ASTA 345 - ARTE ANTICA
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Lotto 50 HARDIME PETER (1677 - 1758) Attribuito a. Natura morta di fiori. Olio su tela . Cm 32,00 x 38,00. . Cornice presente
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Lotto 51 SCUOLA FRANCESE DEL XVII SECOLO Ritratto di nobiluomo. . Olio su tela . Cm 57,00 x 68,00. . Cornice presente
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Lotto 52 SCUOLA FRANCESE DEL XVIII SECOLO Ritratto di Elisabeth de Bugy Dame de Troussay. Olio su tela . Cm 57,00 x 68,00. Riporta in alto la dicitura: "Elisabeth de Bugy Dame de Troussay". Cornice presente
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Lotto 53 ARTISTA DEL XVII SECOLO Natura morta con civetta. . Olio su tela . Cm 55,50 x 70,00. . Cornice presente
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Lotto 54 ARTISTA DEL XVII SECOLO Natura morta con cacciagione. . Olio su tela . Cm 50,00 x 70,00. . Cornice presente
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Lotto 55 ARTISTA STRANIERO OPERANTE A ROMA NEL XVII SECOLO Paesaggio fluviale con personaggi. . Olio su rame. Cm 68,50 x 44,50. . Cornice presente
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Lotto 56 ARTISTA DEL XVII SECOLO Pastorelli si riscaldano dinnanzi al fuoco. . Olio su tela . Cm 120,00 x 92,00.
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Lotto 57 ARTISTA NORDEUROPEO DEL XVII SECOLO Paesaggio con viandanti. Olio su tela . Cm 50,00 x 40,00.
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Lotto 58 ARTISTA DEL XVII SECOLO Accampamento con soldati. . Olio su tela . Cm 86,50 x 68,00. . Cornice presente
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Lotto 59 ARTISTA ROMANO DEL XVII SECOLO Ritratto di gentiluomo. Olio su tela . Cm 37,00 x 47,00. In alto a sinistra riporta la data: " V MLVIII". . Cornice presente
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Lotto 60 ARTISTA ROMANO DEL XVII SECOLO Ritratto di gentildonna. Olio su tela . Cm 61,00 x 73,50. . Cornice presente
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Lotto 61 ARTISTA LOMBARDO DEL XVII SECOLO Ritratto d'uomo. Olio su tavola. Cm 29,00 x 41,00. Al retro timbro in ceralacca. . Cornice presente
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Lotto 62 ARTISTA LOMBARDO DEL XVII SECOLO Ritratto d'uomo con gorgiera. Olio su tavola. Cm 29,50 x 40,00. . Cornice presente
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Lotto 63 ARTISTA ROMANO DEL XVII SECOLO Veduta di Piazza Navona. Olio su tela . Cm 134,00 x 97,00. . Cornice presente
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Lotto 64 MULIER DETTO CAVALIER TEMPESTA PIETRO (1637 - 1701) San Gerolamo e il leone. . Olio su tela . Cm 43,00 x 31,00. Firmato a destra sulla roccia. Cornice presente
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Lotto 65 ARTISTA DEL XVII SECOLO San Francesco da Paola. Olio su tela . Cm 41,00 x 53,00. . Cornice presente
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Lotto 66 ARTISTA FIAMMINGO DEL XVII SECOLO Dormitio Virginis. Olio su rame. Cm 13,50 x 16,50. . Cornice presente
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Lotto 67 ARTISTA DEL XVII SECOLO Crocifissione. Olio su rame. Cm 12,30 x 17,00. In cornice dorata del XIX secolo. . Cornice presente
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Lotto 68 SCUOLA EMILIANA DEL XVII SECOLO Annunciazione. Olio su tela . Cm 42,00 x 49,50.
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Lotto 69 ARTISTA ROMANO DEL XVII SECOLO Baccanale. Olio su tela ovale. Cm 60,00 x 74,00. . Cornice presente
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Lotto 70 ARTISTA DEL XVII SECOLO Scontro di cavalleria. Olio su tela . Cm 104,00 x 65,00. . Cornice presente
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Lotto 71 ARTISTA ROMANO DEL XVII SECOLO Natura morta di fiori e frutta. Olio su tela . Cm 118,00 x 70,00. . Cornice presente
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Lotto 72 ARTISTA NAPOLETANO DEL XVII SECOLO Natura morta di fiori. Olio su tela . Cm 50,00 x 67,00. . Cornice presente
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Lotto 73 BELLUCCI ANTONIO (1654 - 1726) La toeletta di Belinda. . Olio su tela . Cm 117,00 x 104,00. L'opera è accompagnata dalla scheda a cura di Enrico Lucchese, 20 novembre 2021.
