IMPORTANTI DIPINTI ANTICHI | Opere provenienti da una storica collezione romana e altre prestigiose committenze
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Lotto 225 Pittore Senese del XVII secolo
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Ritratto di Francesco Vanni Olio su tela cm 27,5x24 - con cornice cm 35x31 Dipinto raffigurante un autoritratto, analogo a quello di Francesco Vanni conservato alla Pinacoteca Nazionale di Siena, in cornice ovale. collezione privata, Siena -
Lotto 226 Luca Giordano (attribuito a)
(Napoli 1634 - Napoli 1705)
Maria Maddalena olio su tela cm 37,5x30 - con cornice cm 60,5x51,5 dipinto ovale con cornice ovale dorata
Il dipinto è corredato da una perizia redatta dal Prof. Edoardo Clerici Sella (n. di archiviazione 674), che lo attribuisce a Luca Giordano come opera giovanile.
Una giovane Maria Maddalena è raffigurata con un vaso di unguenti contenente olio di nardo, utilizzato per ungere i piedi di Gesù. -
Lotto 227 Pittore caravaggesco del XVII secolo
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Maria Maddalena Olio su tela cm 99x77 - con cornice cm 127,5x106,5 L’intensa figura della Maddalena, colta in un momento di meditazione e silenzio, è resa con un naturalismo misurato e profondamente emotivo. La luce radente modella il volto e le mani con raffinato chiaroscuro, facendole emergere dal fondo scuro in perfetta sintonia con la sensibilità caravaggesca diffusa a Napoli nella prima metà del Seicento.
Il pittore, attivo probabilmente nell’Italia meridionale nel corso del XVII secolo, rivela una chiara conoscenza della pittura di Battistello Caracciolo e Artemisia Gentileschi, ma anche di quella di artisti napoletani legati al naturalismo di derivazione caravaggesca, quali Andrea Vaccaro e Filippo Vitale.
La postura composta e l’espressione assorta della santa trovano un interessante confronto con la Santa Prassede attribuita ad Antiveduto Gramatica (Musée des Beaux-Arts, Nantes), suggerendo un legame tra la tradizione devozionale romana e la sua rielaborazione in chiave napoletana.
L’attenzione al chiaroscuro e al pathos del soggetto conferiscono alla composizione una nobile intensità spirituale, sottolineata dal gesto delicato e dalla malinconica dolcezza del volto. Bibliografía di riferimento:
B. Nicolson, Caravaggism in Europe, Phaidon Press Limited, Oxford 1979
N. Spinosa, Caravaggio e il suo tempo. Napoli 1606–1647, Napoli, 1985
Catalogue du Musée des Beaux-Arts de Nantes, Nantes, 1991, p. [inserire], sotto “Antiveduto Gramatica, Santa Prassede” -
Lotto 228 Pittore del XVII secolo
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San Guglielmo olio su tela cm 126,5x98 - con cornice cm 153x122,5 Ritratto isolato di San Guglielmo di Malavalle, eremita e fondatore dell’ordine dei Guglielmiti, raffigurato in abito monastico. Nella mano destra tiene una piuma, mentre nella sinistra regge un libro con l’iscrizione S. GUGLIEM e alcune lettere e iniziali in parte illeggibili. Lo sfondo scuro e neutro, la luce drammatica che modella il volto e le mani, e la resa realistica dei lineamenti richiamano lo stile di Jusepe de Ribera, caratterizzato dall’uso intenso del chiaroscuro e dal forte effetto drammatico. L'opera, di grande qualità, presenta una strettissima relazione con il celebre San Bartolomeo di Ribera conservato al Museo del Prado di Madrid. La composizione, concentrata sul solo santo, esalta la dignità e la meditazione interiore del soggetto, rendendo l’opera particolarmente adatta a un contesto devozionale.
