato le velature soperficiali facendo emergere, soprattutto nella zona del fondo a ridosso della stella cometa, una preparazione bruno rossiccia di base, inequivocabile segno di una collocazione cronologica entro la prima metà del Seicento.
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Lotto 25 ALESSANDRO TURCHI, detto l’Orbetto Verona 1578 - Roma 1649 Cristo e l’Adultera Olio su tela, cm 111,5 x 82 Come noto Alessandro Turchi, detto l’Orbetto, fa parte del gruppo dei pittori veronesi che a Roma si avvicinano al naturalismo caravaggesco passando attraverso il filtro del Borgianni e del Saraceni. Quest’alchimia determina la nascita di un linguaggio che si potrebbe definire una sorta di caravaggismo classicista, depurato dai toni drammatici del Merisi e più orientato a un cromatismo luminoso e netto, ad espressioni pacate. I tre veronesi cominciano a lavorare proprio con il Saraceni nel 1616 presso la Sala Regia del Qurinale, esperienza fondamentale per la maturazione di questa nuova e precoce forma di caravaggismo. Dal 1616 in poi il Turchi soggiornò stabilmemnte nella città papale stabilendosi, come ricorda Marini, nel rione della parrocchia di Santa Maria del Popolo. L’Orbetto diventa subito un maestro molto inserito nel contesto romano, come provano l’elezione a principe dell’Accademia di San Luca nel 1637 e la successiva nomina in qualità di membro dell’Accademia dei Virtuosi al Pantheon. La tela in esame può essere datata secondo Marini tra il 1625 e il 1628, nel periodo quindi maturo dell’Orbetto a Roma e nella fase determinante del rapporto con Ciriaco Mattei; qui il suo stile assume caratteri ben consolidati nei termini di un caravaggismo ossequioso e stemperato. I confronti tra il Cristo e l’Adultera in esame e le opere certe dell’Orbetto sono molteplici: si può citare la stringente assonanza tra l’Adultera del nostro e l’Allegoria della Carità conservata alla National Gallery of Victoria in Australia, o con la bellissima Santa Maria Maddalena penitente alla Pinacoteca di Brera di Milano. La tipologia dolce e solida del volto femminile dell’Adultera si ritrova anche nella straordinaria tela con Ercole ed Onfale conservata presso la Alte Pinakothek di Monaco di Baviera. Il dipinto è in ottimo stato di conservazione.
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Lotto 26 LUCA LONGHI Ravenna 1507 - 1580 Madonna col Bambino, San Giuseppe, san Girolamo e un santo vescovo Olio su tavola, cm 93 x 71,5 La tavola in esame costituisce un raro esempio di cultura figurativa manierista romagnola, dove convivono tratti tipici del lessico umbro raffaellesco assieme a stilemi più locali, come un richiamo alle opere di Francesco Zaganelli. Il Longhi fu abile ritrattista, come ricorda Vasari, e questa peculiarità emerge soprattutto nella figura del vescovo in basso a destra forse identificabile con un committente. Confronti molto efficaci sono con la Madonna e il Bambino tra i Ss. Francesco e Giorgio nel Muinicipio di Sant’Arcangelo di Romagna e con la Circoncisione nella Pinacoteca Nazionale di Ferrara. La tavola si presenta in ottimo stato di conservazione. Perizia autografa di Emilio Negro
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Lotto 27 GIOVANNI BATTISTA SALVI, detto il Sassoferrato Sassoferrato 1609 - Roma 1685 Madonna in preghiera Olio su tela, cm 74 x 60 L’opera è tipica della produzione matura del Sassoferrato, dove come è noto il soggetto della Madonna Orante ricorre molte volte con piccoli scarti nella posa del volto, delle mani, della inquadratura della figura. Il dipinto in oggetto è una delle molte repliche autografe della Madonna Orante conservata alla National Gallery di Londra, di cui vanno segnalate almeno altre due di qualità consimile alla nostra conservate presso la Walters Art Museum di Baltimora e l’Accademia Carrara di Bergamo, quest’ultima tagliata ai quattro lati. Più corsiva la versione conservata a Genova nella Galleria di palazzo Bianco, rispetto alla qualità indubbiamente alta della nostra.
