ARGENTI, DIPINTI, ICONE ED OGGETTI D'ARTE

ARGENTI, DIPINTI, ICONE ED OGGETTI D'ARTE

martedì 14 settembre 2021 ore 15:00 (UTC +01:00)
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  • Constantijn Netscher (L'Aia 1668 - 1723)
    Lotto 97

    Constantijn Netscher (L'Aia 1668 - 1723)

    Cerere - Allegoria dell’estate

    Olio su tavola

    Cerere - Summer allegory

    Oil on board

    44 x 34 cm


    Figlio di Caspar e fratello dei pittori Theodor e Anthonie van Netscher, diventa genero di Johan van Haensbergen quando il 6 febbraio 1709 sposa Magdalena van Haensbergen. É ricordato come valente ritrattista e per le sue figure allegoriche, come la presente opera. Oltre alle sue qualità artistiche, Netscher è ricordato per l’importante funzione che ha svolto verso i giovani artisti nel suo atelier. Sono ricordati quali suoi allievi: Hendrick Doorschodt , Dirk Kindt o Kint, Coenraet Roepel e Mattheus Verheyden

  • Scuola italiana del XVII secolo
    Lotto 98

    Scuola italiana del XVII secolo

    Ritratto di nobiluomo con rosa

    Olio su rame

    Italian School of the 17th century

    Portrait of a nobleman with rose

    Oil on copper

    38 x 34 cm ottagonale/octagonal


    L’autore di questo raffinato ritratto ha saputo rendere a pieno un carattere mite e benevolo del nobiluomo, giungendo a questa espressione con immediatezza e sicurezza di mezzi. Il simbolo floreale della rosa esplica l’amore e la fedeltà coniugale. Osservando le vesti, è possibile ipotizzare che la datazione sia intorno agli anni ‘70/’80 del Sedicesimo secolo. Abbigliamenti molto simili li ritroviamo nelle opere emiliane datate intorno il Settimo e Ottavo decennio del Seicento

  • Scuola italiana del XVII secolo
    Lotto 99

    Scuola italiana del XVII secolo

    Ritratto di nobildonna con rosa

    Olio su rame

    Italian School of the 17th century

    Portrait of a noblewoman with rose

    Oil on copper

    38 x 34 cm ottagonale/octagonal


    L’autore di questo raffinato ritratto ha saputo rendere a pieno il carattere mite e benevolo della signora: giunge a questa espressione con immediatezza e sicurezza di mezzi. Il simbolo floreale della rosa esplica l’amore e la fedeltà coniugale. Osservando le vesti, si può potizzare che la datazione sia da stabilire intorno agli anni ‘70/’80 del Sedicesimo secolo. Abbigliamenti molto simili li ritroviamo nelle opere emiliane datate intorno il settimo e ottavo decennio del Seicento

  • Scuola lombarda del XVIII secolo
    Lotto 100

    Scuola lombarda del XVIII secolo
    Natura morta con cacciagione e frutta
    Olio su tela
    Lombard School of the 18th century
    Still life with game and fruit
    Oil on canvas
    119 x 178 cm

  • Scuola veneziana XVIII/XIX secolo
    Lotto 101

    Scuola veneziana XVIII/XIX secolo

    Veduta di Bacino San Marco con Bucintoro

    Olio su tela

    Venetian School of the 18/19th century

    View of San Marco Basin with Bucintoro

    Oil on canvas

    70 x 100 cm


    Caduta la Serenissima Repubblica, in Italia e in Europa non si placa il desiderio collezionistico di possedere vedute veneziane. Morti tutti i grandi vedutisti del Settecento (Canaletto, Marieschi, Bellotto, Guardi e Tironi), sono i nuovi esponenti a sostenere le richieste di mercato: alcuni di essi hanno radici settecentesche, biografiche e stilistiche, come Vincenzo Chilone, Giuseppe Bernardino Bison, Giacomo Guardi e Giuseppe Borsato; altri, come Ippolito Caffi, Luigi Querena, Carlo e Giovanni Grubacs e Francesco Zanin sono artisti nati nel XIX secolo che, pur mantenendo in vita la tradizione vedutistica, la trasmettono riscrivendola con le velature romantiche insite nella cultura del tempo

