LA GIOIA A COLORI. VENETO BANCA ATTO II - I CAPOLAVORI

LA GIOIA A COLORI. VENETO BANCA ATTO II - I CAPOLAVORI

giovedì 29 febbraio 2024 ore 18:00 (UTC +01:00)
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  • Ernesto Fontana (1837 - 1918) 
Civetteria, 1869
    Lotto 343

    Ernesto Fontana (1837 - 1918)
    Civetteria, 1869
    Olio su tela
    101,1 x 75 cm
    Firma: "E. Fontana" al recto
    Data: "1869" al recto
    Bibliografia: Paola Dell'Armi, "Ernesto Fontana", in Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 48, Roma, 1997, s.v.
    Stato di conservazione. Supporto: 70% (importante sfondamento a 7 risarcito, nel registro superiore)
    Stato di conservazione. Superficie: 80% (ridipinture, vernice protettiva)

    Allievo di Hayez e Bertini all'Accademia di Brera, Fontana si avviò inizialmente alla pittura di storia, secondo il gusto romantico allora prevalente. Nel 1860 partecipò al concorso Canonica per la pittura di storia risultando vincitore con il quadro "Gerolamo Morone, gran cancelliere del duca Francesco Sforza, nel momento che viene arrestato in Novara da Antonio Leywa capitano di Carlo V" (Milano, Pinacoteca di Brera). Nel 1862 ottenne il premio nella classe di pittura dell'Accademia di Brera e prese studio con Mosé Bianchi nell'antico convento di San Primo. In questi anni, Fontana si avvicina alla Scapigliatura, cogliendone l'elemento leggero e accattivante: ecco allora le figure femminili, spesso in atti di seduzione, a cui si deve gran parte della sua fama nello scorcio del secolo.
    Proprio il tema della ragazza civettuola è oggetto di una serie di opere dal titolo "Civetteria", tra cui quella in asta, datata 1869, che potrebbe identificarsi con la tela dallo stesso titolo esposta alla II Esposizione nazionale di belle arti dell'Accademia di Brera nel 1872, anziché con la tela di enumerata anch'essa come "Civetteria" nel catalogo della esposizione del 1870 alla Società promotrice di belle arti di Torino, che corrisponde al dipinto oggi alla Galleria comunale d'arte moderna di Udine.
    Il tema romantico si alterna - garantendo il successo del pittore su registri apparentemente diversi, ma accomunati dall'interesse per gli effetti sentimentali - alla pittura di storia. Nel 1872, infatti, Fontana propone una "Maria Stuarda ai piedi di Elisabetta d'Inghilterra nel parco di Forteringa", che fu premiata con la medaglia d'oro alla Mostra nazionale di pittura di Milano e venne acquistata successivamente dal British Museum, mentre nel 1873 "Una lezione d'amore" (Milano, Galleria d'arte moderna) fu assegnata dalla Società promotrice di belle arti al Comune di Milano. Il tema romantico e sentimentale torna anche nel 1880, anno in cui Fontana espone alla IV Esposizione di belle arti di Torino un cospicuo nucleo di opere, tra cui "Piacerò?". Nel 1887 partecipa all'Esposizione nazionale artistica di Venezia, tra l'altro, con "Occhiata furtiva" e "Un pensiero a lui".
    Illustratore di successo per le pubblicazioni “L’Illustrazione Italiana” e “L’Illustrazione Universale”, Fontana fu anche incaricato di dipingere affreschi e disegni di soffitti per ville e chiese. Alcuni sopravvivono oggi, tra cui quelli di Villa Erba e Villa Olmo, entrambe sul Lago di Como.

  • Antonio Mancini (1852 - 1930) 
Al mio Signore, 1908
    Lotto 345

    Antonio Mancini (1852 - 1930)
    Al mio Signore, 1908
    Olio su tela
    108 x 86 cm
    Firma: "A Mancini" al recto
    Altre iscrizioni: "Broome Park" ak recto
    Provenienza: Collezione Otto Messinger, Roma; Raccolta Alberto Fassini, Roma
    Bibliografia: P. D'Achiardi, "La collection Messinger", Roma, 1910, p. 307, ill. 158; A. Lancellotti, "La LXXX Esposizione di Belle Arti a Roma", in "Natura ed Arte", Milano, a. XIX, n. 11, 1 maggio 1910, p. 727; "Società degli Amatori e Cultori di Belle Arti in Roma. LXXX Esposizione Internazionale di Belle Arti", (catalogo della mostra), Roma, 1910, p. 38, n. 250 o 256 ("Ritratto"); A. Lancellotti, in "Il Secolo XX", gennaio 1911, ill. p. 37; S. Bargellini, "Artisti d'oggi: "Antonio Mancini", in "Noi e il mondo", rivista mensile de "La Tribuna", anno VIII, n. 1, 1 gennaio 1918, ill. p. 70; Catálogo del tercer Salón de Otoño Fundado por la Asociación de Pintores y Esclultores, Madrid, ottobre 1922, p. 32, n. 398, ill. tavola fuori testo ("Hombre con flores"); Emilio Cecchi, "La collezione d'Arte del Barone Alberto Fassini. Vol. III, Pitture del secolo XIX e del secolo corrente", Milano-Roma, 1931, s.n.p., ill. tav. LXXIII; A. Lancellotti, "Antonio Mancini" in "Les Hirondelles. Art - Coutumes - Paysages", a. IX, n. 8, agosto 1931, ill. 164; "Prima Quadriennale d'Arte Nazionale sotto gli auspici di S.E. il Capo del Governo", catalogo della mostra, gennaio - giugno 1931, anno IX, Palazzo delle Esposizioni, Via Nazionale, Roma, 1931, s.n.p., n. 12 (come opera del 1910); D. Cecchi, "Antonio Mancini", Torino, 1966, p. 231; B. Mantura, in "Antonio Mancini. 1852-1930", catalogo della mostra, Spoleto, Palazzo Racani Arroni, 28 giugno - 1 settembre 1991, Milano, Palazzo della Permanente, 16 settembre - 27 ottobre 1991, a cura di B. Mantura, E. Di Majo, Roma, 1991, p. 10, ill. 11; R. Caputo, "La pittura napoletana del II Ottocento", con prefazione di F. Mazzocca, Sorrento, 2017, p. 246; C. Virno, "Antonio Mancini. Catalogo ragionato dell'opera", vol. I,"La pittura a olio su tela, tavola, carta e specchio", Roma, 2019, cat. 593, pp. 352 e 354, ill. 593
    Esposizioni: Amatori e Cultori, Roma, 1910; Salòn de Otoño, 1931; Prima Quadriennale, Roma, 1931
    Stato di conservazione. Supporto: 90% (reintelo)
    Stato di conservazione. Superficie: 90%

    Il dipinto - che mostra la tipica quadrettatura preparatoria manciniana - risale al 1908, quando Mancini, dopo il suo rientro da Dublino, si fermò a Broome Park, non lontano da Londra, ospite di Mary e Charles Hunter, nella tenuta di Hill Hall vicino ad Epping, e di Sir Basil Heneage Dixwell Oxenden (1874-1919). Qui realizza tre opere, conosciute con i titoli "Al mio Signore" o "Il saluto", raffiguranti un uomo in pelliccia che offre dei fiore: curiosamente, il ritrattato è quasi omonimo dell'artista, un tale Domenico Mancini che serviva come autista e factotum di John Singer Sargent (1856-1925) e di Mary Hunter (1857-1933). In un appunto senza data su carta intestata del "Red Lion Hotel", che può riferirsi a quella in asta o ad un'altra delle tre versioni di "Al mio Signore", Mancini ricorda: «Madama Hunter portava da Londra tanti fiori finti così li feci nel canestro che Domenico Mancini mostra grande al vero». La composizione fu molto amata da Mancini, come testimonia non solo la scelta di misurarvisi tre volte. Per una delle due versioni a figura intera (Virno 2019, cat. 591) «il Maestro aveva una predilezione quasi gelosa. lo considerava forse l'opera suprema, insuperabile. Per questo la tenne sempre nel suo studio e rifiutò tutte le offerte». La versione in scheda venne portata dall'artista a Roma, per venderla, tramite il coloraio Giuseppe Giosi, al barone tedesco Otto Messinger, celebre collezionista e mercante di antichità che subito dopo, e fino al 1911, prese a contratto l'artista consentendogli la agognata stabilità economica. In nota del 10 novembre 1908, indirizzata a Giosi, Mancini scrive infatti: «La prego di consegnare il mio dipinto al Signor Messinger che la [sic] comprato». Si tratta di uno dei pochissimi quadri di Mancini che, pur facendo parte della collezione del barone tedesco, non venne da lui commissionato. Nel 1929, passò con altre opere alla collezione del barone Alberto Fassini, partecipando così a due tra le principali raccolte manciniane. Fassini lo esposte, insieme ad altri suoi dipinti, alla Quadriennale del 1931, consacrandolo tra le opere più note dell'artista.
    L'interesse di Mancini per la fisionomia del suo omonimo naturalizzato inglese è testimoniato da altre tre opere (catt. 595-597).
    I contenuti della scheda sono largamente dovuti alle ricerche svolte per il catalogo ragionato dell'artista da Cinzia Virno (in particolare, schede 591-597).
    Ringraziamo Cinzia Virno per aver confermato la autenticità dell'opera su base fotografica (comunicazione dell'8 agosto 2023).