Un'affascinante giovane donna sta legando un filo di perle alla sua elaborata acconciatura, mentre con l'altra mano tiene una treccia di capelli biondi sul petto nudo: appare come da poco uscita dal letto, di cui si vedono forse i tendaggi sullo sfondo, ed è maliziosamente discinta, con una veste candida aperta a mostrare il morbido fianco e l'ombelico. Il lieve sorriso con cui si osserva con piacere allo specchio retto da un paggio di colore, che invece ci rivolge lo sguardo, fa il paio con l'espressione complice e ammirata della servetta che regge un cofanetto di gioie. A sinistra in basso, su un tavolino circolare, sono appoggiati un vaso decorato e un pettine coperto da un drappo rosso.
L'immagine non è assimilabile alle canoniche iconografie di Betsabea al bagno, della Toeletta di Venere e della Chioma di Berenice, soggetti erotici che potrebbero in apparenza essere qui in qualche modo evocati: manca, infatti, ogni richiamo a re David (di solito raffigurato, seguendo il racconto biblico, in secondo piano sulla terrazza del suo palazzo) e al messaggio spedito alla bella ebrea; risultano assenti, inoltre, gli amorini o altri possibili riferimenti, anche ambientali, alla mitologia greco-romana; non si vede, infine, il fondamentale attributo delle forbici con il quale la regina egizia Berenice si tagliò il ricciolo diventato costellazione.
Per la foggia dei vari suppellettili la scena in esame sembra svolgersi in una camera da letto di primo Settecento, come quella di Belinda descritta in versi di Alexander Pope alla fine del primo canto del Ricciolo rapito, il poema eroicomico pubblicato una prima volta nel 1712 e due anni dopo in edizione definitiva con quest'episodio illustrato nel frontespizio: la protagonista, appena svegliatasi, compie un'elaborata Toilet mattutine, "First, rob'd in White, the Nymph intent adores/ With Head uncover'd the Cosmetic Pow'rs/A heav'nly Image in the Glass appears" (A. Pope, The rape of the lock, An heroi-comical Poem, London 1714, p.8), cui assistono invisibili i Silfi, gli spiriti dell'aria guardiani della castità femminile. L'ostensione della treccia nel dipinto allude al "ricciolo", il vero protagonista del componimento.
Il riferimento letterario inglese rimanda al sicuro autore della tela, il veneziano Antonio Bellucci che dal 1716 al 1722 operò a Londra e dintorni, soprattutto per il primo duca di Chandos James Brydges (cfr. E. Lucchese, Per l'attività decorativa di Antonio Bellucci in Inghilterra, in "Arte Veneta" 68, 2011, pp. 164-181) che fu pure mecenate di Pope, sovvenzionando nel 1715 la pubblicazione della sua traduzione dell'Iliade (S. Jenkins, Portrait of a patron. The patronage and collecting of James Brydges, 1st Duke of Chandos, Aldershot 2007, p. 154). Sei anni dopo Bellucci decorò la parete dello scalone della londinese Buckingham House per John Sheffield con le immagini di Enea e Didone, nel solco del "classicismo letterario che vide la fortuna di Virgilio e dell'Eneide attraverso la traduzione di John Dryden e la poesia di Alexander Pope" (F. Magani, Antonio Bellucci, Rimini 1995, p. 188, cat. P9-11). Lo stesso Pope, del resto, dimostrò di conoscere le opere dell'italiano, citandolo in una lettera del 3 febbraio 1731 (The works of Alexander Pope Esq.,I, 1824, p. 382; cfr. Magani 1995, p. 68 nota 135), nella quale di difendeva dalle accuse di aver messo alla berlina nella seconda edizione del suo False Taste le decorazioni di Canons e il suo proprietario, il menzionato duca di Chandos.
A tale milieu appartiene la presente Toeletta di Belinda, che mostra le caratteristiche figure di Bellucci e la sua tipica solidità d'impianto d'ascendenza classicista, in una personale interpretazione barocchetta di Carlo Cignani e dei maestri della scuola bolognese conosciuti nel cruciale soggiorno a Vienna dal 1692 al 1703 (cfr. E.Lucchese, Addenda alla prima attività viennese di Antonio Bellucci, in "Arte Veneta" 73, 2017, pp. 184-186). Rispetto ai modelli emiliani, il veneziano adotta una pennellata più mobile e cromie maggiormente calde, assommate a una vena sensualistica che indugia sui dettagli di costume, qui esemplificati dalla veste di camera di Belinda, dai nastri tra i capelli della sua serva e dall'abito neoveronesiano del moretto.