  • Nicolò Rondinelli (Lugo di Romagna o Ravenna 1450 circa - Ravenna 1510)
    Lotto 102

    Nicolò Rondinelli (Lugo di Romagna o Ravenna 1450 circa - Ravenna 1510)

    San Lorenzo

    Olio su tavola

    St. Lawrence

    Oil on panel 

    83,5 x 68,5 cm


    In principio Rondinelli fece apprendistato presso Giovanni Bellini, passando poi a Ravenna sotto le spinte del forlivese Baldassarre Carrari e di Francesco Zaganelli da Cotignola. Considerando i dipinti per la devozione privata realizzati con l’apporto della bottega sino alle grandi pale d’altare per le diverse chiese di Ravenna, Rondinelli esplicita i rapporti che sussistevano tra le istanze veneziane con quelle emiliane e centro italiane, che si fondevano a Ravenna.

    La sua permanenza all’interno dell’atelier di Bellini non è documentata, anche se ritenuta certa dagli storici. Egli risulta assente dai pagamenti dei lavori in Palazzo Ducale, dove, oltre al Maestro e ad Alvise Vivarini, ritroviamo operanti Cristoforo Caselli, Lattanzio da Rimini, Marco Marziale, Francesco Bissolo e Vincenzo dalle Destre. La sua prima produzione è fortemente riferita alle invenzioni belliniane, che Niccolò dovette mantenere anche dopo la sua permanenza veneziana. Anche se negli anni in laguna non mancano importanti collaborazioni e influenze con Cima da Conegliano, Lattanzio da Rimini, Giovanni Mansueti e Jacopo da Montagnana. Forte di una esperienza così varia e importante, tornato in Romagna, Rondinelli si dedica a diverse commissioni pubbliche di rilievo. A partire dall’altare di Galla Placidia, oggi a Brera, i ricordi del Carpaccio e del classicismo di Cima e Bellini emergono, similarmente a quanto si scorge nel S. Sebastiano del duomo di Forlì. Con l’avvento del nuovo secolo la pittura di Nicolò assume una certa monumentalità, le sue sacre figure emanano una profonda ieraticità e fanno presumere un’attenzione particolare di Rondinelli verso Antonello da Messina. In seguito, nelle sue opere appare l’afflato nordico ed espressionista derivato dall’imporsi della pittura degli Zaganelli, seppur permanga la costante presenza del vecchio bagaglio lagunare e gli elementi di più forte marcatura dei canoni di Marco Palmezzano desunta attraverso Baldassare Carrari. I giusti confronti attributivi per l’opera di Rondinelli li ritroviamo nei trenta santi, raffigurati a mezzobusto, del Soffitto della chiesa Santa Maria degli Angeli di Murano, per esempio. Il santo è vestito secondo l'iconografia tradizionale, ovvero con una pesante dalmatica diaconale, lumeggiata d'oro e con decori di fiori di cardo. Ad una attenta analisi, comunque, la datazione dell’opera va riportata al periodo ravennate, quando le sue opere sono ornate da ricchi tessuti e decorazioni, le stesse che ritroviamo nella dalmatica del nostro santo, e che ritroviamo nelle opere “Madonna San Girolamo e Santa Caterina” e “Madonna, San Tommaso d’Aquino, San Giovanni Battista, Santa Caterina e Santa Maria Maddalena” della Pinacoteca Comunale di Ravenna

