Importanti maioliche rinascimentali

Pandolfini Casa d'Aste - Borgo degli Albizi (Palazzo Ramirez-Montalvo) 26, 50122 Firenze

Importanti maioliche rinascimentali

giovedì 1 ottobre 2015 ore 17:00 (UTC +01:00)
Lotti dal 1 al 24 di 65
Mostra
Cancella
  • Boccale Viterbo, 1450 circa Maiolica, corpo ceramico color ocra chiaro,...
    Lotto 1

    Boccale
    Viterbo, 1450 circa
    Maiolica, corpo ceramico color ocra chiaro, smalto color crema di consistenza friabile, con qualche inclusione, di lucentezza poco marcata, steso in uno strato spesso fino a ricoprire, in parte, anche l’interno dell’imboccatura. Decoro in “zaffera blu” con ossido di cobalto e piombo con effetto molto rilevato, con tratti e orlature di bruno di manganese piuttosto diluito.
    Alt. cm 18; diam. bocca cm 7 x 6,5; diam. piede cm 6,3.

    Jug (boccale)
    Viterbo, c. 1450
    Earthenware, covered with a brittle creamy-white glaze and painted in zaffera blue (relief cobalt and lead blue) and manganese
    H. 18 cm; mouth 7 x 6.5 cm; foot diam. 6.3 cm

    Il contenitore piriforme presenta pancia rigonfia che scende fino al piede basso con orlo arrotondato e base piana, non smaltato. Il collo, distinto dal corpo da un collarino sagomato in rilievo a formare un motivo a corda, sale per aprirsi in un’imboccatura con beccuccio dal profilo poco marcato e con orlo appena arrotondato. Appena al di sotto della bocca, sulla parte posteriore, si diparte un’ansa a nastro di grosso spessore, che scende fino al di sotto della massima espansione del vaso.
    Il decoro, che interessa prevalentemente la parte anteriore del vaso, mostra una lepre, gradiente a sinistra, tra foglie di quercia, con piccole puntinature di manganese a riempire gli spazi vuoti. Al fianco dell’ansa si scorgono due linee parallele decorate da un alternarsi di asterischi manganese e punti blu a zaffera, mentre un motivo a gocce che scendono da una linea (1) sottolinea l’orlo e adorna il collo alternandosi a piccoli asterischi.
    La morfologia del boccale, con il collarino a rilievo, la bocca trilobata con un andamento molto aperto e poco marcato, il corpo e il collo allungati, ci porta a ritenere che l’opera in esame sia stata prodotta in un’area influenzata dalla scuola viterbese. Il boccale si può pertanto attribuire all’area umbro-laziale più che toscana con una datazione, a nostro avviso, più prossima alle tipologie arcaiche, confermata anche dalla qualità della zaffera che si presenta in forma molto rilevata. Anche la distribuzione del decoro al centro del vaso, con una porzione molto larga tra il corpo e il piede, ci porta a collocare l’oggetto in ambito dell’Alto Lazio.
    Ci conforta infine anche il confronto con opere provenienti dalla Tuscia con decoro con “lepre in corsa”, pur nelle differenti caratteristiche morfologiche.
    Si vedano, ad esempio, il boccale con lepre alla scheda 37 della mostra sulla zaffera del 1991 e i confronti da collezioni private mostrati in repertorio (2).
    L’unicità della foggia del nostro boccale lo distingue dagli altri di forma più comune, dove non è presente un collarino a rilievo dal decoro tanto meticoloso.
    Il boccale è stato pubblicato da Galeazzo Cora (3)nel suo monumentale studio sulla ceramica di Firenze e del contado, che lo considerava opera fiorentina della prima metà del XV secolo, indicandone la provenienza dalla C

    1- Decoro conosciuto come “motivo a vaio”.
    2-CONTI-ALINARI-BERTI-LUCCARELLI-RAVANELLI-LUZI 1990, p. 236 n. 37 e p. 288 nn. 10-11.
    3-CORA 1973, tav. 77a.




  • BOCCALE Viterbo o Tuscia, 1450 circa Maiolica, corpo ceramico color beige...
    Lotto 2

    BOCCALE
    Viterbo o Tuscia, 1450 circa
    Maiolica, corpo ceramico color beige chiaro, smalto di colore bianco-azzurrato di buona consistenza e lucentezza con qualche inclusione, steso in uno strato spesso; l’interno non presenta smaltatura ma una semplice invetriatura. Il decoro in “zaffera blu” è realizzato con ossido di cobalto e piombo con effetto molto rilevato e particolarmente splendente, con tratti e orlature di bruno di manganese piuttosto diluito con colature.
    Alt. cm 26,3; diam.della bocca cm 7,5 x 9,8; diam. del piede cm 10,2.

    Jug (boccale)
    Viterbo or Tuscia, c. 1450
    Earthenware, covered with a white glaze with a bluish tinge and painted in zaffera blue (relief cobalt and lead blue) and manganese
    H. 26.3 cm; mouth 7.5 x 9.8 cm; foot diam. 10.2 cm



    Il contenitore ha un’imboccatura con beccuccio trilobato dal profilo marcato, collo leggermente troncoconico che si allarga in un corpo piriforme con pancia rigonfia che scende fino al basso piede a disco, con orlo arrotondato e base piana non smaltata.
    Nella parte posteriore, appena sotto l’imboccatura parte un’ansa a nastro di grosso spessore, che scende fino al punto di massima espansione del vaso: l’ansa è decorata da sottili tratti orizzontali in bruno di manganese. Ai lati della presa si distingue una decorazione tipica, dipinta ancora in bruno di manganese, con motivo “a file di crocette”(1). Sulla parte anteriore del vaso si sviluppa la decorazione principale: un uccello con le ali spiegate, nell’atto di spiccare il volo, circondato da foglie di quercia e fogliette trilobate che si protendono da sottili rametti arcuati. Un motivo “a vaio”, cui fa seguito un motivo a “dente di lupo” capovolto, adorna il collo.
    Anche quest’opera, insieme a quella che precede (lotto 1), per morfologia e decoro s’inserisce nella produzione Alto-Laziale, che ha trovato nel centro di Viterbo l’area principale di sviluppo, pur interessando altre zone produttive nell’area geografica della Tuscia.
    Alcuni confronti, come ad esempio un analogo contenitore con uccello, ma realizzato in zaffera verde e molto simile anche per dimensioni (2) , confermano pienamente l’ambito produttivo sopraindicato.
    Il boccale ritenuto opera fiorentina della prima metà del XV secolo, è stato pubblicato da Galeazzo Cora (3) nel suo monumentale studio sulla ceramica di Firenze e del contado. Oggi, alla luce degli scavi più recenti, non possiamo più concordare con tale paternità: la morfologia non corrisponde ai boccali toscani, ma ci fa propendere per una produzione dell’Alto Lazio.

    1-CONTI-ALINARI-BERTI-LUCCARELLI-RAVANELLI-LUZI 1990, p. 198: la tavola della tipologia dei decori secondari mostra nell’ornato descritto nelle schede 30, 36, 40, 44 una chiara analogia con il decoro presente sul nostro oggetto.
    2- ANVERSA 2004, p. 38 n. 10.
    3- CORA 1973, tav. 64b.




  • BOCCALE VITERBO, 1450 CIRCA Maiolica, corpo ceramico di colore beige chiaro...
    Lotto 3

    BOCCALE
    VITERBO, 1450 CIRCA
    Maiolica, corpo ceramico di colore beige chiaro molto poroso, smalto color grigio di scarsa lucentezza con inclusioni, steso in uno strato spesso; l’interno non presenta smaltatura, ma una semplice invetriatura. Il decoro in “zaffera blu” è realizzato con ossido di cobalto e piombo con effetto molto rilevato e particolarmente splendente, con tratti e orlature di bruno di manganese piuttosto diluito.
    Alt. cm 22,7; diam. della bocca cm 8,3 x 8,7; diam. del piede cm 9.

    Jug (boccale)
    Viterbo, c. 1450
    Earthenware, covered with a gray glaze and painted in zaffera blue (relief cobalt and lead blue) and manganese
    H. 22.7 cm; mouth 8.3 x 8.7 cm; foot diam. 9 cm


    Il contenitore è piriforme con pancia rigonfia che scende assottigliandosi, fino a formare un piede basso a disco con orlo arrotondato e base piana priva di smalto. Il collo cilindrico sale e si apre in un’imboccatura trilobata, dal profilo poco marcato e rifinito con un orlo appena arrotondato e sottolineato da una sottile centinatura. Appena sotto la bocca, sulla parte posteriore, s’intravvede l’attacco dell’ansa che doveva scendere fino a sotto il punto di massima espansione del vaso.
    Sul retro, ai lati dell’ansa ora mancante, si scorge una decorazione tipica realizzata in bruno di manganese con motivo cosiddetto a “filo ondulato” (1). Il decoro principale interessa la parte anteriore del vaso e mostra un giovane paggio in abiti eleganti che, brandendo nella mano sinistra un’ascia, si avvicina a una pianta con foglie trilobate, mentre con la destra avvicina un corno alla bocca. Il giovane è circondato da un fitto decoro con alberi fogliati dallo stelo sottile, mentre la campitura restante è riempita, come di consueto, da puntinature di manganese. Un motivo a goccioloni che scendono da una linea marca l’orlo e guarnisce il collo.
    Anche quest’opera, come le precedenti (lotti 1 e 2), per morfologia e ornato si può collocare nella zona alto laziale che si estende attorno a Viterbo fino a tutta l’area geografica della Tuscia e della Maremma.
    Tra i decori di questa tipologia ceramica quello della figura umana non è comune: sono noti solo rari esempi, tra i quali quelli con figura femminile sembrano anticipare i decori amatori (2). La figura del paggio, vestito elegantemente, ha pochi esempi di confronto: si ricorda come meno importante, ma comunque rappresentativa, la figura presente nella bella fiasca da collezione privata, databile alla metà del secolo XV, considerata un’antesignana delle fiasche nuziali, dove però l’autore non dimostra grande dimestichezza nella rappresentazione umana (3). In questo caso invece la cura per i dettagli è notevole: il gonnellino con le pieghe sottolineate da linee curve campite in manganese diluito, le maniche che grazie all’effetto di rilievo della zaffera rendono l’idea di un pesante velluto, il copricapo sottolineato da un sottile gallone, il volto realizzato di profilo con il mento molto pronunciato, secondo l’iconografia corrente. Si vedano a titolo di confronto il volto, invero più delicato, della figura femminile sul boccale da collezione privata viterbese (4), e l’orlatura del copricapo della figura mostruosa del boccale viterbese, sempre ascrivibile alla metà del secolo (5).