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Lotto 229 Alessandro Turchi, detto L'Orbetto
(Verona 1578 - Roma 1649)
Madonna col Bambino, San Giovannino, San Francesco e angeli olio su ardesia cm 42x25 - in cornice cm 49x31 L’opera raffigura la Vergine seduta, col Bambino Gesù che si protende verso San Francesco inginocchiato in adorazione, mentre il piccolo San Giovannino assiste alla scena, sostenendo con delicatezza il braccio del Bambino. Nella parte superiore del dipinto, un gruppo di angioletti alati fluttua in un moto circolare, creando un raffinato equilibrio tra la parte terrena e quella celeste.
La composizione, di grande armonia e intimità devozionale, si sviluppa su un impianto piramidale che accentua la profondità della scena, suggerita anche dal sapiente uso dei chiaroscuri e dalla resa atmosferica dello sfondo scuro, che fa emergere con forza plastica le figure illuminate da una luce calda e dorata. Il gioco delle mani intrecciate costituisce il fulcro emotivo del dipinto, esprimendo con delicatezza la comunicazione tra la Vergine, il Bambino e i santi.
La dolcezza dei volti, la morbidezza dei panneggi e la luce che accarezza le carni rimandano al linguaggio maturo dell’Orbetto, formatosi nell’ambiente veronese e successivamente attivo a Roma, dove assimilò le novità caravaggesche mediandole con la grazia classicista dei Carracci. Il soggetto trova riscontro in altre versioni note del pittore, citate nel catalogo a cura di Daniela Scaglietti Kelesian, a testimonianza della fortuna del prototipo compositivo e della sua diffusione nelle botteghe del primo Seicento.
D. Scaglietti Kelescian, Alessandro Turchi detto l'Orbetto - 1578-1649, Scripta Edizioni, 2019, pp. 66-68 -
Lotto 230 Pittore toscano del XVII secolo
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Allegoria della Primavera, Flora e Zefiro olio su tela cm 83x63 - con cornice cm 104,5x84,5 La scena, di intensa poesia luminosa, raffigura una giovane donna incoronata di fiori, simbolo della rinascita primaverile, affiancata da un putto addormentato. L’artista costruisce l’immagine con un sapiente equilibrio tra sensualità e grazia, avvolgendo le figure in una luce calda e dorata che accarezza le carni e i panneggi con morbide sfumature. La resa vellutata dell’incarnato, la dolce torsione del volto e la preziosa gamma cromatica rimandano a un ambito settentrionale della seconda metà del Seicento.
Si tratta di un’opera di alta qualità pittorica, di intensa espressività affettiva e raffinata eleganza formale. -
Lotto 231 Jacopo Vignali
(Pratovecchio in Casentino (Arezzo) 5 settembre 15921 - Firenze 3 agosto 1664)
Ritratto di fanciullo olio su tela cm 43x33 - con cornice cm 55x44,5 Il dipinto raffigura un giovane fanciullo a mezzo busto su fondo neutro, con particolare attenzione al volto e agli abiti. La resa dei materiali, dalla morbidezza della pelle alla lucentezza dei tessuti, rivela l’elevata perizia pittorica e l’interesse per il realismo tipico della pittura fiorentina del primo Seicento.
L’opera mostra affinità stilistiche con Cyparissus (1625 ca., collezione Musée de Strasbourg), dove Vignali rappresenta un giovane con analoga cura del volto, gestione della luce e morbidezza del modellato, confermando la sensibilità dell’artista nel ritrarre soggetti giovanili, qui applicata a un ritratto isolato di fanciullo. U. Baldini, Jacopo Vignali. Pittore fiorentino del Seicento, Firenze, 1981
G. Ludwig, Jacopo Vignali e la pittura del primo Barocco fiorentino, Firenze, 1975 -
Lotto 232 Pittore lombardo-veneto XVI/XVII secolo
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Compianto sul Cristo morto olio su tela cm 97x130,5 - con cornice cm 129x162 Si tratta di una delle versioni del Lamento sul Cristo morto, opera di Giovanni Gerolamo Savoldo (Brescia, 1480 ca., post 1548), conservata al Kunsthistorisches Museum di Vienna. -
Lotto 233 Astolfo Petrazzi
(Siena 1583 - Siena 1665)
Vaso di Fiori con al centro un girasole olio su tela cm 79x59,5 - con cornice cm 87x68 Si riporta di seguito un estratto della scheda del Prof. Marco Ciampolini:
I due dipinti nascono in pendant, come dimostrano, oltre le misure identiche, la stessa struttura e il medesimo vaso che contiene i fiori.