  • Noè Bordignon (1841 - 1920) 
Il mese di Maria a Venezia, 1884
    Lotto 346

    Noè Bordignon (1841 - 1920)
    Il mese di Maria a Venezia, 1884
    Olio su tela
    73 x 104,5 cm
    Firma: in basso a sinistra "N. Bordignon"
    Elementi distintivi: al verso, una etichetta con data 23/06/1986 e riferimenti di inventario
    Provenienza: Collezione privata, Milano
    Bibliografia: “R. Accademia di Belle Arti. Esposizione 1884. Catalogo ufficiale”, Milano, 1884, n. 264; “Esposizione Accademia di Venezia”, Venezia, 1885, n. 98; Fernando Mazzocca, Elena Catra, Vittorio Pajusci, a cura di, “Noè Bordignon 1841-1920. Dal realismo al simbolismo”, catalogo della mostra, Genova, 2021, p. 99
    Esposizioni: Milano, Accademia di belle arti, 1884; Venezia, Accademia di belle arti, 1885; Castelfranco Veneto, Museo Casa Giorgione, San Zenone degli Ezzelini, Villa Marini Rubelli, “Noè Bordignon 1841-1920. Dal realismo al simbolismo”, 2021-2022
    Stato di conservazione. Supporto: 90% (rintelo)
    Stato di conservazione. Superficie: 90% (ridotte cadute e riprese pittoriche)

    Allievo dell’Accademia di belle arti di Venezia sotto la guida di Michelangelo Grigoletti e Carl Blass, Noè Bordignon si perfeziona a Roma, dove sperimenta il paesaggio in aperta campagna e si accosta ai temi di genere attraverso l’opera di Michele Cammarano e Filippo Palizzi. Nel corso degli anni Settanta dell’Ottocento lavora per numerose chiese della provincia veneta, tra cui quelle di San Zenone degli Ezzelini, Monfumo e Pagnano d’Asolo e nel contempo realizza scene di vita contemporanea in cui descrive una Venezia popolare e un mondo rurale dalle tradizioni cristiane. Tale profonda religiosità lo rese distante dagli ambienti artistici ufficiali veneziani e in sintonia con la dottrina sociale di papa Leone XIII, ma non gli impedì di ottenere riconoscimenti alle esposizioni internazionali. In questi anni fissa il suo studio in Corte San Marco, un piccolo campo chiuso con un caratteristico pozzo esagonale accessibile da Fondamenta dei Cereri.
    Tra le opere qui ambientate figura “Il mese di Maria a Venezia”, presentato all’Esposizione dell’Accademia di belle arti di Milano del 1884 e poi l’anno successivo esposto all’Accademia di Venezia. Nel 1883 era stato presentato all’Esposizione di Milano “Le pettegole”, la cui struttura compositiva anticipa quella del dipinto in esame. In questa seconda opera Bordignon accentua l’aspetto intimistico della sua pittura, raggiungendo una qualità nettamente superiore attraverso la rappresentazione assai più raffinata dei sentimenti. Al gruppo di quattro donne intente in chiacchiere intorno al pozzo della Corte San Marco si sostituiscono le più sobrie figure di due donne con un bambino. L’immagine si anima di dettagli. All’interno delle porte compaiono scene di intimità domestica e sulla destra si radunano le devote con i loro bambini intorno all’edicola della Vergine, che nella prima opera appariva trascurata e abbandonata, mentre ora è decorata con fiori e candele. Una bambina, che si è staccata dal gruppo, prega con le mani giunte seduta sulla base del pozzo.

    Teresa Sacchi Lodispoto

  • Ottorino Stefani (1928 - 2016) 
Tramonto, 1973
    Lotto 347

    Ottorino Stefani (1928 - 2016)
    Tramonto, 1973
    Olio su tavola
    40 x 50 cm
    Firma: “Stefani” al recto
    Elementi distintivi: sul verso, etichetta della Galleria d’Arte Paris di Treviso con informazioni relative all’opera e data
    Provenienza: Galleria d’Arte Paris, Treviso; Veneto Banca SpA in LCA
    Stato di conservazione. Supporto: 95%
    Stato di conservazione. Superficie: 95%

    Nativo di Volpago del Montello, Stefani ha vissuto gran parte della sua vita a Montebelluna. Legato a personalità della cultura locale come Orazio Celeghin e Manlio Dazzi, frequentò l’Accademia di Belle Arti e la Facoltà di Architettura di Venezia, avvicinandosi alla lezione di Bruno Zevi e Carlo Scarpa. Si laureò nel 1978 con una tesi su Antonio Canova, autore cui dedicò importanti studi, così come a Noè Bordignon, Luigi Serena, Luigi Bianchi Barriviera e Renzo Biasion. Per trent’anni insegnò disegno e storia dell’arte presso l’Istituto Magistrale di Montebelluna, dedicandosi costantemente alla pittura. A Ottorino Stefani si devono anche numerose raccolte poetiche ed il saggio "Itinerari autobiografici". Bibliografia di confronto: Marco Goldin e Alberico Sala, a cura di, "Ottorino Stefani", Cornuda, 1989.

  • Peter Pearson (1955 circa) 
Dublin from the air, 2015
    Lotto 348

    Peter Pearson (1955 circa)
    Dublin from the air, 2015
    Olio su tavola
    62 x 72 cm
    Firma: “Pearson” al recto e sul verso
    Data: “15” al recto; “18th February 2015” sul verso
    Altre iscrizioni: “Dublin from the air” e dedica dell’artista sul verso
    Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
    Stato di conservazione. Supporto: 95%
    Stato di conservazione. Superficie: 95%

    La pittura di Peter Pearson è segnata da un legame particolare con l'architettura e l'acqua, soggetto anche del dipinto in esame, che affonda in parte le sue radici in Italia. Nel 1977, infatti, dopo la laurea in storia dell'arte al Trinity College, l'artista ottenne una borsa di studio dal governo italiano, a Venezia, dove ebbe due esposizioni delle sue opere, nel 1978 e nel 1979 (Galleria d'Arte Venexia). Rientrato nel 1980 in Irlanda, Pearson si misura nuovamente con il paesaggio di Dublino, ma con uno scatto completamente diverso dagli esercizi precedenti al soggiorno italiano, che ricorda l'effetto della luce veneziana sull'opera di John Ruskin: l'immagine è ora costruita come sovrapposizione di luci e trasparenze, a volte consumata nella tenuità dei colori, altre volte con un effetto di movimento ("Peter Pearson. Of Sea and Stone. Paintings 1974-2014", Dublino, 2014, pp. 48 e ss).

  • Guglielmo Ciardi (1842 - 1917) 
Coppia di paesaggi costieri,  1884-1885
    Lotto 349

    Guglielmo Ciardi (1842 - 1917)
    Coppia di paesaggi costieri, 1884-1885
    Olio su tavola
    10,3 x 29 cm (il primo paesaggio)
    10,1 x 31,4 cm (il secondo)
    Firma: "Ciardi" su entrambe le opere al recto
    Bibliografia: "Bell’Italia, La pittura di paesaggio dai Macchiaioli ai neovedutisti veneti", a cura di S. Cecchetto e L. Turchi, catalogo della mostra, Venezia, 2015, p. 66, nn. 6-7
    Esposizioni: “Bell’Italia la pittura di paesaggio dai macchiaioli ai neovedutisti veneti 1850-1950”, Caorle, Centro Culturale Bafile Rio Terrà, 2015
    Stato di conservazione. Supporto: 80% (reintelo)
    Stato di conservazione. Superficie: 85% (cadute di colore, ridipinture, vernice protettiva)

  • Giuseppe Cesetti (1902 - 1990) 
Paesaggio
    Lotto 350

    Giuseppe Cesetti (1902 - 1990)
    Paesaggio
    Olio su tela applicata su tavola
    31 x 45,5 cm
    Firma: “Cesetti” al recto
    Altre iscrizioni: sul verso, “2232/CG”
    Elementi distintivi: sul verso della cornice, etichetta della Galleria del Secolo, Roma, con indicazioni relative alla cornice
    Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
    Stato di conservazione. Supporto: 95%
    Stato di conservazione. Superficie: 95%

  • Luigi Nono (1850 - 1918) 
Vice mamma, 1882
    Lotto 351

    Luigi Nono (1850 - 1918)
    Vice mamma, 1882
    Olio su tela
    57,7 x 74,8 cm
    Firma: in basso a sinistra, "L. IX"
    Data: in basso a sinistra, "1882"
    Elementi distintivi: sul telaio, a gesso, "E2"; etichetta "MOSTRA LUIGI NONO (1850-1918)", Sacile, 1964; etichetta della mostra "LUIGI NONO", Sacile, 1990
    Provenienza: Cavalier Giulio Rocca Lucca (acquisto alla Promotrice Veneta, 1882)
    Bibliografia: “Catalogo degli oggetti d’arte ammessi alla XLI esposizione aperta il 29 aprile 1882 nell’edificio della Società, Società Promotrice di Belle Arti in Torino”, Torino, 1882, p. 14, n. 202; “Mostra del pittore Luigi Nono”, catalogo della mostra, Venezia, 1901, p. 145, n. 34; Giovanni Cena, “L’Esposizione veneziana”, in “Nuova Antologia”, XCIII, serie IV, 1901, 715, p. 535; Gilberto Secretant, “Luigi Nono all’Esposizione di Venezia”, in “L’Illustrazione italiana”, XXVIII, 1901, 37, pp. 194-196; G. Pagliano, Medaglioni d’artisti veneziani. Luigi Nono, in “L’Adriatico”, 3 luglio 1911; Pompeo Marino Molmenti, Luigi Nono, in “Il Secolo XIX”, XVIII, 1919, 3, p. 168; Guido Perocco, “Mostra di Luigi Nono (1850-1918)”, catalogo della mostra, Venezia, 1964, p. 32, n. 43; Lia Chinosi, a cura di, “Nascere a Venezia. Dalla Serenissima alla prima guerra mondiale”, catalogo della mostra, Torino, 1985, pp. 12, 230; Mario Nono, “Luigi Nono nell’arte e nella vita 1850-1918”, Firenze, 1990, pp. 112-113, n. 53; Nico Stringa, “Luigi Nono”, in “Ottocento veneto”, Venezia, 2004, p. 410; Paolo Serafini, “Il pittore Luigi Nono (1850-1918). Catalogo ragionato dei dipinti e dei disegni”, Torino, 2006, vol. I, tav. 37, vol. II, p. 77, n. 216; Paolo Serafini, a cura di, “Luigi Nono 1850-1918: Capolavori ritrovati e importanti opere inedite”, catalogo della mostra, Milano, 2012, p. 28; Angelo Enrico, Elisabetta Staudacher, a cura di, “La Venezia di Ciardi e Favretto. Il silenzio della laguna e le ciacole della città”, Milano, 2017, p. 116, n. 11
    Esposizioni: “XLI Esposizione della Società Promotrice di Belle Arti in Torino”, Torino, 1882; Venezia, Circolo Artistico Veneziano, Palazzo Mocenigo a San Benedetto, 1882; “IV Esposizione Internazionale d’Arte della città di Venezia – Mostra del pittore Luigi Nono”, Venezia, Palazzo dell’Esposizione, 1901; “Mostra di Luigi Nono (1850-1918)”, Sacile, Palazzo Flangini-Biglia, 1964; “Nascere a Venezia. Dalla Serenissima alla prima guerra mondiale”, Venezia, Palazzo Vendramin Calergi, 1985; “Luigi Nono”, Sacile, Chiesa di San Gregorio e Palazzo Regazzoni Flangini, 1990
    Stato di conservazione. Supporto: 85%
    Stato di conservazione. Superficie: 85% (ritocchi e integrazioni, in generale molto estesi; diffusa vernice di protezione, in particolare sulle parti scure)