  • Bernardo Cavallino (Napoli 1616 - 1656) cerchia di-circle of
    Lotto 103

    Bernardo Cavallino (Napoli 1616 - 1656) cerchia di-circle of

    Santo martire incoronato di fiori

    Olio su tela

    Holy martyr crowned with flowers

    Oil on canvas

    85 x 71 cm


    Poco si conosce sulla formazione artistica di Bernardo Cavallino, anche se dalla sua pittura si nota un linguaggio pittorico articolato ove riverberano influenze veneziane di Tiziano, fiamminghe di Van Dick e Rubens e, soprattutto, di Caravaggio e dei seguaci caravaggeschi napoletani, nonché dal naturalismo cruento del Ribera. Oggi pare consolidarsi l’opinione di un suo alunnato presso Andrea Vaccaro e Massimo Stanzione. Grazie alla sua eterogenea formazione è riuscito a dipingere con personalità autonoma e riconoscibile all’interno del panorama seicentesco partenopeo. Le sue figure si caratterizzano per una sottile vena malinconica e le sue opere dimostrano un senso cromatico vigoroso che dimostra la conoscenza del neo venetismo romano. Edificanti le parole dell’esimio Nicola Spinosa a suo riguardo: L’adesione del napoletano ad alcuni aspetti del neo-venetismo classicheggiante dei Francesi a Roma non significò, comunque, rinuncia alle qualità peculiari della sua produzione precedente: “al tono sentimentale, tra l’idillio e l’elegia, di tante piccole composizioni degli anni Quaranta; alla resa intimistica, colta e raffinata, delle sue storie di amori e di martirii; alla esaltazione pacata, quasi sommessa, ma non per questo meno appassionata e sincera della bellezza femminile e dei teneri affetti quotidiani”, pag. 122 di “Civiltà del Seicento a Napoli”

  • Luca Carlevarijs (Udine 1663 - Venezia 1730) attribuito-attributed
    Lotto 104

    Luca Carlevarijs (Udine 1663 - Venezia 1730) attribuito-attributed

    Veduta di porto con personaggi all'orientale 

    Olio su tela 

    Pier view with oriental people

    Oil on canvas

    95 x 132 cm


    Alla morte del padre Giovanni Leonardo occorsa nel 1679, Luca Carlevarijs decide, appena sedicenne, di trasferirsi a Venezia prendendo alloggio nei pressi di Ca’ Zenobio. Compie un viaggio a Roma tra il 1685-90 e probabilmente visita sia Firenze sia Bologna. Nel 1703 il Carlevarijs pubblica la sua monumentale raccolta di incisioni all’acquaforte “Le fabriche, e vedute di Venetia”; opere grafiche che riscuotono un successo continentale tanto che gli procurano autorevoli commissioni, tra le quali dal conte di Manchester e dal del re di Danimarca. Iscritto alla Fraglia dei pittori veneziani dal 1708 al 1713, quindi dal 1726 al 1728, egli è da considerare il padre della veduta veneziana del Settecento, colui che ha fatto da apri pista, stilistico e commerciale, ai vari Canaletto, Bellotto, Marieschi, Albotto, Domenichini, Tironi. Ebbe un illustre allievo e seguace nello svedese Johan Richter. Per quanto concerne le vedute portuali Il suo fare pittorico ha origine con l’arrivo a Venezia di Johann Anton Eismann, tra il 1685 ed il 1700. Le figure di Carlevarijs, invece, sono del tutto estranee al contesto veneziano e risentono largamente dello stile dei bamboccianti romani, e in particolar modo del francese Jacques Callot. Le sue vedute hanno indiscutibilmente saldi legami prospettici con le opere Gaspar Van Wittel (Vanvitelli), pittore presente sia a Venezia sia a Roma dove carlevarijs ha avuto modo di osservare le sue opere. Per quanto riguarda la pittura di paesaggio, egli, come Marco Ricci e Bartolomeo Pedon, ha fatto propria la lezione dei paesaggisti nordici e denota l’influenza del Cavalier Tempesta, presente a Venezia dal 1697 al 1700, e del suo “realismo atmosferico “, altresì portatore, in laguna, dei risultati del paesaggio “estatico” di Gaspard Dughet e quello “eroico” di Salvator Rosa. La nostra opera mostra, a nostro giudizio, inequivocabili punti di contatto con la produzione di Carlevarijs, partendo dallo schema compositivo che nei porti di mare dell’artista è pressoché sempre il medesimo: promontorio laterale che s’adagia nel mare e banchina in proscenio. Nel cielo, come nel nostro dipinto, vi sono sempre sulfuree, gonfie e mosse nuvole, dalle forme quasi sempre simili a quella che si vede nella nostra tela. Scendendo sulla banchina portuale ritroviamo i tanto amati personaggi orientali “alla turca” e i bellissimi cavalli. I personaggi, ad un attento esame, hanno attenuato la monumentale plasticità drammatica derivata dal Magnasco, come nel “Porto di mare con arco romano e monumento equestre” di collezione Terruzzi. Particolarmente significativo è il confronto dei caratteristici volti dei personaggi, eseguiti con guizzo magistrale e le caratteristiche “deformazioni” caricaturali di callottiana memoria. Non sfugge la presenza del suo caratteristico “picchiettare” cromatico delle vesti rosse e blu, framezzate con qualche punto di giallo, accorgimento ritmico espressamente del Carlevarijs. Infine, altro dettaglio significativo la presenza del veliero, appoggiato su un fianco, in riparazione e l’animoso operare delle maestranze. Particolari e paragoni, questi citati, facilmente riscontrabili nel corpus di opere ritraenti porti di mare e scene fluviali, che ad oggi conta oltre sessanta dipinti