Su dei contenitori di rame battuto si aprono, come fuochi pirotecnici, le esplosioni di mazzi di fiori, le quali, con le loro espressioni variopinte, occupano due terzi dell'intera superficie pittorica, Il fondo è scuro e oltre al vaso si distingue solo il piccolo tavolo di appoggio in tralice.
I dipinti sono stati pesantemente ridipinti, ma usando la base originale, infatti essi appaiono per stile, struttura e scelte botaniche omogenei ai vasi di fiori che Petrazzi mette nelle sue composizioni, come quello nell'Estate, nella collezione della Fondazione Banca Monte dei Paschi di Siena, facente parte di un ciclo delle stagioni registrato nell'inventario dei beni di Agostino Chigi, redatto nel 1644 alla morte del committente, o singolarmente, come i due vasi della collezione Pizzi di Venezia opere quest'ultime, eseguite fra il terzo e il quarto decennio del Seicento, che più si legano ai vasi di fiori in oggetto. collezione privata, Siena E. Pacini, La natura morta senese caravaggesca, dalla parte del botanico, in Francesco Rustici e il naturalismo a Siena, atti della Giornata di Studi a cura di Marco Ciampolini Pienza, Conservatorio di San Carlo, 9 settembre 2017, Cinisello Balsamo, Silvana editoriale, 2022, pp. 173-181
M. Ciampolini, Pittori Senesi del Seicento, Siena, Nuova Immagine Editrice, 2010, pp. 578-579, fig.
M. Ciampolini, in Opus sacrum-opus profanum. Una quadreria del Seicento da Ribera a Giordano la collezione Pier Luigi Pizzi, a cura di Andrea Dnati, San Marino, Palazzo SUMS, 20 giugno-30 settembre 2011, Villa Verrucchio (Rimini), La Pieve Poligrafica, 2011, pp. 114-115, fig. col. -
Lotto 234 Astolfo Petrazzi
(Siena 1583 - Siena 1665)
Vaso di Fiori con al centro garofani odio su tela cm 80x60 - con cornice cm 87x68 Si riporta di seguito un estratto della scheda del Prof. Marco Ciampolini:
I due dipinti nascono in pendant, come dimostrano, oltre le misure identiche, la stessa struttura e il medesimo vaso che contiene i fiori.
Su dei contenitori di rame battuto si aprono, come fuochi pirotecnici, le esplosioni di mazzi di fiori, le quali, con le loro espressioni variopinte, occupano due terzi dell'intera superficie pittorica, Il fondo è scuro e oltre al vaso si distingue solo il piccolo tavolo di appoggio in tralice.
I dipinti sono stati pesantemente ridipinti, ma usando la base originale, infatti essi appaiono per stile, struttura e scelte botaniche omogenei ai vasi di fiori che Petrazzi mette nelle sue composizioni, come quello nell'Estate, nella collezione della Fondazione Banca Monte dei Paschi di Siena, facente parte di un ciclo delle stagioni registrato nell'inventario dei beni di Agostino Chigi, redatto nel 1644 alla morte del committente, o singolarmente, come i due vasi della collezione Pizzi di Venezia, opere quest'ultime, eseguite fra il terzo e il quarto decennio del Seicento, che più si legano ai vasi di fiori in oggetto. collezione privata, Siena E. Pacini, La natura morta senese caravaggesca, dalla parte del botanico, in Francesco Rustici e il naturalismo a Siena, atti della Giornata di Studi a cura di Marco Ciampolini Pienza, Conservatorio di San Carlo, 9 settembre 2017, Cinisello Balsamo, Silvana editoriale, 2022, pp. 173-181