Un precedente per questa composizione è certamente la Santa Rosali allo specchio (fig.1), eseguita nel 1706 (A. Pasian, Antonio Bellucci per Stefano Conti: La Santa Rosalia allo specchio ritrovata, in "AFAT" 29, 2010, pp. 347-349) e ancora intrisa di magniloquenza formale tardo seicentesca, mentre al periodo inglese si può far risalire pure l'altra Toeletta di Belinda che si ha avuto modo di studiare in occasione dell'asta Dorotheum del 29 ottobre 2019 (lotto 106).
Rispetto a quest'ultimo dipinto, di consistenza luministica quasi vitrea che si apparenta ai lavori (tele per soffitto e modelli pittorici per le vetrate di Joshua Price, cfr. Lucchese 2011) per il duca di Chandos della Cappella di Canons a Edgeware, nel Middlesex, consacrata nell'agosto 1720, la tela in esame mostra una condotta pittorica più materica, destinata a gamme cromatiche squillanti dopo un'opportuna pulitura, conseguente agli esiti raggiunti da Bellucci nelle decorazioni parietali della residenza di Bensberg del principe elettore Johann Wilhelm von Pfalz, databili entro l'estate del 1714 (Magani 1995, pp. 170-173 catt. 77.22-77.26, p. 229). È possibile quindi ipotizzare che la Toeletta du Belinda in esame sia stata realizzata non lontano dall'edizione definitiva del poema e dall'arrivo di Bellucci a Londra, attestato da George Vertue (note-books, I, in "The Walpole Society" XVIII, 1929-30, p.40) dall'ottobre del 1716.
Con queste informazioni, si può proporre che la Toeletta di Belinda sia stata ordinata da chi ammirava in identica misura la pittura del veneziano e The Rape of the Lock: dai menzionati duca di Chandos, la cui raccolta artistica fu dispersa in dieci giorni di asta nel giugno 1747 a Londra (Jenkins 2007, p.191), e Sheffield duca di Buckingham, ad altri illustri personaggi illustri del medesimo ambiente culturale, come lo stesso Pope oppure Georg Friedrich Handel, anch'egli protetto da Brydges, per il quale compose i celebri Chandos Anthems da suonare proprio nella chiesa di Canons decorata da Bellucci, e pure lui, dunque non così inaspettatamente, collezionista di pittura veneziana contemporanea (cfr. A. Meyric-Hughes-M. Royalton-Kisch, Handel's Art Collection, in "Apollo" 146, 1997, 427, pp. 17-23). Cornice presente -
Lotto 74 CERVELLI FEDERICO (1642 - 1696) Allegoria della Temperanza. Olio su tela ovale. Cm 85,00 x 104,50. L'opera è accompagnata dalla scheda a cura di Enrico Lucchese, 20 novembre 2021.
L'identificazione dei soggetti si basa sulla consueta Iconologia di Cesare Ripa (1593 ed edizioni seguenti), secondo cui "alcuni dipingono la Temperanza con due Vasi, che uno si versa nell'altro, per la similitudine del temperamento, che si fà di due liquori insieme con quello, che si fà di due estremi diversi", mentre la Prudenza è riconoscibile per gli attributi specifici dello specchio e del serpente: "lo specchiarsi significa la cognitione di se medesimo, non potendo alcuno regolare le sue attioni, se i proprij difetti non conosce. Il Serpe quando è combattuto oppone tutto il corpo alle percosse, armandosi la testa con molti giri, & ci dà ad intendere, che per la virtù, che è quasi il nostro capo, & la nostra perfettione, debbiamo opporre a' colpi di Fortuna, tutte l'altre nostre cose, quantunque care, & questa è la vera prudenza. Però si dice nella Sacra Scrittura: Estote prudentes sicut Serpentes".
La coppia di ovali su presentata in asta Finarte a Milano il 10 maggio 1967 (lotto 88) con attribuzioni a Giovanni Antonio Pellegrini, accompagnata dalle perizie di Roberto Longhi e di Rodolfo Pallucchini. Spetta a Egidio Martini (1982) aver indicato la corretta paternità di Federico Cervelli, nella valutazione di un artista "nuovo e quasi squisito", versato nella particolare tematica veneziana del nudo femminile nel secondo Seicento veneziano.