    Salutato da Camillo Boito come rinnovatore insieme a Giacomo Favretto della scuola pittorica veneziana, Luigi Nono si perfeziona nel 1876 a Firenze, Roma e Napoli e nel 1878 è a Parigi e Vienna. Il realismo macchiaiolo e il patetismo degli Induno, costituiscono il cardine della sua prima produzione, coronata dalla consacrazione con “Refugium peccatorum” (Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna) presentato all’Esposizione internazionale di Roma del 1883. Sin dalla metà degli anni Settanta è evidente nella sua produzione un precoce interesse per gli interni domestici, in cui viene sperimentata la luce radente di ascendenza fiamminga. Un umile casolare con un giaciglio e pochi poveri arredi e suppellettili è scenario di tre dipinti realizzati tra il 1881 e il 1885, in cui per la prima volta l’ambientazione cittadina, che compariva in “Il bambino malato” (collezione privata) del 1876 di analoga composizione, cede il passo a una dimensione rustica. È del 1881 “La povera madre”, una figura femminile di spalle che veglia un bambino addormentato. Lo stesso interno è ripreso in “Vice mamma,” presentata nel 1882 alla Promotrice di Torino e al Circolo Artistico Veneziano, dove ottiene il premio offerto dal barone Raimondo Franchetti e viene acquistata dal collezionista Giulio Rocca Lucca. A differenza della povera madre, di cui non si vedeva il volto, ma si poteva intuire dalla posa riversa sul letto la stanchezza e la mestizia, la vice mamma è una fanciulla dalle guance rubiconde, che tiene stretto al petto un bambino paffuto e rosato, conferendo alla composizione un tono gioioso. L’ambiente rustico e umile è ravvivato dal candore delle lenzuola, da una pianta fiorita e da una nidiata di pulcini, che razzolano sul pavimento. Dalla finestra, quasi un pertugio, si intravede una campagna verde e feconda. È interessante come Nono sia riuscito attraverso alcuni dettagli a creare in un ambiente identico due scene di registro opposto. L’opera, apprezzatissima e replicata l’anno successivo in dimensioni leggermente inferiori, è ancora esposta nel 1901 nella mostra personale dedicata all’artista dalla Biennale di Venezia, dove cattura l’attenzione di Giovanni Cena - “nei piccoli quadri è riuscito a concentrare in una fattura squisita un sentimento gentile” (Giovanni Cena, “L’Esposizione veneziana”, in “Nuova Antologia”, XCIII, serie IV, 1901, 715, p. 535) - e di Gilberto Secretant - “coi piccoli quadretti di genere come […] ‘Vice-mamma’ l’artefice raggiunge una solidità degna di un antico fiammingo, ma col più moderno senso della vita” (Gilberto Secretant, “Luigi Nono all’Esposizione di Venezia”, in “L’Illustrazione italiana”, XXVIII, 1901, 37, p. 194).

    Teresa Sacchi Lodispoto

  • Giacomo Favretto (1849 - 1887) 
Fantasticando, 1884-1887
    Lotto 352

    Giacomo Favretto (1849 - 1887)
    Fantasticando, 1884-1887
    Olio su tavola
    106,5 x 57,5 cm
    Firma: in alto a sinistra, “G. Favretto”
    Data: in alto a sinistra, “1887”
    Altre iscrizioni: in alto a sinistra, dedica “A quel simpatico / di F. Tabacchi / l’amico / G. Favretto 1887”

    Elementi distintivi: al retro della tavola, timbri raccolta Filippo Schettini, articolo di giornale di “Il Mattino. Corriere di Napoli” n. 306 dedicato al generale Francesco Tabacchi, inventario "N° 7" vergato a matita
    Provenienza: Generale Francesco Tabacchi, Modena; Cavalier Giuseppe Badini, Bologna; Fillippo Schettini, Napoli; Alfredo Schettini, Napoli; collezione privata, Napoli
    Bibliografia: “Catalogo della Collezione Giuseppe Badini. Arte moderna”, catalogo di vendita, Milano, 1928, n. 549, tav. XVIII; Guido Perocco, Renzo Trevisan, “Giacomo Favretto”, Torino, 1986, p. 192, n. 196; Renzo Trevisan, a cura di, “Giacomo Favretto 1849-1887. L’opera completa”, Scorzè-Venezia, 1999, p. 207; Enzo Savoia, Stefano Bosi, a cura di, “La donna nella pittura italiana dell’800. Dalla Scapigliatura alla Belle Époque”, catalogo della mostra, Milano, 2012, p. 20; Stefano Bosi, scheda in Enzo Savoia, Stefano Bosi, a cura di, “I Maestri del Colore. Arte a Venezia nell'800”, catalogo della mostra, Milano, 2017, pp. 68-69, 164
    Esposizioni: “Collezione Giuseppe Badini. Arte Moderna”, Milano, Palazzo Nuova Permanente, 1928; “La donna nella pittura italiana dell’800. Dalla Scapigliatura alla Belle Époque”, Milano, Galleria Bottegantica, 2012; “I Maestri del Colore. Arte a Venezia nell'800”, Milano, Galleria Bottegantica, 2017
    Stato di conservazione. Supporto: 90%
    Stato di conservazione. Superficie: 85% (moderate ridipinture in particolare lungo la fessurazione della tavola)

    «Non era soltanto un felice pittore, era altresì un artista – l’artista del colore e della luce, che sapeva gaiamente accordare insieme i colori più disparati e stridenti così da destare, insieme coll’ammirazione per le superate difficoltà di tavolozza, un vero godimento estetico. Ma non si può negar d’altra parte che l’arte non fosse per lui sopra tutto colore […] e la composizione stessa non subordinasse alla macchia, che diveniva la vita del quadro», così Pompeo Molmenti (“Venezia. Nuovi studi di storia e d’arte”, Firenze, 1897, pp. 398-399) ricorda Giacomo Favretto a dieci anni dalla prematura scomparsa. Compagno di corso all’Accademia di Venezia di Guglielmo Ciardi, Fausto Zonaro, Luigi Nono e Alessandro Milesi e assistente di Pompeo Molmenti, nella prima produzione risente dell’influenza della pittura macchiaiola e della lezione napoletana. Costituisce, tuttavia, un giro di boa l’Esposizione Universale di Parigi del 1878, che gli permette di accostarsi alla pittura di Ernest Meissonier e Mariano Fortuny. La tavolozza luminosa e la pennellata sciolta e vibrante, in un primo momento utilizzate in soggetti neosettecenteschi, virano ben presto verso le scene di vita contemporanea tra calle e campielli rese con vivace umorismo. Nel 1887, anno della definitiva consacrazione alla Esposizione nazionale artistica di Venezia, ma anche della precoce scomparsa, Favretto dedica al generale garibaldino Francesco Tabacchi l’opera “Fantasticando”. Soggetto del dipinto è Angelina, la sorella dell’artista più comunemente nota con il diminutivo di Zanze, già ritratta in un interno sullo sfondo di una pianta posta su una mensola nel dipinto “Zanze”, presentato all’Esposizione nazionale di Torino del 1884. Maestro del colore, Favretto realizza con una pittura veloce e sommaria la parte bassa del dipinto e si dedica con perizia e maestria al volto al fazzoletto giallo e alla pianta di geranio nel vaso in terracotta resi in punta di pennello. Al di sotto del fazzoletto sfuggono alcune ciocche ribelli, che incorniciano il volto assorto in una romantica fantasticheria. Coprotagonista del dipinto è il bel pezzo di natura morta che spicca sulle imperfezioni del muro imbiancato. Il rosso del fiore di geranio costituisce un contrappunto cromatico con lo scialle rossa, che racchiude e dà volume al volto.