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Lotto 28 LUCA GIORDANO Napoli 1634 - 1705 Allegoria della scrittura Olio su tela, cm 123 x 95 L’opera è da considerare certo autografo del maestro napoletano, tra i maggiori protagonisti della pittura barocca in Italia. Come noto la produzione di Giordano è talmente vasta che risulta talvolta ozioso proporre confronti con opere note, trattandosi il suo di un linguaggio molto riconoscibile. La tela in oggetto è da considerare realizzata dopo i soggiorni veneziani, in particolar modo quello del 1653, risultando quasi palmare il confronto tra il viso molto dolce ma dalla forte presenza scenica di questa allegoria e un opera come Venere, Cupido e Marte del 1663, dipinto molto noto conservato al Museo Nazionale di Capodimonte a Napoli. Il trattamento degli incarnati e dei tratti somatici dei volti costituisce quasi una firma giordanesca; uno sfumato impercettibille riesce a costruire un solido impianto classicheggiante e luministico, trattando i chiaroscuri sfruttando la preparazione rossiccia del fondo. Il dipinto può essere datato agli inizi degli anni sessanta del Seicento. L’opera è in ottimo stato di conservazione.
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Lotto 29 BENEDETTO GENNARI Cento 1633 - Bologna 1715 Giuditta con la testa di Oloferne Olio su tela, cm. 124,5 x 118 perizia autografa di Andrea Emiliani La tela è senza dubbio, come sottolinea Andrea Emiliani, opera di Benedetto Gennari, nipote del Guercino ed erede come noto della fiorente bottega del maestro emiliano. Lo stile del Gennari è assai simile ma facilmente riconoscibile dalla mano del ben più celebre zio, del quale riprende l’intonazione drammatica e chiaroscurata senza arrivare però allo straordinario sfumato e alla solennità tipioca del Guercino. Nel caso della tela in esame la constatazione della differenza tra zio e nipote è tanto più evidente quanto semplice è la riconoscibilità delle due mani, presenti entrambe nella composizione. Come giustamente sottolinea l’Emiliani il prototipo che Gennari vide fu senza dubbio la straordinaria Giuditta e Oloferne conservata al Musée des Beaux-Arts de Brest, realizzato dallo zio per lo speziale Giacomo Zanoni, come ricorda il Libro dei conti in data 1 aprile 1651; la differenza stilistica tra la tela oggetto del nostro esame e il prototipo oggi in Francia è netta, tuttavia utile a far capire come nella nostra il volto e le braccia di Giuditta sino senz’altro realizzate dal Guercino. Ciò non toglie freschezza e potenza alla mano del Gennari, che resta più netta nei passaggi cromatici e tagliente nella definizione dei panneggi ma non per questo di secondo piano rispetto a quella del Guercino. Dalla Giuditta e Oloferne di Brest viene meno il senso teatrale e ampio della scena, dove lo scatto di Giuditta con la spada è ancora memore di un retaggio reniano, quella sensibilità ancora barocca come giustamente sottolineato dall’Emiliani. La resa delle figure nella nostra tela è così leggermente più in posa del prototipo ma non per questo meno efficace. La datazione dovrebbe assestarsi a ridosso della tela Francese, attorno al 1655, un Gennari poco più che ventenne. Lo stato di conservazione dell’opera è eccellente, sia nel supporto che nell’adesione del colore all’imprimitura.