Il parere di Martini è stato ripreso da Alessio Pasian (2011) che, oltre a illustrare entrambi i dipinti in esame, ha suggerito che essi fossero "verosimilmente già due sopraporte". Considerandoli "degli "incunaboli" del pittore, riassumenti alla perfezione le qualità proprie e più riconoscibili della sua produzione giovanile", lo studioso ipotizza che la Temperanza e la Prudenza siano l'esito stilistico della fase iniziata con la grande tela a Este, collegabile forse all'arrivo nel 1671 della pala di Pietro Liberi per l'altar maggiore di quella chiesa, e conclusa - a metà del decennio nella ricostruzione di Pasian - con Venere scopre il corpo di Adone di Palazzo Conti a Padova, tela avvicinata da Mauro Lucco ("Foresti" a Venezia nel Seicento, in La pittura nel Veneto. Il Seicento, II, a cura di M. Lucco, Milano 2001, p. 513) alla Nascita della Vergine di Luca Giordano per la Salute a Venezia, eseguita nei primi anni Settanta del Seicento.
Detta scansione cronologica si rivela una mera congettura di fronte all'evidenza che l'unica opera sicuramente databile di quella decade resta il Sacrificio di Noè della Basilica di Santa Maria Maggiore a Bergamo, grande dipinto consegnato da Cervelli nel 1678: un'opera di "classicismo più statuino, bilicato su luci fredde e atmosferiche" (Pasian 2011, p. 127) che non sembra in effetti trovare molta sponda con le squisitezze pittoriche della presente coppia allegorica.
La visione diretta di entrambi gli ovali permette di apprezzare un alto livello esecutivo supportato da uno stato di conservazione eccellente. Da una parte il modellato largo e sfrangiato di entrambe le personificazioni conferma l'influenza costante del linguaggio stilistico maturo di Liberi, dall'altra sono peculiarità del solo Cervelli la raffinata delineazione delle forme, "caratterizzata da una maggiore pacatezza nel gestire e nel disporsi dei personaggi, più precisa e definita nel segno del contorno; è tipica inoltre di tutte le opere che oggi si possono assegnare al pittore, una scelta di timbri cromatici freddi e preziosi, tenuti sui toni dell'azzurro e del verde con lucenti marezzature di seta" (F. D'Arcais, Cervelli, Federico, in Dizionario Biografico degli Italiani, XXIV, Roma 1980, pp.79-80). Tale identikit combacia perfettamente tanto con la Temperanza, dalla chioma che pare fatta da una spugna di colore valorizzato dal fondo scuro di preparazione su cui si muovono pure i nembi, con tacche di luce sui vasi, quanto la Prudenza, la cui carica sensuale è puntualmente evocata dalla pennellata che indugia sulla matassa di capelli, sui languidi occhi, sul dettaglio del biancore dei denti che s'intravede dalla bocca socchiusa. Ambedue mostrano il seno, valorizzato da un sapiente panneggio di pennellata pastosa, quale singolare premio per chi ne volesse seguire l'esempio virtuoso: se la prima alza il braccio invitandoci alla visione nel gioco dell'ombra che traguarda il profilo del volto, la bellezza della seconda è esaltata grazie al gioiello che ferma i drappi al centro del petto, lasciandoci ammirare parte di un decolletè fragrante.
I medesimi tipi e le stesse modalità compositive si trovano in altri autografi di Cervelli, eseguiti, seguendo Pasian (2011), dal pittore ormai trentenne: dalla citata Venere e Adone di Padova, alla Diana di Ca' Rezzonico a Venezia, alla moldava Betsabea.
Se la modella della Temperanza pare ripetersi, interpretando di volta in volta il ruolo di dea dell'amore, della caccia e della concupiscente serva dell'amante del re Davide, anche la compagna Prudenza rimanda alla protagonista della Betsabea al bagno e alla personificazione della Carità nella tela di Este.
