Lotto 43 | Gaspare Diziani (1689 - 1767), attribuito a Martirio di Santa Giustina da Padova

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LA GRAZIA E LA FORZA. PARTE I Sessione unica
martedì 2 dicembre 2025 ore 17:00 (UTC +01:00)

Gaspare Diziani (1689 - 1767), attribuito a Martirio di Santa Giustina da Padova

Gaspare Diziani (1689 - 1767), attribuito a
Martirio di Santa Giustina da Padova
Olio su tela
131,5 x 97,5 cm

Provenienza: Eredi G. Galanti (fino al 16 dicembre 1960, come "Martirio di Sant'Agnese"), Banca Popolare di Asolo, Banca Popolare di Asolo e Montebelluna; Veneto Banca SpA in LCA

Bibliografia: Danilo Gasparini e Lucio De Bortoli, Storia di una banca di territorio. Dalla Popolare di Montebelluna a Veneto Banca. 1877-2007, Treviso, 2008, p. 235

Stato di conservazione. Supporto: 70% (reintelo, in seguito ad un danno da urto con lacerazioni in sei punti suturati con restauro nel 2003)
Stato di conservazione. Superficie: 80% (superficie pittorica sanificata e consolidata, abrasioni e ridipinture)

Il dipinto, che proviene probabilmente dalla settecentesca Villa Galanti ad Asolo, oggi Villa Cipriani, venne attribuito a Gaspare Diziani da Luigi Coletti (1886-1961), conservatore del Museo e della Pinacoteca Civica di Treviso, successore di Roberto Longhi nella cattedra di storia dell'arte a Bologna e poi, nel 1937, di Matteo Marangoni a Pisa. Gli inventari della Banca Popolare di Asolo ne registrano, infatti, la cessione da parte di G. Galanti nel 1960, due anni prima dell'acquisto della villa da parte di Rupert Edward Cecil Lee Guinness, della celebre famiglia di produttori di birra.
Il soggetto, da sempre ritenuto Santa Agnese, rappresenta invece il martirio di Santa Giustina da Padova, compatrona di Venezia: la giovane, figlia del governatore di Padova, era stata giustiziata dai soldati di Diocleziano il 7 ottobre 304 a causa del suo rifiuto di aderire ai culti pagani. Il culto di Giustina ebbe grande risalto in Veneto, sin dal VI secolo, con la fondazione di un primo santuario sulla sua tomba da parte del prefetto del pretorio Venanzio Opilione, divenuto importante centro monastico nel XV secolo, ed alla santa è dedicata la omonima basilica cittadina. Nel giorno della sua festa, il 7 ottobre 1571, a Lepanto la Lega Santa trionfò sulla flotta turca, frenando la avanzata di Istanbul nel Mediterraneo. Da quel momento, l'esecutore di Santa Giustina è rappresentano come un moro, spesso in vesti orientali, con il primo grande esempio figurativo nel "Martirio di Santa Giustina" di Paolo Veronese, conservato alla Galleria degli Uffizi (1570-1575): come nel dipinto di Veneto Banca, la martire è in vesti principesche, la corona poggiata a terra, simboli del suo lignaggio. In memoria della vittoria di Lepanto, a Venezia le è stata dedicata una chiesa in cui il Doge si recava ogni anno in processione il 7 ottobre per ascoltare il Te Deum e ringraziare per la miracolosa intercessione. Venezia le dedicò anche una speciale osella, la cosiddetta giustina.
A giudizio di Giuseppe Pavanello, la tradizionale attribuzione della tela a Diziani risulta dubbia, anche se forse giustificabile nella prospettiva di un'opera giovanile, compromessa sul piano conservativo (comunicazione del 24 maggio 2021). Sono stata autorevolmente suggerite diverse attribuzione alternative. La prima, da parte di Mauro Lucco, guarda ad un ambito piemontese, forse Pietro Francesco Guala (1698-1757) o più da vicino a Claudio Francesco Beaumont (1694-1766), con conseguente lettura del soggetto come Sant'Eurosia, la martire spagnola decapitata dai mori intorno al 968 a Yebra, il cui culto si diffuse anche in Italia settentrionale, soprattutto in Piemonte e Lombardia, come protettrice dei raccolti. La seconda, suggerita come prima impressione da Massimo Pulini, avverte nell'opera un legame con la pittura austriaca del primo Settecento. Tra le ulteriori attribuzioni alternative, va infine ricordato il pittore vicentino Giambattista Mariotti (1694-1765), in confronto con il "Martirio di Sant'Eurosia" del Museo Civico di Bassano per l'impostazione e i putti, che richiamano anche i "Putti musicanti" della cantoria Chiesa della Trinità a Chioggia (1720), e la tela con "Ercole e Onfale", in collezione Spanio (1740 circa), che mostra affinità anche nel trattamento del cielo (con costruzione in diagonale da sinistra a destra), del paesaggio (con l'estrema semplificazione degli alberi) e degli atti. Per le anatomie - il punto più distante dalla produzione di Mariotti - si possono individuare legami con le figure del "Martirio di Sant'Andrea" nella omonima chiesa di Sarcedo, in particolare nel raffronto tra il moro e sant'Andrea nella articolazione di spalla, gomito e braccio.
Convinto assertore della autografia dizianesca è invece Marco Horak, che ha dedicato all'opera una approfondita scheda critica, leggendovi «schemi formali che rinviano ad alcune composizioni con simili soggetti del maestro di Gaspare, Sebastiano Ricci. I colori sono delicati e luminosi al tempo stesso e la retoricità degli impianti figurativi, caratterizzati da una certa plasticità, è attenuata dal ductus narrativo che spezza le linee, rende morbidi i panneggi in un felice accordo con la tavolozza assolutamente matura e virtuosa che conduce a un risultato in cui si apprezzano armonia ed eleganza dell’insieme». Il dr. Horak data l'opera «attorno alla metà del XVIII secolo».

Ringraziamo Giuseppe Pavanello, Mauro Lucco, Massimo Pulini e Marco Horak per il prezioso aiuto nella catalogazione dell'opera.