    Teresa Sacchi Lodispoto

  • William Henry Haines (1812 - 1884) 
Ca’ d’Oro a Venezia
    Lotto 353

    William Henry Haines (1812 - 1884)
    Ca’ d’Oro a Venezia
    Olio su tela
    61 x 101 cm
    Firma: "W Henry" al recto, scarsamente lggibile, e al verso a gesso bianco
    Data: non leggibile ("1857"?), al recto
    Altre iscrizioni: titolo al verso ("Il Palazzo Ca' d'Oro [from ?] the Grand Canal / Venice"); altri segni a gesso bianco al verso (tra cui, "3")
    Elementi distintivi: sul telaio, etichetta di collezione "W. Henry" con numero di inventario ("25"), etichetta "FRONT HALL", con riguardo alla collocazione originaria; ulteriore etichetta "W. Henry ....... 51 The Palazzo Ca d'Oro, Venice"; ulteriore etichetta di corniceria
    Stato di conservazione. Supporto: 90%
    Stato di conservazione. Superficie: 90% (ridotte cadute e ritocchi)

    William Henry Haines espose a Londra, tra il 1843 e il 1884, almeno 108 opere alla Society of British Artists, 40 alla British Institution e 30 alla Royal Academy (oltre ad almeno 45 in altre sedi), segno di un forte apprezzamento pubblico. Alle scene domestiche, si affianca una importante produzione come vedutista, sia a Londra, sia all'estero, sulla scorta del grande interesse che riscuoteva in Inghilterra il paesaggio, anche urbano. Venezia, nell'immaginario inglese, è già un must nel Settecento, con lo straordinario successo delle perfette descrizioni di spazi e architetture di Canaletto, che, tra il 1746 e il 1755, sbarcato in Inghilterra, trasforma l'immagine pittorica (anche) di Londra.
    Su questo spinta anche commerciale, Haynes dipinge Venezia, nei suoi monumenti e scorci più celebri, con una vena di lirica malinconia, che mostra un legame particolare con le atmosfere rarefatte e distorte, spesso anche cupe e inquietanti, di Francesco Guardi, aggiornate sulla lezione degli autori più in voga nell'800 veneziano, da Giuseppe Borsato a Francesco Moja, Giovanni Migliara e Giuseppe Canella, fino a Luigi Querena ed al vicentino Francesco Zanin.
    Ne deriva la visione di una Venezia carica di tensione e di sentimenti, che portano la veduta oltre la ricostruzione fedele, ai limiti della visione fotografica, delle architetture dipinte, e rendono Haines uno dei poeti del paesaggio, attivi oltremanica, più apprezzati del XIX secolo.
    Di ciò è esempio questa veduta della Ca’ d’Oro vista dal Canal Grande, dipinta dopo che l'edificio era stato restaurato dell'ingegner Giovan Battista Meduna per volere del proprietario di allora, il principe russo Alessandro Troubetzkoy. La facciata si caratterizza per la marcata asimmetria tra la parte sinistra, in cui si sovrappongono tre fasce traforate (portico per l'attracco delle barche al piano terra e loggiati ai piani superiori), e l'ala destra, in cui prevale la muratura rivestita di marmi pregiati con singole aperture quadrate isolate: Haynes sottolinea, tuttavia, con un ductus denso, l'unico elemento che dà continuità alla facciata, condizionandola e dominandola, il grande cornicione con la soprastante merlatura e le triple colonnine tortili ai lati, con effetto che anticipa la pittura del secondo Ottocento, l'impasto ricco e luminoso di Luigi Nono, di Favretto, dei Ciardi.

  • Guglielmo Ciardi (1842 - 1917) 
Laguna, 1880
    Lotto 354

    Guglielmo Ciardi (1842 - 1917)
    Laguna, 1880
    Olio su tela
    35 x 64 cm
    Firma: in basso a destra, "Ciardi"
    Data: "1880", sulla vela avorio di una imbarcazione a sinistra
    Elementi distintivi: etichetta con numero di inventario "CE 09/22"; "CIARDI" a pennarello al verso della cornice
    Provenienza: Leslie Hindman, Chicago (1993); collezione privata, Venezia
    Bibliografia: Maurizio Agnellini, “Ottocento italiano. Pittori e scultori. Opere e Mercato”, Milano, 1994, tav. XX; Volker e Erwin Silbernagl, a cura di, “Pittori a confronto”, catalogo della mostra, Daverio, 1995, p. 35; Nico Stringa, “Guglielmo Ciardi. Catalogo generale dei dipinti”, Crocetta del Montello, 2007, p. 221, n. 128
    Esposizioni: “Pittori a confronto”, Milano, Galleria Sibernagl, 1995
    Stato di conservazione. Supporto: 90% (rintelo)
    Stato di conservazione. Superficie: 70% (cadute di colore e ridipinture)

    A partire dal 1873 Guglielmo Ciardi si afferma come cantore della laguna veneta, erede predestinato di Canaletto, Guardi e Bellotto (Stefano Bosi, “Il cantore della laguna veneta: I cicli delle ‘basse maree’ e dei ‘pescatori in laguna’”, in Enzo Savoia, Francesco Luigi Maspes, a cura di, "Guglielmo Ciardi protagonista del vedutismo veneto dell'Ottocento", Crocetta del Montello, 2013, pp. 92-95). Allievo della scuola di paesaggio istituita da Domenico Bresolin presso l’Accademia di belle arti di Venezia, l’artista aveva saputo creare un felice connubio tra la tradizione veneta, di cui riprende atmosfere e tavolozza, con le ricerche più innovative del suo tempo tra “macchia” e “vero”. Il peculiare punto di vista della terra vista dal mare o da uno degli isolotti della laguna gli aveva permesso di operare tale sintesi e di lavorare sul motivo cogliendo le infinite variazioni degli effetti di luce sulla superficie dell’acqua. Il mare è sempre calmo e le rare figure umane sono operose, in un’armoniosa compenetrazione tra uomo e natura, che si trasfigura una dimensione serena e atemporale. Si tratta di veri e propri cicli, in cui viene nel corso degli anni preso nota di ogni dettaglio atmosferico e di ogni attività umana attraverso dipinti tutti diversi l’uno dall’altro. Dopo un soggiorno a Parigi per visitare l’Esposizione universale del 1878 la pittura di Ciardi si fa matura e internazionale, come attestato dall’opera in esame proveniente dal mercato americano e datata 1880 sulla vela color avorio della sesta imbarcazione da sinistra. La pennellata diviene più liscia e il contrasto cromatico tra le zolle di terreno e l’acqua più evidente. Una donna con due bambini osserva da un piccolo molo, che chiude la composizione, le vele delle barche da pesca che si dispiegano sulla laguna. Il cielo appena corrusco di nubi si riflette placido sulla superficie del mare, che segna tutto il contorno del dipinto. L’artista orchestra con sapienza le variazioni cromatiche, passando in basso dal marrone all’azzurro, lungo la linea dell’orizzonte dall’azzurro all’avorio degli edifici, tratteggiati con fare miniaturistico, e a destra dall’azzurro al cobalto dei colli in lontananza.

    Teresa Sacchi Lodispoto

  • Vincenzo Cabianca (1827 - 1902) 
Soldato, 1860 circa
    Lotto 355

    Vincenzo Cabianca (1827 - 1902)
    Soldato, 1860 circa
    Olio su tela
    71 x 38,3 cm
    Firma: "V. Cabianca" al recto
    Stato di conservazione. Supporto: 85% (rintelaiatura e rintelo)
    Stato di conservazione. Superficie: 85% (perdite di materia pittorica soprattutto ai margini, ritocchi, vernice protettiva)

    Vincenzo Cabianca si impegna nei soggetti storici soprattutto intorno al 1860 (cfr. Francesca Dini, “Vincenzo Cabianca. Catalogo ragionato”, Cinisello Balsamo 2020, p. 444, nn. 167, 169, p. 445, n. 170), data a cui andrà quindi avvicinata anche l'opera in asta.

  • Maurizio D'Agostini (1946) 
Mercurio (il messaggero alato), 2008
    Lotto 356

    Maurizio D'Agostini (1946)
    Mercurio (il messaggero alato), 2008
    Terracotta semire dipinta
    64,2 x 52 x 51,5 cm
    Firma: “M D” inciso sulla base
    Data: “08” inciso sulla base
    Altre iscrizioni: titolo “MERCURIO” e “OMAGGIO A G. HOLST” incisi sulla base
    Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA

    Bibliografia: F. Girardello, I Pianeti, l'invenzione cosmica di Maurizio D'Agostini, in Catalogo della mostra alla Fondazione G. B. Cima da Conegliano, 2009
    G. Grossato, D'Agostini sulle tracce di Holst, e i pianeti diventano sculture, in Il Giornale di Vicenza, 9 luglio 2009
    M. Valediano, Un argonauta lungo rotte enigmatiche, in Il Giornale di Vicenza, 18 novembre 2009
    C. Franchetti, a cura di, I pianeti di Maurizio D'Agostini. Omaggio a Gustav Holst, Sondrio, 2011, pp, 32-33 (ill.)
    G. Grossato, I pianeti di Maurizio D'Agostini, in Artantis, Palermo, luglio-agosto 2011
    G. Grossato, I pianeti di Maurizio D'Agostini a casa dell'astronomo Piazzi, in Il Giornale di Vicenza", 11 maggio 2011
    Aa. Vv., Enciclopedia Artisti contemporanei, Roma, 2013, pp. 128-129
    B. Buscaroli e P. Levi, testi di, I pianeti di Maurizio D'Agostini. Omaggio a Gustav Holst, Costa di Mezzate, 2016, pp. 9, 11, 24-25 (ill.)
    D. Radini Tedeschi e S. Pieralice, "Atlante dell'Arte", Novara, 2020, sub vocem
    G. Maritati, L'Atlante dell'arte 2020, in TG1, 11.06.2020
    A. Keran, I pianeti di Maurizio D'Agostini. La chiave metafisica della Materia, in Amedit, autunno 2020
    Esposizioni: F. Girardello, a cura di, I Pianeti. L'invenzione cosmica di Maurizio D'Agostini, Fondazione Giovanni Battista Cima, Conegliano, 1 maggio - 14 giugno 2009
    C. Franchetti, a cura di, I pianeti di Maurizio D'Agostini. Omaggio a Gustav Holst, Teatro Comunale Giuseppe Piazzi, Sondrio, 24 aprile - 15 maggio 2011
    Aa. Vv., "I sette pianeti. Omaggio a Gustav Holst", mostra itinerante nelle sedi di Veneto Banca di Bari (Palazzo Barone Ferrara), Fabriano, Verona, Verbania, 2014
    B. Buscaroli e P. Levi, a cura di, I pianeti di Maurizio D'Agostini. Omaggio a Gustav Holst, Veneto Banca, 2016