    1-CONTI-ALINARI-BERTI-LUCCARELLI-RAVANELLI-LUZI 1991, p. 198 la tavola della tipologia dei decori a delimitazione delle decorazioni principali mostra nel decoro s24 una chiara analogia con il decoro presente sul nostro oggetto.

  • BOCCALE VITERBO O TUSCIA, 1450 CIRCA Maiolica, corpo ceramico color beige...
    Lotto 4

    BOCCALE
    VITERBO O TUSCIA, 1450 CIRCA
    Maiolica, corpo ceramico color beige chiaro molto poroso, smalto color bianco-grigio di buona consistenza e lucentezza poco marcata, steso in uno strato spesso; l’interno non presenta smaltatura, ma una semplice invetriatura. Il decoro in “zaffera blu” è realizzato con ossido di cobalto e piombo con effetto molto rilevato e particolarmente splendente, con tratti e orlature di bruno di manganese piuttosto diluito.
    Alt. cm 22,4; diam. della bocca cm 8 x 8,4; diam. del piede cm 9.

    Jug (boccale)
    Viterbo or Tuscia, c. 1450
    Earthenware, covered with a gray-white glaze and painted in zaffera blue (relief cobalt and lead blue) and manganese
    H. 22.4 cm; mouth 8 x 8.4 cm; foot diam. 9 cm


    Il contenitore è piriforme con pancia rigonfia che scende fino a un piede basso a disco, non smaltato, con orlo arrotondato e base piana. Il collo sale per aprirsi in un’imboccatura con beccuccio trilobato dal profilo poco marcato, con orlo appena arrotondato e sottolineato da una sottile centinatura. La forma è del tutto simile a quella del boccale precedente (lotto 3).
    Sotto la bocca, sulla parte posteriore, si diparte un’ansa a nastro di grosso spessore, che scende fino al di sotto della massima espansione del vaso: l’ansa mostra un decoro a sottili tratti orizzontali in bruno di manganese. Ai lati dell’ansa si scorge una tipica decorazione, sempre in manganese, con motivo cosiddetto a “filo ondulato” (1).
    Il decoro principale interessa la parte anteriore del vaso e mostra un uccello dalle lunghe zampe intento a beccare da terra, tra foglie di quercia che si allargano su sottili ramoscelli, mentre piccole puntinature di manganese riempiono gli spazi vuoti; goccioloni scendono da una linea, mentre il “motivo a vaio” sottolinea l’orlo e adorna il collo.
    Anche quest’opera per morfologia e decoro s’inserisce appieno nella produzione alto-laziale, che ha trovato nel centro di Viterbo l’area principale di sviluppo. La zaffera viterbese e laziale ha uno sviluppo più tardivo rispetto a quella dell’area fiorentina e ha un repertorio decorativo piuttosto vasto nonostante l’esiguità e la brevità della produzione. La figura decorativa più presente è quella animale, associata a foglie di quercia o a elementi decorativi geometrico - floreali.
    Il boccale in oggetto si inserisce pienamente nell’ambito produttivo sopraindicato e ha mostra numerosi confronti da un punto di vista morfologico (2), mentre dal punto di vista decorativo, pur riprendendo il motivo della figura animale, la presenta in un modo più articolato ed elegante, posizionando l’uccello in un atteggiamento già quasi naturalistico. Un’opera prossima a quella in analisi può essere il boccale con cigno conservato al Museo del Vino di Torgiano (3).

    1-CONTI-ALINARI-BERTI-LUCCARELLI-RAVANELLI-LUZI 1991, p. 198: la tavola della tipologia dei decori secondari mostra nell’ornato s24 una chiara analogia con il decoro presente sul nostro oggetto.
    2-Si veda ad esempio lo stesso boccale a figura umana (lotto 3) di questa medesima selezione, molto simile anche per dimensioni.
    3-FIOCCO GHERARDI 1991, n. 9




  • Orciolo biansato Ambito fiorentino, Montelupo, 1420-1430 Maiolica, corpo...
    Lotto 5

    Orciolo biansato
    Ambito fiorentino, Montelupo, 1420-1430
    Maiolica, corpo ceramico di colore ocra chiaro, appena rosato. Smalto color crema di lucentezza marcata, ma steso in uno strato poco spesso che lascia trasparire il colore dell’impasto; la smaltatura si estende anche all’interno del contenitore. Decoro “a zaffera” in blu di cobalto e piombo poco rilevato, orlato con tratti sottili di bruno di manganese piuttosto diluito.
    Alt. cm 16; ingombro massimo cm 14; diam. della bocca cm 8,9; diam. del piede cm 8,4.
    Sotto l’ansa il simbolo della bottega, le lettere “x” e “n” disposte in successione, associate da un lato ad un punto blu, dall’altro ad una croce.

    Two-Handled Apothecary Jar (orciolo)
    Florentine area, Montelupo, 1420–30
    Earthenware, covered with a creamy-white glaze and painted in zaffera blue (relief cobalt and lead blue) and manganese
    H. 16 cm; maximum width 14 cm; mouth diam. 8.9 cm; foot diam. 8.4 cm

    Below the handle, ‘x’ and ‘n’ workshop marks with a blue dot on one side and a cross on the other side



    Il vaso elettuario, destinato allo stoccaggio di unguenti, ha una forma arrotondata con un corpo globoso, che scende assottigliandosi verso il piede basso e con base piana. Il collo, cilindrico, è corto e privo di orlo. Dalla spalla, fino alla parte più esterna del corpo, si allargano due brevi anse a nastro a piega ortogonale.
    La decorazione, suddivisa in due metope che occupano la gran parte del corpo, segnate da sottili linee di manganese, è caratterizzata da un motivo a foglie di quercia che si dipartono da un sottile ramo centrale, realizzato in manganese, per aprirsi lateralmente con andamento simmetrico. Le due metope sono separate tra loro dalle anse che, scendendo lungo il corpo, ne determinano l’impaginato decorativo. Il collo è ornato da una serie continua di punti blu, tra loro separati da una linea sinuosa in bruno di manganese (1).
    Il decoro a foglia di quercia è molto frequente nelle produzioni di area fiorentina e la sua diffusione secondo alcuni studiosi è da mettere in relazione con l’obiettiva difficoltà tecnica della pittura a zaffera: il soggetto arrotondato e ripetitivo doveva facilitare la tenuta del colore, limitando sgradite sbavature (2).
    L’orciolo trova precisa corrispondenza nell’esemplare n. 44 di questa stessa selezione, ma anche in un manufatto, di poco più grande, studiato da Galeazzo Cora prima e da Carmen Ravanelli Guidotti poi e infine pubblicato nell’esauriente studio sulla zaffera compiuto in occasione della mostra di Viterbo nel 1991 (3).
    La marca è stata interpretata da Carmen Ravanelli Guidotti come una “z” e una “n” disposte in successione e riferita ad un gruppo di marche della produzione montelupina cosiddetta italo-moresca. In realtà, concordemente a quanto affermato da Berti nell’ampio studio sulla ceramica di Montelupo (4), se accettiamo una cronologia produttiva che va dagli anni ’70-’80 del Trecento per ai tardivi esemplari degli anni intorno al 1470 la “zaffera” precederebbe di non pochi anni lo sviluppo della italo-moresca . Per Berti infatti è proprio la scelta morfologica e decorativa, che si discosta dalle consuete composizioni geometrico-fitomorfe della ceramica arcaica, a costituire la principale innovazione e novità formale nella produzione ceramica del Quattrocento.

  • ORCIOLO BIANSATO AMBITO FIORENTINO, MONTELUPO, 1420-1430 Maiolica, corpo...
    Lotto 6

    ORCIOLO BIANSATO
    AMBITO FIORENTINO, MONTELUPO, 1420-1430
    Maiolica, corpo ceramico di colore camoscio chiaro; smalto color crema di lucentezza marcata, steso in uno strato poco spesso che si estende anche all’interno del contenitore. Decoro “a zaffera” in blu di cobalto e piombo, che appare non marcatamente rilevato e orlato con tratti sottili di bruno di manganese piuttosto diluito.
    Alt. cm 21,9, ingombro massimo cm 19, diam. della bocca cm 9,7, diam. del piede cm 10,5.
    Sotto l’ansa il simbolo della bottega, le lettere “x” e “n” disposte in successione associate da un lato a un punto blu e dall’altro a una croce.

    Two-Handled Apothecary Jar (orciolo)
    Florentine area, Montelupo, 1420–30
    Earthenware, covered with a creamy-white glaze and painted in zaffera blue (relief cobalt and lead blue) and manganese
    H. 21.9 cm; maximum width 19 cm; mouth diam. 9.7 cm; foot diam. 10.5 cm

    Below the handle, ‘x’ and ‘n’ workshop marks with a blue dot on one side and a cross on the other side


    Il vaso, destinato ad uso farmaceutico, ha una forma molto simile a quello che precede (lotto 5), con corpo globoso che si assottiglia verso il piede basso e con base piana. Il collo, cilindrico, si alza appena ed è privo di orlo. Dalla spalla fino alla parte più esterna del corpo si allargano due brevi anse a nastro a piega ortogonale.
    La decorazione è, anche in questo caso, suddivisa in due metope che occupano la parte principale del corpo, sottolineate da sottili linee di manganese e interessate da una decorazione a foglie di quercia che, a partire da un ramo centrale, si aprono simmetricamente. Le due metope sono separate dalle anse, che scendendo lungo il corpo ne determinano l’impaginato decorativo. Il collo è ornato da una serie continua di punti blu, tra loro separati da una linea sinuosa in bruno di manganese (1) .
    L’orciolo trova anch’esso preciso riscontro nell’esemplare già studiato da Cora e poi da Carmen Ravanelli Guidotti e quindi pubblicato nell’esauriente studio sulla zaffera compiuto in occasione della mostra di Viterbo del 1991 (2).
    Il confronto più prossimo è quello con l’opera pubblicata da Berti(3), nonché con quella del tutto coincidente esposta alla mostra di Palazzo Strozzi nel 2002 (4).
    La presenza della marca di bottega ci conforta, anche in questo caso, sia sull’attribuzione a bottega montelupina, sia sulla datazione da stabilire negli anni 1420-1430 circa.

    1- Anche in questo caso, come per l’orciolo che precede, rinviamo a quanto descritto per l’ornato da MOORE-VALERI 1984, pp. 477-500, che ha individuato alcuni decori ispirati alle tappezzerie e ai tessuti di origine orientale. Differente e non trascurabile quanto accennato in nota da Berti in BERTI 1997, p. 126 n. 12, proprio in relazione al rapporto di ispirazione tra le ceramiche e i tessuti, quando afferma che almeno per quanto riguarda le ceramiche a “ figura a spazio contornato” il legame con i tessuti non appare così stretto.
    2- CONTI-ALINARI-BERTI-LUCCARELLI-RAVANELLI-LUZI 1991, p. 91 n. 3.
    3-BERTI 1999, p. 235 nn. 4-5.
    4-BERTI 2002, pp. 54-56 n. 2 e datato al 1420-1430.


