Dipinti Antichi

Pandolfini Casa d'Aste - Borgo degli Albizi (Palazzo Ramirez-Montalvo) 26, 50122 Firenze

Dipinti Antichi

mercoledì 26 novembre 2014 ore 16:00 (UTC +01:00)
Lotti dal 1 al 24 di 85
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  • Pittore fiorentino, sec. XVIRITRATTO DI GENTILUOMO IN ARMATURAolio su tavola,...
    Lotto 1

    Pittore fiorentino, sec. XVI
    RITRATTO DI GENTILUOMO IN ARMATURA
    olio su tavola, cm 44,5x35,5 cornice intagliata e dorata
     
    Il dipinto mostra talune affinità  con opere di Michele Tosini (Firenze 1503-1577). Come riferito dagli attuali proprietari è robabile che il ritratto raffiguri un membro della famiglia Carafa.

  • Pittore senese, fine sec. XVI-inizi XVIISACRA FAMIGLIA CON SAN GIOVANNINO...
    Lotto 2

    Pittore senese, fine sec. XVI-inizi XVII
    SACRA FAMIGLIA CON SAN GIOVANNINO (MADONNA DEL SILENZIO)
    olio su tela, cm 71,5x58
     
    Il dipinto presenta elementi stilistici che riconducono all'ambiente di Francesco Vanni (Siena 1563-1610)
     

  • Attribuito a Pietro da Talada (Maestro di Borsigliana)(attivo nella seconda...
    Lotto 3

    Attribuito a Pietro da Talada (Maestro di Borsigliana)
    (attivo nella seconda metà  del XV secolo tra Garfagnana e Versilia)
    SAN MARCO
    scomparto di polittico a tempera su tavola fondo oro, cm 104,5x38 senza cornice
    sul retro iscrizione non antica relativa a una precedente attribuzione: "Matteo da Gualdo / Gualdo Tadino"
     
    Provenienza:
    collezione Carlo de Carlo, Firenze;
    collezione privata, Firenze

    Si deve ad un parere orale di Andrea De Marchi l’attribuzione dubitativa a Pietro da Talada, pittore nato a Talada, piccolo borgo emiliano, e attivo nella seconda metà  del XV secolo in Garfagnana.
    L'artista iniziò ad essere noto a partire dagli anni '60 del sec. XX, quando Giuseppe Ardighi lo identificò come autore del trittico della chiesa di Santa Maria di Borsigliana (da cui il nome di Maestro di Borsigliana con cui il pittore viene altrimenti indicato) raffigurante la Madonna col Bambino tra i Santi Prospero e Nicola, opera sino ad allora attribuita a Gentile da Fabriano o ad un pittore di scuola lombarda-valenzana.
    De Marchi nel restituire il presente dipinto a Pietro da Talada indica tuttavia come non costituisca un'opera tipica dell'artista e possa quindi considerarsi un lavoro giovanile, al tempo della sua educazione a Lucca e in rapporto anche con Alvaro Pirez.

  • Maestro delle Effigi Domenicane(attivo a Firenze tra il 1325 e il 1350...
    Lotto 4

    Maestro delle Effigi Domenicane
    (attivo a Firenze tra il 1325 e il 1350 circa)
    SANTA LUCIA
    tempera su tavola fondo oro centinata, cm 75,5x42,5 con cornice di epoca posteriore intagliata a motivo fogliato sulla cuspide, dorata e laccata, cm 98x50 sulla base a gradino iscrizione: "SANCTA LUCIA" e ai lati due stemmi nobiliari
     
    Provenienza:
    collezione Carlo De Carlo, Firenze;
    collezione privata, Firenze
     
    Corredato da attestato di libera circolazione
     
    L'opera qui proposta eseguita dal Maestro delle Effigi Domenicane raffigura una Santa Lucia che regge nella mano sinistra la palma del martirio e con la destra l'attributo caratteristico del vasetto con gli occhi. Un manto rosso bordato di ermellino ne copre il capo e svela una veste di colore scuro con un decoro a fascia di colore rosso rifinito in oro. La tavola costituisce evidentemente parte di un polittico che presentava, come di consueto, al centro la raffigurazione della Madonna con Bambino e ai lati quella di altri santi.
    L'anonimo artista noto come Maestro delle Effigi Domenicane prende il nome dal dipinto raffigurante Cristo e la Vergine in trono con diciassette santi e beati dell'Ordine domenicano, oggi conservato presso il convento di Santa Maria Novella a Firenze, e viene considerato, grazie agli studi che hanno permesso di comprenderne più a fondo la personalità artistica, una delle figure preminenti della miniatura fiorentina del secondo quarto del XIV secolo, che collaborò stabilmente con Pacino di Bonaguida.
    In primo luogo identificato da Osvald Sirén nel 1926, che lo appellò Maestro del Polittico di Lord Lee in base a un'opera proveniente in origine dalla chiesa di San Paolino a Firenze, oggi nelle Gallerie del Courtauld Institute a Londra, il Maestro delle Effigi Domenicane fu indicato con il nome attuale pochi anni dopo da Richard Offner, che lo distinse dagli altri protagonisti della "miniaturist tendency" fiorentina, come il Maestro del Biadaiolo, il Maestro del Polittico della Cappella Medici e Jacopo del Casentino.
    La successiva proposta di Bernard Berenson di riunire sotto il nome del Maestro di Terenzano i corpora già riconosciuti da Offner al Maestro delle Effigi Domenicane e al Maestro del polittico della Cappella Medici ha avuto un seguito assai scarso, mentre ha trovato maggiore accoglienza l'ipotesi di Miklòs Boskovits di identificare le opere assegnate in precedenza dallo stesso Offner al Maestro del Biadaiolo con la fase giovanile del nostro pittore, parere condiviso più di recente da Laurence Kanter.
     