Ricordato dalla principale fonte del tempo "felicissimo nel maneggio di pennelli e colori" (A.M. Zanetti, Della pittura Veneziana e delle opere pubbliche de' Veneziani Maestri. Libri V, Venezia 1771, p. 528), Federico Cervelli potrebbe quindi aver dipinto le due allegorie in esame e gli altri lavori illustrati all'interno della prima metà degli anni Settanta, apparentemente ante il grande dipinto bergamasco del 1678, o comunque prima l'utilizzo da parte del pittore di mestiche che rovinarono già nel XVIII secolo parte delle sue tele, da reputare con probabilità eseguite dopo quelle qui discusse - tutte in evidente felice conservazione. Sempre Zanetti considerava, difatti, "che il tempo gran torto ad esse abbiano fatto, e le triste imprimiture delle tele con esso, smorzando e quasi facendo perdere la bella freschezza di tinta, e la allegra felicità che aver doveano appena uscite dalla pronta mano del valente maestro" (Ibidem).
Le acute parole zanettiane fotografano, al netto dell'informazione conservativa, l'importanza innovativa della pittura di Cervelli nel tardo Seicento: il milanese, sviluppando gli esempi barocchi di Pietro Liberi, è stato nella "bella freschezza di tinta" e nella personale "allegra felicità" il vero anticipatore delle preziosità formali settecentesche veneziane, aspetti di cui sarà grande interprete il suo miglior allievo, Sebastiano Ricci di solo sette anni più giovani rispetto Federico, che molto dovette imparare da costui nella sua "per molto tempo scuola aperta in Venezia" (Ibidem).
Bibliografia: E. Martini, La pittura del Settecento veneto, Udine, 1982, p. 473 nota 42, fig. 398; A. Pasian, Federico Cervelli pittore di buona macchia, in "Arte Veneta", 68, 2011, pp. 124-125, figg. 16-17. . Cornice presente -
Lotto 75 CERVELLI FEDERICO (1642 - 1696) Allegoria della Prudenza. Olio su tela ovale. Cm 84,00 x 106,00. L'opera è accompagnata dalla scheda a cura di Enrico Lucchese, 20 novembre 2021.
L'identificazione dei soggetti si basa sulla consueta Iconologia di Cesare Ripa (1593 ed edizioni seguenti), secondo cui "alcuni dipingono la Temperanza con due Vasi, che uno si versa nell'altro, per la similitudine del temperamento, che si fà di due liquori insieme con quello, che si fà di due estremi diversi", mentre la Prudenza è riconoscibile per gli attributi specifici dello specchio e del serpente: "lo Specchiarsi significa la cognitione di se medesimo, non potendo alcuno regolare le sue attioni, se i proprij difetti non conosce. Il Serpe quando è combattuto oppone tutto il corpo alle percosse, armandosi la testa con molti giri, & ci dà ad intendere, che per la virtù, che è quasi il nostro capo, & la nostra perfettione, debbiamo oppore a' colpi di Fortuna, tutte l'altre cose, quantunque care, & questa è la vera prudenza. Però si dice nella Sacra Scrittura: Estote prudentes sicut Serpentes".
La coppia di ovali fu presentata in asta Finarte a Milano il 10 maggio 1967 (lotto 88) con attribuzione a Giovanni Antonio Pellegrini, accompagnata dalle perizie di Roberto Longhi e di Rodolfo Pallucchini. Spetta a Egidio Martini (1982) aver indicato la corretta paternità di Federico Cervelli, nella valutazione di un artista "nuovo e quasi squisito", versato nella particolare tematica veneziana del nudo femminile nel secondo Seicento veneziano.
Il parere di Martini è stato ripreso da Alessio Pasian (2011) che, oltre a illustrare entrambi i dipinti in esame, ha suggerito che essi fossero "verosimilmente già due sopraporte". Considerandoli "degli "incunaboli" del pittore, riassumenti alla perfezione le qualità proprie e più riconoscibili della sua produzione giovanile", lo studioso ipotizza che la Temperanza e la Prudenza siano l'esito stilistico della fase iniziata con la grande tela a Este, collegabile forse all'arrivo nel 1671 della pala di Pietro Liberi per l'altar maggiore di quella chiesa, e conclusa - a metà del decennio nella ricostruzione di Pasian - con Venere scopre il corpo di Adone di Palazzo Conti a Padova, tela avvicinata da Mauro Lucco ("Foresti" a Venezia nel Seicento, in La pittura nel veneto. Il Seicento, II, a cura di M. Lucco, Milano 2001, p. 513) alla Nascita della Vergine di Luca Giordano per la Salute a Venezia, eseguita nei primi anni Settanta del Seicento.
Detta scansione cronologica si rivela una mera congettura di fronte all'evidenza che l'unica opera sicuramente databile di quella decade resta il Sacrificio di Noè della Basilica di Santa Maria Maggiore a Bergamo, grande dipinto consegnato da Cervelli nel 1678: un'opera di "classicismo più statuino, bilicato su luci fredde e atmosferiche" (Pasian 2011, p. 127) che non sembra in effetti trovare molta sponda con le squisitezze della presente coppia allegorica.