  • ORCIOLO BIANSATO AMBITO FIORENTINO, MONTELUPO, 1420-1430 Maiolica, corpo...
    Lotto 7

    ORCIOLO BIANSATO
    AMBITO FIORENTINO, MONTELUPO, 1420-1430
    Maiolica, corpo ceramico di colore marroncino rosato chiaro; smalto color crema di lucentezza marcata, steso in uno strato poco spesso che si estende anche all’interno del contenitore. Decoro “a zaffera” in blu di cobalto e piombo, non rilevato e orlato con tratti sottili di bruno di manganese di colore bruno violaceo.
    Alt. cm 19,7, diam. della bocca cm 10,9, diam. del piede cm 11.
    Sotto l’ansa il simbolo della bottega “asterisco” in bruno di manganese.
    Sotto la base etichetta cartacea con scritta amano a inchiostro “OAK LEAF DRUG POT /-Wallis-/ V&A museum plate 9”.
    Segni di capacità incisi sotto la base.

    Two-Handled Apothecary Jar (orciolo)
    Florentine area, Montelupo, 1420–30
    Earthenware, covered with a creamy-white glaze and painted in zaffera blue (relief cobalt and lead blue) and manganese purple
    H. 19.7 cm; mouth diam. 10.9 cm; foot diam. 11 cm

    Below the handle, ‘star’ workshop mark painted in manganese
    On the bottom, paper label hand-written in ink ‘OAK LEAF DRUG POT /-Wallis-/ V&A museum plate 9’
    Beneath the base, some etched measure marks



    Il vaso, di uso farmaceutico, ha un corpo globoso che si assottiglia verso il piede, basso e con base piana. Il collo, cilindrico, si alza verticale e mostra un orlo rifinito a stecca. Dalla spalla fino alla parte più esterna del corpo si allargano due brevi anse a nastro a piega ortogonale.
    La decorazione mostra due metope principali a visione frontale, rimarcate da linee di manganese decorate con due trampolieri circondati da fiori a stella e foglie di quercia; le metope sono separate dalle anse che, scendendo lungo il corpo, ne determinano l’impaginato decorativo; sotto di esse spicca il simbolo di bottega “asterisco” in bruno di manganese. Il collo è ornato da una serie continua di punti blu, tra loro separati da una linea sinuosa in bruno di manganese (1)
    L’orciolo per forma e decoro e soprattutto per la presenza dell’asterisco sotto le anse va inserito nella produzione di area fiorentina, dove trova riscontro in molti esemplari databili agli anni 1420-1430 circa (2).
    Si vedano come confronto gli esemplari, con impostazione decorativa simile, pubblicati nel catalogo della mostra sulla ceramica a zaffera (3): sono infatti svariati gli orcioli con figura di uccello noti in quest’ambito cronologico.
    Ma il nostro orciolo si distingue per qualità formale e stilistica, denunciando una ricerca attenta nella realizzazione degli uccelli, prima dipinti in manganese e quindi riempiti in alcune campiture con cobalto e piombo, che in alcuni punti appaiono sbavati. La medesima ricerca di dettagli decorativi è esercitata dall’autore anche nel riempimento delle foglie e nell’aggiunta di elementi di decoro a completamento dei motivi principali.


    1-Anche in questo caso come per le altre opere analoghe già analizzate in questa sede (lotti 5 e 6) rinviamo a quanto suggerito per l’origine dell’ornato da MOORE-VALERI 1967, pp. 477-500, che ha individuato alcuni ornati come ispirati alle tappezzerie e ai tessuti di origine orientale.
    2-Gli studi attribuiscono le opere con asterisco delineato sotto le anse alla bottega di Maso e Miniato di Domenico, operanti probabilmente a Firenze, o alla bottega di Giunta di Tugio, attiva invece a Bacchereto vicino a Firenze.

  • BOCCALE AMBITO FIORENTINO, MONTELUPO, 1430-1440 Maiolica, corpo ceramico di...
    Lotto 8

    BOCCALE
    AMBITO FIORENTINO, MONTELUPO, 1430-1440
    Maiolica, corpo ceramico di colore ocra chiaro camoscio, smalto bianco grigiastro con consistenza tenera, spesso ma poco lucente e con qualche inclusione. Decorato in zaffera blu di cobalto e piombo con effetto molto rilevato, con tratti di bruno di manganese anch’esso con abbondanza di pigmento.
    Alt. cm 16,5; diam. della bocca cm 12,5 x 11; diam. del piede cm 12.

    Jug (boccale)
    Florentine area, Montelupo, 1430–40
    Earthenware, covered with a grayish white glaze and painted in zaffera blue (relief cobalt and lead blue) and manganese
    H. 16.5 cm; mouth diam. 12.5 x 11 cm; foot diam. 12 cm


    Il boccale ha una forma che ben si adatta alle morfologie tipiche dell’area fiorentina: corpo rigonfio che si stringe alla base mostrando un piede basso arrotondato, appena visibile, e poggiante su una base piana. In alto la strozzatura rastremata si chiude in un collo basso e cilindrico che si apre in una bocca trilobata appena estroflessa con orlo tagliato a stecca. Dal collo scende un’ansa a bastoncello raddoppiato, che si ferma appiattendosi all’altezza di massima espansione dell’invaso. L’ansa è decorata da trattini orizzontali che delimitano spazi bianchi, decorati in alternanza da puntini o croci. Un motivo “a trifoglio” in blu interessa il punto di raccordo tra l’ansa e il corpo del contenitore.
    La decorazione principale interessa una larga metopa, delineata sul fronte del vaso e incorniciata da linee parallele, dove un leone rampante e un trampoliere sono riprodotti affrontati: gli animali sono circondati e incorniciati da foglie di quercia su rami sottili che sostengono piccoli frutti rotondi stilizzati. Il collo è decorato da un motivo “a bacche”, che prevede una fila continua di punti tondi e sottili tratti di manganese.
    Le figure del leone e dell’uccello sono spesso impiegate, singolarmente, sulle ceramiche di questa tipologia, in posizione gradiente.
    Il leone trova un riscontro stilistico in una figura analoga, ma in posa differente, dipinta su un boccale morfologicamente simile, ma di dimensioni maggiori, conservato in una collezione privata a Siena e databile al secondo quarto del secolo XV: il leone con criniera avanza a destra con la lingua all’infuori ed è circondato da foglie di quercia (1). Ma, nonostante la somiglianza, ci pare che il nostro esemplare si possa annoverare tra le opere ascrivibili alla prima fase di questa tipologia produttiva. La qualità della zaffera molto rilevata, alcuni caratteri decorativi ancora vicini alla ceramica arcaica e la forma con ansa a doppio bastoncello ci indurrebbero ad anticiparne la datazione di circa un ventennio.
    Il leone rampante è spesso rappresentato da solo o in coppia su molti orcioli di produzione montelupina della fase iniziale della “zaffera” (2). Particolarmente prossimo al nostro esemplare è il leone presente su un orciolo, pubblicato da Galeazzo Cora, già della collezione Liechtenstein (3) : molto vicini sia lo stile pittorico con il quale è realizzato l’animale sia la scelta decorativa secondaria; l’opera è datata da Cora alla prima metà del secolo XV.
    Da rimarcare poi sia la rarità della scelta morfologica del contenitore (4)sia l’importanza dell’impianto decorativo, impreziosito dalla presenza contemporanea dei due animali affrontati.

  • ORCIOLO BIANSATO AMBITO FIORENTINO, MONTELUPO, 1480-1490 Maiolica, corpo...
    Lotto 9

    ORCIOLO BIANSATO
    AMBITO FIORENTINO, MONTELUPO, 1480-1490
    Maiolica, corpo ceramico di colore camoscio molto chiaro; smalto color crema, coprente, di lucentezza piuttosto marcata, steso in uno strato spesso; la smaltatura si estende anche all’interno del contenitore.
    Decoro realizzato in policromia, che vede associare la tecnica “a zaffera” in blu di cobalto e piombo, ma poco rilevata, al bruno di manganese e al giallo antimonio.
    Alt. cm 14,7; diam. della bocca cm 9,4; diam. del piede cm 9.

    Two-Handled Apothecary Jar (orciolo)
    Florentine area, Montelupo, 1480–90
    Earthenware, covered with a creamy-white glaze and painted in zaffera blue (cobalt and copper blue), manganese and antimony yellow
    H. 14.7 cm; mouth diam. 9.4 cm; foot diam. 9 cm



    Il vaso elettuario, destinato a contenere sostanze semiliquide o oleose, ha una forma simile a quelli già presentati in questa stessa raccolta (lotti 5-7). Il corpo globoso ovoidale è rastremato verso il piede che si mostra basso, appena espanso e con base piana. Il collo, breve e cilindrico, si alza appena e si apre in una bocca con orlo tagliato a stecca appena sporgente. Dalla spalla fino alla parte più esterna del corpo si allargano due brevi anse a nastro a piega ortogonale.
    La decorazione è suddivisa in due metope che occupano gran parte del corpo, delimitate ai lati da sottili linee di manganese, mentre, nella porzione superiore e inferiore, sono rimarcate da una linea gialla che esalta i punti di strozzatura della forma. I riquadri sono centrati da un medaglione che racchiude un orso andante a sinistra sul fronte e un fiore quadripetalo sul retro. I medaglioni sono circondati da un motivo a foglie di quercia.
    L’orciolo appartiene a una serie di cui sono noti alcuni esemplari recanti sotto l’ansa una “N” riferibile a una bottega attiva a Montelupo alla fine del XV secolo (1), periodo cui si fa risalire la fine della produzione a zaffera.
    L’esemplare oggetto di studio si discosta ormai dalla tipologia a zaffera e ha un confronto molto prossimo conservato nella Pinacoteca di Varallo Sesia (2): entrambe le opere sono ormai interessate dall’uso di più colori e pertanto ascrivibili, a nostro parere, ad una fase più tardiva della produzione, inserendosi però a pieno titolo negli ordinativi di un corredo farmaceutico che doveva, dato il numero di esemplari noti, avere un certo rilievo (3): si pensa pertanto a una produzione di Montelupo degli anni 1480-1490 circa.