    Stato di conservazione. Supporto: 60% (ali fratturate e ricomposte ma instabili; danni da urto e frizione soprattutto alla base)
    Stato di conservazione. Superficie: 90%

    L'opera fa parte di una serie realizzata da D'Agostini nei primi anni 2000 sui pianeti, dedicata a Gustav Holst (1874-1934), che ebbe successo mondiale con la suite "The Planets". «Mi appassionai - racconta l'artista, che già nel 1999 aveva tratteggiato a pastello l'Uomo degli astri (Buscaroli e Levi 2016, p. 11) - alla suite musicale de "I sette pianeti" di Gustav Holst a casa di amici, i coniugi Borgato. Paola e Luigi Borgato sono costruttori di pianoforti. Quella sera mi invitarono a cena. Con noi c'era anche il pianista Igor Roma. Era una bellissima serata d'Autunno del 2001 e dopo cena, per concludere quel caloroso e gioviale incontro, Igor si accomodò al pianoforte (un pianoforte Borgato a coda, naturalmente!), un eccezionale strumento nero come la notte e lucido come uno specchio. E lì, con le sue dita che correvano furiosamente sulla tastiera, Igor mi fece conoscere Marte portatore di guerra di Gustav Holst. L'impatto fu immediato, rimasi letteralmente catturato da quei suoni potenti, che in parte già conoscevo per averli sentiti in alcune colonne sonore di film d'azione. Confesso che non conoscevo Holst, il compositore, ma la sua musica, un po', sì! Stavo trascorrendo un periodo di crisi creativa, come mi è sempre accaduto, a fasi alterne. Mi trovavo in una situazione in cui avevo grande necessità, assoluto bisogno di una scintilla che accendesse la miccia della mia fantasia creativa e Marte portatore di guerra fu vera dinamite! Quella famosa sera, rincasando, la mia anima stava meravigliosamente bene. Mi venne in mente un progetto ambizioso, superbo: avrei realizzato i miei sette pianeti sulla base delle musiche di Gustav Holst. Ascoltando il divino Holst nacquero nell'arco di sette anni i miei personaggi. Ero inebriato da quelle musiche. Il mio scopo consisteva nel materializzare quei suoni secondo le mie visioni, riuscire a creare delle sculture che fossero in grado di rappresentare le musiche che ascoltavo. Fu una impresa di cui vado molto fiero, una ricerca e una sperimentazione che mi ha portato molto lontano, nel mondo esaltante del mistero e dell'inconscio. E così nacquero in ordine temporale Giove, Saturno, Marte, Venere, Nettuno, Mercurio e Urano.» (M. D'Agostini, estratto dal Carnet de voyage, in Buscaroli e Levi 2016, p. 11). La portata allegorica di ogni pianeta è ben sintetizzata da Beatrice Buscaroli nella introduzione alla mostra del 2016 (p. 9): «la seduzione di Venere, la regalità musicale di Giove, l'assolutezza imperativa di Marte, la fluidità turbinosa di Saturno, la dimensione proteiforme e vibratile di Mercurio, la gravità mistica di Nettuno, la struttura labirintica di Urano».
    Il ciclo - nel suo svolgersi negli anni - consente a D'Agostini di richiamare la memoria del proprio apprendistato nell'incisione, nello sbalzo e nel disegno presso la Scuola d'Arte e Mestieri di Vicenza, unendoli all'esperienza della scultura monumentale, ed all'approfondimento della ceramica, che dal 2004 inizia a dipingere con oli e acrilici al modo degli antichi (Buscaroli e Levi 2016, p. 37). Nasce così un modo di fare scultura che dichiara il proprio legame con la musica, ma che è prima di tutto di impronta teatrale, con il definirsi di personaggi che sono in realtà maschere e abiti almeno quanto idee.
    Di ogni scultura della serie esistono diversi disegni preparatori, che ne rivelano la genesi: Mercurio è costruito sul tema delle ali e della rotazione, nonché della duplicità (Franchetti 2011, p. 32; Buscaroli e Levi 2016, p. 24).
    Del ciclo D'Agostini ha realizzato, a richiesta, esemplari in bronzo.

  • Beppe Ciardi (1875 - 1932) 
Spiaggia marina, 1923-1925 circa
    Lotto 357

    Beppe Ciardi (1875 - 1932)
    Spiaggia marina, 1923-1925 circa
    Olio su tela
    60,5 x 104,5 cm
    Firma: In basso a sinistra al recto "Beppe Ciardi"; sul retro, Beppe Ciardi
    Altre iscrizioni: sul telaio, "Spiaggia marina” a pennello
    Elementi distintivi: al verso del telaio, a gessetto bianco "8"; a gessetto azzurro "370"; a matita le dimensioni ("105x60") ed etichetta della esposizione "Dolomiti d'acqua, Belluno, Palazzo Crepadona" del 2016
    Bibliografia: Giovanni Granzotto, a cura di, “Dolomiti d'acqua. Il viaggio della pittura dai monti verso Venezia e la laguna”, catalogo della mostra, Belluno, 2016, p. 35; Stefano Bosi, scheda in Enzo Savoia, Stefano Bosi, a cura di, “I Maestri del Colore. Arte a Venezia nell'800”, catalogo della mostra, Milano, 2017, pp. 14-17, 160; Stefano Zampieri, scheda in Luisa Turchi, Stefano Cecchetto, a cura di, “Venezia in chiaro. Dialoghi e silenzi nella pittura tra Ottocento e Novecento”, catalogo della mostra, Venezia, 2018, pp. 134, 224, n. 48; Antonio Parronchi, “Beppe Ciardi. Catalogo generale delle opere”, Torino, 2019, p. 243, n. 818
    Esposizioni: Dolomiti d'acqua. Il viaggio della pittura dai monti verso Venezia e la laguna”, San Vito di Cadore, Scuole Elementari, 2016; “I Maestri del Colore. Arte a Venezia nell’800”, Milano, Galleria Bottegantica, 2017; “Venezia in chiaro. Dialoghi e silenzi nella pittura tra Ottocento e Novecento”, Venezia, Palazzo Querini, 2018
    Stato di conservazione. Supporto: 90%
    Stato di conservazione. Superficie: 90% (ridotte riprese pittoriche)

    Il tema della partenza e del rientro di marinai e pescatori ricorre negli anni Venti del Novecento nella produzione di Beppe Ciardi (Venezia 1875 – Quinto di Treviso 1932), che tornato a Venezia dopo la pausa della Grande Guerra, indugia su visioni dall’afflato lirico. Figlio del notissimo Guglielmo e fratello di Emma, l’artista dopo una prima formazione sotto la guida paterna per il paesaggio e di Ettore Tito per la figura, attraverso l’amicizia con Vittore Grubicy si era accostato alle innovazioni del luminismo divisionista. In sintonia con le ricerche segantiniane, la natura era divenuta protagonista delle sue opere. Il dipinto, intitolato sul telaio “Spiaggia marina”, fa parte di una serie di opere con pescatori e donne sulla spiaggia (Antonio Parronchi, “Beppe Ciardi. Catalogo generale”, cit., p. 243 nn. 817-821). In un reciproco rapporto in quest’opera lo stato d’animo di attesa delle donne e dei bambini e l’atmosfera tempestosa del paesaggio costituiscono una sorta di unità emotiva. Mentre ancora non compaiono le prime imbarcazioni all’orizzonte, il cielo si fa cupo, le nuvole si gonfiano di pioggia e il mare è scosso da raffiche di vento. Con la consueta perizia l’artista rende attraverso diversi toni di grigio l’incedere del temporale con il cielo scuro in primo piano e la pioggia che si scarica sulla linea dell’orizzonte. Le figure in attesa costituisco un gruppo compatto, appena ravvivato da pochi toni di rosso e azzurro, da cui si staccano i personaggi isolati sulla destra e quelli seduti sull’asse di legno, che chiude obliquamente lo spazio all’estrema sinistra. Segno del rientro sono alcune barche già tirate a riva, circondate da figure tanto piccole e tanto distanti da confondersi con la sabbia. Spettatore esterno e nel contempo partecipe della scena, l’artista sceglie un punto di vista leggermente rialzato che permette di inquadrare con taglio fotografico quanto più persone e quanto più scenario naturale possibile.

