IL CULTO DELL'ARREDO. FASE 5. PREZZI DI PARTENZA DIMEZZATI. LAST CHANCE TO BUY!
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Lotto 3 Italia (Fine del XIX secolo - Inizi del XX secolo)
Colonnetta composita
Alabastro, metallo
97,3 x 28 cm
Provenienza: Felix Semyonov, New York - Roma
Stato di conservazione. Supporto: 85% (elettrificazione e scheggiature, con una frattura, integrata, al principio del fusto)
Stato di conservazione. Superficie: 90% -
Lotto 4 Persia sud orientale (III quarto del XX secolo)
Tappeto Kirman
Vello in lana su armatura di cotone, con nodo asimmetrico
392 x 301 cm
Elementi distintivi: etichetta Galleria Martinazzo, Montebelluna
Provenienza: Galleria Martinazzo, Montebelluna; Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 90%
Stato di conservazione. Superficie: 70% (usura leggera, macchie)
Tipico tappeto Kirman cosiddetto imperiale, con grande medaglione su campo rosso vuoto e ricca bordura con i cantonali che entrano nel campo centrale. -
Lotto 6 Pietro Fragiacomo (1856 - 1922)
Pescatori sulla riva, 1890 circa
Olio su tela
106,1 x 246 cm
Firma: “P. Fragiacomo” al recto
Altre iscrizioni: Altre iscrizioni: “proprieta Vigo Enrica anno 1971” sul verso
Provenienza: collezione privata, Montecatini Terme; Veneto Banca SpA in LCA
Bibliografia: Giuseppe Luigi Marini, a cura di, "Il valore dei dipinti dell'Ottocento italiano", V edizione, Torino, 1987, pp. 142-143 (ill.) ("Partenza per la pesca”)
Certificati: Fotocertificato di Paolo Campiano
Stato di conservazione. Supporto: 70% (rintelo)
Stato di conservazione. Superficie: 80% (cadute di colore e integrazioni)
Trasferitosi nel 1864 a Venezia dalla natia Trieste, dopo aver lavorato per un periodo a Treviso come fabbro e tornitore, a ventidue anni Pietro Fragiacomo si iscrive all'Accademia di Belle Arti seguendo i corsi di prospettiva con Tommaso Viola e di paesaggio con Domenico Bresolin, che lo introduce alla pittura dal vero. Insofferente alle regole accademiche, dopo un anno abbandona gli studi, continuando tuttavia a dipingere grazie all'incoraggiamento degli amici Giacomo Favretto ed Ettore Tito. Se il suo esordio, nel 1880 alla IV Esposizione di Belle Arti di Torino, avviene sotto il segno della pittura di genere di impronta favrettiana, ben presto Fragiacomo inizia a dedicarsi in maniera esclusiva al paesaggio, privilegiando i vasti orizzonti della laguna e la vita dei pescatori e affermandosi in breve tempo come uno dei maggiori paesisti italiani. Da una prima produzione che, per schemi compositivi e tavolozza tersa e luminosa, si mostra vicina ai modi di Giuseppe Ciardi, Fragiacomo approderà alla fine degli anni Ottanta a un suo personale linguaggio in cui i temi lagunari sono interpretati con accenti lirici e crepuscolari attraverso una pennellata sciolta e sintetica, memore della lezione del naturalismo lombardo, capace di distillare con grande maestria la mutevolezza e il trascolorare delle luci nonché le impalpabili variazioni atmosferiche. A questo momento che, nel malinconico imbrunirsi della tavolozza, rivela la chiara influenza dei marinisti olandesi e scandinavi, va ricondotta l'opera in oggetto, non presente nel catalogo generale dell'artista a cura di Andrea Baboni (Andrea Baboni, Pietro Fragiacomo, Trieste, 2016) ma la cui autenticità è stata confermata dallo studioso (comunicazione scritta del 21 maggio 2021). Si tratta certamente di un quadro da esposizione, come si evince dalle dimensioni impegnative, presentato a una delle numerose rassegne a cui l'artista prese parte con successo in Italia e all'estero. Raffigura due pescatori che spingono una barca nelle prime luci dell'alba, mentre una donna in primo piano è chinata su un cesto e altri popolani sono indaffarati sullo sfondo. L'impianto compositivo, con la barca a destra lungo la diagonale della costa e il fondersi del mare e del cielo sulla sinistra, è il medesimo di opere datate al 1890 circa (Baboni 2016, p. 340 nn. 175 e 176), sebbene in questo caso l'artista adotti quel registro orizzontale che era stato tipico della