    1-Molti gli esemplari presenti nelle maggiori collezioni di alcuni musei quali il Bargello o il Museo Internazionele della Ceramica di Faenza: per un repertorio si veda: CONTI-ALINARI-BERTI-LUCCARELLI- RAVNELLI-LUZI 1991, pp. 92-93 nn. 32-34 e bibliografia relativa. Già studiato da CORA 1973, p. 83 tavv. 117 e 118 e da BERTI 1997, vol. III, p. 251.
    2-ANVERSA 2007, p. 32 n 7: l’opera pubblicata era stata datata con relativa incertezza alla seconda metà del secolo XV. Oggi, alla luce delle nuove pubblicazioni e confronti, la datazione è accettabile.
    3-Si vedano anche gli esemplari pubblicati in COLAPINTO-MIGLIORINI-CASATI-MAGNANI 2002, pp. 80-82 nn. 14-15.



  • ALBARELLO MONTELUPO, 1470-1480 Maiolica dipinta in policromia con giallo...
    Lotto 10

    ALBARELLO
    MONTELUPO, 1470-1480
    Maiolica dipinta in policromia con giallo citrino e blu di cobalto.
    Alt. cm 18; diam. bocca cm 10,3; diam. piede cm 9.


    Apothecary Jar (albarello)
    Montelupo, 1470–80
    Earthenware, painted in lemon yellow and cobalt blue
    H. 18 cm; mouth diam. 10.3 cm; foot diam. 9 cm


    Il vaso apotecario ha un’imboccatura larga con orlo appena estroflesso e con profilo tagliato a stecca. Il collo è breve e cilindrico, la spalla pronunciata dal profilo angolato, cui fa seguito un corpo cilindrico appena rastremato al centro. Il piede è basso, a base piana.
    La decorazione, coerente con quella dell’esemplare che segue in questo stesso catalogo (n. 11), rivela sul fronte uno stemma centrato da una fascia orizzontale attorno alla quale sono disposti tre gigli, due sopra e uno sotto: la fascia e i gigli sono dipinti in colore giallo. Lo stemma è circondato da una ghirlanda a piccole foglie alla quale è agganciato un drappo, mentre il resto della composizione mostra un ornato a foglie d’edera disposto a fasce parallele sul corpo e orizzontalmente lungo la spalla.
    I due vasi, entrambi presenti in questo catalogo, sono già stati pubblicati da Carmen Ravanelli Guidotti come confronti dell’albarello apotecario appartenente alla collezione Fanfani oggi al Museo Internazionale della Ceramica di Faenza (1).
    La studiosa rimarca come ci si trovi davanti ad esempi ancora eccellenti di opere “a zaffera”, d’ispirazione italo-moresca, soffermandosi sull’aspetto araldico della serie di vasi raccolti attorno all’esemplare “Fanfani”: le differenze nelle forme e nelle configurazioni riguardano l’apparato decorativo e la differente redazione dell'arma. Per Carmen Ravanelli Guidotti si potrebbe trattare comunque di un’unica committenza iniziale, cui hanno fatto seguito più produzioni, e la studiosa concorda con Wallis riguardo all’ipotesi che si tratti di una famiglia non fiorentina. Il collezionista inglese riconobbe infatti nello stemma dell’esemplare ora conservato al Victoria and Albert Museum (2), quello della famiglia bolognese dei Mezzovillani. Per Carmen Ravanelli Guidotti si dovrebbe comunque indagare in ambito romagnolo e bolognese, dove altre famiglie esibiscono un blasone assai prossimo (3).
    Analizzando nel dettaglio i due vasi notiamo che questo ha affinità maggiori con il vaso della collezione Glaser al Fitzwilliam Museum (4), fatta eccezione per la presenza di una fascia decorativa in orizzontale, anche nella parte bassa del vaso, mentre lo stemma ha una distribuzione dei gigli analoga: condivide l’ornato anche il già citato albarello del museo di Faenza.
    L’ornato principale è ampiamente documentato tra i prodotti delle fornaci di Montelupo ed è noto come motivo a foglie verticali nel gruppo di decori di derivazione orientale “a damaschino” (5). Fausto Berti ritiene che questo tipo d’impianto decorativo appartenga a una fase più avanzata rispetto a quelli “a zaffera” o a quelli in “azzurro prevalente”: si tratta di un momento di passaggio verso una tavolozza più ricca. I tocchi di giallo citrino anticipano una fase successiva, in cui comincerà ad apparire anche il verde: ci si trova comunque ancora nell’ambito dei colori a tavolozza fredda. L’ornato prevede una foglia di forma lanceolata, nella quale le nervature sono incise nella campitura a colore, in questo caso ancora prevalentemente caratterizzata dall’uso del blu di cobalto.

  • ALBARELLO MONTELUPO 1470-1480 Maiolica dipinta in policromia con giallo...
    Lotto 11

    ALBARELLO
    MONTELUPO 1470-1480
    Maiolica dipinta in policromia con giallo citrino, blu di cobalto e bruno di manganese.
    Alt. cm 17,8; diam. bocca cm 8,8; diam. piede cm 9.

    Apothecary Jar (albarello)
    Montelupo, 1470–80
    Earthenware, painted in lemon yellow, cobalt blue, and manganese
    H. 17.8 cm; mouth diam. 8.8 cm; foot diam. 9 cm



    Il contenitore ha un corpo cilindrico appena rastremato al centro, spalla pronunciata dal profilo angolato, bocca larga poggiante su un collo breve e cilindrico, orlo tagliato a stecca dal profilo aggettante. Il piede è basso, a base piana.
    La decorazione, coerente con l’opera che precede (lotto 10), mostra sul fronte uno stemma centrato da una fascia orizzontale, lasciata a risparmio, sopra la quale sono tratteggiati tre gigli separati da una fascia merlata inversa di colore bruno di manganese. L’emblema è circondato da una ghirlanda a piccole foglie che sorregge un drappo, mentre il resto della composizione è costituito da un ornato a foglia d’edera, disposto in fasce verticali dall’andamento sinuoso, che continua sulla serie di foglie del collo. Rispetto all’esemplare che precede inoltre le fasce sono qui visibilmente separate da linee di colore giallo citrino, mentre intorno alle foglie sono disposti decori minuti realizzati con sottili righe blu che riempiono le campiture vuote.
    Anche questo vaso condivide con il precedente la pubblicazione a cura di Carmen Ravanelli Guidotti come confronto dell’albarello apotecario oggi al Museo Internazionale della Ceramica di Faenza (1). Pur condividendo con il precedente sia i confronti sia la fonte d’ispirazione valenciana, presenta alcune differenze nella forma e nella decorazione, e soprattutto nella realizzazione dell’emblema araldico.
    Sono tuttavia numerose le affinità con la serie di contenitori apotecari con bordo orlato dal motivo a foglie d’edera racchiuso sul corpo in fasce di andamento ondulato. Un esempio pregnante ci deriva dall’albarello studiato da Wallis al Victoria and Albert Museum, con la sola variante dell’arma nella quale i gigli sono tutti compresi nella parte superiore dello stemma. Un altro confronto, per questo vaso, con la stessa variante nello stemma, (2) ci deriva da un contenitore delle raccolte del Museo di Monaco (3).
    Come detto per il lotto precedente, entrambi gli albarelli sono noti perché transitati sul mercato all’asta Sotheby’s di Londra nel 1973 (4).

    1-RAVANELLI GUIDOTTI 1990, pp. 52-54 n. 17, tavv. 17c e 17f.
    2-CORA 1973, tav. 178b.
    3-RAINER RICHTER,2006, p. 83n.32
    4-SOTHEBY’S 1973, lotto 7.



  • ALBARELLO MONTELUPO, 1480-1505 CIRCA Maiolica dipinta in policromia con...
    Lotto 12

    ALBARELLO
    MONTELUPO, 1480-1505 CIRCA
    Maiolica dipinta in policromia con giallo antimonio nel tono arancio, blu di cobalto, verde ramina, bruno di manganese nei toni del viola.
    Alt cm 24,6; diam. bocca cm 9,4; diam. piede cm 9,3.

    Apothecary Jar (albarello)
    Montelupo , c. 1480–1505
    Earthenware, painted in antimony orange-yellow, cobalt blue, copper green, and manganese purple
    H. 24.6 cm; mouth diam. 9.4 cm; foot diam. 9.3 cm



    Il contenitore apotecario presenta un’imboccatura ampia con orlo inclinato, rifinito a stecca, collo breve, spalla incurvata dal profilo allungato a spigolo vivo, che scende in un corpo cilindrico appena rastremato per terminare in un calice troncoconico con base piana.
    Il decoro mostra sul collo e sul calice un motivo a righe parallele, blu e manganese-viola, compreso in due fasce orizzontali colorate in viola e arancio. Sul fronte, entro un medaglione tondeggiante rimarcato da pennellate blu, giallo arancio e viola, si scorge un simbolo di spezieria a sua volta delineato in blu.
    Sul retro un motivo a “penna di paona” è accostato a un decoro “alla porcellana”,realizzato con tocchi rapidi, utilizzato a riempimento delle campiture.
    La forma dell’albarello è ancora vicina alle fogge quattrocentesche, che trovano riscontro in opere unite a decori alla “damaschina” o comunque d’influenza orientale come l’albarello del Victoria and Albert Museum di Londra (1). L’influenza orientale nel nostro esemplare è rappresentata dal decoro alla “penna di paona”, interpretato dalle manifatture montelupine in maniera rapida e corriva, più accorta nella stesura coloristica rispetto all’impianto disegnativo.
    Questo ornato segna, unitamente a quello alla “palmetta persiana”, il momento di passaggio dalle decorazioni medievali a quelle più schiettamente rinascimentali. La derivazione da opere orientali trae origine probabilmente dall’area persiana che, tra il XIII e XIV secolo, propone questo decoro in lustro metallico. Utilizzato nella seconda metà del XV secolo come ornato accessorio, esso diviene poi decorazione principale, prevalentemente in forme aperte solo nel secolo successivo (2). Fin dall’esordio è realizzato in forma stilizzata e, in questo caso, ancora legato a una connotazione fitomorfa, quasi floreale, che diverrà sempre più decorativa semplificandosi vieppiù in forma di fascia secondaria. Questo decoro non fu comunque tra i più in voga presso i vasai di Montelupo. Sono scarsi gli esemplari di confronto su forme chiuse e tutti quelli individuati lo utilizzano come motivo principale (3). Ciononostante siamo portati a ritenere il vaso in analisi vicino per morfologia e stile alle produzioni del primo Cinquecento, e comunque posteriore agli anni ‘70 del secolo precedente.

    1-RACKHAM 1977, pp. 21-23 n. 83.
    2-BERTI 1998, pp. 109.
    3-BERTI 1999, pp. 257 nn. 54-55.



  • ALBARELLO MONTELUPO, 1505-1515 CIRCA Maiolica dipinta in policromia con...
    Lotto 13

    ALBARELLO
    MONTELUPO, 1505-1515 CIRCA
    Maiolica dipinta in policromia con giallo antimonio e blu di cobalto; smaltatura all’interno.
    Alt cm 20; diam. bocca cm 8,5; diam. piede cm 9,3.

