Lotto 335 | Valerico Laccetti (1836 - 1909) Paesaggio con pecore, 1875 circa

Bonino - Via Filippo Civinini 21-37, 00197 Roma
LA GIOIA A COLORI. VENETO BANCA ATTO II - I CAPOLAVORI Sessione unica
giovedì 29 febbraio 2024 ore 18:00 (UTC +01:00)

Valerico Laccetti (1836 - 1909) Paesaggio con pecore, 1875 circa

Valerico Laccetti (1836 - 1909)
Paesaggio con pecore, 1875 circa
Olio su tela
136,5 x 199,4 cm
Firma: “Laccetti” al recto
Provenienza: collezione privata, Pallanza; Banca Popolare di Intra (fino al 2010); Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 60% (quattro lacerazioni ricomposte, un piccolo sfondamento centrale, gore)
Stato di conservazione. Superficie: 80% (cadute di colore, craquelures)

Formatosi tra lo studio del cugino Filippo Palizzi e l'Istituto di Belle Arti di Napoli, Valerico Laccetti si afferma negli anni Sessanta dell'Ottocento come valente pittore di paesaggi, scene campestri e animali sulla scia del verismo analitico dei fratelli Palizzi, esponendo con successo nelle principali mostre nazionali, soprattutto a Roma, dove dal 1863 stabilisce lo studio, e a Napoli. Seguendo le orme di Giuseppe Palizzi soggiorna in Francia e visita Fontainebleau probabilmente nel 1870, come si evince dall'opera Souvenir de Fontainebleau, esposta alla Promotrice napoletana dello stesso anno. A questo primo viaggio ne seguiranno altri nello stesso decennio, forse nel 1872 – la scarsa e lacunosa bibliografia sull'artista riporta in quest'anno una permanenza di sette mesi, con frequentazione dello studio di Giuseppe Palizzi - e poi in occasione della sua partecipazione ai Salon del 1874 e del 1875, segno di un rapporto ben affermato con gli ambienti artistici francesi. È proprio nell'orbita dell'esperienza dei Palizzi e dei realismo en plein air della scuola di Barbizon che va collocata l'opera in oggetto, sicuramente un quadro da esposizione, come suggeriscono le dimensioni ragguardevoli. L'opera raffigura infatti un gruppo di pecore di fronte a una radura di alberi con ampie fronde che si stagliano contro un cielo grigio, una combinazione quindi tra quadro di paesaggio e quadro di animali secondo una formula già sperimentata dai fratelli Palizzi proprio sull'eco di artisti come Constant Troyon e Rosa Bonheur, a loro volta attenti alle lezione degli olandesi del Seicento. Il paesaggio maestoso, con l'imponente quercia dal tronco nodoso al centro della tela, sembra chiaramente evocare l'imponente e incontaminato complesso boschivo della foresta di Fontainebleau, meta privilegiata dei barbizonniers. Ai pittori francesi rimanda anche la maniera larga e pastosa con la quale Laccetti costruisce gli elementi del rigoglioso contesto naturale indagando il filtrare della luce tra le fronde e i vapori dell'atmosfera.
Notevole l'impaginazione compositiva, con la staccionata in diagonale che accentua la fuga prospettica al cui centro sono le pecore e la quercia, espediente per accentuare lo scarto dimensionale tra il piccolo gregge e il paesaggio amplificandone le dimensioni e il respiro.
Molti anni dopo Laccetti riutilizzerà il contesto naturale di quest'opera come sfondo per Christus vincit!, esposto nel 1891 all'Esposizione di belle arti di Roma. Il dipinto, disperso e noto solo da riproduzioni (Beniamino Costantini, Un pittore poeta Valerico Laccetti, in Rivista abruzzese di scienze, lettere ed arti, XXV (1910), 5-6, pp. 279-296, ripr. p. n. n.), mostra il nuovo corso che l'arte di Laccetti aveva preso dall'inizio degli anni Ottanta quando, ponendo in secondo piano la pittura di paesaggio, l'artista abruzzese aveva iniziato a cimentarsi in impegnativi dipinti storico-religiosi. Il primo era stato Christus imperat! (Chieti, Consiglio provinciale), che, dopo una gestazione di quattro anni, era stato presentato con successo nell'Esposizione nazionale di belle arti di Roma del 1883. L'opera, di grandi dimensioni e ispirata al verismo storico di Domenico Morelli, celebrava la vittoria del cristianesimo sul paganesimo. Al tema del perdono era invece dedicato Christus vincit!, con il passaggio di un gruppo di suore accanto a una donna in lacrime, forse una peccatrice, accovacciata ai piedi di un crocifisso, lungo un sentiero costeggiante un bosco. Il paesaggio incontaminato degli anni Settanta diventava così in quest'ultimo dipinto uno scenario abitato dall'uomo, con modifiche sostanziali di evidente natura simbolica (la chiesa sullo sfondo, la lampada appesa all'albero, il serpente che contempla la scena avvolto intorno al palo della staccionata).

Sabrina Spinazzè