pittura di Ciardi e che sarà da lui sfruttato in moltissimi altri dipinti. Le figure appaiono sinteticamente definite, i volti appena abbozzati. Vera protagonista della tela non è infatti la vicenda umana, bensì la luce perlacea dell'alba, che dal cielo si riflette sull'acqua del mare e sulla riva bagnata in un'infinita e raffinata quantità di modulazioni tonali, mentre sulla destra le figure si confondono con il paesaggio, reso in una ricca gamma di tonalità brune. Un'interpretazione lirica e intimista che, come osserva Ugo Ojetti, non è lontana dagli esiti raggiunti a suo tempo dalla grande tradizione del paesaggio romantico inglese: «Ormai la figura era diventata per lui solo un commento al paesaggio, ormai egli si riuniva deliberatamente ai grandi paesisti moderni che da Constable a Turner avevano riconosciuto un solo “personaggio” espressivo delle loro passioni, la luce, e con una loro istintiva e grandiosa filosofia avevano ricondotto l’uomo ad essere con le piante, con le bestie, con le acque e con le pietre, un semplice oggetto di colore e di riflesso, simile alle cose, cosa minima e passeggera egli stesso, avvolto con le pietre e con le piante dal medesimo sole» (U. Ojetti, "Pietro Fragiacomo, in Ritratti d’artisti italiani", Milano, 1911, p. 154). Una maniera che sempre più, con l'entrare nel nuovo secolo, Fragiacomo andrà caricando di umori simbolisti, con una sintesi di linguaggio aperta ad accogliere stilizzazioni e stilemi propri dell'Art Nouveau.
Il dipinto ha avuto due accurati interventi di restauro, nel 2009 (Lareco) e nel 2011 (Paolo Fabris).
Sabrina Spinazzè
Ringraziamo Andrea Baboni per il supporto dato alla catalogazione dell'opera. -
Lotto 7 Vicenza (II metà del XVIII secolo)
Cassettone lievemente sagomato
Radica di tuia e legno di frutto con filetti in acero su struttura in abete
93,2 x 147 x 63 cm
Provenienza: Matheus, Vicenza, 2013; Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 80% (rifacimenti, per esempio ai correnti dei cassetti; maniglieria sostituita e in parte stilisticamente incongrua)
Stato di conservazione. Superficie: 85% (integrazioni minori sul piano; danni minori da urti; spatinatura)
Fabio Ferraccioli, nel 2013, ha ritenuto il mobile di produzione veneziana, con datazione pressoché analoga a quella adottata in asta. -
Lotto 9 Persia meridionale (III quarto del XX secolo)
Tappeto Yalameh
Vello in lana su armatura di lana, con nodo asimmetrico
307 x 201 cm
Elementi distintivi: etichetta della Galleria Martinazzo, Montebelluna
Provenienza: Galleria Martinazzo, Montebelluna, 2006; Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 90%
Stato di conservazione. Superficie: 90% (depositi)
Buon esemplare della regione del Fars, con cinque losanghe dal profilo uncinato incolonnate sull’asse centrale e numerosi ornamenti minori tra cui piccoli uccelli stilizzati. -
Lotto 11 Lodovico Gallina (1752 - 1787), attribuito a
Ritratto femminile
Olio su tela
64,8 x 53,7 x 1,5 cm
Provenienza: Felix Semyonov, New York - Roma
Stato di conservazione. Supporto: 70% (rintelo e rintelaiatura con telaio probabilmente di riuso; fessurazioni della cornice)
Stato di conservazione. Superficie: 60% (ampie cadute di colore e integrazioni soprattutto sopra e a destra del viso)
L'opera, che mescola elementi veneziani con tratti bresciani, si presta ad uno stretto confronto, per il trattamento del volto (occhi, sopracciglia, naso, mento ed in particolare la imponente capigliatura verticale), con due ritratti femminili di Lodovico Gallina: "Giustina Donà delle Rose" incastonata in un ovale di gesso in Ca' Rezzonico e il "Ritratto della contessa Paolina Gambara Pisani", già in collezione Bianchi-Michiel in Venezia, che lo ripete quasi specularmente, anche nell'idea di arricchire il collo con un elemento di moda (un nastro nel nostro ritratto, un filo di perle nell'altro). Notevole anche l'introspezione psicologica che si legge in entrambi i ritratti, con un accentuato spirito di bonomia in quello in asta. -
Lotto 13 Area veneta (II quarto del XVIII secolo), (?)