    La presente tavola si può ricondurre al Maestro delle Effigi Domenicane sulla base di alcuni confronti stilistici con le opere appartenenti al corpus del pittore. Stringenti affinità  si possono rintracciare con il dossale raffigurante la Madonna con Bambino e santi della Galleria dell'Accademia di Firenze (un tempo dipinto su due lati oggi separati), in particolare con la figura della Vergine che presenta la medesima inclinazione e impostazione dell'ovale del volto della nostra Santa Lucia, costruito mediante una lunga canna nasale e due ampie arcate sopracciliari. Gli occhi dalla forma allungata, quasi "a fessura" segnati nella parte sottostante e nelle palpebre da ombre profonde, così come il modo di dipingere le mani con le dita allungate e sottili costituiscono caratteristiche ricorrenti del Maestro. Nella nostra opera l'adesione alle formule daddesche propria dell'attività  del Maestro nei primi anni Trenta, lascia il posto ad un più robusto plasticismo ispirato agli esempi licenziati in quegli anni da Taddeo Gaddi, parafrasati in termini più accostanti, in parallelo con le proposte formulate da Jacopo del Casentino. E' possibile inoltre confrontare il nostro dipinto con il polittico, oggi smembrato, di cui fanno parte la Madonna del Latte di collezione privata fiorentina, la Santa

  • Scuola bolognese, sec. XVIIRITRATTO VIRILEolio su tela, cm 39x29 entro...
    Lotto 5

    Scuola bolognese, sec. XVII
    RITRATTO VIRILE
    olio su tela, cm 39x29 entro cornice antica intagliata e dorata
    sul retro della cornice vecchia etichetta e iscrizione "Velasquez" e numeri d'inventario sul telaio e sulla tela
     
    La nostra testa di vecchio si apparenta al mondo di Guido Reni e Simone Cantarini ed è probabilmente opera di un artista bolognese del primo quarto del Seicento. Il colletto bianco e l'abito nero fanno pensare ad un notaio o ad un uomo di legge, ritratto di tre quarti, sul modello e non distante dal celebre Autoritratto di Guido Reni conservato agli Uffizi, col quale condivide anche il medesimo formato.
     
     

  • Scuola olandese, fine sec. XVI-inizi XVIIRITRATTO DI UOMO CON LIBRO ROSSOolio...
    Lotto 6

    Scuola olandese, fine sec. XVI-inizi XVII
    RITRATTO DI UOMO CON LIBRO ROSSO
    olio su tavola, cm 44,5x33,5
    sul retro reca sigle "N.A."
     

  • Scuola lombarda, inizi sec. XVIIRITRATTO DI GIOVANETTAolio su tavola, cm...
    Lotto 7

    Scuola lombarda, inizi sec. XVII
    RITRATTO DI GIOVANETTA
    olio su tavola, cm 33x25
    sul retro bollo in ceralacca
     
    Il ritratto presenta talune affinità  stilistiche con le opere di Sofonisba Anguissola (Cremona 1532-Palermo 1625).

  • Scuola olandese, inizi sec. XVIIRITRATTO DI GENTILDONNA CON ABITO BIANCOolio...
    Lotto 8

    Scuola olandese, inizi sec. XVII
    RITRATTO DI GENTILDONNA CON ABITO BIANCO
    olio su tavola parchettata, cm 41x32
     

  • Ambito di Frans de Vriendt, fine sec. XVI GIOVANE DORMIENTE olio su tavola,...
    Lotto 8a

    Ambito di Frans de Vriendt, fine sec. XVI
    GIOVANE DORMIENTE
    olio su tavola, cm 46x32
    sul retro numero d'inventario e lettera "G" a bistro

  • Pittore fiorentino, fine sec. XVI-inizi XVII MADDALENA olio su rame...
    Lotto 8b

    Pittore fiorentino, fine sec. XVI-inizi XVII
    MADDALENA
    olio su rame ottagonale, cm 22x17
    sul retro iscritto a bistro "Ottavio Vanini"