M. Ciampolini, Pittori Senesi del Seicento, Siena, Nuova Immagine Editrice, 2010, pp. 578-579, fig.
M. Ciampolini, in Opus sacrum-opus profanum. Una quadreria del Seicento da Ribera a Giordano la collezione Pier Luigi Pizzi, a cura di Andrea Dnati, San Marino, Palazzo SUMS, 20 giugno-30 settembre 2011, Villa Verrucchio (Rimini), La Pieve Poligrafica, 2011, pp. 114-115, fig. col. -
Lotto 235 Abraham Brueghel
(Anversa 1631 - Napoli 1697)
Natura morta con frutta olio su tela cm 71x97 - con cornice cm 86,5x112,5 Si riporta di seguito un estratto della scheda del Prof. Alberto Cottino, Torino, 9 novembre 2025:
La tela raffigura “un bacile in vetro con pesche, susine e fiori di gelsomino posto all’aperto sul limitare di un costone roccioso visto in controluce, ai cui piedi sono poggiati grappoli d’uva bianca e nera, fichi, zucca, anguria, melagrane, altre pesche e susine. Sullo sfondo, una montagna la cui sommità è coperta da una nuvola che a mio parere potrebbe alludere al Vesuvio in eruzione”. “Si tratta infatti di una variante autografa e di qualità notevole del dipinto che ho pubblicato nella mia monografia su Abraham Brueghel (n. 99, p. 146)… la differenza fondamentale è la presenza in secondo piano di un’anguria spaccata al posto del vaso metallico colmo di fiori”. “Il quadro qui studiato si deve considerare una importante riscoperta, in quanto era conosciuto solo da una vecchia fotografia in bianco e nero (asta Sotheby’s, 1981)…”. “I frutti sono descritti con grande acribia naturalistica, tipica del pittore fiammingo che – nonostante la piena adesione alla cultura barocca italiana – non rinuncerà mai del tutto all’approccio descrittivo e ‘ottico’ alla natura proprio della sua cultura d’origine”. “Si tratta di un’opera di altissimo livello qualitativo, da datarsi nel periodo napoletano del pittore… sappiamo che vi fu un’impressionante eruzione del Vesuvio nel 1682 ed è possibile che il pittore possa alludere a quell’evento”. “In un quadro come quello qui studiato si notano bene quella scioltezza e freschezza di colore di cui parla appropriatamente il biografo napoletano settecentesco Bernardo De Dominici a proposito delle opere napoletane di Brueghel”. “Proprio in quadri come quello qui analizzato si può legittimamente scorgere la pregevole, inimitabile sintesi tra naturalismo fiammingo e gusto barocco italiano che porterà Abraham Brueghel ad essere uno dei grandi protagonisti europei del genere della natura morta nella seconda metà del Seicento.” A. Cottino, Abraham Brueghel 1631-1697. Un maestro della Natura morta fra Anversa, Roma e Napoli, Foligno 2023, p. 145 n 97
B. De Dominici, Vite de' pittori, scultori ed architetti napoletani, Napoli, 1742-45, III, p. 442 -
Lotto 236 Bartholomeus van Bassen (attribuito a)
(Anversa 1590 - L'Aia 28 novembre 1652)
Veduta d'nterno di Chiesa con figure olio su tavola con cornice cm 82x120 La scena raffigura l’interno monumentale di una chiesa gotica, resa con notevole padronanza prospettica e raffinato equilibrio luminoso. Le ampie navate scandite da archi acuti e pilastri a fascio si aprono su un pavimento a scacchiera, conducendo lo sguardo verso l’altare in fondo, secondo un impianto scenografico di grande rigore geometrico. Alcune piccole figure — un gentiluomo in abito rosso, una donna inginocchiata in preghiera, un chierico — animano silenziosamente lo spazio, accentuandone la dimensione meditativa.