Bureau trumeau con specchio superiore inciso e acidato con Diana cacciatrice
Noce, radica di noce su struttura in legno di abete; specchi; metalli
272,5 x 148,5 x 69,5 cm
Provenienza: Iole Poggi, Gubbio, 2010; Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 50% (cassetti con segni di scorrimento incongrui; interno della ribalta con rifacimenti; vetri delle ante superiori antichi ma non settecenteschi; interno della parte superiore con ampi rifacimenti segnalati da usura e macchie incongrue; cornici superiori in parte sostituite; gambe sostituite; maniglieria incongrua; rottura del vetro inciso; uso di legno di recupero per rinforzi visibili tra le due parti; serrature antiche con segni di adattamento nello scasso)
Stato di conservazione. Superficie: 80% (spatinatura; rigature da restauro perpendicolari alla vena del legno; segni di differenti serrature senza corrispondenti segni di serramenti con riguardo alla bocchetta; schiene coperte a pittura e apparentemente di diversa lavorazione e con condizioni conservative diverse)
Il mobile è stato oggetto di un importante restauro da parte di Vittorio Donà nel 2012. -
Lotto 14 India (metà del XIX secolo)
Passatoia Agra
Lana su armatura di cotone, con nodo asimmetrico
673 x 164 cm
Provenienza: collezione Cingi, Modena, 2005; Veneto Banca SpA in LCA
Certificati: Scheda di Raffaele Verolino, non datata
Stato di conservazione. Supporto: 30% (frammento ricomposto, con ampie zone ritessute e frange posticce)
Stato di conservazione. Superficie: 50% (usura, ampie ritessiture del vello)
Uno di una coppia di tappeti da corsia, presentati in asta quali frammenti di uno stesso grande tappeto, ricomposti in modo da fungere da passatoie. Il disegno del campo è caratterizzato dal fondo rosso lacca tipico degli Agra più antichi, con motivi a larghe fasce, di colore azzurro. Anche la bordura a palmette afferisce alla prima produzione Agra. Interessante notare che la base del tappeto originario si sviluppa sul lato maggiore. La discontinuità tra le parti ricomposte lascia apprezzare un notevole lavoro creativo nel restauro, talvolta anche con accostamenti in violazione del verso di tessitura.
La seconda immagine mostra il tappeto al verso. -
Lotto 17 Cultura ebraica (XVII secolo)
Pagina della Torah
Pergamena manoscritta
58,3 x 53,8 cm
Provenienza: Felix Semyonov, New York - Roma
Stato di conservazione. Supporto: 75% (lacerazioni e abrasioni)
Stato di conservazione. Superficie: 75% -
Lotto 26 Italia (XIX secolo)
Colonnetta
Alabastro
99,4 x 29,8 cm
Provenienza: Felix Semyonov, New York - Roma
Stato di conservazione. Supporto: 85% (un foro nel capitello; scalfiture nel basamento ed altre minori)
Stato di conservazione. Superficie: 70% -
Lotto 35 Persia sud orientale (III quarto del XX secolo)
Tappeto Kirman
Vello in lana su armatura in cotone
398 x 319 cm
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 80%
Stato di conservazione. Superficie: 70% (macchie)
Bel medaglione floreale di forma ovale accompagnato da due pendenti sempre a motivo riccamente floreale come tipico nei tappeti di Kirman. -
Lotto 42 India (I quarto del XX secolo)
Tappeto Agra
Lana su cotone con nodo asimmetrico aperto a sinistra
572 x 345 cm
Provenienza: Carla Cingi, Modena; Veneto Banca SpA in LCA
Certificati: Scheda di Raffaele Verolino, non datata
Stato di conservazione. Supporto: 80%
Stato di conservazione. Superficie: 70% (integrazioni localizzate, per esempio sul campo rosso nella parte inferiore; usura delle cimose)
Numerosi abraches, visibili soprattutto nella bordura, che mostrano l’integrazione dei cambi di lana in tessitura. L’impianto decorativo riprende quello degli antichi tappeti caucasici detti a draghi, qui stilizzati nelle foglie disposte a griglia. È possibile che l’esemplare sia stato prodotto in una prigione britannica in India, durante il periodo coloniale. -
Lotto 44 Persia nord occidentale (Ultimo quarto del XX secolo)
Tappeto Goravan
Vello in lana su armatura in cotone, con nodo simmetrico
361 x 253 cm
Elementi distintivi: Etichetta “A.H.” al verso, con riferimento a provenienza iraniana