  • Altare domestico toscano con dipinto della bottega di Valerio Mariani (Pesaro 1568 circa - 1625/1636)
    Lotto 105

    Altare domestico toscano con dipinto della bottega di Valerio Mariani (Pesaro, 1568 circa - 1625/1636)

    Madonna del latte

    Miniatura su pergamena

    Cornice a tempietto in legno ebanizzato con colonne in marmo , decorata con inserti e putti in bronzo dorato , del XIX secolo

    17th century Tuscan domestic altar with a painting from the workshop of Valerio Mariani (Pesaro, c. 1568 - 1625/1636)

    Madonna of the milk

    Miniature on parchment

    Temple frame in ebonized wood with marble columns, decorated with inserts and cherubs in gilded bronze, 19th century 

    10 x 7 cm miniatura, miniature

    53 x 32 cm misure totali dell'altare, total dimensions of the altar

  • Frans Francken II (Anversa 1581 - 1642)
    Lotto 106

    Frans Francken II (Anversa 1581 - 1642)

    Adorazione dei Magi

    Olio su tavola

    Etichette di vecchie aste sul retro

    Magi Adoration

    Oil on board

    Old auction labels on the back 

    66 x 51 cm


    Frans Francken II è il rappresentante più importante della dinastia di pittori della famiglia Francken. Figlio di Frans Francken I, si forma presso il padre e lo zio Hieronymus nel suo atelier di Parigi. Inizialmente dipinge subendo lo stile del padre, ma presto si emancipa ed elabora uno stile personale caratterizzato da una brillante inventiva compositiva, in cui le figure dialogano tramite le loro movenze. La brillantezza d'esecuzione è data grazie all’utilizzo di colori caldi e decisi, la rappresentazione di personaggi in pose aggraziate è raffigurata secondo il gusto manierista dell’epoca. Artista polivalente, ha dipinto i temi più svariati, sempre in formati ridotti e destinati agli ambienti domestici. Tra i suoi apporti più importanti bisogna annoverare il tema delle gallerie di dipinti, soggetto introdotto proprio dal pittore nella pittura fiamminga, ripreso nelle opere di Pieter Paul Rubens, Jan Brueghel il Vecchio e David Teniers il Giovane. Inoltre, fu tra i primi ad apportare messaggi moralistici nelle sue opere, dipingendo le scimmie dentro ambienti umani con l'obiettivo di denunciare la bassezza di certi atteggiamenti. Francken II, come in uso all’epoca, soprattutto nelle Fiandre, ha collaborato con altri artisti, pittori specializzati in paesaggi o rovinisti, inserendo nelle loro opere le figure: tra questi troviamo Abraham Govaerts, Jasper van der Lanen, Daniel Seghers, Andries Daniels, e Bartholomeus van Bassen. Per non farsi confondere con il padre era solito firmare le sue opere aggiungendo “De Jonge” ovvero “il giovane”. Nel suo atelier sono cresciuti i figli Ambroise e Frans Francken III. In parallelo alla scuola di P.P. Rubens, ha sviluppato uno stile in seno al Manierismo Nordico, con uno stile pittorico pacato, ricco di colore, particolareggiato, che gli fece guadagnare il favore di un ampio mondo collezionistico.