    Apothecary Jar (albarello)
    Montelupo , c. 1505–15
    Earthenware, painted in antimony yellow and cobalt blue
    H. 20 cm; mouth diam. 8.5 cm; foot diam. 9.3 cm


    Il contenitore apotecario presenta un’imboccatura ampia con orlo inclinato, rifinito a stecca. II collo è breve; la spalla piana, con stacco a spigolo vivo, scende in un corpo cilindrico appena rastremato, terminante in un calice troncoconico che si assottiglia per finire in un piede con base piana. Lo smalto è di colore bianco rosato, molto crettato, e alcune colature dall’orlo della bocca ne denunciano lo spessore.
    Il vaso mostra, lungo il corpo, un decoro “alla porcellana” in monocromia blu e sul fronte, entro una cornice rotonda, uno stemma con una croce blu decorata da cinque stelline ad asterisco di colore giallo. Una catena continua corre lungo la spalla, mentre il collo e le fasce limitrofe alla decorazione principale sono dipinti con linee parallele. Nella decorazione predomina il colore blu cobalto in vari gradi di diluizione applicato con tecnica sapiente, come ad esempio nella cornice dello scudo di colore azzurro chiaro o nei nastri che la adornano tracciati a punta di pennello. Unica nota differente di colore il giallo delle stelle all’interno dello scudo.
    La forma è ancora tardo-quattrocentesca e si può accostare per confronto a quella di un albarello già in collezione Cora, ora al Museo Internazionale della Ceramica di Faenza che presenta decori “alla porcellana”, ma in una versione policroma e accostata a ornati più complessi (1). Il decoro del nostro esemplare, abbinato all’emblema della farmacia, ci sembra però influenzato da dettami stilistici già di primo Cinquecento e comunque ormai slegato dagli ornati d’ispirazione strettamente mediorientale. Il gusto è prossimo a quello degli albarelli già descritti in questo stesso catalogo (lotti 10-11) ma se ne discosta. L’influenza stilistica guarda all’estremo oriente: ai modelli della famiglia blu e del nodo orientale, qui declinati in un modo più corrivo, ma non meno elegante di quello generalmente proposto nelle forme aperte provenienti dal pozzo dei lavatoi a Montelupo.
    Il gruppo di appartenenza potrebbe essere pertanto il 40.6 della classificazione di Berti (2), allorché il tralcio naturalistico perde consistenza e si destruttura in elementi più sottili e meno incisivi: gli elementi araldici sono spesso presenti in questa fase.
    Si pensa pertanto a una datazione attorno al primo trentennio del secolo XVI.

    1- BOJANI 1985, p.177, n. 440.
    2-BERTI 1998, p. 148 gruppo 40.6 .



  • PIATTO MONTELUPO, 1515 CIRCA Maiolica dipinta in policromia con giallo,...
    Lotto 14

    PIATTO
    MONTELUPO, 1515 CIRCA
    Maiolica dipinta in policromia con giallo, arancio, blu, verde, bianco, bruno di manganese.
    Alt. cm 6,5; diam. cm 47,5; diam. piede cm 18.
    Sul retro del piatto sotto il piede la scritta “Lo”.

    Dish
    Montelupo, c. 1515
    Earthenware, painted in yellow, orange, blue, green, white, and manganese
    H. 6.5 cm; diam. 47.5 cm; foot diam. 18 cm

    On the back, beneath the base, inscription ‘Lo’


    Il piatto mostra la foggia tipica dei bacili di grande diametro con ampio cavetto piano, tesa obliqua, piede ad anello appena accennato. La materia è spessa, il corpo ceramico di colore beige rosato traspare dallo smalto bianco panna poco aderente, specialmente sul retro del piatto, magro e friabile.
    Sul fronte leggiamo una complessa decorazione con, al centro del cavetto, la scena della Deposizione di Cristo dalla croce . La raffigurazione vede al centro la croce, dalla quale alcune figure arrampicate su scale distaccano il corpo di Cristo: uno dei personaggi utilizza una grossa pinza che stringe in una mano. Ai piedi della croce la Maddalena, riconoscibile dai lunghi capelli biondi, inginocchiata accoglie le spoglie. Alcune figure femminili velate aiutano nell’operazione mentre, a destra, San Giovanni sorregge la Madonna che si accascia per il dolore. Sottili alberelli fanno da sfondo alla scena, e piccoli ciuffi di fiori adornano il prato. Sullo sfondo, a sinistra, si scorge la città di Gerusalemme appena tratteggiata in blu.
    Una fascia decorata a perline separa il cavetto dalla tesa, che mostra un complesso ornato in cui quattro riserve di forma arrotondata si alternano a un fitto motivo a grottesche che riempie interamente le restanti campiture. La medesima impostazione decorativa è poi ripetuta per quattro volte: un’erma femminile, sostenuta da due sfingi, porta sul capo una cornucopia su cui è appollaiato un pavone; ai lati dell’erma, due putti sorreggono un tendaggio a incorniciare la scena; le restanti campiture sono riempite in giallo, rosso e blu mentre piccoli decori fogliati e uccelli volanti le animano. All’interno delle riserve sono descritti quattro momenti della passione di Cristo: la visita da Erode con la folla che sbeffeggia il Cristo, Ponzio Pilato, la fustigazione e Gesù che porta la croce. Tutte le scene mostrano una grande attenzione narrativa con aggiunta di particolari miniaturistici nelle architetture, nelle vesti, nelle armi e in altro ancora.
    La caratteristica fascia “a petali” orna il verso della tesa, lasciando scoperto il centro del cavetto, sottolineato da linee di colore blu, nel quale s’intravede –nella parte ancora ricoperta dallo smalto bianco-beige che non ha aderito in lavorazione – una porzione della marca “ Lo ”, attribuita alla bottega di Lorenzo di Pietro Sartori, attiva nel primo decennio del secolo XVI (1).
    Il pittore mostra una felice ispirazione miniaturistica che fa superare la rapidità e l’imperizia di alcune realizzazioni: l’effetto artistico non è da ricercare tanto nel dettaglio quanto nell’insieme, nell’impatto decorativo generale. L’artefice è comunque capace e mostra un suo stile preciso: i volti dei personaggi, arrotondati nei putti, le bocche dipinte con un trattino orizzontale, i corpi leggermente ombreggiati di azzurro nelle grottesche.

  • CRESPINA O PSEUDOCRESPINA MONTELUPO, 1505-1515 CIRCA Maiolica dipinta in...
    Lotto 15

    CRESPINA O PSEUDOCRESPINA
    MONTELUPO, 1505-1515 CIRCA
    Maiolica dipinta in policromia su smalto con arancio, blu, verde, rosso e bianco.
    Alt. cm 3,3; diam cm 21,3; diam. piede cm 10,2.

    Moulded Bowl (crespina or pseudocrespina)
    Montelupo , c. 1505–15
    Earthenware, painted in orange, blue, green, red, and white
    H. 3.3 cm; diam. 21.2 cm; foot diam. 10.2


    Il piatto ha forma poco profonda, umbone centrale rilevato e separato dalla tesa da una cornice centinata; la tesa ha forma baccellata a rilievo e termina in un orlo rilevato dal profilo arrotondato, mentre il piatto poggia su un basso piede leggermente incavato. Anche sul retro sono visibili le baccellature. La forma, che imita i piatti metallici sbalzati del primo Rinascimento, era realizzata a crudo dal vasaio tramite l’applicazione sul retro del piatto di uno stampo che veniva compresso sul disco di argilla poi lavorato.
    Il decoro dipendeva dalla morfologia dell’oggetto, e quello proposto su quest’opera è particolarmente significativo: le baccellature sono rimarcate dalla bicromia giallo-blu che dà rilievo alla forma, evidenziata e riservata per mezzo di una sottile filettatura in blu di cobalto. Tra le baccellature e la tesa si scorge un piccolo motivo a punta di diamante, esaltato anch’esso dall’uso della bicromia in rosso ferro e verde. Gli spazi vuoti sono poi riempiti da sottili spirali blu. Il centro dell’umbone è interessato da una scacchiera fitta, con sottili decori blu, a riempimento delle parti a riserva, tra le quadrettature verdi e rosse. Il retro non mostra decori, ed è ricoperto da un ingobbio di color nocciola, steso con rapidità e con una vetrina sottile.
    Il piattello si trova documentato già nello studio di Galeazzo Cora, che lo pubblica come esempio importante della categoria a sbalzo, a somiglianza appunto di recipienti metallici, appartenente al Gruppo XVI C che circoscrive a un periodo cronologico prossimo alla fine del secolo XV (1).
    I documenti di scavo pubblicati da Berti lo inseriscono invece tra le produzioni meno rappresentate, collocabili cronologicamente nel primo periodo rinascimentale, ben documentato negli scavi di Valdarno, e lo classificano nel gruppo 38 (2).
    Si aggiungono a questa serie di confronti, un piatto con decoro appena differente sull’orlo della tesa, conservato al British Museum (3), e uno conservato al Louvre con diversa cromia (4).
    Il raffronto con l’immagine fotografica di un piatto delle raccolte prebelliche del British Museum, attribuito a Montelupo negli anni 1500-1515, molto vicino per morfologia e decoro al nostro oggetto e purtroppo andato distrutto nell’ultima guerra (5), ci pare poi particolarmente interessante.
    Anche il confronto con i reperti dallo scavo “del pozzo dei lavatoi”, unitamente a quanto sopra detto, ci conduce dunque a una datazione precoce e circoscritta al primo quindicennio del secolo XVI.

    1 CORA 1973, vol. I, p. 154; vol. II, fig. 273b.
    2 BERTI 1997-2003, II, pp. 134-135 tav. 131 e II, p. 134 figg. 131-132.
    3 THORNTON-WILSON 2009, p. 204; n. 128.
    4 GIACOMOTTI 1974, n.442.
    5 THORNTON-WILSON 2009, Appendix p. 716 tav. A15.



  • Giovanni della Robbia (Firenze 1469 - 1529/1530) VASO DECORATIVO DEL TIPO AD...
    Lotto 16

    Giovanni della Robbia
    (Firenze 1469 - 1529/1530)

    VASO DECORATIVO DEL TIPO AD ANFORA CON ANSE A DELFINO, ORNATO DA FESTONI E
    PROTOMI, 1520/1525 CIRCA
    COPERCHIO IN FORMA DI MAZZETTO DI FRUTTA, FIORI E UNA RANA, COEVO
    Terracotta invetriata: il vaso color porpora a imitazione del porfido, il
    coperchio con una policromia naturalistica; cm 54,5x38; il vaso cm41x31
    (senza le anse); il coperchio cm 13,5 (cm 20 col perno) x 22 circa.