Provenienza: “A.H.”, Iran; Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 80% (danni ad una finitura laterale, shirazi, e alle frange)
Stato di conservazione. Superficie: 70% (usura, depositi) -
Lotto 46 Persia occidentale (Ultimo quarto del XX secolo)
Tappeto Senneh
Vello in lana su armatura in cotone con nodo simmetrico
200 x 142 cm
Elementi distintivi: etichetta della Galeria Martinazzo, Montebelluna
Provenienza: Galeria Martinazzo, Montebelluna; Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 80%
Stato di conservazione. Superficie: 80% (depositi)
Il campo presenta il caratteristico motivo herati molto fitto dei tappeti Senneh. Si noti l’inserimento di quattro piccole figurine antropomorfe. Tale impianto geometrico contrasta con la bordura decorata a rose di tipo occidentale, cosiddette gol farang, o rosa francese. -
Lotto 49 Guido Reni (1575 - 1642)
San Francesco
Olio su tela
183,2 x 136 cm
Elementi distintivi: sul verso, etichetta recente, con riferimento all'opera
Provenienza: Banca Popolare di Asolo e Montebelluna (dal 1993); Veneto Banca SpA in LCA
Certificati: certificato di Paolo Viancini, s.d.; scheda critica di Daniele Benati, del 26 luglio 2021; scheda critica di Massimo Pulini, del 7 agosto 2021
Stato di conservazione. Supporto: 80% (reintelo)
Stato di conservazione. Superficie: 75% (abrasioni, spuliture, integrazioni e ritocchi, anche sul viso del santo)
All’interno di una grotta, San Francesco s’intrattiene in meditazione davanti al Crocifisso legato con una corda al tronco di un arbusto disseccato, al di là di uno sperone roccioso che gli serve da altare e sul quale tiene aperto un libro sacro. A un altro arbusto è appesa la corona del rosario dai grossi grani con appesa una crocetta di legno, mentre a terra stanno abbandonate una rustica ciotola e alcune radici. Quale macabro memento mori, il santo stringe a sé un teschio; ma il suo sguardo non lo incrocia, così come appare disinteressato sia al libro sia al rosario: con la gota appoggiata alla mano destra, fissa gli occhi al Cristo crocifisso, unico oggetto della sua
attenzione. Fuori dalla grotta si apre un vasto paesaggio boscoso, in cui la figuretta di frate Elia, intento alla lettura, si confonde con la vegetazione che si staglia contro la luce del tramonto.
Il bellissimo dipinto appartiene senza dubbio a Guido Reni, trovando immediato riscontro con altre sue opere già note non soltanto per il tipo di composizione, ma soprattutto per la suprema raffinatezza della conduzione pittorica, ineguagliata da nessuno dei suoi allievi, per quanto dotati.
Dal punto di vista compositivo, esso richiama altri celebri quadri con San Francesco in preghiera licenziati da Reni nel corso della sua lunga carriera. L’argomento è del resto tra i più diffusi in ambito seicentesco, e dunque i motivi della grotta, del Crocifisso, del teschio e degli oggetti destinati al frugale pasto del santo sono destinati a ripetersi. Tuttavia, affrontando a più riprese questo soggetto, Guido consegue risultati sempre variati, dimostrando la propria capacità di lavorare “sul tema”, di volta in volta modificandolo e migliorandolo. Lo si nota ponendo a confronto tre versioni di analogo formato, conservate nella quadreria dei padri Girolamini di Napoli (cm 198 x 133), nel Musée du Louvre a Parigi (cm 193 x 128) e nella Galleria Colonna di Roma (cm 196 x 117), che nella propria monografia S.D. Pepper ha datato tutti al 1631, mentre si tratta di risultati da scalare nel tempo.
Sicuramente precoci, dato il forte accento naturalistico che rimanda ancora alle prerogative che connotano la pittura di Reni entro gli anni Venti, sono da considerare i dipinti dei Girolamini e del Louvre, mentre il solo quadro della Galleria Colonna propone la tipologia adottata per il santo di Assisi nel Pallione della peste del 1631 (Bologna, Pinacoteca Nazionale) ed è dunque da considerarsi ad esso posteriore. È infatti a partire da tale dipinto che, secondo quanto racconta Malvasia, Reni avrebbe tenuto a modello “per le faccie de’ Santi Franceschi” la
fisionomia “affettuosa, e divota” dell’amico e sostenitore Saulo Guidotti.
