Lotto 7 | MOSE' BIANCHI(Monza, 1840-1904)Donne sotto la neve al CarrobbioOlio su tavola...

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martedì 15 dicembre 2015 ore 16:00 (UTC +01:00)

MOSE' BIANCHI(Monza, 1840-1904)Donne sotto la neve al CarrobbioOlio su tavola...

MOSE' BIANCHI
(Monza, 1840-1904)

Donne sotto la neve al Carrobbio

Olio su tavola ottagonale, cm 56 x 45
Firmato M. Bianchi in basso a destra
Cornice di epoca posteriore in legno dorato e passe-partout cremisi
Provenienza: Collezione Privata, Verona.

La tavola appartiene ad una serie di vedute di Milano, tra le migliori realizzazioni della maturità, come Milano sotto la neve, Periferia milanese lungo il Naviglio e Cavalcando, un tramonto sulla darsena di Porta Ticinese.

Il Carrobbio a Milano è la parte parte conclusiva di via Torino, all'incrocio con corso di Porta Ticinese. Il termine deriva dal latino quadrivium, che indicava appunto un incrocio; con la volgarizzazione della lingua il termine si trasformò prima in quadruvium, quindi in carruvium e finalmente carrobbio ampliando il suo significato per comprendere i luoghi con intenso traffico di carri.
«Una delle parti più squallide e desolate» di Milano: così Manzoni ricorda il Carrobbio, ancora nel 1630. Zona popolare lo era stata da sempre: attorno alle mura abitavano i più poveri, gli “irregolari”, quelli senza fissa dimora; ci bivaccavano i soldati; ci si aggiravano le prostitute.
Nella vivina piazza si trovava anche una famosissima osteria, soprannominata dei Tre Scanni. I sedili erano riservati ai tre prelati d’alto bordo che, il giorno della Befana, dovevano portare la pesantissima urna che conteneva le reliquie dei Re Magi, prima ancora che il Barbarossa se la portasse a Colonia. Così, arrivati stanchi sfiniti dal Duomo, i tre monsignori si fermavano nella celebre bettola con tutto il seguito per riprendere fiato, bagnarsi la gola con qualche bicchiere di buon vino, scambiare quattro chiacchiere e proseguire il cammino.
La trattoria esisteva ancora nel secolo scorso. Nell’agosto del 1943 il Carrobbio fu sconvolto dai bombardamenti.

Mosè Bianchi si iscrive nel 1856 all'Accademia di Brera di Milano dove è allievo di Schmidt, Bisi, Zimmermann, Sogni e del direttore Giuseppe Bertini, avendo per compagni di corso Federico Faruffini, Tranquillo Cremona, Daniele Ranzoni e Filippo Carcano con i quali dividerà per qualche anno lo studio milanese in via San Primo.In ripetuti viaggi a Venezia produce vedute lagunari che gli procurano grande popolarità, tanto da ripetere numerose versioni di una delle sue tele di maggior successo, La laguna in burrasca (1879), oggi nel Museo Godi Valmarana di Lugo Vicentino.
È ammirato dai contemporanei Antonio Fontanesi e Domenico Morelli che considerano di straordinaria modernità la sua pittura, la cui corda romantica lo porta a rappresentare anche la vita degli “umili”.