    DECORATIVE VASE-TYPE AMPHORA WITH DOLPHIN HANDLES, DECORATED WITH GARLANDS
    AND BUSTS, CA. 1520/1525 COVER IN THE FORM OF A BUNCH OF FRUIT, FLOWERS AND
    A FROG, CONTEMPORARY
    Earthenware glazed: the vase is colored porpora imitation, cover with a
    polychrome naturalistic: 54,5 cmx38; the vase 41x31 cm (without handles);
    the cover 13,5 (20 cm with the hinge) x 22 cm


    Già pubblicato da Galeazzo Cora nel suo fondamentale contributo sui Vasi
    robbiani (1959, pp. 59- 60 n. 44, tav. XXV.d), poi riproposto
    nellimportante, prestigiosa Storia della maiolica di Firenze e del contado
    (1973, pp. 188-189 n. 44, tav. 308.d), questo spettacolare vaso decorativo
    si distingue nella feconda e variegata produzione di simili manufatti -
    che, come la popolare plastica araldica (Dionigi 2014), attestano
    loriginale, apprezzato impegno dei Della Robbia nellarredo profano delle
    dimore signorili - in quanto riconducibile ad una delle tipologie più rare,
    maestose ed evolute, caratterizzata dalle proporzioni monumentali e dal
    fastoso ornato scultoreo dimpronta archeologica; ma soprattutto per la
    singolare invetriatura purpurea a imitazione del porfido, considerato
    nellantichità per la sua durezza la pietra degli imperatori, colore che
    sostituisce qui la consueta tonalità azzurra utilizzata per simulare un
    intaglio nel lapislazzuli.
    Il vaso è del tipo ad anfora biansata, con manici a S in forma di delfino -
    frequente nella maiolica rinascimentale in quanto allusiva alle acque -,
    che adottano un modello ripetuto con minime varianti nella produzione
    robbiana, mentre il corpo presenta invece una più complessa struttura
    composita, scandita da fasce diversamente ornate. Il collo, scampanato e
    schiacciato in modo da assumere un profilo a scozia, con ampia bocca
    svasata bordata da una fusarola, è ricoperto da embricazioni a scaglie e
    freccette, motivo ricorrente anchesso nei vasi robbiani che conferisce
    allanfora un carattere architettonico a guisa durna. Il corpo, di forma
    ampia e solida, è costituito da una coppa scandita da vigorose baccellature
    in aggetto - decorazione consueta ma che in tali manufatti assume caratteri
    diversi, perlopiù meno plastici -, sopra la quale si distende un alto
    fregio scultoreo ispirato dagli ornati lapidei rinascimentali, cadenzato da
    quattro cherubini e da altrettante protomi leonine sopra le quali sono
    appesi festoni vegetali. Al centro risalta una fantasiosa balza col motivo
    classico del meandro, riscontrabile solo in unaltra tipologia riferita alla
    maturità di Giovanni della Robbia (Philadelphia, Museum of Art; già
    Firenze, collezione Contini Bonacossi: A. Bellandi, in Gentilini 1998, pp.
    277-278 n. III.19), presumibilmente anteriore per la concezione più
    semplificata (vedi fig.1); mentre il piede, al centro del quale si trova un
    foro per lancoraggio praticato durante la foggiatura, presenta una più
    essenziale struttura tornita, ornata solo da un collarino di raccordo alla
    coppa.

  • CANESTRO DI FRUTTA GIOVANNI DELLA ROBBIA, 1520-1525 CIRCA Terracotta decorata...
    Lotto 17

    CANESTRO DI FRUTTA
    GIOVANNI DELLA ROBBIA, 1520-1525 CIRCA
    Terracotta decorata in policromia a pigmento e invetriata.
    Alt. cm 18; diam. cm 26.

    Basket of Fruit
    Giovanni della Robbia, c.152025
    Glazed earthenware, painted in colours
    H. 18 cm; diam. 26 cm.


    La scultura è a forma di canestro con composizione di frutta. Il
    contenitore ha unimboccatura ampia, con una strozzatura a metà del corpo e
    piede piano: limitazione del vimini nella struttura è accorta e
    dettagliata. La parte alta del contenitore ospita una grande quantità di
    frutta, di verdura e alcuni fiori: uva, melograno, cetriolo, limoni, noci,
    fiordaliso, fiori darancio e altro. La composizione è disposta con grande
    naturalezza e arricchita da elementi quali una piccola raganella verde e
    una lumaca.
    Di questa tipologia sono conosciuti alcuni esemplari con varianti: si
    ricordano tra le altre la cestina del Museo Bardini di Firenze (1)
    attribuita a Giovanni della Robbia; le cestine esposte alla Mostra di
    Fiesole sui della Robbia (2), anchesse assegnabili al medesimo ambito; la
    cestina della collezione Cagnola di Varese di officina robbiana forse
    vicino a Giovanni o Luca della Robbia (3).
    Questo tipo di oggetto si affianca alle produzioni non scultoree della
    bottega della Robbia, che comprendeva anche i vasi di gusto classicistico e
    i vasi con coperchio plasmato a guisa di cespo di fiori o di frutta, come
    ad esempio quello del Fitzwilliam di Cambridge, in cui ci pare di vedere
    una comunanza nello stile del decoro a frutta con il nostro cestino (4).
    Queste opere dovevano probabilmente essere utilizzate come ornamento
    dellaltare o anche come gameli nuziali (5).
    Giancarlo Gentilini ricorda come si tratti di una produzione limitata, dove
    i panieri erano realizzati a calco dal vero, mentre la frutta e gli animali
    da orto erano modellati, e assegna queste opere al periodo di Giovanni e
    Luca il Giovane nella prima metà del Cinquecento (6).
    Qualche analogia va segnalata anche con un canestro, di dimensioni
    superiori al consueto, abitato come il nostro esemplare da piccoli
    animaletti, databile agli anni venti del Cinquecento per il modellato e le
    scelte cromatiche (7).
    La produzione sinserisce in un preciso programma culturale dei della Robbia
    che ha un suo illustre precedente nellantichità classica, quando opere in
    terracotta raffiguranti i frutti della terra erano esposte nelle dimore per
    alludere alla fertilità e allabbondanza (8).

    1 GENTILINI 1992, inv.1923 n. 877, p. 281.
    2 QUINTERIO in GENTILINI 1998, p. 279 n. III, 21a,b.
    3 AUSENDA 1999, p. 165 n. 2.
    4 POOLE 1997, p. 30 n. 10, attribuito a bottega di Andrea della Robbia.
    5 GENTILINI 1992, p. 221.
    6 GENTILINI 1998, pp. 221 e 359. Ne parla il Piccolpasso indicando le varie
    tecniche della maiolica (PICCOLPASSO 1976, p. 87).
    7 QUINTERIO in GENTILINI 1998, p. 280 n. III, 22.
    8 GENTILINI 1980, p. 85.

  • PIATTO CAFAGGIOLO, 1545 CIRCA Maiolica dipinta in policromia con giallo,...
    Lotto 18

    PIATTO
    CAFAGGIOLO, 1545 CIRCA
    Maiolica dipinta in policromia con giallo, arancio, blu, verde, bianco, bruno di manganese.
    Alt. cm 4; diam. cm 40,5; diam. piede cm 23,5.

    Sul retro del piatto sotto il piede, la scritta “Lacjena di Simone/in gafagiolo” e il monogramma “ SP” seguito dalle iniziali “ A.f.”.

    Dish
    Cafaggiolo, c. 1545
    Earthenware, painted in yellow, orange, blue, green, white, and manganese
    H. 4 cm; diam. 40.5 cm; foot diam. 23.5 cm

    On the back, beneath the base, inscription ‘Lacjena di Simone/in gafagiolo’ and a monogram ‘SP’ with the initials ‘A.f.’ next to it


    Il piatto mostra la forma tipica dei bacili di grande diametro con ampio cavetto piano, tesa obliqua, piede ad anello appena accennato. La materia è spessa, il corpo ceramico di colore beige rosato traspare dallo smalto bianco panna poco aderente e, specialmente sul retro, magro e friabile. Sul retro un fitto motivo a petali delineati e decorati in blu di cobalto è riempito da linee tratteggiate color arancio e interessa l’intera superficie della tesa. Il cavetto è decorato “a calza” con filetti paralleli blu. Alcune linee gialle concentriche delimitano l’orlo e il piede, mentre lungo la tesa si scorge, in blu di cobalto, un decoro “alla porcellana” disposto intorno a un motivo a nastro intrecciato, “groppo”, a segnare i punti cardinali. Al centro del piede, poco leggibile, è tracciata la legenda: “Lacjena di Simone/in gafagiolo” associata al monogramma SP e alle iniziali Af.
    La scena raffigurata sul fronte è tratta puntualmente da una nota incisione di Marcantonio Raimondi da Giulio Romano (1) (fig. 1) e mostra Gesù seduto mentre la Maddalena, dopo avergli cosparso i piedi di unguenti, glieli asciuga con i capelli. Sulla sinistra si scorge la tavola imbandita riccamente, i commensali che osservano la scena, mentre un giovinetto, con un vassoio ricolmo di vivande, si dirige là dove gli è indicato dal padrone di casa, raffigurato con il capo adornato da un turbante. I personaggi sono variamente atteggiati e intenti nel banchetto. Un cagnolino e alcune brocche riempiono la scena alle spalle della donna inginocchiata. Tutta la rappresentazione è incorniciata da due spessi tendaggi ed è chiusa da una parete scura: vi si aprono due finestrelle da cui s’intravede un paesaggio montuoso.
    L’incisione doveva aver avuto una buona diffusione tra le botteghe dei vasai nel corso del Cinquecento: la troviamo raffigurata in una bella coppa faentina, opera autografa di Baldassarre Manara, presumibilmente attorno al 1534 – già nella collezione Zschille di Lipsia e pubblicata nel corpus di Ballardini (2) – e anche nel piatto datato 1528, lustrato dalla bottega di Mastro Giorgio, oggi al Metropolitan Museum of Art di New York (3).
    Il monogramma Af è stato collegato da Alinari(4) al nome di Alessandro, figlio di Stefano Fattorini, anche se lo studio della personalità che utilizza tale sigla negli istoriati tardi è stata a lungo indagata per la presenza documentata dei Fattorini a Montelupo in quell’epoca (5).
    Al momento si ritiene che i “fornaciari” Pietro e Stefano di Filippo Schiavon, chiamati a lavorare a Cafaggiolo da Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici fra il 1498 e il 1499, abbiano dato origine alla manifattura con il loro trasferimento da Montelupo (6).

  • MATTONELLA SIENA, LIBRERIA PICCOLOMINI, 1502 Maiolica dipinta in policromia...
    Lotto 19

    MATTONELLA
    SIENA, LIBRERIA PICCOLOMINI, 1502
    Maiolica dipinta in policromia con blu di cobalto, giallo antimonio, rosso ferro, bruno di manganese.
    Lato cm. 15,2, spessore cm 2.