La visione diretta di entrambi gli ovali permette di apprezzare un alto livello esecutivo supportato da uno stato di conservazione eccellente. Da una parte il modellato largo e sfrangiato di entrambe le personificazioni conferma l'influenza costante del linguaggio stilistico maturo di Liberi, dall'altra sono peculiarità del solo Cervelli la raffinata delineazione delle forme, "caratterizzata da una maggiore pacatezza nel gestire e nel disporsi dei personaggi, più precisa e definita nel segno di contorno; è tipica inoltre di tutte le opere che oggi si possono assegnare al pittore, una scelta di timbri cromatici freddi e preziosi, tenuti sui toni dell'azzurro e del verde con lucenti marezzature di seta" (F. D'Arcais, Cervelli, Federico, in Dizionario Biografico degli Italiani, XXIV, Roma 1980, pp. 79-80). Tale identikit combacia perfettamente tanto con la Temperanza, dalla chioma che pare fatta da una spugna di colore valorizzato dal fondo scuro di preparazione su cui si muovono pure i nembi, con tacche di luce sui vasi, quanto con la Prudenza, la cui carica sensuale è puntualmente evocata dalla pennellata che indugia sulla matassa di capelli, sui languidi occhi, sul dettaglio del biancore dei denti che s'intravede dalla bocca socchiusa. Ambedue mostrano il seno, valorizzato da un sapiente panneggio di pennellata pastosa, quale singolare premio per chi ne volesse seguire l'esempio virtuoso: se la prima alza il braccio invitandoci alla visione nel gioco dell'ombra che traguarda il profilo del volto, la bellezza della seconda è esaltata grazie al gioiello che ferma i drappi al centro del petto, lasciandoci ammirare parte di un decolletè fragrante.
I medesimi tipi e le stesse modalità compositive si trovano in altri autografi di Cervelli, eseguiti, seguendo Pasian (2011), dal pittore ormai trentenne: dalla citata Venere e Adona di Padova, alla Diana di Ca' Rezzonico a Venezia, alla moldava Betsabea.
Se la modella della Temperanza pare ripetersi, interpretando di volta in volta il ruolo di dea dell'amore, della caccia e della concupiscente serva dell'amante del re David, anche la compagna Prudenza rimanda alla protagonista della Betsabea al bagno e alla personificazione della Carità nella tela di Este.
Ricordato dalla principale fonte del tempo "felicissimo nel maneggio di pennelli e colori" (A.M. Zanetti, Della pittura veneziana e delle opere pubbliche de' veneziani maestri, Libri V, Venezia 1771, p. 528), Federico Cervelli potrebbe quindi aver dipinto le due allegorie in esame e gli altri lavori illustrati all'interno della prima metà degli anni Settanta, apparentemente ante il grande dipinto bergamasco del 1678, o comunque prima l'utilizzo da parte del pittore di mestiche che rovinarono già nel XVIII secolo parte delle sue tele, da reputare con probabilità eseguite dopo quelle qui discusse - tutte in evidente felice conservazione. Sempre Zanetti considerava, difatti, "che il tempo gran torto ad esse abbiano fatto, e le triste imprimiture delle tele con esso, smorzando e quasi facendo perdere la bella freschezza di tinta, e la allegra felicità che aver doveano appena uscite dalla pronta mano del valente maestro" (Ibidem).
Le acute parole zanettiane fotografano, al netto dell'informazione conservativa, l'importanza innovativa della pittura di Cervelli nel tardo Seicento: il milanese, sviluppando gli esempi barocchi di Pietro Liberi, è stato nella "bella freschezza di tinta" e nella personale "allegra felicità" il vero anticipatore delle preziosità formali settecentesche veneziane, aspetti di cui sarà grande interprete il suo miglior allievo, Sebastiano Ricci di solo sette anni più giovani rispetto Federico, che molto dovette imparare da costui nella sua "pur molto tempo scuola aperta in Venezia" (Ibidem).
Bibliografia: E. Martini, La pittura del Settecento veneto, Udine, 1982, p. 473 nota 42, fig. 398; A. Pasian, Federico Cervelli pittore di buona macchia, in "Arte Veneta", 68, 2011, pp. 124-125, figg. 16-17.