  • Attribuito al Maestro di Montefloscoli(Firenze, prima metà  del...
    Lotto 9

    Attribuito al Maestro di Montefloscoli
    (Firenze, prima metà  del XV secolo)
    MADONNA CON BAMBINO TRA SANT'ANTONIO ABATE, SAN GIOVANNI BATTISTA, SANTA CATERINA D'ALESSANDRIA E SANTO VESCOVO
    tempera su tavola fondo oro cuspidata, cm 67x36 con cornice di epoca posteriore dorata, laccata e intagliata a motivo di foglie sulla cuspide, ai lati due colonnine tortili e basamento a gradino, cm 84x42,5
     
    Provenienza:
    asta Fisher 16-17 giugno 1972 lotto 19, Lucerna (come Bernardo Daddi);
    collezione privata;
    collezione privata, Parma
     
    Referenze fotografiche: Fototeca Zeri, Bologna, busta 0136 Pittura italiana sec. XV. Firenze. Rossello di Jacopo Franchi, Maestro di Montefloscoli, fasc. 4 Maestro di Montefloscoli, scheda n. 10600, invv. 33277; 33278
     
    Il fondo oro qui proposto raffigurante la Madonna con Bambino e santi risulta documentato presso la Fototeca della Fondazione Zeri di Bologna come opera del Maestro di Montefloscoli e come si può dedurre dalle dimensioni doveva avere in origine la funzione di piccola anconetta per la devozione privata.
    Questo anonimo maestro fu per lo più attivo per località  periferiche, dal Mugello alla Val di Pesa fino alla Lunigiana, offrendo una interpretazione provinciale dei modelli più colti della pittura tardogotica fiorentina. Tale fortuna presso una committenza minore determinò quindi il successo della produzione di anconette per la devozione privata che si conservano numerose rispetto alle sporadiche pale d'altare, da cui ha avuto inizio la ricostruzione del corpus del pittore (indicato anche col nome di Maestro di Ristonchi) compiuta da Richard Offner (Offner 1933, p. 174 nota 23) e da Roberto Longhi (Longhi 1940, ed. 1975 pp. 42 e 51 nota 19). Tra le pale d'altare si ricordano il polittico di Ristonchi, ora nel Museo di San Clemente a Pelago, quello di Santa Maria di Montefloscoli a Borgo S. Lorenzo, un Santo papa nella chiesa di Santa Maria a San Donato in poggio a Tavernelle e un trittico nella pieve dei Santi Cornelio e Cipriano a Codiponte (in Lunigiana).
    Apparsa sul mercato antiquario nel 1972 in occasione di una vendita all'asta tenutasi a Lucerna, la nostra tavola veniva presentata con un riferimento a Bernardo Daddi formulato da Alfred Stange.
    Dalla documentazione fotografica conservata presso la Fototeca Zeri è possibile risalire ad una fotografia antecedente la vendita all'asta (inv. 33277), sulla quale Zeri aveva annotato un riferimento dubitativo al Maestro di Ristonchi. Nonostante alcune ridipinture evidenziate dallo studioso, le figure della nostra tavola si presentavano in questo scatto fotografico più vicine alle fisionomie filiformi e poco strutturate tipiche del Maestro, rispetto all'aspetto assunto nel momento in cui fu presentato all'asta. Presso la Fototeca Zeri è conservata anche la fotografia (inv. 33278, recante indicazioni di Zeri al Mestro di Ristonchi del 14 luglio 1972) che documenta questo stadio successivo e che ci permette di comprendere come un altro intervento avesse rinforzato il plasticismo dei corpi, strutturato le forme e ingentilito le fisionomie.
     
    E' possibile cogliere taluni riscontri compositivi e nell'impostazione delle figure con la tavola raffigurante Madonna con Bambino, san Giacomo Maggiore, sant'Antonio Abate e sante del Musèe des Beaux-Arts di Digione e con quella conservata presso il santuario della Madonna delle Grazie al Sasso, Santa Brigida (Firenze), in particolare per la figura del San Giovanni Battista per cui si colgono ulteriori affinità  con il polittico del Museo Beato Angelico di Vicchio, proveniente dalla chiesa di Santa Maria a Montefloscoli.
     
    Bibliografia di confronto: R. Offner, The Mostra del tesoro di Firenze Sacra. II, in "The

  • Maestro romanico del Palazzo Chigi di San Quirico d'Orcia, metà...
    Lotto 10

    Maestro romanico del Palazzo Chigi di San Quirico d'Orcia, metà  del sec. XII
    STORIE DI ABRAMO
    bassorilievo in marmo, cm 91x155x18
     
    Opera notificata con decreto del Ministero per i Beni e le Attività  Culturali, Firenze, 5 luglio 1999
     
    Provenienza:
    Collegiata dei Ss. Quirico e Giulitta, San Quirico d'Orcia (Siena);
    Palazzo Chigi Zondadari, San Quirico d'Orcia (Siena);
    mercato antiquario;
    collezione privata, Firenze
     