    TILE
    SIENA, LIBRERIA PICCOLOMINI, 1502
    Earthenware, painted in cobalt blue, antimony yellow, iron red, and manganese
    Side 15.2 cm; depth 2 cm


    La mattonella appartiene al celeberrimo pavimento della Biblioteca Piccolomini collocata all’interno della cattedrale di Siena. La libreria fu fatta costruire a partire dal 1492 dal cardinale Francesco Todeschini Piccolomini con intento di uso pratico: avrebbe dovuto contenere il cospicuo patrimonio librario del pontefice Pio II, Enea Silvio Piccolomini, con l’aggiunta di codici appartenuti al Todeschini e a suo fratello Giacomo, ma anche con chiaro significato simbolico celebrativo in onore della vita del papa umanista. L’opera, monumentale, fu completata dal bel ciclo di affreschi commissionato a Bernardino di Betto, detto il Pinturicchio, che tuttora la ornano, mentre il pavimento fu sostituito nell’Ottocento con ambrogette romboidali (1). Le mattonelle originali, di forma triangolare e dimensioni minori, sono in parte conservate nei Depositi del Museo dell’Opera, in parte disperse e presenti in vari musei.
    Gli affreschi del Pinturicchio e della sua bottega furono probabilmente terminati nel 1508 e si era pensato che la realizzazione e la messa a dimora del pavimento andasse fatta risalire alla progettazione architettonica dell’edificio e pertanto al primo periodo di costruzione: 1495-1497 (2). Questa proposta cronologica è stata discussa e si ritiene ormai più corretto posticiparla di pochi anni (3). Gli autori della schedatura delle mattonelle conservate al British Museum di Londra, che costituiscono per noi un valido raffronto, fanno notare, circa la datazione, come nessuno dei pavimenti già realizzati a Siena e in altre sedi abbia questa forma o riporti una luna crescente di questa tipologia e come questa foggia compaia solo nel basamento della statua realizzata a Roma nel 1502 e poi collocata nella Biblioteca a Siena. Questa data costituisce pertanto un terminus ante quem per la datazione del pavimento (4).


    1 Del 1839 è il rifacimento a cura della fabbrica Ginori (CANTELLI in ANSELMI ZONDANARI–TORRITI 2012, pp. 214-216; MOORE VALERI 2006).
    2 RAVANELLI GUIDOTTI 1992, p. 11.
    3 Si vedano in merito anche BILENCHI FUCECCHI 2006.
    4 THORNTON-WILSON 2009, pp. 606-608 nn. 376-377, dove si rammenta la storia degli studi di questo prezioso pavimento e si elencano gli esemplari fino ad ora noti.



  • ALBARELLO DERUTA, 1510-1520 Maiolica dipinta in policromia con giallo...
    Lotto 20

    ALBARELLO
    DERUTA, 1510-1520
    Maiolica dipinta in policromia con giallo antimonio, verde rame, blu di cobalto, giallo, arancio.
    Alt. cm 20,2, diam. bocca cm 10,2; diam. piede cm 9,9.
    Sotto il piede traccia di etichetta e timbro dell’ufficio di esportazione della Sovrintendenza di Firenze.

    Apothecary Jar (albarello)
    Deruta, 1510–20
    Earthenware, painted in antimony yellow, copper green, cobalt blue, yellow, and orange
    H. 20.2 cm; mouth diam. 10.2 cm; foot diam. 9.9 cm

    On the bottom, remains of a label and stamp of Florence Superintendency Exportation Office.


    Il contenitore apotecario ha un corpo cilindrico appena rastremato al centro, spalla pronunciata dal profilo arrotondato, bocca larga poggiante su un collo breve e cilindrico, orlo tagliato a stecca dal profilo aggettante. Il piede è basso, a base piana con orlo aggettante.
    Il corpo ceramico color camoscio scuro è ben visibile all’interno dei vasi, che non sono rivestiti da smalto, ma solo da invetriatura. Lo smalto di colore panna–grigiastro mostra numerose cavillature e distacchi dovuti alla presenza del contenuto.
    La decorazione, coerente con quella dell’esemplare che segue, mostra sul fronte una corona fogliata con bacche che circonda una riserva contenente la scritta apotecaria redatta in caratteri capitali di colore blu “ GRASSO.D.BECHO ”. Il cartiglio funge da cornice al decoro principale, che qui raffigura un ariete fermo su un prato, con uno sfondo giallo e che riempie, solo parzialmente, lo spazio riservato dalla corona fogliata a sua volta centrata dallo stemma della farmacia. Quest’ultimo, non identificato, mostra uno scudo semplice con tre mezzelune attorno a una palla tagliata in tre porzioni.
    Il retro del vaso mostra un decoro a nastro sinuoso, delineato in verde, interrotto da due ornati a rombi che vanno a incorniciare la sigla A MA .
    L’albarello, con l’esemplare che segue, deriva da una farmacia non individuata e mostra, per caratteristiche tecniche formali e stilistiche, affinità con i corredi farmaceutici attribuiti alle manifatture derutesi (1) o comunque della zona dell’Umbria e Alto Lazio dei primi decenni del secolo XVI.
    Il confronto morfologico trova molti riscontri in ambito derutese: si veda ad esempio, e solo a livello morfologico, l’albarello con ritratto di donna recentemente presentato nella mostra sulla maiolica delle Marche (2) e databile al primo ventennio del XVI secolo.
    Anche il confronto, sempre prettamente morfologico, con gli albarelli pubblicati nel catalogo della collezione Fanfani del Museo Internazionale della Ceramica di Faenza (3) ci conforta nell’attribuzione, pur nella consapevolezza dell’estrema diversità e originalità della decorazione dell’esemplare in esame e del vaso che lo accompagna.
    Nonostante una certa rapidità nella stesura della decorazione, soprattutto delle figure centrali, e la ripetitività propria dei corredi farmaceutici, ci troviamo davanti ad un esempio decisamente inconsueto e sicuramente collegato a un corredo importante. Tuttavia, solo la corretta lettura dello stemma e della sigla potrebbe portare all’identificazione definitiva dell’opera in esame.
    Il preparato indicato nel cartiglio fa forse riferimento all’ Hysopo , corruzione di oesypum humida , un preparato a base di lana sudicia ricca di lanolina, a indicare il grasso di lana usato in farmacopea per ammorbidire, per mitigare il dolore e per fortificare (4).

    1 Già attribuiti ad area senese e durantina.
    2 SANNIPOLI 2010, p. 80 n. 1.11.
    3 RAVANELLI GUIDOTTI 1990, pp. 169-170 nn. 97-98.
    4 MASINO 1988, p. 104.


  • ALBARELLO DERUTA, 1510-1520 Maiolica dipinta in policromia con giallo...
    Lotto 21

    ALBARELLO
    DERUTA, 1510-1520
    Maiolica dipinta in policromia con giallo antimonio, verde rame, blu di cobalto, giallo, arancio.
    Alt. cm 20; diam. bocca cm 10; diam. piede cm 9,7.
    Sotto il piede etichetta con scritto a mano a inchiostro il numero 100 e timbro dell’ufficio di esportazione della Sovrintendenza di Firenze.

    Apothecary Jar (albarello)
    Deruta, 1510–20
    Earthenware, painted in antimony yellow, copper green, cobalt blue, yellow, and orange
    H. 20 cm; mouth diam. 10 cm; foot diam. 9.7 cm

    On the bottom, label hand-written in ink ‘100’ and stamp of Florence Superintendency Exportation Office



    Il contenitore apotecario ha un corpo cilindrico appena rastremato al centro, spalla pronunciata dal profilo arrotondato, bocca larga poggiante su un collo breve e cilindrico, orlo tagliato a stecca dal profilo aggettante. Il piede è basso, a base piana con orlo aggettante.
    Il corpo ceramico color camoscio scuro è ben visibile all’interno del vaso, che non è rivestito da smalto ma solo da invetriatura.
    La decorazione, coerente con quella dell’esemplare precedente (lotto 20), mostra sul fronte una corona fogliata con bacche che circonda una porzione a forma di medaglione contenente il cartiglio, redatto in caratteri capitali di colore blu, attorno alla figura di una fanciulla con un piccolo libro in mano. Il cartiglio recita “ INFRIGIDANS GALLIE ”.
    Lo stemma della farmacia sovrasta il medaglione centrale: uno scudo semplice con tre mezzelune attorno ad una palla tagliata in tre porzioni.
    Il retro mostra un decoro a nastro sinuoso delineato in verde e interrotto da due ornati a rombi che vanno a incorniciare la sigla A MA .
    Per confronti e analisi tecnica si rimanda a quanto già detto nell’esemplare che precede salvo aggiungere un confronto stilistico per la figura umana che, pur mantenendo caratteristiche disegnative meno efficaci, ci sembra simile a quelle dipinte sull’importante serie di bottiglie farmaceutiche conservate al Museo del Louvre (1).
    L’ Infrigidans Gallie fa probabilmente riferimento all’ infrigidans alleni , un unguento a base di altea campestre bianca, rosa, limone putrido, fiori di papaveri erratici e altro ancora con scopo antipiretico e antisudorifero.

    1 GIACOMOTTI 1974, pp. 142-144 nn. 481-487.


  • PIATTO DERUTA, PRIMA META’ DEL SECOLO XVI Maiolica dipinta in...
    Lotto 22

    PIATTO
    DERUTA, PRIMA META’ DEL SECOLO XVI
    Maiolica dipinta in policromia con verde, rosso ferro, giallo antimonio, blu di cobalto.
    Alt. cm 8; diam. cm 39,5; diam. piede cm 13,5.