    Teresa Sacchi Lodispoto

  • Mario Schifano (1934 - 1998) 
Senza titolo, 1983
    Lotto 358

    Mario Schifano (1934 - 1998)
    Senza titolo, 1983
    Acrilico e smalti su tela
    50 x 70 cm
    Firma: “Schifano”, al verso
    Altre iscrizioni: a matita, a tergo del telaio, “16/78”
    Elementi distintivi: sul telaio stampigliatura delle dimensioni e indicazione del produttore
    Provenienza: Galleria de' Foscherari, Bologna (fino al 22 maggio 1990); Banca Popolare di Asolo e Montebelluna; Veneto Banca Holding; Veneto Banca SpA in LCA
    Bibliografia: Goldin M., Bonito Oliva A., “Schifano Opere 1957-1997”, catalogo della mostra di Conegliano, Milano, 1998; Aa. Vv., “Mario Schifano”, catalogo della mostra di Roma, ex stabilimento Peroni, 2001 - 2002, Milano, 2001; S. Pegoraro, a cura di, “Mario Schifano. Il colore e la luce”, catalogo della mostra di Castelbasso, 16 luglio-27 agosto 2006, Castelbasso, 2006
    Certificati: Certificato dell'Archivio Mario Schifano del 3 novembre 2021
    Stato di conservazione. Supporto: 85% (lacerazione verticale di 7,4 cm circa sulla fascia destra, con segni di sutura)
    Stato di conservazione. Superficie: 95%

    L’opera appartiene alla serie “Acerbo”, il celebre ciclo inaugurato negli anni ‘80, in cui Schifano reinterpreta il tema classico della natura morta scomponendone e dissolvendone le forme con il tratto filamentoso e materico dell’acrilico.

  • Guglielmo Ciardi (1842 - 1917) 
Ottobre, 1907 circa
    Lotto 359

    Guglielmo Ciardi (1842 - 1917)
    Ottobre, 1907 circa
    Olio su tela
    80,5 x 129 cm
    Firma: in basso a sinistra, "G. Ciardi"
    Elementi distintivi: etichetta con numero di inventario "1889" (?) sul telaio
    Provenienza: collezione privata, Venezia
    Bibliografia: “Catalogo della IV Esposizione di Arte Italiana”, Bergamo, 1907, pp. 27, 54, n. 12; Nico Stringa, “Guglielmo Ciardi. Catalogo generale dei dipinti, Crocetta del Montello, 2007, p. 328, n. 494
    Esposizioni: IV Esposizione di Arte Italiana”, Buenos Aires, 1907
    Stato di conservazione. Supporto: 90%
    Stato di conservazione. Superficie: 85% (cadute di colore e riprese pittoriche)

    Pittore sempre aggiornato e attento alle sollecitazioni che gli giungono dagli artisti internazionali presenti alle Biennali di Venezia, Guglielmo Ciardi alla fine dell’Ottocento sperimenta in parallelo con il figlio Beppe una pennellata più larga sulla scorta delle sperimentazioni divisioniste e nuove gamme cromatiche di matrice impressionista. Si tratta, tuttavia, di innovazioni accolte esclusivamente dal punto di vista tecnico e formale, come strumenti attraverso cui continuare a descrivere con occhio distaccato l’ambiente naturale, come nel caso dei paesaggi e vedute fluviali del ciclo del Sile, in cui le rare figure umane costituiscono un elemento marginale. In una serie di opere dai caratteri impressionistici la vegetazione si riflette in specchi d’acqua in stagioni diverse (“Riflessi immobili – Preludio d’autunno”, collezione privata; “Ottobre d’oro”, Palermo, Galleria d’Arte Moderna).
    Appartiene alla serie delle vedute ottobrine l’opera in esame, una veduta fluviale orchestrata sui toni del verde. Asse portante del dipinto è il sentiero campestre che bipartisce lo spazio. La sinistra è occupata dallo specchio d’acqua su cui si riflettono cielo e alberi dalle foglie ingiallite; la destra dalla vegetazione le cui ombre colorate si allungano sul prato. Il cielo chiaro, che tende quasi al bianco, annuncia la fine della stagione calda e prelude all’arrivo dei primi freddi. Unica presenza, in uno spazio privo di alcuna figura umana, è il gruppo di oche che stazionano tra acqua e terra.

    Teresa Sacchi Lodispoto

  • Dosso Dossi (1489 - 1542) , seguace di
Testa virile
    Lotto 360

    Dosso Dossi (1489 - 1542) , seguace di
    Testa virile
    Olio su tela
    49 x 38 cm
    Altre iscrizioni: al verso del telaio, a matita, "N. 132"
    Stato di conservazione. Supporto: 85% (rintelo e rintelaiatura)
    Stato di conservazione. Superficie: 85% (cadute e integrazioni)

    Il dipinto, per la stretta similitudine delle fisionomie, appare in relazione con il "Ritratto di Guerriero" di Dosso Dossi (olio su tela, 85x70 cm), datato intorno al 1517 e conservato agli Uffizi (inv. 1890 no. 889), dove giunse nel 1798 dal Guardaroba del Granduca di Toscana Francesco Giuseppe Carlo Giovanni d'Asburgo-Lorena (1768-1835). Attribuito in passato a Sebastiano del Piombo, la critica tardo ottocentesca e poi moderna ipotizza con una certa costanza – seppur non all’unanimità – la paternità del "Ritratto di guerriero" a Dosso Dossi, come venne presentato alla Esposizione della Pittura Ferrarese del Rinascimento dal critico d’arte Nino Barbantini in occasione del IV centenario della morte di Lodovico Ariosto del 1933, riconfermata anche negli studi più recenti (N. Barbantini, "Ritratto di guerriero", in "Esposizione della Pittura Ferrarese del Rinascimento", catalogo della mostra, Ferrara, maggio – ottobre 1933, a cura di Nino Barbantini, Venezia 1933, p. 156; A. Ballarin, "Dosso Dossi. La Pittura a Ferrara negli anni del Ducato di Alfonso I", V. 1, Cittadella (PD) 1995, cat. 362, pp. 307-308; J. Bridgeman, K. Watts, "Armour, weapons and dress in four paintings by Dosso Dossi", in “Apollo”, CLI, February 2000, pp. 20-27; A. Pattanaro, "Allegoria di Ercole", in "Dosso Dossi. Rinascimenti eccentrici al Castello del Buonconsiglio", catalogo della mostra, Trento, Castello del Buonconsiglio, monumenti e collezioni provinciali, 12 luglio – 2 novembre 2014, a cura di V. Farinella, L. Camerlengo, F. De Gramatica, Milano 2014, pp. 120-122).
    Rispetto al ritratto in studio, concentrato sul viso, in cui la figura appare in analoga posizione, ma sprofondata nel fondo scurissimo e semplificata nella veste, il dipinto fiorentino mostra una grande attenzione alla resa luministica della corazza lavorata "a damaschina" ed una cura meticolosa dei particolari delle mani, della barba, della fronte, dei capelli, così come, delle vesti e dei ricami. Il personaggio ritratto non è oggi noto, ma il pettorale dell’armatura “all’italiana”, richiama, nella forma e nei motivi decorativi, esemplari in uso nel secondo decennio del secolo, il che collima con la datazione stilistica dell'opera intorno al 1517, un tempo in cui la pittura di Dosso è particolarmente vicina al senso di inquietudine che permea Giorgione.
    Per l'opera in scheda è stata suggerita una affinità con i dipinti di Girolamo da Carpi della metà del Cinquecento, per esempio il "Ritratto virile" (olio su tela, 76x95,5 cm), datato 1545-1549, proveniente dalla collezione Sacchetti e conservato presso la Pinacoteca capitolina (Galleria Cini, inv. PC 206).
    La datazione dell'opera resta comunque incerta.

    Per le informazioni relative al dipinto degli Uffizi la scheda è debitrice in larga misura della nota di catalogo stesa per gli Uffizi da Guicciardo Sassoli de' Bianchi Strozzi.

  • Beppe Ciardi (1875 - 1932) 
Il ritorno delle barche da pesca, 1920 circa
    Lotto 361

    Beppe Ciardi (1875 - 1932)
    Il ritorno delle barche da pesca, 1920 circa
    Olio su tela
    124 x 104 cm
    Firma: al recto, in basso a destra, "Beppe Ciardi", e, al retro sulla tela, "Beppe Ciardi"
    Altre iscrizioni: al retro sul telaio, "Venezia"
    Elementi distintivi: al retro della cornice, una etichetta antica, con titolo ("14, Sotto l'arco", con una firma non leggibile) ed una seconda, etichetta, rotonda, rossa, con riferimenti inventariali

    Bibliografia: “Mostra personale del maestro veneziano Beppe Ciardi”, catalogo della mostra, Napoli, 1924, n. 6 [?]; “Mostra d'Arte Italiana pittori contemporanei”, catalogo della mostra, Genova, 1925, n. 26; Enzo Savoia, Stefano Bosi, a cura di, “Volti & Luoghi nella pittura dell'800”, catalogo della mostra, Milano, 2016, n. 13; Stefano Bosi, scheda in, Enzo Savoia, Stefano Bosi, a cura di, “I Maestri del Colore. Arte a Venezia nell'800”, catalogo della mostra, Milano, 2017, pp. 18-19, 160, n. 3; Luisa Turchi, scheda in Luisa Turchi, Stefano Cecchetto, “Venezia in chiaro. Dialoghi e silenzi nella pittura tra Ottocento e Novecento”, catalogo della mostra, Venezia, 2018, p. 144, n. 57; Antonio Parronchi, “Beppe Ciardi. Catalogo ragionato dei dipinti”, Torino, 2019, p. 75, tav. 52, p. 244, n. 823; Giandomenico Romanelli, a cura di, “I Ciardi. Paesaggi e giardini”, catalogo della mostra, Venezia, 2019, pp. 76-77, 85, n. 43
    Esposizioni: “Mostra personale del maestro veneziano Beppe Ciardi”, Napoli, Galleria Corona, 1924; “Mostra d'Arte Italiana pittori contemporanei”, Genova, Galleria Permanente A. Vitielli, 1925; “Volti & Luoghi nella pittura dell'800”, Milano, Galleria Bottegantica, 2016; “I Maestri del Colore. Arte a Venezia nell'800”, Milano, Galleria Bottegantica, 2017; “Venezia in chiaro. Dialoghi e silenzi nella pittura tra Ottocento e Novecento”, Venezia, Palazzo Querini, 2018; “I Ciardi. Paesaggi e giardini”, Conegliano, Palazzo Sarcinelli, 2019