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Lotto 30 CALLISTO PIAZZA (attr.) Lodi 1500 - 1561 Cristo alla colonna olio su tavola, cm 48,5 x 34,5 Questa piccola tavola è da considerare un importante ritrovamento in seno alla pittura lombarda della prima metà del XVI secolo. Secondo Emilio Negro diversi sono i contatti con artisti di quel periodo tra cui Giovanni Agostino da Lodi, Ludovico Mazzolino, Dosso Dossi e il Romanino. L’accostamento a Piazza segue un percorso stilistico preciso, che partendo da una base palesemente leonardesca di tutte e tre le figure (lo sfumato della fisionomia del Cristo che resta comunque ben definito, i tratti carricaturali e netti dei due flagellatori) viene filtrato dal linguaggio del Romanino dal quale il Piazza rimase fortemente suggestionato, assieme a quello del Pordenone. Ne risulta una pittura di stampo manierista dai toni pacati ma energica nella stesura pittorica e nell’uso della luce. Molto interessanti i confronti proposti da Emilio Negro (Visitazione nella chiesa di Santa Maria in Calchera a Brescia, polittico con Storie di San Giovanni Battista nella chiesa dell’Incoronata a Lodi), mentre si segnala, soprattutto per i tratti sfumati e decisi del volto di Cristo, un raffronto stringente con un ritratto di gentiluomo, olio su tela cm. 96 x 86 conservato al Metropolitan Museum of Art di New York. La tavola si presenta in ottimo stato di conservazione sia per le condizioni del supporto che per la pellicola pittorica, con le velature sol corpo di Cristo in gran parte intatte. Perizia autografa di Emilio Negro
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Lotto 31 FLAMINIO TORRI (attr.) Bologna 1621 - Modena 1661 San Francesco in meditazione Olio su tela, cm 73,5 x 98 In questa sede si vuole proporre per l’opera in esame un riferimento più che certo al maestro bolognese, note anche come Flaminio Torre, allievo del Cavedoni e del Reni. Del San Francesco esistono molteplici versioni di cui quella in oggetto può essere considertata tra le migliori. Si segnalano per la forte analogia il san Francesco in cillezione privata a Trento (cat.Fondazione Zeri n.54577) e una seconda versione in collezione privata a Bologna (cat.Fondazione Zeri n.54583), In entrambe le versioni succitate la posa del santo è in controparte. Il dipinto è in perfetto stato di conservazione.
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Lotto 32 ERCOLE DE MARIA San Giovanni in Persiceto (notizie nella prima metà del XVII secolo) Profeta che legge Olio su tela, cm 66 x 50 Perizia autografa di Andrea Emiliani Come noto Ercole De Maria fu tra i più stretti collaboratori e copisti di Guido Reni, dove ebbe a formarsi dopo un alunnato presso la scuola di Giovan Francesco Gessi. Il Malvasia diceva di lui che: “...non fu egli grand’uomo e da se poco far seppe, ma copiava ben poi le cose di quest’ultimo (Guido Reni) in modo che nissuno di quella gran scuola da quelle del maestro distinguerle talor sapea...”. Emiliani giustamente mette in risalto la somiglianza tra questa testa e alcuni notissimi prototipi Reniani come il San Girolamo della National Gallery di Londra o il Mosè alla Galleria Borghese di Roma, entrambe opere collocabili tra gli anni venti e trenta del XVII secolo. Il confronto più stringente resta comunque con un San Giuseppe conservato nei depositi della pinacoteca nazionale di Bologna, dove il ductus pittorico reniano potrebbe appartenere alla mano del De Maria stesso.
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Lotto 33 SCUOLA EMILIANA metà del XVII sec. San Marco Evangelista con un angelo Olio su tela, cm 56,5 x 75
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Lotto 34 SCUOLA TOSCANA Seconda metà del XVI secolo Ritratto di giovane donna con guanti e fazzoletto Olio su tavola, cm 87 x 68
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Lotto 35 SCUOLA ROMANA Prima metà del XVIII secolo Giuseppe nella fosse dei leoni olio su tela, cm 36 x 30 La scena deriva da un noto dipinto murale di Pier Leone Ghezzi realizzato per la navata centrale della basilica di San Clemente a Roma, raffigurante Sant’Ignazio di Antiochia nell’anfiteatro con i leoni. la mano è riconducibile ad un pittore romano della cerchia Ghezzi stesso.