    Bibliografia:
    W. Biehl, Toskanische Plastik des fruhen und hohem Mittelalters, in "Italienische Forschungen", herausgegeben von Kunsthistorische Institut in Florenz, neue folge, zweiter band, Lipsia, Seeman, 1926, pp. 27-28 nn. 27, 138 n. 21a (tav. 21, fig.a); M. Salmi, Romanesque Sculpture in Tuscany, Firenze 1928, pp. 26, 49 n. 11, 138 n.11, 151, fig. 34, tav. XII; Pulpiti medievali toscani. Storia e restauri di micro-architetture, atti della Giornata di Studio, Accademia delle arti del Disegno, Firenze 21 giugno 1996, a cura di Daniela Lambertini, Firenze 1999, pp. 185-186; Il Palazzo Chigi Zondadari a San Quirico d'Orcia, architettura e decorazione di un palazzo barocco, a cura di Margherita Eichberg e Felicita Rotundo, San Quirico d'Orcia 2009, pp. 68-69, ill. p. 69; R. Calamini, Reperti romanici dall'abbazia di S. Maria a Montefollonico, in "Torrita. Storia, arte e cultura", V, 2014, pp. 7-19, in part. 16.


     
    Referenze fotografiche: Fototeca Zeri, Bologna, busta 004 Scultura italiana. Romanico. Toscana, Marche, Umbria, fasc. 3 Scultura romanica: Toscana 3, scheda n. 78669, inv. 141161
     
    L'opera qui presentata raffigurante le Storie di Abramo costituisce uno dei più importanti monumenti della scultura romanica in terra senese. Il bassorilievo, proveniente dalla pieve di San Quirico d'Orcia (oggi Collegiata), era ancora collocato nel 1928, anno della pubblicazione dell'opera da parte di Mario Salmi, nell'androne del seicentesco Palazzo Chigi Zondadari.
    La lastra, che costituiva probabilmente uno dei pannelli figurati dell'antico pulpito della pieve, è delimitata da una caratteristica fascia a girali con palmette e una protome bovina collocata al centro in basso che inquadra i personaggi di due scene vetero-testamentarie: a sinistra Abramo tra Sara con il figlio Isacco e Agar con il figlio Ismaele; a destra il Sacrificio d'Isacco con l'angelo che ferma Abramo che sta per immolare il figlio.
    Sia Walter Biehl (1926) che Mario Salmi classificarono l'opera, soprattutto sulla base della tipologia stilistica del fregio della cornice, nell'ambito della corrente romanica toscana che risente dell'influsso dei maestri lombardi attivi a Pavia, Parma e Modena. Salmi ipotizzò pertanto che gli autori delle sculture di questo gruppo possano essere stati artisti provenienti da oltre Appennino e mise in relazione lo stile e l'esecuzione tecnica delle figure con quelle del bassorilievo sull'architrave della porta laterale della Pieve di S. Vito a Corsignano, Pienza, raffigurante l'Adorazione dei Magi e la Natività , databile poco dopo la metà del sec. XII.
    In occasione dell'abbattimento dell'antica abside semicircolare della pieve di San Quirico avvenuta nel 1653 per costruire l'attuale spazio rettangolare è probabile che furono asportati i resti dell'antico arredo e quindi anche i reperti antichi come il nostro bassorilievo cambiarono collocazione.
    Nelle memorie della Collegiata di San Quirico è stata rintracciata menzione del nostro rilievo, infatti nel novembre del 1799 l'arcidiacono Bonaventura Nispi riunito il Capitolo "propose che S.E. Sig. Marchese Chigi desiderarebbe la pietra esprimente il Sacrificio di Abramo esistente nel cimitero presso la porta delle donne" e considerata la "

  • Attribuito ad Antonio Susini(Firenze, attivo dal 1580-1624)CRISTO...
    Lotto 11

    Attribuito ad Antonio Susini
    (Firenze, attivo dal 1580-1624)
    CRISTO RISORTO
    scultura in bronzo, alt. cm 41 su base moderna in marmo nero venato, alt. cm 20
     
    Opera notificata con decreto della Regione autonoma della Valle d'Aosta, 9 ottobre 2000
     
    L'opera qui presentata veniva attribuita ad Antonio Susini nella relazione storico-artistica del decreto di notifica redatto dal dott. Mario Scalini che per la rappresentazione a tutto tondo ipotizzava la sua destinazione quale coronamento di ciborio. "Il modello, a monte, per la struttura fisica del Cristo, viene ricondotto al Portacroce della “Minerva” del Michelangelo mentre per il bilanciamento della figura è fortemente debitore del Mercurio di Giambologna”.

  • Bottega di Gian Lorenzo Bernini, sec. XVIICRISTO CROCIFISSOscultura in bronzo...
    Lotto 12

    Bottega di Gian Lorenzo Bernini, sec. XVII
    CRISTO CROCIFISSO
    scultura in bronzo dorato, alt. cm 50
     