Con gli stessi tratti ascetici – ben riconoscibili nonostante la diversa inclinazione del capo – il santo torna anche nel San Francesco in preghiera qui esaminato, la cui appartenenza agli inoltrati anni Trenta del XVII secolo è peraltro confermata dall’addolcimento della stesura che Guido vi consegue, in ordine a quella progressiva “smaterializzazione” dell’immagine che anima tutta la sua feconda carriera. Rispetto alle versioni note, anche l’atteggiamento con cui il santo è raffigurato punta in direzione di una maggiore introspezione psicologica: il suo muto e addolorato colloquio con il Crocifisso è infatti cosa diversa dall’enfasi con cui, nei quadri dei Girolamini e del Louvre, egli rivolge impetuosamente lo sguardo al cielo portandosi la destra al petto. Da questo punto di vista, la soluzione proposta nel quadro in esame appare più convincente anche rispetto alla versione Colonna, addebitabile in parte agli aiuti, in cui il santo si torce le mani ripetendo alla lettera l’invenzione già utilizzata nel Pallione della peste, dove essa appariva però tanto più necessaria in relazione al tema proposto dal grande dipinto.
È singolare che un simile capolavoro degli anni tardi di Reni sia finora sfuggito all’attenzione della critica: ne erano altresì note svariate copie, di qualità perlopiù modesta ma tali da lasciar supporre che, alla loro origine, ci fosse un “pensiero” dello stesso Reni in stato di grazia. Preso atto dell’altissima qualità dell’invenzione, non si sarebbe però detto tutto, giacché, oltre a essere l’“inventore” di immagini che l’uso fattone in seguito avrebbe reso fin troppo stereotipate e persino banali – si pensi alla sua fortuna nelle immagini dei cosiddetti “santini” ad uso devozionale –, Guido Reni è poi il pittore più grande del suo secolo, un primato che mi pare potergli contendere il solo Diego Velázquez: in fatto di abilità pittorica non vedo infatti chi altri possa eguagliarlo, e sia pure in base a prerogative del tutto diverse dalle sue.
Con un’economia di mezzi davvero impressionante, Reni riesce di fatto a condensare una quantità strabiliante di osservazioni naturalistiche e nello stesso tempo a proiettarle in una dimensione di perfezione ultraterrena: dai lucori degli occhi ai peli della barba sfiorata dalla luce che spiove dall’alto, dalla tessitura dell’umile saio alla superficie polita del teschio, dagli oggetti abbandonati in primo piano alla mirabile apertura di paesaggio, che sembra davvero disfarsi nella luce. Nel dipinto non c’è del resto alcuna pennellata “inutile”; e gli stessi “pentimenti”
nel dorso della mano destra, ad esempio, o nel profilo del teschio – vengono intenzionalmente lasciati a vista, per conferire alla pittura un effetto di maggiore vibrazione. Laddove la luce batte con maggiore insistenza, Guido ricorre poi a una sottile tessitura di pennellate parallele e come ravviate, così da produrre quell’effetto cristallino che gli è proprio e che i copisti cercano invano di imitare.
Siamo cioè di fronte a un esito in cui Guido esplicita al grado più alto la propria propensione per un vero “ideale”, mirato ad estrarre dal dato di natura, indagato peraltro con indicibile sottigliezza, il suo valore eterno e metafisico. Se “vero” e “ideale” erano i termini entro i quali si giocava la poetica dei Carracci, dei quali Reni fu allievo, è nella sua pittura che la bilancia inclina più vertiginosamente verso il secondo termine, così da porlo tra i più alti
interpreti del sentire religioso di tutti i tempi.
Sono molteplici, come si vede, i motivi d’interesse che suscita il dipinto, che vorrei pertanto poter rendere quanto prima noto anche in sede scientifica.
Daniele Benati -
Lotto 50 Persia nord occidentale (III quarto del XX secolo)
Tappeto Goravan
Vello in lana su cotone, con nodo simmetrico
327 x 256 cm
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 80%
Stato di conservazione. Superficie: 80% (leggera sbiaditura)
Riproposizione a fine novecento dei tappeti di Heriz, al tempo molto popolari sul mercato internazionale e prodotti sempre nella stessa area, la Persia nord occidentale. -
Lotto 52 Guerrino Guardabassi (1841 - 1893)
Sul Pincio, 1876
Olio su tela
44,5 x 63 cm
Firma: firma al recto
Elementi distintivi: etichetta e segni di passaggio d'asta Phillips sul telaio e al verso
Provenienza: Phillips, Londra, 24.3.1998, lotto 169; collezione privata
Stato di conservazione. Supporto: 90%
Stato di conservazione. Superficie: 90% -
Lotto 54 Francia (XX secolo), (?)