    Stato di conservazione. Supporto: 90%
    Stato di conservazione. Superficie: 90% (riprese pittoriche ridotte e piccoli distacchi di colore)

    Avviato alla pittura dal padre Guglielmo, innovatore del paesaggismo veneto dell’Ottocento, Beppe Ciardi, si confronta giovanissimo con la luce della laguna, per poi aggiornare la lezione paterna sulle innovazioni del divisionismo attraverso l’amicizia con Vittore Grubicy e perfezionarsi nella figura umana sotto la guida di Ettore Tito. In sintonia con la lezione segantiniana l’artista mostra, infatti, un forte rapporto con la natura tanto nelle vedute lagunari quanto in quelle alpine. Le Biennali di Venezia e numerosi viaggi costituiscono, inoltre, nel corso del tempo un costante aggiornamento della sua pittura sulle più recenti tendenze dell’arte internazionale. All’inizio del Novecento le pennellate divengono veloci e la tavolozza sempre più vivace e luminosa. Nel contempo Ciardi approfondisce lo studio della figura, popolando le calli e i campi di Venezia di maschere, artisti circensi e bambini. Dopo la pausa della Grande Guerra, trascorsa tra la villa di famiglia a Quinto di Treviso e Lugo di Romagna, dove è costretto a emigrare fortunosamente all’avanzare della linea del fronte, l’artista celebra il ritorno a Venezia con opere realizzate con un impasto cromatico denso e vibrante, che riproduce il variare degli effetti di luce con una personale interpretazione della tecnica divisionista.
    È di questo periodo il ciclo degli archi, una serie di sei dipinti di diverso formato probabilmente ambientati nel Sotoportego de le colone non lontano dai Giardini di Castello, in cui donne e bambini attendono il rientro delle barche dei pescatori. Il sole basso del pomeriggio attraversa l’arco, illuminando le figure controluce, tratteggiate con una pennellata corposa. Il contrasto tra le parti del muro in ombra e quelle colpite dalla luce permette all’artista di orchestrare un’ampia tavolozza di rossi, gialli e marroni. L’architettura e le figure costituiscono una cornice dai toni caldi entro cui è contenuto l’azzurro del mare reso con rapidi tocchi paralleli e del cielo increspato dal bianco delle nuvole. Partecipe della vita del popolo della laguna, Ciardi spia il mare in una di quelle giornate luminose, dai colori vibranti, che lui stesso affermava di amare: «dipingo più volentieri nei giorni limpidi e puri, quando maggiormente si sente il fremito della vita universale. I bei tramonti delle marine […] le pietre della mia Venezia, quando il sole le fa gemme, e le calli popolose sotto fantastici sbattimenti di luci» (Giorgio Nicodemi, Beppe Ciardi, Milano 1942, p. 38).

    Teresa Sacchi Lodispoto

  • Mattia Moreni (1920 - 1999) 
Esempio n. 1 di aspetto dipinto da un caso patologico: una idea è una idea solo se ha pensato a tutto il resto; la penombra è la pena dell'ombra che lotta contro la luce, 1983
    Lotto 362

    Mattia Moreni (1920 - 1999)
    Esempio n. 1 di aspetto dipinto da un caso patologico: una idea è una idea solo se ha pensato a tutto il resto; la penombra è la pena dell'ombra che lotta contro la luce, 1983
    Olio su tela
    135,4 x 105,5 cm
    Firma: "Moreni" al recto
    Data: "6-5-1983" al recto
    Provenienza: Adria Gialdini Santunione, Pianoro, Bologna (fino al 2014)
    Bibliografia: Enrico Crispolti, “Mattia Moreni. Catalogo ragionato delle opere. Catalogue raisonnée of the works. Dipinti / Paintings 1934-1999”, Cinisello Balsamo 2016, p. 498, n. 6/1983/5
    Stato di conservazione. Supporto: 90%
    Stato di conservazione. Superficie: 90%

    Il dipinto proviene dalla raccolta di Adria Gialdini Santunione, celebre restauratrice bolognese, attiva anche in favore di Mattia Moreni.

  • Ettore Tito (1859 - 1941) 
La gomena, 1910-1915 ca.
    Lotto 363

    Ettore Tito (1859 - 1941)
    La gomena, 1910-1915 ca.
    Olio su tela
    70 x 150 cm
    Firma: "E. Tito" in basso a destra
    Elementi distintivi: sul retro etichetta di esposizione Galleria Pesaro n. 76
    Bibliografia: “Mostra Individuale del Pittore Ettore Tito”, catalogo della mostra, Milano, 1928, n. 76; Stefano Bosi, scheda in, Enzo Savoia, Stefano Bosi, a cura di, “I Maestri del Colore. Arte a Venezia nell'800”, catalogo della mostra, Milano, 2017, pp. 144-147, 169; Angelo Enrico, Francesco Luigi Maspes, a cura di, “Ettore Tito. Catalogo ragionato delle opere”, Crocetta del Montello, 2020, p. 307, n. 227
    Esposizioni: Mostra Individuale del Pittore Ettore Tito”, Galleria Pesaro, Milano, 1929; Milano, Galleria Bottegantica, “I Maestri del Colore. Arte a Venezia nell'800”, Galleria Bottegantica, Milano, 2017
    Stato di conservazione. Supporto: 85% (rifodero)
    Stato di conservazione. Superficie: 75% (consunzione del colore e riprese pittoriche)

    Narratore della vita quotidiana veneziana, abile ritrattista, raffinato pittore di idee, illustratore, artefice di robuste scene di lavoro agreste e marittimo, è difficile definire Ettore Tito, poliedrico artista di prodigioso talento. Le vivaci scene veneziane della sua prima produzione, tra cui la celebre “Pescheria Vecchia” premiata a Parigi nel 1891, cedono il passo alla metà degli anni Novanta ai temi simbolisti, immagini classiche di centauri, ninfe, Parche, antichi dei, sempre connotate da un vitalismo estremo. Una pittura di corpi in movimento che sprigionano energia, creando un rapporto di panica continuità con la natura. La stessa forza, lo stesso vitalismo caratterizza anche le scene di genere (processioni, contadini e pescatori al lavoro, attimi di vita veneziana, bagnanti in laguna) realizzate a partire dai primi anni del Novecento, costruite con una peculiare visione dal sotto in su attraverso cui le figure giganteggiano baldanzosamente in direzione dello spettatore con le vesti mosse dal vento. «Insieme alla ricerca del movimento, l’aria trionfa sovrana nei dipinti di Tito» asseriva nel 1905 Margherita Sarfatti (M. Grassini Sarfatti, “Artisti contemporanei. Ettore Tito”, in “Emporium”, XXI, 1905, 124, pp. 251-264, p. 259). La Biennale di Venezia del 1909 segna a parere di Ettore Corazzini «la seconda primavera» dell’artista (E. Corazzini, “La seconda primavera di Ettore Tito”, in “Vita d’Arte”, III, 1909, 16, pp. 208-216). Un fremito di vita attraversa tre capolavori acquistati da altrettante pubbliche istituzioni: l’opera simbolista “Le Parche” (Palermo, Galleria d’Arte Moderna) e i dipinti di genere “La partenza della pesca” (Venezia, Amministrazione Provinciale) e la prima versione di “La Gomena” (Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna).
    Due uomini, una donna, un ragazzo e un cavallo tirano sulla spiaggia una imbarcazione da pesca a vela, mentre il cielo si fa scuro di nubi e un vento di terra rende difficoltosi i loro sforzi. Si tratta di figure grandiose, dai muscoli tesi per la fatica, disposte su una linea orizzontale che richiama quella dei coevi fregi decorativi realizzati da Giulio Aristide Sartorio. Le figure, soprattutto quella dell’uomo a sinistra, della donna, il cui abito ricorda nel panneggio un peplo classico, e del cavallo assumono un valore universale ed epico nello sforzo compiuto in maniera quieta e decisa. Opera di grande successo “La Gomena”, viene replicata negli anni successivi in tre versioni con varianti, tra cui quella in esame che, seppur di dimensioni inferiori rispetto al prototipo, risulta più dettagliata nelle due estremità laterali. Nella prima versione erano visibili solo la spalla e la testa della figura maschile sulla destra e metà dell’imbarcazione sulla sinistra.

    Teresa Sacchi Lodispoto

  • Giuseppe Uncini (1929 - 2008) 
Composizioni astratte (recto verso), 1978-1980
    Lotto 364

    Giuseppe Uncini (1929 - 2008)
    Composizioni astratte (recto verso), 1978-1980
    Acquerello su carta
    56 x 76,2 cm
    Firma: “Uncini” a matita, al recto
    Data: “1980” a matita al recto
    Elementi distintivi: sul verso, etichetta Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana
    Provenienza: Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana; Veneto Banca SpA in LCA
    Stato di conservazione. Supporto: 95%
    Stato di conservazione. Superficie: 95%

    Il lavoro del 1978 fa parte della serie “Interspazi” e il lavoro del 1980 fa parte della serie “Dimora delle cose”. Entrambi i lavori sono Senza titolo: infatti, tutte le carte e disegni di Uncini non avevano titolo, a differenza delle opere scultoree. Il titolo sull’etichetta “Composizione astratta" è probabilmente posticcio. Rare, nella produzione di Uncini, le opere disegnate recto verso.

    Ringraziamo l’Archivio Opera Giuseppe Uncini per il supporto nella redazione della scheda di catalogo, cortesemente concessoci in base all’esame delle immagini digitali e con riserva di verificare l’opera dal vero in sede di archiviazione.