L’opera si inserisce nel genere della veduta d’interno di chiesa, tipico della pittura olandese del primo Seicento e in particolare della scuola dell’Aia. Bartholomeus van Bassen, architetto e pittore, fu tra i protagonisti di questa produzione: le sue architetture si distinguono per la precisione lineare, la chiarezza spaziale e l’uso calibrato della luce, che modella le superfici con un effetto quasi metafisico.
Il dipinto mostra evidenti affinità con le vedute di interni ecclesiastici firmate da van Bassen negli anni 1620–1630, per la purezza dell’impianto prospettico e la resa atmosferica che unisce monumentalità e silenzio. L’inserimento delle figure, di piccola scala ma eleganti nella postura e nel colore, rivela l’interesse dell’artista per la dimensione umana e spirituale del luogo sacro, oltre che per la sua architettura. C. Brown, Dutch Painting in the Seventeenth Century, London 1998
A. van der Willigen, Bartholomeus van Bassen. Architect and Painter, The Hague 1959 -
Lotto 237 Pietro Fabris
(Attivo a Napoli fra il 1756 e il 1792)
Tauromachia nel Foro Romano olio su tela cm 70x97 - con cornice cm 90x116 Pietro Fabris, attivo nel XVIII secolo, spesso a Napoli e Venezia, realizzava paesaggi con rovine classiche fondendo elementi reali e immaginari. Il dipinto mostra una scena di tauromachia, ovvero un combattimento con un toro, tra rovine ispirate al Foro Romano, in un paesaggio idealizzato che richiama l’antica Roma. Al centro, uomini a piedi e a cavallo affrontano un toro inferocito, mentre sullo sfondo si distinguono un arco monumentale e un tempio con colonne corinzie. La luce chiara e dorata armonizza figure, architetture e natura. L’opera unisce la veduta di rovine classiche e la scena di genere, conferendo al quadro un carattere storico e pittoresco, tipico del gusto settecentesco. L. Salerno, I pittori di vedute in Italia (1580-1830), Ugo Bozzi Editore, Roma, 1991, pp. 332-335 -
Lotto 238 Jan Frans van Bloemen, detto l'Orizzonte
(Anversa 1662 - Roma 1749)
Paesaggio olio su tela cm 120x170 Si riporta di seguito un estratto de l'expertise del Prof. Giancarlo Sestieri, datato 28 marzo 2013:
Questo qualitativo Paesaggio rappresenta una significativa testimonianza della pittura paesaggistica romana di fine Seicento, in una fase in cui la lezione del Dughet veniva rielaborata dai maggiori interpreti della prima metà del Settecento, come Jan Frans van Bloemen, detto l’Orizzonte, e il fratello Pieter van Bloemen, detto lo Stendardo.
L’opera rivela una composizione ampia e profondamente articolata, con quinte arboree laterali e un sentiero animato da armenti e figure pastorali, che si apre su distese lacustri e rovine classiche. L’analisi stilistica ha permesso di riconoscere la mano di Pieter van Bloemen nelle figure e negli animali — in particolare nella mucca illuminata e nel cavallo con coperta rossa —, mentre l’impianto paesaggistico, per respiro e sensibilità spaziale, è attribuibile a Jan Frans van Bloemen.
Il dipinto si configura pertanto come una collaborazione tra i due fratelli Van Bloemen, in linea con quanto documentato da A. Busiri Vici (1974), che ricorda la loro attività congiunta a Roma per circa un settennio e i noti esempi di opere realizzate a quattro mani per il Collegio di Propaganda Fide e la Galleria Doria Pamphilj.