Tappeto Savonnerie
Lana su armatura di lana, con nodo simmetrico
493 x 403 cm
Provenienza: Raffaele Verolino, Modena, 2011; Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 90%
Stato di conservazione. Superficie: 70% (macchie)
Tappeto in stile francese, con richiamo alla produzione del tardo Ottocento, ma realizzato dopo il 1950. Motivo centrale a medaglioni concentrici, circondati da ghirlande di fiori su fondo color beige. Bordura a fondo rosso chiaro con nastri intrecciati. -
Lotto 56 Persia occidentale (Ultimo quarto del XX secolo)
Tappeto Sarouk
Vello in lana su armatura di cotone, con nodo asimmetrico
294 x 298 cm
Elementi distintivi: etichetta della Galleria Martinazzo, Montebelluna
Provenienza: Galleria Martinazzo, Montebelluna; Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 90%
Stato di conservazione. Superficie: 90%
Tipico esemplare di Sarouk moderno con motivo a mazzetti di fiori su fondo rosato. -
Lotto 58 Germania (Evo moderno), (?)
San Giovanni Evangelista
Ferro
21 x 8 x 2,8 cm
Provenienza: Felix Semyonov, New York - Roma
Stato di conservazione. Supporto: 80% (frammento)
Stato di conservazione. Superficie: 60% (abrasioni, ruggine e trattamenti)
Figura in ferro di difficile collocazione, basata su un modello alto tedesco. -
Lotto 59 Kennedy Carpets (1980)
Tappeto in stile Agra
Vello in lana su armatura in cotone, con nodo asimmetrico
660 x 167 cm
Elementi distintivi: etichetta in pelle della ditta Pasha - produzione Moret
Provenienza: Kennedy Carpets, India; Pasha, Istanbul - Vicenza - Milano; Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95%
Produzione contemporanea realizzata in India da Kennedy Carpets su incarico della ditta Pasha, Istanbul - Vicenza - Milano. Il tappeto riproduce una passatoia Agra antica presentata in questa stessa asta. -
Lotto 61 Persia orientale (Ultimo quarto del XIX secolo)
Tappeto Khorasan
Lana su armatura a cotone con nodo asimmetrico
840 x 419 cm
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 80%
Stato di conservazione. Superficie: 60% (usura diffusa, frange sostituite)
Il tappeto presenta una serie di medaglioni quadrilobati alternati, di colore avorio e rosso su fondo blu, disposti su file parallele e sfalsate, senza motivo centrale. La bordura principale, a fondo blu, è accompagnata da quattro cornici minori. -
Lotto 62 Veneto (II quarto del XVIII secolo)
Poltrona con schienale interamente imbottito
Legno di noce; tessuti
115 x 67 x 77 cm
Provenienza: Surprise di Paola Cuoghi, Modena, 2009; Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 60% (tarlature; integrazioni e rinforzi, per esempio alle gambe; imbottitura e tessuti sostituiti)
Stato di conservazione. Superficie: 40% (superficie forse originariamente laccata e successivamente spatinata)
In sede d'asta la datazione è stata precisata nel II quarto del XVIII secolo, mentre nella scheda Cuoghi abbraccia l'intero XVIII secolo. Con autonoma perizia, Maricetta Parlatore Melega ha posticipato la datazione alla fine del XVIII secolo - prima metà del XIX secolo. -
Lotto 65 Inghilterra (I quarto del XX secolo), (?)
Stemma di Sir Alfred Hickman, barone di Wightwick
Smalto vetrificato su metallo
13 x 10,6 x ,8 cm
Elementi distintivi: motto «IGNE ET FERRO»
Provenienza: Felix Semyonov, New York - Roma
Stato di conservazione. Supporto: 90%
Stato di conservazione. Superficie: 85%
Il titolo britannico Hickman di Wightwick nella parrocchia di Tettenhall, contea di Stafford, è stata creata nel 1903 per l'industriale del ferro e dell'acciaio Sir Alfred Hickman (1830-1910), figlio di George Rushbury Hickman di Tipton, Staffordshire. Il motto rimarca la fortuna del celebre industriale. Alfred Hickman è stato anche rappresentante di Wolverhampton nella Camera dei Comuni per il partito conservatore, dal 1885 al 1906. Rispetto allo stemma Hickman tradizionale, il blasone in asta presenta l'addizione di una mano rossa.