    Questo Cristo crocifisso in bronzo dorato, che originariamente doveva essere dotato di una Croce della quale oggi è privo, è immediatamente accostabile alla serie dei Crocifissi commissionati a Gian Lorenzo Bernini per dotare gli altari della nuova basilica di San Pietro. Fu Romano Battaglia, nel 1942, a pubblicare i documenti che permettevano di riferire al grande artista l’invenzione dei modelli destinati poi ad essere fusi in bronzo: un pagamento allo specialista Paolo Carnieri, incaricato di fondere i Crocifissi, specificava che questi erano stati fatti per servizio della Reverenda Fabbrica conforme al modello del sig. Cavaliere Bernini architetto (R. Battaglia, Crocifissi del Bernini in S. Pietro in Vaticano, Roma 1942, pp. 7 e 24).
    I modelli stessi, peraltro, erano stati eseguiti da Ercole Ferrata, il quale, nel giugno del 1658 riceveva venti scudi per il modello del Crocifisso “che serve per l’altari”; nel maggio dell’anno successivo lo stesso Ferrata era pagato 15 scudi “per avere fatto un altro modello d’un Crocifisso vivo” (Battaglia, op. cit., pp. 5 e 23). Il modello eseguito nel 1658, quindi, doveva essere relativo ad un “Crocifisso morto”: attualmente, infatti, si conservano ancora in San Pietro ventitré Crocifissi, diciotto secondo il modello ‘vivo’ e cinque secondo quello ‘morto’ o ‘spirante’. In origine, dai documenti, apprendiamo che i Crocifissi erano venticinque: uno è erduto, un altro è nei depositi della basilica (C. Savettieri, scheda in, La Basilica di San Pietro in Vaticani (Mirabilia Italiae 10), a cura di A. Pinelli, 4 voll., Modena 2000, II, pp. 806-807). Quelli giunti fino a noi misurano tutti 43 cm., sette in meno rispetto all’esemplare qui in esame. 
    Bernini si era già  confrontato, in precedenza, con il medesimo tema, in una prova più impegnativa, il Crocifisso bronzeo destinato all’Escorial presso Madrid (ancora in situ), databile al 1655-1656, e vi sarebbe tornato, ancora una volta con un formato monumentale, con il Crocifisso sempre bronzeo oggi alla National Gallery of Ontario di Toronto, riferito al 1659 circa (T. Montanari, Bernini per Bernini: il secondo “Crocifisso” monumentale; con una digressione su Domenico Guidi, in “Prospettiva”, 136, 2009, pp. 2-25). Infine, questa volta di nuovo per un piccolo pezzo di un arredo sacro destinato sempre alla basilica di San Pietro, Bernini avrebbe nel 1678 affidato ad un altro specialista, Girolamo Lucenti, la fusione del Crocifisso bronzeo per il ciborio della Cappella del Santissimo Sacramento (V. Martinelli, L’ultimo Crocifisso del Bernini, in L’ultimo Bernini 1665-1680: nuovi argomenti, documenti, immagini, a cura di V. Martinelli, Roma 1996, pp. 163-179, in particolare p. 164).
     L’esemplare qui presentato si avvicina alla tipologia del ‘Cristo morto’, la medesima che accomuna i cinque piccoli per gli altari di San Pietro ai due grandi capolavori dell’Escorial e di Toronto. Sono molti gli elementi che permettono di accostare questo Crocifisso ai prototipi berniniani: il capo chinato, sulla spalla destra, con i capelli che scendono morbidamente lungo la guancia destra, le mani abbandonate (solo in quello all’Escorial sono ancora tese, spalancate, per il dolore), il perizoma tormentato secondo un modo di panneggiare tipico di Gian Lorenzo. Ci sono, peraltro, anche alcune significative differenze: in nessuna delle invenzioni berniniane il perizoma si allunga, a fianco della gamba destr

  • Domenico di Bartolomeo detto Domenico Puligo(Firenze 1492-1527)SACRA...
    Lotto 13

    Domenico di Bartolomeo detto Domenico Puligo
    (Firenze 1492-1527)
    SACRA FAMIGLIA
    olio su tavola, cm 75x60 con cornice argentata a mecca di epoca posteriore con decoro fogliato a pastiglia e intagliata a motivo di ovuli
     