    Dish
    Deruta, first half of 16th century
    Earthenware, painted in green, iron red, antimony yellow, and cobalt blue
    H. 8 cm; diam. 39.5 cm; foot diam. 13.5 cm


    Il piatto ha forma concava liscia senza soluzione di continuità tra tesa e cavetto e sul retro poggia su un piede piano ad anello rilevato. È smaltato grossolanamente anche sul retro, dove l’interno del piede è lasciato grezzo.
    Sul fronte mostra una scena evangelica con l’incredulità di San Tommaso. Il santo è raffigurato di profilo con la mano destra protesa a toccare il costato ferito nel punto indicato dallo stesso Cristo che, con la mano sinistra, gli tocca una spalla quasi per incoraggiarlo: è quella la prova della sua resurrezione in carne e in spirito. Intorno alle figure si snoda un lungo cartiglio che recita: “MITE MANUM TUAM IN LOCHO CHLAORUM ET CREDI DERUT ” (“ metti la tua mano nel luogo dei chiodi e credi. Deruta” ). La scritta, incorniciando la scena, ritaglia una riserva a sfondo blu, mentre il resto del piatto è campito da uno sfondo giallo. L’esergo è occupato da un pavimento a mattonelle triangolari bianche e arancio, mentre il bordo mostra un motivo a perline. Particolarmente interessante la parte finale del cartiglio con la parola “Derut”, che si riferisce molto probabilmente al luogo di produzione dell’opera.
    Il soggetto ebbe indubbiamente successo presso le botteghe umbre e dell’Italia centrale come testimoniato dalla presenza di numerosi esemplari che lo riproducono con tecniche e scelte stilistiche differenti. La stessa scena è stata raffigurata su altri esemplari con cartigli differenti, come ad esempio quello conservato al Museo di Cluny (1). Un altro piatto è conservato al Victoria and Albert Museum (2) e raffigura la scena a decoro in blu e lustro dorato, databile per la decorazione della tesa al 1510 circa. Un terzo piatto, sempre di forma analoga e decoro in blu e lustro dorato, si trova nella collezione Di Ciccio a Capodimonte e mostra l’episodio racchiuso in una mandorla dorata con stile pittorico differente, più delicato, e con la tesa a foglie d’acanto, datato alla prima metà del secolo XVI (3). Un altro ancora, conservato al Museo di Deruta, con disegno in blu e lustro dorato (4) e con tesa suddivisa in comparti radiali è databile alla prima metà del XVI secolo.
    Ricordiamo anche la presenza di altri esemplari: uno nella Scott -Taggart Collection (5), uno nella Von Beckerath (6), uno a Metropolitan Museum of Art di New York (7), e infine uno comparso sul mercato antiquario qualche anno fa (8). Prendendo poi in considerazione le collezioni private il numero potrebbe aumentare ulteriormente.
    Il piatto in oggetto ha modalità stilistiche più rigide e corrive, il pavimento mostra una prospettiva poco sicura, ma si tratta di un tipo di scelta scenografica che vediamo presente in altre opere derutesi come ad esempio i piatti con San Girolamo dei musei francesi del Louvre e di Limonges (9). La scelta tecnica decorativa non prevede nel nostro esemplare l’uso del lustro bensì di una policromia varia, con sapiente uso del colore rosso ferro.
    Infine la vicinanza stilistica con il piatto che raffigura un vescovo accompagnato dai santi Giacomo e Giovanni del Museo del Louvre (10), anch’esso dipinto in policromia e con una impostazione decorativa molto simile, viene datato al primo terzo del XVI secolo e presenta sul retro una B in blu scuro.

  • PIATTO DA PARATA DERUTA O ALTO LAZIO, PRIMA METà SECOLO XVI Maiolica...
    Lotto 23

    PIATTO DA PARATA
    DERUTA O ALTO LAZIO, PRIMA METà SECOLO XVI
    Maiolica dipinta in policromia con blu di cobalto e lustro dorato su fondo maiolicato, e sul retro, vetrina spessa leggermente azzurrata con colature e difetti di cottura.
    Alt. cm 7,8; diam. cm 42,5; diam. piede cm 14.
    Sotto il piede cartellino “ ANTICHITÀ SCHUBERT, Corso Matteotti 22, Milano ” ed etichetta rotonda stampata in rosso “ Dott. Guido Rossi Milano” e numero dattiloscritto 651.

    Large Dish
    Deruta or Alto Lazio, first half of 16th century
    Earthenware, covered on the back with a thick white tin glaze with a light-bluish tinge and painted in cobalt blue and golden lustre
    H. 7.8 cm; diam. 42.5 cm; foot diam. 14 cm

    Beneath the base, printed paper tag ‘ANTICHITÀ SCHUBERT, Corso Matteotti 22, Milano’; round label printed in red ‘Dott. Guido Rossi Milano’ and number ‘651’ typewritten


    Il piatto ha la forma particolare delle produzioni derutesi e della zona dell’Umbria e Tuscia, mostra un cavetto profondo e largo, la tesa è ampia e termina in un orlo rifinito a stecca e appena rilevato. Il piatto poggia su un piede ad anello anch’esso appena rilevato e forato in origine, prima della cottura, per consentire l’esposizione dell’opera destinata a essere appesa.
    Al centro della composizione La crocifissione di Cristo : ai piedi della croce è il trigramma bernardiniano IHS , del quale la croce è parte integrante in quanto costituisce la linea lunga della lettera “h”(1). Il trigramma è scritto con un motivo a nastro circondato da un paesaggio collinare realizzato con un tratto particolarmente leggero e molto raffinato. Attorno al trigramma alcuni fioretti riempiono gli spazi vuoti, mentre ai piedi della croce spicca un oggetto non ben identificabile(2). Sulla tesa si osserva il caratteristico ornato derutese a formelle con decoro a embricazioni alternate a un fiore dalla corolla allargata, generalmente associato alle opere databili al primo ventennio del XVI secolo.
    Come negli esemplari di grande qualità il decoro è stato realizzato lasciando a risparmio il fondo maiolicato, distinto dalla parte a lustro grazie a linee di ossido di cobalto stese con maggiore o minore densità, così da creare un effetto di ombreggiatura che dà profondità. Particolarmente accurato il disegno del paesaggio, delineato a tratti sottili con ombreggiature ottenute con pennellate più o meno diluite, così come nella figura del Cristo raffigurato morto, a capo chino, in cui la muscolatura e i tratti fisiognomici sono realizzati con la medesima tecnica pittorica, governata con grande maestria.
    La stessa immagine riprodotta su quest’opera si trova, con varianti ma con analoga impostazione decorativa, in piatti di foggia e mano differente, a testimonianza della presenza di una comune fonte incisoria di riferimento. Dallo studio di un piatto del Museo delle Arti Decorative di Lione (3), paragonabile all’opera in esame, le autrici della schedatura ci suggeriscono che la scena derivi da una incisione lombarda della fine del secolo XV(4).
    Il piatto è stato pubblicato da Aurelio Minghetti(5) nel catalogo dei ceramisti come maiolica di Deruta: l’autore ne indica la provenienza dalla collezione di maioliche del Barone Archibald Buchan Hepburn(6) e quindi all’epoca nella collezione Bolognesi di Milano.
    Il piatto è rientrato sul mercato antiquario in occasione di un’asta tenutasi a Milano nel 1997(7), per poi, probabilmente, entrare nella collezione Schubert, prima della definitiva collocazione nella attuale raccolta.

  • PIATTO DERUTA, 1500-1530 Maiolica dipinta in policromia con blu di cobalto e...
    Lotto 24

    PIATTO
    DERUTA, 1500-1530
    Maiolica dipinta in policromia con blu di cobalto e lustro dorato.
    Alt. cm 9,4; diam. cm 42; diam. piede cm 13,9.

    Dish
    Deruta, 1500–30
    Earthenware, painted in cobalt blue and golden lustre
    H. 9.4 cm; diam. 42 cm; foot diam. 13.9 cm.


    L’esemplare mostra la caratteristica forma dei piatti da pompa con un cavetto profondo e largo. La tesa è ampia e termina in un orlo rifinito a stecca appena rilevato. Il piatto poggia su un piede ad anello anch’esso appena rilevato e forato in origine, prima della cottura, per consentirne l’esposizione. Il retro si presenta con un’invetriatura appesantita di bistro che ricopre l’intera superficie.
    La foggia è quella tipica delle produzioni derutesi, che ha fatto la fortuna delle manifatture della città umbra. Questa forma era destinata ad accogliere i celeberrimi ritratti di belle donne, stemmi nobiliari o soggetti importanti come le immagini di santi ed eroi, dipinti con tecnica mista ottenuta in due cotture: la prima a gran fuoco con blu a due toni, la seconda in riduzione per l’ottenimento del lustro.
    Al centro del cavetto una giovane donna è raffigurata di profilo a mezzo busto con un abito chiuso sul davanti da complessi alamari, il collo decorato da sottili catenine e da una collana di perle, e sul capo un diadema è arricchito da due ali e centrato da un mascherone. Alle sue spalle si scorge un tralcio fiorito. Di fronte al ritratto si svolge un cartiglio che reca la scritta a caratteri capitali: ”PER / DoMIRE/ NonSAQUI//SSTA” (“ a causa del dormire non si guadagna ”), un verso d’ispirazione amatoria. Il profilo, come di consueto, è fortemente sottolineato da pennellate blu scuro che si schiariscono progressivamente fino a scemare nel bianco di fondo, intorno al cartiglio, alla figura e al tralcio fiorito. Una sottile fascia con un motivo decorativo a corona fogliata separa il cavetto dalla tesa, ornata da un fitto motivo ad embricazione.
    Com’è consuetudine in questa tipologia ceramica, la stessa immagine è ripetuta, in modo sostanzialmente simile, anche in altri piatti con analoga impostazione decorativa, direttamente ispirata dalle figure del Pinturicchio nell’appartamento Borgia in Vaticano o dalla Sibilla Eritrea raffigurata negli affreschi del Perugino nella Sala delle Udienze nel Collegio del Cambio a Perugia(1).
    La raffigurazione di profilo con copricapo alato e veste decorata con alamari è piuttosto comune nelle produzioni derutesi dei primi decenni del Cinquecento. Si vedano ad esempio il piatto con il motto amoroso del Museo delle Arti Decorative di Lione(2) e quello del Museo Regionale della Ceramica(3), con decoro a policromia e tesa con tipico motivo a tralcio vegetale, cosiddetto a “corone di spine”. Il confronto più vicino ci deriva dal bel piatto, già della collezione Adda, oggi conservato nella Collezione Getty(4): la fanciulla è ritratta con modalità pittoriche e stilistiche veramente molto vicine a quelle del nostro esemplare, differenziandosi solo per il decoro della tesa, che alterna il motivo a embricazioni a quello con fiore. Altri confronti al museo di Ecouen(5) e al Louvre (6).
    Questo gruppo di piatti è databile grazie al confronto con il piatto del British Museum dalla tesa decorata a ghirlanda recante lo stemma di Papa Giulio II, che colloca l’intera serie negli anni del pontificato, ovvero dal 1503 fino al 1513(7), e pertanto nel primo trentennio del XVI secolo.
    Ci sembra di poter riconoscere l’opera come uno dei piatti della Collezione Murray venduti nel 1929 (fig. 1.)

Lotti dal 1 al 24 di 65
Mostra
×

Importanti maioliche rinascimentali

Esposizione

FIRENZE
24 Settembre al 1 Ottobre2015
orario 10 – 19 
Palazzo Ramirez-Montalvo 
Borgo degli Albizi, 26

Sessioni

  • 1 ottobre 2015 ore 17:00 Sessione unica - dal lotto 1 al lotto 65 (1 - 65)