Luigi Salerno, I pittori di vedute in Italia (1580-1830), Ugo Bozzi Editore, Roma, 1991, pp. 120-123
A. Busiri Vici, Jan Frans van Bloemen: Orizzonte e l'origine del paesaggio romano settecentesco, Roma, Ugo Bozzi, c. 1874 -
Lotto 239 Jan Frans van Bloemen, detto l'Orizzonte
(Anversa 1662 - Roma 1749)
Veduta con le cascate di Tivoli olio su tela cm 49x65 - con cornice cm 66x83 L’opera è databile tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo. La scena rappresenta un ampio paesaggio ideale dominato da una grande cascata, con un borgo fortificato sullo sfondo e piccole figure in primo piano, immerse in una luce calda e contrastata. Per equilibrio compositivo e sensibilità atmosferica, essa riflette lo stile classico e sereno tipico della produzione romana di Jan Frans van Bloemen, detto l’Orizzonte, pur presentando accenti più drammatici che ne suggeriscono l’appartenenza al suo ambito o alla sua cerchia. L. Salerno, I pittori di vedute in Italia (1580-1830), Ugo Bozzi Editore, Roma, 1991, pp. 120, 121;
A. Busiri Vici, Jan Frans van Bloemen: Orizzonte e l'origine del paesaggio romano settecentesco, Roma, Ugo Bozzi, 1974 -
Lotto 240 Astolfo Petrazzi
(Siena 1583 - Siena 1665)
a) Natura con volatili, frutta e formaggi; b) Natura con capretto, salame e ortaggi Olio su tela cm 98 x 133,5 Si riporta di seguito la scheda della Prof.ssa Mina Gregori, Firenze 18 settembre 2007
Queste due nature morte manifestano a prima vita l'origine toscana, come indicano le affinità con gli esemplari di Jacopo da Empoli che si datano negli anni venti del Seicento.
L'autore è il senese Astolfo Petrazzi, attivo per i Chigi, presente a Roma fino al 1631 e a Siena capo di un'accademia di pittori.
Oltre alle affinità con l'Empoli, queste nature morte confermano i contatti con l'ambiente romano nella distribuzione dei frutti allineati che ricorda i pittori attivi nella sede romana che è stata il centro iniziatore e propulsore della natura morta italiana. Rammento Agostino Verrocchi e soprattutto l'autore della 'Natura morta di fiori, frutti e ortaggi' del North Carolina Museum of Art di Raleigh che ho proposto essere Giovanni Battista Crescenzi, animatore e impresario (se così si può dire) prima del 1617, quando si trasferì in Spagna, di un'accademia del naturale attingendo a ortaggi e frutti presi al mercato.
Il Petrazzi dipinse spesso nature morte con figure, circostanza che ha permesso di identificarlo agevolmente tra i pittori di nature morte. Per le misure e per la ricchezza di elementi della rappresentazione queste nature morte vanno considerate come esempi importanti nella produzione del Petrazzi. -
Lotto 241 Angelo Maria Rossi, detto Pseudo Fardella
(attivo in Lombardia nella prima metà del XVII secolo)
Coppia di Nature morte con asparagi, melagrane, cotogne, fichi, nespole e pesche, uva e mandorle Olio su tela cm 53,5 x 43,5 Le due nature morte sono state visionate dal Prof. Alessandro Bocchi, che ne ha confermato verbalmente l’autografia, assegnandole ad Angelo Mari Rossi. -
Lotto 242 Eberhard o Bernhard Keilhau, detto Monsù Bernardo (maniera di)
(Helsingør 1624 - Roma 1687)
Cena in Emmaus (dettaglio) olio su tela cm 58x69 - con cornice cm 80x100 Si tratta di un dettaglio di un dipinto che raffigura un episodio tratto dal Vangelo di Luca. Dopo la Resurrezione, due discepoli incontrano un pellegrino lungo la strada per Emmaus. Solo nel momento in cui Egli spezza il pane, seduti a tavola in una locanda, riconoscono che si tratta del Cristo: un attimo carico di stupore e rivelazione. Nel dettaglio, i due discepoli sono colti nell’atto di reagire, con espressioni che rivelano sorpresa e commozione. I loro sguardi convergono verso il Cristo (non visibile nel frammento), e l’emozione è affidata all'espressione dei volti.