    Provenienza:
    collezione privata, Firenze
     
    Corredato da parere scritto di Carlo Falciani, Firenze, 27 luglio 2014
    Questa Sacra Famiglia va inserita senza dubbio fra le opere autografe di Domenico Puligo, pittore fiorentino della prim’ora, contemporaneo del Pontormo e del Rosso, e lodato da Giorgio Vasari come il miglior allievo di Ridolfo del Ghirlandaio, sopra tutti gli altri “eccellente nel disegno e più vago e grazioso nel colorito”. Il discepolato presso Ridolfo è subito visibile in alcuni elementi dell’opera quali la composizione arcaica delle figure, ripresa ed elaborata su modelli fiorentini di inizio secolo raffaelleschi, della scuola di San Marco, e sarteschi. Un ricordo dello stile di Ridolfo è poi evidente nel disegno armonico del viso di Maria posto quasi a confronto con quello di Giuseppe, rugoso e segnato in ossequio ai Vangeli apocrifi che lo descrivono vecchio rispetto alla sposa fanciulla.
    Fra i pochi studi dedicati al Puligo, rimane strumento essenziale il catalogo della mostra tenutasi a Palazzo Pitti nel 2002 (Domenico Puligo, catalogo della mostra a cura di Elena Capretti e Serena Padovani, Livorno 2002), dove è stato riunito per la prima volta il corpus dei dipinti attribuiti all’artista. Fra le opere pubblicate non appare infatti nessuna composizione identica a quella del dipinto in esame, a dimostrazione di come, anche in questo caso, Domenico Puligo offra una variazione su un tema trattato più volte durante la sua breve carriera terminata con la peste del 1527.
    A confronto con questa tavola potranno essere ricordati dipinti come la Sacra Famiglia della Galleria Palatina (inv. 1912 n. 486, in Domenico Puligo, catalogo della mostra, cit., p. 46, n. 23), dove la figura del san Giuseppe sembra aggiunta in un secondo momento a completare una composizione già articolata secondo stilemi usati varie volte anche da Ridolfo. La fisionomia quieta di Maria espressa attraverso lineamenti armonici che sono, come già  detto un’eco del disegno composto del maestro, andrà  accostata invece a dipinti quali il Ritratto femminile, della Galleria Nazionale del Canada a Ottawa (inv. 567, in Domenico Puligo, catalogo della mostra, catalogo della mostra, cit., p. 48 n. 41); oppure alla Sacra Famiglia in collezione privata (in Domenico Puligo, catalogo della mostra, cit., p. 61, n. 70) dove il volto della Madonna è quasi sovrapponibile a quello dipinto dal Puligo in questa tavola. Rispetto a quell’opera appare invece variata la figura del Bambino, parimenti seduto, che qui tiene le mani in grembo, mentre nel dipinto a confronto indica con la mano destra il seno della madre e si volge verso il padre ad istituire un muto colloquio. In entrambe le composizioni il san Giuseppe sembra quasi inserito in un secondo momento a riempire uno spazio rimasto vuoto, è in basso a sinistra, qui dietro alla Madonna nell’angolo destro, ma sempre avvolto in un’ombra soffusa che rende morbida e avvolgente l’atmosfera dell’opera. Tale carattere è ancora tipico dell’opera di Domenico Puligo, che ha sempre prediletto una pittura fatta di velature capaci di sfumare i contorni in un’atmosfera ombrosa di radice leonardesca. La sua pittura è infatti riconoscibile dal modo in cui il colore viene steso con velature sovrapposte a costruire una superficie di grande fragilità e sovente abrase se il dipinto ha subito drastiche puliture. I toni ombrosi si ispessiscono soprattutto nei panneggi ma r

  • Scuola francese, sec. XVIIIRITRATTO DI GENTILUOMOolio su tela, cm 86x69sul...
    Lotto 14

    Scuola francese, sec. XVIII
    RITRATTO DI GENTILUOMO
    olio su tela, cm 86x69
    sul retro due bolli in ceralacca
     

  • Seguace di Paolo Veronese, sec. XVIIRITRATTO DI GENTILDONNA IN ABITO DI...
    Lotto 15

    Seguace di Paolo Veronese, sec. XVII
    RITRATTO DI GENTILDONNA IN ABITO DI VELLUTO VERDE
    olio su tela, cm 85x69,5
    sul retro della tela di rintelo iscrizione "PAUL VERONESE FROM THE MARQUIS GERINI 1841" e bollo in ceralacca
     

  • Scuola emiliana, fine sec. XVISACRA FAMIGLIA CON SAN GIOVANNINO E ANGELOolio...
    Lotto 16

    Scuola emiliana, fine sec. XVI
    SACRA FAMIGLIA CON SAN GIOVANNINO E ANGELO
    olio su tela, cm 111x95
    reca iscrizione " PT F. 1570"
     

  • Scuola romagnola, fine sec. XVIMATRIMONIO MISTICO DI SANTA CATERINA CON SAN...
    Lotto 17

    Scuola romagnola, fine sec. XVI
    MATRIMONIO MISTICO DI SANTA CATERINA CON SAN GIOVANNINO
    olio su tavola parchettata, cm 76,5x62
    reca iscrizione in basso a sinistra apposta successivamente: "INNOCENTIVUS FRANCALIVS IMOLENSIS"
     
    La tavola riprende il medesimo soggetto e composizione di opere riferite un tempo dalla critica a Innocenzo Francucci detto Innocenzo da Imola (Imola 1494 circa-Bologna 1550) e successivamente ricondotte indirettamente alla cultura di Francesco Francia e della sua scuola, conservate in importanti collezioni pubbliche e private tra le quali si ricorda quella della Pinacoteca di Siena, dubitativamente riferita ad Innocenzo da Imola e una versione di collezione privata più recentemente riferita nell'archivio della Fototeca Zeri di Bologna al Maestro della Madonna Parrish (riprodotte in E. Negro, N. Roio, Francesco Francia e la sua scuola, Modena 1998, cat.n. 252-253).
     