. Cornice presente -
Lotto 76 GRATI GIOVANNI BATTISTA (1681 - 1758) Marina con mercante in veste orientaleggiante. . Olio su tela . Cm 95,00 x 77,00. Firmato e datato 1754 in basso a destra.
Allievo di Lorenzo Pasinelli e Giovan Gioseffo Dal Sole, Giovanni Battista Grati iniziò la sua attività principalmente in ambito bolognese, dividendosi tra committenze private ed ecclesiastiche, come nel caso della tela "S. Anna che insegna a leggere a Maria Vergine" nella chiesa di San Giacomo Maggiore (1705). Nel 1718 è attestato in Toscana e a Firenze, dove apparentemente rifiutò l'offerta di entrare nell'ambiente cortigiano del Granduca Cosimo III de'Medici: a questo soggiorno toscano è tradizionalmente ricondotto il suo "Autoritratto" conservato alla Galleria degli Uffizi (inv. n. 2026). Ritornato a Bologna, fu eletto nell'ottobre 1719 Principe dell'Accademia Clementina, ruolo che mantenne per un anno, continuando a lavorare, da quel momento in avanti, per committenze nobiliari ed ecclesiali della città felsinea e del suo territorio. Dato un catalogo piuttosto scarno e la conseguente rarità di opere certamente attribuibili alla sua mano, questo dipinto si presenta come un'importante aggiunta documentaria al suo esiguo corpus pittorico, sia per il soggetto inconsueto, una marina dominata in primo piano da una figura di mercante abbigliato all'orientale, a cavallo, quanto per la presenza della firma dell'artista come "Johan. Grati".
Bibliografia di riferimento: G. Zanotti, Storia dell'Accademia Clementina di Bologna, Bologna 1739, Vol. I, pp. 64, 67, 316; Vol. II, pp. 185-191;
R. Roli, "Pittura Bolognese 1650-1800. Dal Cignani ai Gandolfi", Bologna 1977. Cornice presente -
Lotto 77 ARTISTA DEL XVII SECOLO Putto. . Olio su tela . Cm 44,00 x 62,00. . Cornice presente
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Lotto 78 ARTISTA FIAMMINGO DEL XVII SECOLO Studio di teste. Olio su tela . Cm 54,00 x 40,50. . Cornice presente
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Lotto 79 ARTISTA OLANDESE DEL XVII SECOLO Ritratto di gentiluomo. Olio su tavola. Cm 37,50 x 49,50. . Cornice presente
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Lotto 80 VAN DER KERCKHOVEN JACOB (1636 - 1712) Attribuito a. Natura morta con cacciagione, cavolo e interiora. Olio su tela . Cm 80,50 x 58,00. . Cornice presente
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Lotto 81 GEERARDS JASPER (1620 - 1654 circa) Natura morta con nautilus, limoni, prosciutto e calice. Olio su tavola. Cm 59,00 x 74,50. Firmato sul tavolo a sinistra.
Provenienza: Kunsthandel AG, Lucerna; Collezione privata, Italia; Galerie Lingenauber, Düsseldorf/Paris;
Christie's, Londra, 5 luglio 1997, lotto 51 (aggiudicato per 45.689€).
Esposizioni: "The lure of still life", Galerie Lingenauber, Düsseldorf 1995, p. 204, n°. XXXVI.
Uno dei pittori di nature morte più rappresentativi dell'"Età dell'oro" dell'arte fiamminga e olandese, Jasper Geerards è però una figura la cui biografia resta ancora in larga parte enigmatica. Nato probabilmente ad Anversa intorno al 1620, fu allievo della Gilda di S. Luca della città, dove il suo nome è registrato nel 1634. Si può ipotizzare, benché non vi siano documenti ad attestarlo, che sia stato allievo di Jan Davidsz de Heem (1606-1684), che proprio in quegli anni si trovava ad Anversa. Dopo essere diventato Maestro della Gilda nel 1644, Geerards si spostò ad Amsterdam, dove è attestato nel 1649: del medesimo anno è un documento, l'ultimo che fornisce notizie dirette dell'artista, in cui egli denuncia il furto di un'opera dal suo studio. Nell'ottobre del 1654, un documento notarile definisce la moglie del pittore come "vedova", confermando il decesso dell'artista tra gli anni 1649 e il 1654.