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Lotto 36 Scuola Veneta Seconda metà del XVIII secolo Bozzetto con la Madonna e il Bambino e un santo domenicano Olio su tela, cm 32 x 45
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Lotto 37 SCUOLA BOLOGNESE Prima metà del XVII secolo La Maddalena in estasi Olio su tela, cm 73,5 x 93,5 Questa Maddalena rimanda a stilemi tipici della prima maniera reniana, ancora incline al caravaggismo, e agli esiti del primo Lanfranco. L’opera è in discreto stato di conservazione.
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Lotto 38 SCUOLA SICILIANA Prima metà del XVII secolo San Pietro con le chiavi in mano giunte in preghiera Olio su tela, cm. 66,5 x 87
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Lotto 39 MARCO BENEFIAL (attr.) Roma 1684 - 1764 Ovale con busto maschile Olio su tela, cm 56,5 x 75 Questa preziosa tela, probabile studio preparatorio per un affresco o particolare di una pala d’altare, è accostabile a diverse opere del maestro.
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Lotto 40 SCUOLA TOSCANA Seconda metà del XVII secolo Santa Caterina da Siena Olio su tela, cm 50 x 62
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Lotto 41 SCUOLA VENETA Prima metà del XVIII secolo Ritratto d’uomo con parrucca olio su tela, cm 45,5 x 61
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Lotto 42 TRUMEAU VENETO INIZI XVIII SECOLO placcato in radica di noce a due corpi, parte superiore a parallelepipedo con fronte a due ante con specchi sagomati, tenute da otto cerniere a fascietta in bronzo dorato e cesellato. Sotto gli sportelli due pianetti estraibili per candele con fascia inferiore a tre piccoli cassetti. Mobile sottostante con piano a ribalta, rientrante ed estraibile sotto il pianetto dell’ interno. Fronte inferiore a quattro cassetti continui con rientranza centrale “spazio gambe”. Interni del sopra e del sotto con piccoli cassetti placcati in noce e mogano con scomparti a giorno. Ambito di produzione Venezia 1730 ca. con stilemi di ebanisti inglesi e olandesi presenti a Venezia. Misure cm 200 x 130 x 160 Provenienza Elisa Napoleone Baciocchi Villa Vicentina Collezione Silvia Ciardi Villa Baciocchi, Villa Vicentina Collezione privata Villa Baciocchi, Villa Vicentina
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Lotto 43 TRUMEAU VENETO XVIII SECOLO a due corpi, placcato in ulivo, noce e radica di noce, con parte superiore a tabernacolo con tre cassetti laterali. Parte inferiore a ribalta con tre cassetti mossi con intarsi decorativi. Gambe a cipolla Miisure cm 190 x 90 x 60
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Lotto 44 Maestri ebanisti e bronzisti romani Dal prototipo di Gian Lorenzo Bernini per la Basilica di San Pietro in Vaticano Crocifisso Bronzo dorato e palissandro, allezza cm. 135 Questa stupenda croce d’altare, recante lo stemma cadinalizio dei Conti Negroni ai lati, deriva, come espresso da Alvar Gonzalez-Palacios, da uno dei due tipi di crocifissi realizzati dal Bernini per gli altari della basilica di San Pietro. I crocifissi vennero palasmati in cera da Ercole Ferrata nel 1659 sotto la supervisione del Bernini stesso e ancora oggi si trovano al loro posto. Se il crocefisso è diretta derivazione berniniana le caratteristiche della base rientrano nel pieno settecento romano, sia nel lavoro di ebanisteria in bois de violette e bois de rose sia nelle raffinatissime rifiniture in bronzo dorato. L’opera è in perfetto stato di conservazione
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Lotto 45 MAESTRI FIORENTINI Seconda metà del XVIII secolo Crocifisso bronzo dorato, argento e lapislazzuli h. cm 74,4