  • Maestro di Serumido(attivo a Firenze nella prima metà  del secolo...
    Lotto 18

    Maestro di Serumido
    (attivo a Firenze nella prima metà  del secolo XVI)
    MADONNA COL BAMBINO E SAN GIOVANNINO
    olio su tavola, cm 76,5x58 cornice antica, intagliata, incisa a bulino a motivo fogliato e dorata
     
    Provenienza:
    collezione privata, Firenze
     
    Corredato da parere scritto di Carlo Falciani
     
    Lo stile fortemente caratterizzato di questa Madonna col Bambino e san Giovannino subito conduce a cercarne la paternità  fra quei pittori riuniti da Federico Zeri all'interno della definizione critica di eccentrici fiorentini. In due memorabili articoli del 1962 (Bollettino d'Arte, 47,1962, pp. 216-236, 314-326), egli definiva infatti i caratteri di alcuni artisti che lavorarono a Firenze nei primi venti anni del Cinquecento, vicini, per l'evidente forzatura dell'armonia cara al Raffaello fiorentino ai maestri di prima grandezza - come il Rosso, il Franciabigio, il Pontormo e lo stesso Andrea del Sarto -, che furono protagonisti della vasariana "maniera moderna", al tempo di Zeri ancora declinata come Manierismo.
    L'opera di quegli artisti si svolgeva dalla prim'ora in parallelo anche all'astro di Alonso Berruguete precocemente eccentrico nella Firenze dove ancora lavoravano Francesco Granacci e Piero di Cosimo. Quegli artisti erano il cosiddetto Maestro dei Paesaggi Kress, poi identificato con Giovanni Larciani, Antonio di Donnino del Mazziere, il Maestro Allegro, e quello degli Angiolini, ed infine il Maestro di Serumido, ancora oggi ignoto artista capace di forzature dello stile in parallelo agli esiti di alcuni spagnoli come il già  ricordato Berruguete, ma non del tutto immemore delle invenzioni di Filippino e di Ridolfo del Ghirlandaio.
    Proprio a tale maestro fiorentino, il cui nome ancora oggi ci sfugge, sarà  da riferire questa tavola con la Madonna col Bambino e san Giovannino, le cui assonanze con le opere prime di quel pittore sono evidenti. Se Federico Zeri ricostruiva il corpus dell’artista partendo dalla pala d’altare con la Madonna in trono e santi della chiesa di Serumido (già  di San Pier Gattolini) si deve a Serena Padovani (I ritratti Doni: Raffaello e il suo 'eccentrico' amico, il Maestro di Serumido, "Paragone", 56, 2005, 61, pp. 3-26) una precisa e complessa ricostruzione dell’artista e un primo tentativo di datazione delle sue opere a partire dall’attribuzione a lui delle scene a monocromo dipinte sul verso dei ritratti di Agnolo e Maddalena Doni di Raffaello. Già  la fisionomia del Bambino appare quasi identica a quella usata nella pala della chiesa di Serumido. La fronte alta e bombata, il caratteristico taglio degli occhi a mandorla o le lumeggiature dei particolari anatomici caratterizzano in modo identico anche il Gesù della pala usata da Zeri per conferire un nome al pittore. Anche la posizione del Bambino in piedi sul grembo di Maria è la medesima e viene ripetuta nella pala d’altare di San Giusto ad Ema a bagno a Ripoli, dove il pittore sembra ancora più forzare i caratteri eccentrici del suo stile. Ulteriori confronti potranno essere svolti fra il curioso profilo sgusciato del san Giovannino con quello del san Sebastiano nell'Annunciazione della chiesa fiorentina di San Giuseppe, mentre il volto di Maria, seppur qui perfettamente ovale e armonico - quasi una reminescenza raffaellesca -, andrà  paragonato con quello degli angeli dalla fronte ampia e tornita nelle due pale già  citate della chiesa di Serumido e di San Giusto ad Ema, ma ormai deformate secondo stilemi caria anche a Berruguete.
    La composizione di questo dipinto sembra invece ancora appartenere ad un momento più saldo e armonico, forse precedente, dello stile del Maestro di Serumido. Come ha indicato Serena Padovani, nei primi

  • Giuseppe Cesari detto il Cavalier d’Arpino(Arpino 1568 – Roma...
    Lotto 19

    Giuseppe Cesari detto il Cavalier d’Arpino
    (Arpino 1568 – Roma 1640)
    SACRA FAMIGLIA ADORATA DA SAN FRANCESCO, CON UN ANGELO
    olio su rame, cm 45x36,5
     
    Provenienza:
    Sestieri, Roma;
    Carla Guglielmi Faldi, Roma;
    collezione privata, Roma
     
    Bibliografia:
    H. Roettgen, Il Cavalier Giuseppe Cesari d’Arpino. Un grande pittore nello splendore della fama e nell’incostanza della fortuna, Roma 2002, p. 379, cat. 137, ill.; M.S. Bolzoni, Il Cavalier Giuseppe Cesari d’Arpino. Maestro del disegno. Catalogo ragionato dell’opera grafica, Roma 2013, p. 343, n. 222; H. Roettgen, Cavalier Giuseppe Cesari d'Arpino. Die Zeichnungen. I disegni. III Reife und Alter. Maturita' e anzianita' 1605-1640, Stoccarda 2013, p 16/17 n. 427 (per il disegno agli Uffizi, 1606 circa, preparatorio per il dipinto già  in collezione Faldi, riprodotto a p. 17, o per altro simile.
     