  •  Pittore marchigiano del I quarto del XVI secolo
Madonna col Bambino (da Raffaello), 1505-1515
    Lotto 365

    Pittore marchigiano del I quarto del XVI secolo
    Madonna col Bambino (da Raffaello), 1505-1515
    Olio su tavola
    39,4 x 29,8 cm
    Elementi distintivi: sul verso, etichetta Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana con riferimenti di inventario
    Provenienza: Luigi Vittorio Roncoroni, Parma; Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana; Veneto Banca SpA in LCA
    Certificati: expertise di Stefano Trojani del 1985 (come anonimo allievo di Antonio da Fabriano, in copia)
    Stato di conservazione. Supporto: 60% (parchettatura)
    Stato di conservazione. Superficie: 50% (cadute di colore circoscritte, per esempio nella regione del libro; due ampie fessurazioni verticali risarcite; danni da urto; ridipinture)

    Il dipinto deriva dalla Madonna Solly, dipinta da Raffaello verso la fine del 1504, e si deve quindi datare a non prima del 1505. Il modello raffaellesco era assai famoso e fu plagiato molte volte da importanti pittori, come per esempio il perugino Eusebio di San Giorgio (1470 ca. - post 1550). L'autore della nostra tavola mostra una formazione quattrocentesca, ma si misura con una matrice raffaellesca, il che rende l'attribuzione molto difficile. Alessandro Delpriori avvicina l'opera a Girolamo di Matteo da Gualdo (1470-1520 circa), figlio e emulo del celebre pittore-notaio di Gualdo Tadino, pur ritenendo più prudente una attribuzione a maglie larghe («pittore marchigiano del XVI secolo», comunicazione del 21 settembre 2021). In precedenza era stata formulata, da M. Rossetti, una attribuzione a Antonio di Agostino di Ser Giovanni da Fabriano (1410-1490), chiaramente da rigettare per la dipendenza delle figure dal modello raffaellesco.

    Ringraziamo Alessandro Delpriori per il prezioso supporto nella catalogazione dell'opera.

  • Eugenio Gignous (1850 - 1906) 
Riviera ligure
    Lotto 366

    Eugenio Gignous (1850 - 1906)
    Riviera ligure
    Olio su tela
    34 x 58 cm
    Firma: “E Gignous” al recto
    Elementi distintivi: sul telaio etichette con numeri "87" e "23" e iscrizioni illeggibili. Sul retro della cornice etichetta Banca Popolare di Intra con riferimenti di inventario
    Provenienza: Banca Popolare di Intra; Veneto Banca SpA in LCA
    Stato di conservazione. Supporto: 80% (craquelures visibili in trasparenza nella tela)
    Stato di conservazione. Superficie: 75% (instabilità del colore; lievi cadute di colore alle estremità)

  • Giovanni Battista Torriglia (1857 - 1937) 
Cadetto dell’Andrea Doria
    Lotto 367

    Giovanni Battista Torriglia (1857 - 1937)
    Cadetto dell’Andrea Doria
    Olio su tela
    69,6 x 98,2 cm
    Firma: "G. B. Torriglia" al recto
    Stato di conservazione. Supporto: 95%
    Stato di conservazione. Superficie: 85% (piccole cadute di colore e ridipinture anche in rafforzo)

    Giovanni Battista Torriglia studiò con Nicolò Barbino presso l'Accademia Ligustica di Belle Arti dal 1875 al 1882 a Genova, con altri discepoli che in seguito sarebbero stati collettivamente definiti la "Scuola Barabiniana". Molti dei suoi dipinti raffigurano scene di vita domestica con famiglie che lavorano e giocano insieme in ambienti chiusi.
    Il dipinto in asta si distacca dalle composizioni di genere in interni che rappresentano grande parte della sua produzione, per misurarsi con il tema del mare, così caro alla cultura ligure, forse a partire da un ritratto realistico.

Lotti dal 49 al 72 di 82
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LA GIOIA A COLORI. VENETO BANCA ATTO II - I CAPOLAVORI

È, questa sezione, ad un tempo un viaggio di cinque secoli nell’arte europea e la parte terza e fondamentale dell’asta "La Gioia a Colori. Meraviglie Atto II", una strepitosa vendita con opere in parte dal patrimonio di Veneto Banca, in parte da altre prestigiose provenienze.

Si compone di 100 lotti qui sotto catalogati, tra i quali alcuni capolavori, come la inedita pala di Guido Reni, raffigurante “San Francesco in meditazione”, la straordinaria “Veduta di Verona” di Vanvitelli – documento non solo artistico, ma anche topografico sulla “forma urbis” di Verona nei primi anni del XVIII secolo –, una “Allegoria della Giustizia e della Pace” tra i capolavori di Antiveduto Gramatica (connesso negli studi alle collezioni sabaude), ben due opere di Carlo Saraceni, entrambe in bibliografia come prototipi di invenzioni tra le più fortunate del primo caravaggismo. E ancora, due capolavori di Luigi Nono, tra cui il dipinto già record mondiale d’asta per l’artista (“Il bambino malato”); e poi Favretto, ben tre opere presentate da Ettore Tito alla Biennale di Venezia, Cabianca (artista fresco del risultato prossimo al milione di euro ottenuto da pochi mesi a Sotheby’s Londra), il record mondiale d’asta di Raffaello Sorbi (“I musicanti”), una selezione museale di opere della famiglia Ciardi, compresa la strepitosa “Aratura dei campi” di Guglielmo, con varianti sul paesaggio di Venezia e della Terraferma vista sia da grandturisti come l’inglese William Henry Haines sia da virtuosi del pennello, come Rubens Santoro (di cui compare una strepitosa veduta dello “Squero di San Trovaso”) e del disegno come Toulouse-Lautrec e Federico Zandomeneghi (con una sensuale e aggiornata rappresentazione della Venere al bagno). E poi una selezione di opere di Mancini, tra cui forse la più bella tela della serie “Al mio Signore” ed un ritratto di cui si erano a lungo perse le tracce, dell’esploratore Guido Boggiani. Ci si muove, tra carte, tavole e tele, dal Quattrocento e Cinquecento veneto (Rocco Marconi, i Vivarini, Domenico Morone, Palma il Giovane, sulla linea di Mantegna, Bellini, Giorgione, Tiziano) al Cinque e Seicento Lombardo (Maineri), toscano (Michele di Ridolfo del Ghirlandaio, Marinari), romano (Trevisani, con un’altra versione dello “Autoritratto” agli Uffizi), bolognese (Carracci, Cantarini). Poi, nuovamente si approfondisce il ‘700 e ‘800 Veneto, con un rarissimo rame del veronese Agostino Ugolini, le magnifiche scene di vita di Milesi e Bordignon.

Non mancano dipinti anonimi, anche di ambito tizianesco e caravaggesco e di strepitosa qualità, tra cui una teletta dalla Collezione di Edouard Safarik, che la attribuiva ad una rarissima artista, Marietta, la figlia di Tintoretto – oggi al centro della ricerca accademica sulla pittura al femminile – ed una seconda tela di piccole dimensioni, opera romana, di confine tra Francia e Italia, come fu la misteriosa personalità del Pensionante del Saraceni, ed altre opere che richiamano alla memoria il mondo di Dosso Dossi, Girolamo da Carpi, Fra’ Semplice da Verona.

Volgendo lo sguardo al Novecento, ecco la Parigi affettuosa di Maurice Utrillo, il revival neo settecentesco di Federigo Andreotti, Damien Hirst con uno “Spot painting” di grande formato (175×160 cm), Shōzō Shimamoto, con una delle sue tele più iconiche dell’ultima produzione, due Mattia Moreni provenienti da una collezione storica, due straordinarie sculture di Edgardo Mannucci, degli anni Sessanta e Settanta, monumento dell’arte al confronto con l’apocalisse nucleare; Lucio Fontana con una carta che ha la stessa potenza spaziale delle sue tele; Anton Zoran Music con i suoi pensieri sulle notti istriane; ed ancora la giocosità di Baj, la armonia di Julio Le Parc, la sculture di Maurizio D’Agostini ispirata a Holst, le geometrie di Uncini, la ritrattistica di Guttuso e i giochi enigmistici di Tadini, la vitalità di Morlotti e Schifano, le sperimentazioni tra lettere e immagini di Enrico Benetta.


Il catalogo è disponibile in versione pdf leggera e cartacea tramite le icone a lato. Se si desidera il catalogo pdf in alta risoluzione, usare il link https://goforarts.com/doc/VB_IT_2_2/Meraviglie_Atto_II_HR.pdf.

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  • 29 febbraio 2024 ore 18:00 Sessione unica (279 - 379)

Esposizione

Presso la sede di Bonino in Vicenza (Via Vecchia Ferriera 70), su appuntamento da prendere alla email matteo.smolizza@bonino.us

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I lotti devono essere ritirati a cura ed onere dell'acquirente presso la sede di esposizione, previo appuntamento da prendersi scrivendo a matteo.smolizza@bonino.us

Condizioni di vendita

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Commissioni

per la parte del prezzo di aggiudicazione da € 0 fino a € 50.000, 26,64% + IVA;

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per la parte del prezzo di aggiudicazione oltre € 1.600.000, 16,80% + IVA

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Rilanci

  • da 0 a 200 rilancio di 10
  • da 200 a 300 rilancio di 20
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  • da 5000 a 10000 rilancio di 500
  • da 10000 a 20000 rilancio di 1000
  • da 20000 a 30000 rilancio di 2000
  • da 30000 a 40000 rilancio di 3000
  • da 40000 a 50000 rilancio di 4000
  • da 50000 a 100000 rilancio di 5000
  • da 100000 a 200000 rilancio di 10000
  • da 200000 a 400000 rilancio di 20000
  • da 400000 a 800000 rilancio di 40000
  • da 800000 a 1000000 rilancio di 50000
  • da 1000000 in avanti rilancio di 75000