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Lotto 46 MAESTRO BRONZISTA ROMANO seconda metà del XVII secolo Acquasantiera con Assunzione della Vergine tra angeli Bronzo e Breccia Corallina, cm 68 x 52
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Lotto 47 ARGENTIERI SICILIANI prima metà del XVIII secolo Repositorio in argento sbalzato, siglato Omedeo Palermo 1726, h cm 48 x 49
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Lotto 48 Placido Costanzi (Roma, 1702 - 1759) L’Immacolata Concezione Olio su tela, cm. 130 x 90 L’opera si può collocare nell’ambito dell’attività matura del noto maestro romano Placido Costanzi. Costanzi fu tra i maestri più fini della Roma nella prima metà del Settcento, probabile allievo di Filippo Trevisani e con molte vicinanze alle morbide stesure tardo barocche di Sebastiano Conca. La pala in esame è tratta in modo letterale dall’ovale con medesimo soggetto eseguito dal Costanzi come pièces de réception per l’Accademia di San Luca, assieme ad un altro ovale con un Cristo in gloria, entrambi datati al 1741. La nostra derivazione, tranne la scelta del formato rettangolare e non ovale, è in tutto simile al prototipo di San Luca. La posizione della Vergine sulla nuvola e la mezzaluna, con la corona di stelle, il cerchio di putti alati disposti sotto di essa, come a sorreggerla, e sulle nuvole di sfondo con una gamma cromatica più tenue, si ritrovano citati letteralmente nella nostra pala. La disposizione delle figure non è casuale: la Vergine, con gli angeli sottostanti, forma una composizione piramidale che occupa quasi tutto il campo visivo e rimanda con evidenza al simbolismo trinitario. Da sottolineare che il soggetto in esame non era ancora, nel Settecento, completamente condiviso all’interno della Chiesa Cattolica Romana; il dogma dell’Immacolata Concezione venne infatti promulgato oltre un secolo dopo, da papa Pio IX, con la bolla Ineffabilis Deus datata al 1854, che sancì come la Vergine fu concepita da Gioacchino ed Anna priva del peccato originale. A livello linguistico la pala in esame mostra il maestro nella sua matura fase classicista, scelta che non caratterizzò sempre la sua attività, sovente espressa in forme di più acceso gusto rocaille. Il giovane Costanzi, esperto anche di pittura murale, fu infatti capace di imprese colossali come la grande volta della chiesa di San Gregorio al Celio a Roma (La gloria dei Santi Gregorio e Romualdo e il trionfo della Religione Cristiana, circa 1727) dove la macchina scenica deve molto alla suggestione degli apparati effimeri assai in voga nella città papale nel corso del XVIII secolo. Il Costanzi che traspare dalla mostra pala, che è logico datare in prossimità dell’esecuzione del prototipo dell’Accademia di San Luca, è quello che troviamo nel medesimo soggetto, realizzato però ad affresco, nell’abside della chiesa di Santa Maria in Campo Marzio a Roma, datata a 1731. Qui la concezione della scena (che d’altronde non lascia molto spazio a sperimentazioni iconografiche) è in tutto un’anticipazione di quella di San Luca, con l’unica differenza della posa delle mani e del viso della Vergine. La gamma cromatica smaltata della nostra pala pone i presupposti del Costanzi quasi pre-neoclassico che troviamo in opere come Clelia davanti a Persenna, tela oggi conservata al Palazzo Reale di Torino e datata al 1749. La disposizione delle figure regolare, con rimandi bilanciati ed espressioni serene, di ascendenza classico-reniana, è quella che in nuce troviamo nell’Immacolata concezione in esame.