    Raro dipinto “en grisaille” su rame, eccezionale anche per l’ottima conservazione, l’opera è stata pubblicata da Herwarth Roettgen con una datazione intorno al 1606 proposta in base a confronti stilistici. Lo stesso studioso ne sottolinea la relazione con un foglio a matita rossa conservato al Gabinetto dei Disegni e Stampe degli Uffizi, quasi identico nella composizione anche se non preparatorio in senso stretto. La medesima relazione è stata confermata da Bolzoni nel suo recente catalogo dell’opera grafica del Cavalier d’Arpino.

  • Pittore veneto, sec. XVIISCENA ALLEGORICA DAL CANTICO DEI CANTICIolio su...
    Lotto 20

    Pittore veneto, sec. XVII
    SCENA ALLEGORICA DAL CANTICO DEI CANTICI
    olio su tela, cm 85x101
    al recto in alto a sinistra iscritto: "VENI IN HORTVM MEVM SOROR MEA SPONSA" e in alto a destra iscritto: "VENIAT DILECTVS MEVS IN HORTVUM SVVM"
     
    Provenienza:
    collezione privata, Firenze
     
    L'interessante dipinto qui proposto illustra un soggetto piuttosto inusuale tratto dal testo sacro del Cantico dei Cantici, libro dell'Antico Testamento che contiene una serie di soliloqui e dialoghi poetici della Sposa e dello Sposo per cui sono state offerte varie interpretazioni allegoriche come l'esaltazione dell'amore tra Yahweh e Israele o tra Cristo e la Chiesa o tra Cristo e l'Anima.
    Sulle due arcate a destra e a sinistra del dipinto sono riportate le seguenti iscrizioni: "Veniat dilectus meus in hortum suum" e "Veni in hortum meum soror mea sponsa" tratte dal Capitolo V, 1-3 del Cantico. La nostra tela costituisce pertanto una sorta di trasposizione in pittura di questi passi, vediamo infatti sulla destra del dipinto che la Sposa conduce lo Sposo, ovvero Cristo, nel suo giardino per mostrargli i frutti. All'interno del giardino, che viene rappresentato dal pittore come una sorta di hortus conclusus, si ritrova il simbolo del peccato espresso attraverso la rappresentazione della Cacciata dei Progenitori; al centro, a indicare il piacere carnale, due satiri che bevono il vino; e infine il trionfo della morte rappresentata come uno scheletro incoronato che si erge sul corpo esangue di una giovane fanciulla distesa sul prato.
    A questo percorso negativo si contrappone il giardino dello Sposo, rigoglioso di fiori, in cui viene indicata alla Sposa la giusta via da seguire ovvero quella tracciata da Cristo che attraverso il suo sacrificio, simboleggiato dalla Croce, dal calice e dai chiodi, ha così liberato il suo popolo dalla morte e dal peccato.
     
    Il dipinto per le sue caratteristiche stilistiche può essere ricondotto all'area veneta ed in particolare, su indicazione di Enrico Lucchese, può essere avvicinato al pittore di origine lucchese Pietro Ricchi (1606-1675). L'opera presenta infatti talune affinità  con alcune opere di Ricchi, che a partire dal 1650 fu attivo a Venezia dove eseguì alcune composizioni ispirate alle opere del Veronese e risentà dell'influsso di altri artisti tra cui Tintoretto, Francesco Maffei, Pietro Liberi e Sebastiano Mazzoni. E' possibile effettuare confronti stilistici principalmente con le opere da cavalletto che presentano figure di piccole dimensioni come ad esempio col Mosè salvato dalle acque di collezione Sgarbi o con l'Adorazione dei Magi di collezione privata, Mantova, in cui si rintraccia un simile uso di bagliori cromatici che emergono da toni più scuri e una simile capacità  di costruire le sagome delle figure. Da sottolineare inoltre come nel nostro dipinto sia possibile ravvisare una particolare attenzione del pittore per i dettagli naturalistici, che si riconoscono nella cura nel dipingere il prato fiorito o i dettagli delle preziose vesti della Sposa.

  • Scuola fiamminga, sec. XVIIPAESAGGIO CON EPISODIO DI STORIA ANTICAolio su...
    Lotto 21

    Scuola fiamminga, sec. XVII
    PAESAGGIO CON EPISODIO DI STORIA ANTICA
    olio su tavola, cm 37x54
     

  • Scuola genovese, fine sec. XVIIELIA NUTRITO DALL'ANGELO IN UN PAESAGGIOolio...
    Lotto 22

    Scuola genovese, fine sec. XVII
    ELIA NUTRITO DALL'ANGELO IN UN PAESAGGIO
    olio su rame, cm 77x116,5
     

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Dipinti Antichi

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  • 26 novembre 2014 ore 16:00 Sessione Unica - dal lotto 1 al lotto 84 (1 - 84)