    La tavola in questione raffigura molte delle peculiarità di Frans Francken, soprattutto nell’esaltazione minuziosa delle splendide vesti dei Magi. Quel che però risalta è come egli ponga in risalto la severa ed estrema semplicità della sacra famiglia, ricca di santità, al cospetto dei tre Magi riccamente abbigliati

  • Simone Brentana (Venezia 1656 - Verona 1742)
    Lotto 107

    Simone Brentana (Venezia 1656 - Verona 1742)

    Madre con bambino

    Olio su tela

    Mother and child

    Oil on canvas

    105 x 88 cm


    Si ringrazia il Prof. Michele Danieli per l'attribuzione


    Nonostante fosse già orfano e in precario stato economico, Simone Brentana, già all'età di nove anni si impegna negli studi di musica e matematica. In seguito scopre la pittura, e segue gli insegnamenti di Pietro Negri. A trent’anni circa si trasferisce da Venezia a Verona, momento sagacemente descritto dal Prof. Marinelli: “mostra la formazione di un tenebroso, un allievo di Pietro Negri, ma con una teatralità nuova, dove la tragedia si mescola al comico dell’irrisione, della beffa”. Mentre Craievich così lo descrive in questo momento cruciale della sua carriera, parlando del modellato per la Giuditta e Oloferne (Verona, chiesa di San Nicolò), conservato presso la Galleria Nazionale d’Arte Antica di Trieste, che tramite “pennellate guizzanti e abbreviate, mette in evidenza le capacità squisitamente pittoriche del giovane Brentana, che in questo caso sembra ancora memore di certe esperienze luministiche della pittura veneziana di metà secolo. In particolare la maschera grottesca e deformata della vecchia fantesca completamente in luce richiama alla memoria le fisionomie caricaturali di Pietro della Vecchia, mentre gli audaci passaggi cromatici e talune iridescenze potrebbero rinviare a quei «classicisti» meno ortodossi attivi a Venezia nel corso del Seicento, come Federico Cervelli, Giuseppe Diamantini, Ludovico David o lo stesso Louis Dorigny”. Il suo incipit pittorico è nella scia della "maniera tenebrosa", ma maturando, come molti della sua generazione, colto dagli echi Rococò, giunge ad una pennellata soffice, con larghe e morbide campiture di colore chiaro, evidenziando risultati assimilabili a quelli di Antonio Balestra. Le fonti antiche, ci ricordano sue opere a Milano, in Toscana e Roma, oltre che in Spagna, Danimarca e Polonia. L’attribuzione certa dell’opera in questione è supportata dal fatto che è riprodotta, in controparte, nella parte in basso a destra nel dipinto Martirio di Sant'Andrea, 1725 circa, in collezione Sgarbi Cavallini

  • Francesco Stringa (Modena 1635 - 1709)
    Lotto 108

    Francesco Stringa (Modena 1635 - 1709)

    Madonna con Gesù Bambino

    Olio su tela

    Forma ottagonale

    Madonna and Child Jesus

    Oil on canvas 

    Octagonal form

    36 x 34 cm 


    Creduto allievo di Ludovico Lana, cosa impossibile per i dati anagrafici dei due, Francesco Stringa si forma con Boulanger durante gli ultimi anni del maestro francese al Palazzo ducale di Sassuolo, probabilmente in compagnia di Sigismondo Caula, Cittadini e Mitelli. Successivamente, frequenta la corte estense e i pittori ivi presenti, Flaminio Torri e Benedetto Gennari, aggiungendo alla sua prima formazione nozioni dervate dal Correggio e Guercino. Importante è la presenza di Stringa a Venezia, dove acquisisce citazioni del Tintoretto e dello Zanchi. L’opera in esame riconduce alla maniera di bozzettista del maestro modenese, in particolare mostra cenni corregeschi, ingentiliti dall’influenza di Carlo Cignani, mentre il forte chiaro scuro è di chiara eredità guercinesca. Opere simili si posso osservare alla Pinacoteca Stuard di Parma: L’elemosina, Vergine e Bimbo appaiono a san Ottavio e San Pietro battezza san Giacomo, date, acutamente, allo Stringa già nel 1989 (vedi “Arte emiliana dalle raccolte storiche al nuovo collezionismo” pp. 120-121) da Emilio Negro, dopo attribuzioni errate.

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ARGENTI, DIPINTI, ICONE ED OGGETTI D'ARTE


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  • 14 settembre 2021 ore 15:00 ARGENTI, DIPINTI, ICONE ED OGGETTI D'ARTE (1 - 351)

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