Specializzato in dipinti raffiguranti nature morte, spesso in forme grandiose e disposte su tavole imbandite (le cosiddette "pronkstillevens"), del suo corpus non si conservano però molte opere accertate: tra di esse, si vedano una grande "Natura Morta con aragosta" già attribuita a de Heem e conservata al Musée des Beaux-Arts di Troyes (inv. D. 53-1) e un'altra opera con il medesimo soggetto, conservata presso il Museo Bredius dell'Aia, attribuita a Geerards dopo un restauro (Inv.nr. 134-1946, Cat.nr.61-1). Per un confronto diretto con la nostra opera, si veda un'altra Natura morta, di dimensioni molto simili, attestata verso la metà degli anni '90 presso la Salomon Lilian Gallery di Amsterdam/Ginevra (https://rkd.nl/explore/images/7542). Cornice presente -
Lotto 82 J. C. HUN (XVII-XVIII SECOLO) Natura morta con verdura e gambero. Olio su tela . Cm 75,80 x 65,80. Firmato e datato "J.C. Hun 1708" sul tavolo.
Provenienza: Collezione Franciscus Wilhelmus van der Haagen, Arnhem;
Sotheby's Amsterdam, 12-13 dicembre 1983, lotto 95;
Sotheby's Amsterdam, 11 novembre 1992, lotto 69;
Sotheby's Amsterdam, 9 maggio 1993, lotto 10;
Esposizioni: Nederlandse stillevens uit vier eeuwen Dordrechts Museum , Dordrecht 1954 , cat. n° 56.
Bibliografia: E. Gemar-Koeltzsch, "Holländische Stillebenmaler im 17. Jahrhundert". Lingen 1995, p. 523;
A. van der Willigen, F. G. Meijer, "A dictionary of Dutch and Flemish Still-Life Painters working in oils", Leida 2003, p. 115. Cornice presente -
Lotto 83 TREU CATHARINA (1743 - 1811) Natura morta di frutta. . Olio su tela . Cm 68,50 x 53,50. Firma monogrammata CTP in basso a sinistra. Cornice presente
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Lotto 84 ARTISTA DEL XVII-XVIII SECOLO Natura morta con tappeto, vaso di fiori e cagnolino. . Olio su tela . Cm 148,00 x 99,00. . Cornice presente
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Lotto 85 ARTISTA LOMBARDO DEL XVIII SECOLO San Giuseppe. Olio su tela . Cm 71,00 x 91,00. . Cornice presente
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Lotto 86 ARTISTA DEL XVIII SECOLO San Giuseppe. Olio su tela . Cm 47,00 x 65,50. . Cornice presente
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Lotto 87 ARTISTA LOMBARDO DEL XVIII SECOLO San Rocco. . Olio su tela . Cm 97,00 x 133,00. . Cornice presente
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Lotto 88 ARTISTA VENETO DEL XVIII SECOLO San Luigi dei Francesi. . Olio su tela . Cm 39,50 x 59,50. . Cornice presente
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Lotto 89 SCUOLA GENOVESE DEL XVIII SECOLO Fuga in Egitto. Olio su tela . Cm 38,00 x 57,00. . Cornice presente
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Lotto 90 ARTISTA VENETO DEL XVIII SECOLO Sant'Antonio con il Bambino. . Olio su tela . Cm 36,00 x 47,50. . Cornice presente
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Lotto 91 ARTISTA DEL XVIII SECOLO Madonna. . Olio su rame. Cm 16,50 x 21,50. Provenienza: Cagnola Arte, Brescia. Cornice presente
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Lotto 92 ARTISTA DEL XVIII SECOLO Madonna con bambino e San Giuseppe. Olio su tela . Cm 43,50 x 52,50. . Cornice presente
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Lotto 93 ARTISTA VENETO DEL XVIII SECOLO Sibilla Eritrea. Olio su tela . Cm 47,50 x 61,50.
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Lotto 94 ARTISTA LOMBARDO DEL XVIII SECOLO Paesaggio con contadino e armenti. . Olio su tela . Cm 56,50 x 48,00. . Cornice presente
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Lotto 95 ARTISTA VENETO DEL XVIII SECOLO Scena galante in un paesaggio. . Olio su tela . Cm 53,00 x 67,00. . Cornice presente
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Lotto 96 ARTISTA DEL XVIII SECOLO Ritratto di gentildonna. . Olio su tela . Cm 31,50 x 36,50. . Cornice presente
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Lotto 97 ARTISTA DEL XVIII SECOLO Ritratto d'uomo con turbante. Olio su tela . Cm 19,00 x 19,00. Tracce di firma in basso a destra. Al retro timbri in ceralacca. . Cornice presente