Lotto 29 | BENEDETTO GENNARI Cento 1633 - Bologna 1715 Giuditta con la testa di Oloferne...

Bertolami Fine Art - Piazza Lovatelli 1, 00186 Roma
Asta N. 14 - Arte Antica, Moderna e Contemporanea Prima Sessione - dal lotto 1 al lotto 139
mercoledì 17 dicembre 2014 ore 15:30 (UTC +01:00)

BENEDETTO GENNARI Cento 1633 - Bologna 1715 Giuditta con la testa di Oloferne...

BENEDETTO GENNARI Cento 1633 - Bologna 1715 Giuditta con la testa di Oloferne Olio su tela, cm. 124,5 x 118 perizia autografa di Andrea Emiliani La tela è senza dubbio, come sottolinea Andrea Emiliani, opera di Benedetto Gennari, nipote del Guercino ed erede come noto della fiorente bottega del maestro emiliano. Lo stile del Gennari è assai simile ma facilmente riconoscibile dalla mano del ben più celebre zio, del quale riprende l’intonazione drammatica e chiaroscurata senza arrivare però allo straordinario sfumato e alla solennità tipioca del Guercino. Nel caso della tela in esame la constatazione della differenza tra zio e nipote è tanto più evidente quanto semplice è la riconoscibilità delle due mani, presenti entrambe nella composizione. Come giustamente sottolinea l’Emiliani il prototipo che Gennari vide fu senza dubbio la straordinaria Giuditta e Oloferne conservata al Musée des Beaux-Arts de Brest, realizzato dallo zio per lo speziale Giacomo Zanoni, come ricorda il Libro dei conti in data 1 aprile 1651; la differenza stilistica tra la tela oggetto del nostro esame e il prototipo oggi in Francia è netta, tuttavia utile a far capire come nella nostra il volto e le braccia di Giuditta sino senz’altro realizzate dal Guercino. Ciò non toglie freschezza e potenza alla mano del Gennari, che resta più netta nei passaggi cromatici e tagliente nella definizione dei panneggi ma non per questo di secondo piano rispetto a quella del Guercino. Dalla Giuditta e Oloferne di Brest viene meno il senso teatrale e ampio della scena, dove lo scatto di Giuditta con la spada è ancora memore di un retaggio reniano, quella sensibilità ancora barocca come giustamente sottolineato dall’Emiliani. La resa delle figure nella nostra tela è così leggermente più in posa del prototipo ma non per questo meno efficace. La datazione dovrebbe assestarsi a ridosso della tela Francese, attorno al 1655, un Gennari poco più che ventenne. Lo stato di conservazione dell’opera è eccellente, sia nel supporto che nell’adesione del colore all’imprimitura.