Pur ispirandosi alla composizione di Il Cristo a Emmaus di Bernardo Strozzi (periodo veneziano, dopo il 1630‑31, Museo di Grenoble), il dipinto sembra più vicino alla Cena in Emmaus attribuita a Monsù Bernardo (Galleria Pallavicini, Roma), per la luce calda, i panneggi realistici e l’atmosfera più raccolta e intima. -
Lotto 243 Giovanni Antonio Bazzi, detto il Sodoma (cerchia di)
(Vercelli 1477 - Siena 1549)
Madonna col Bambino e San Giovannino Olio su tela cm 92,5x75,5 - con cornice cm 109,5x91 collezione privata, Siena -
Lotto 244 Giuseppe Nicola Nasini
(Castel del Piano 1657 - Siena 1736)
Transito di San Giuseppe Olio su tela cm 116x86 - con cornice cm 134,5x104,5 Si riporta di seguito un estratto della scheda del Prof. Marco Ciampolini, secondo il quale il "dipinto appartiene alla produzione di Giuseppe Nicola Nasini della fine del secolo XVII, quando il pittore (1696-1698), al meglio della sua capacità, è coinvolto negli affreschi delle pareti lunghe della SS. Trinità, oratorio della Contrada di Valdimontone a Siena. L'opera, per i personaggi avvolti in massicci panneggi e per i colori intrisi di luce, si lascia confrontare con gli affreschi della Trinità quali il Barba vescovo ariano che battezza con formula eretica e l'acqua non raggiunge il battezzato, qui i personaggi, di un monumentalismo dinamico, sono assolutamente sovrapponibili a quelli del dipinto in esame." collezione privata, Siena Marco Ciampolini, Pittori Senesi del Seicento, Siena, Nuova Immagine Editrice, 2010, pp. 254-256 -
Lotto 245 Pittore valenciano del XVIII secolo
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Ritratto di Sor Maria Josefa de Santa Inés de Beniganim olio su tela cm 132x95 - con cornice cm 155x117,5 Iscrizione in basso:
LA VENERABLE MADRE SOR MARIA JOSEFA DE SANTA INES DE BENIGANIM
Il dipinto raffigura la Beata Josefa Maria de Santa Inés (1625–1696), religiosa agostiniana nata a Benigànim, presso Valencia, nota per la sua vita di umiltà e devozione e beatificata da papa Leone XIII nel 1888. La Beata è rappresentata in atteggiamento meditativo, mentre tiene tra le mani un libro aperto, identificabile con il libro dell’Ufficio Divino, sul quale con l’indice della mano destra traccia il segno della croce; sul frontespizio è visibile la stampa devozionale della “O”, popolarmente detta el Redondet, che le permetteva, pur essendo analfabeta, di recitare l’Ufficio Divino in coro guardando l’immagine sacra. Il forte contrasto luministico che illumina volto e mani, immersi in un ambiente sobrio e raccolto, rimanda alla pittura devozionale valenciana del XVIII secolo, vicina al gusto tenebrista della tradizione spagnola. Il soggetto conobbe ampia diffusione iconografica tra XVIII e XIX secolo, come testimoniano numerose incisioni devozionali, una variante a matita di Vicente López Portaña conservata al Museo del Prado di Madrid e una replica ottocentesca nella chiesa di San Silvestro in Capite a Roma. -
Lotto 246 Pittore senese del XVIII secolo
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Ritratto di Papa Urbano VIII olio su tela cm 64x48,5 - con cornice cm 73x56 nato Maffeo Vincenzo Barberini (Firenze, 5 aprile 1568 - Roma, 29 luglio 1644)
Iscrizione in alto Urbanus VIII Pont Maz collezione privata, Siena -
Lotto 247 Pittore senese del XVIII secolo
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Ritratto di Papa Innocenzo X olio su tela cm 64x48,5 - con cornice cm 72x56,5 nato Giovanni Battista Pamphilj (Roma 6 maggio 1574 - Roma 7 gennaio 1655) collezione privata, Siena -
Lotto 248 Pittore senese del XVIII secolo
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Ritratto di Papa Alessandro VIII olio su tela cm 63,5x48,5 - con cornice cm 72,5x56 nato Pietro Vito Ottoboni (Venezia, 22 aprile 1610 - Roma, 1 febbraio 1691) collezione privata, Siena