Lotto 298 | Oscar Ghiglia (1876 - 1945) Natura morta, 1936-1937

Bonino - Via Filippo Civinini 21-37, 00197 Roma
LA GIOIA A COLORI. VENETO BANCA ATTO II - I CAPOLAVORI Sessione unica
giovedì 29 febbraio 2024 ore 18:00 (UTC +01:00)

Oscar Ghiglia (1876 - 1945) Natura morta, 1936-1937

Oscar Ghiglia (1876 - 1945)
Natura morta, 1936-1937
Olio su cartone
32,8 x 37,4 cm
Firma: in alto a destra, “O. Ghiglia”
Bibliografia: L. Ghiglia e S. Zampieri, a cura di, "Oscar Ghiglia. Catalogo generale", Cinisello Balsamo, 2022, p. 418, n. 723
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 90%

Allievo di Giovanni Fattori, amico e sodale di Llewelyn Lloyd e Amedeo Modigliani, collaboratore della rivista “Leonardo” di Giovanni Papini e Giuseppe Prezzolini, Oscar Ghiglia è uno dei maggiori artisti post-macchiaioli. Il costante legame con Ugo Ojetti e con il collezionista Gustavo Sforni, che aveva contribuito alla diffusione in Italia dell’opera di Paul Cézanne, lo colloca nell’ambito di una modernità lontana dalle avanguardie e in tale veste nel primo dopoguerra affronta il dibattito sul “ritorno all’ordine” e partecipa nel 1921 alla mostra “Arte Italiana contemporanea” curata da Ojetti alla Galleria Pesaro e nel 1923 alla Prima Mostra del Novecento Italiano di Margherita Sarfatti. Il rapporto con la realtà, indagata attraverso il paesaggio, il ritratto e la natura morta, è 'conditio sine qua non' della sua produzione. Erede della tradizione macchiaiola nell’introduzione alla prima monografia su Fattori, da lui stesso redatta, afferma: «la pittura è fondata unicamente sulla legge del saper trovare il tono giusto d’un colore e costringerlo nel suo giusto spazio» (Oscar Ghiglia, “L’opera di Giovanni Fattori, Firenze, 1913). Gli fa eco nel 1920 Ojetti: «la pittura è, infatti per lui non un modo d’inventare o sognare, ma un modo di capire, ordinare, dominare, godere il vero e renderlo con l’arte prezioso, durevole e desiderabile» (Ugo Ojetti, “Il pittore Oscar Ghiglia”, in “Dedalo”, I, 1920, 1, pp. 114-132, pp. 116-117). Isolatosi progressivamente con l’avvento del fascismo, attorno alla metà degli anni Trenta «dopo anni di dialogo serrato tra oggetto e sfondo, decide di ‘emancipare’», nelle nature morte, «l’oggetto per renderlo interprete assoluto della figurazione» (Stefano Zampieri, “L’opera pittorica di Oscar Ghiglia”, in Leonardo Ghiglia e Stefano Zampieri, a cura di, "Oscar Ghiglia. Catalogo generale", cit., pp. 17-69, p. 58). In queste opere, dal formato spesso quadrato per meglio esaltare l’oggetto, che costituiscono una sorta di ritmata meditazione sulla forma, lo sfondo è ridotto a panni accesi o a pareti azzurre bicolori e gli oggetti sono spinti in primo piano per favorire una visione ravvicinata e fotografica come nel caso di queste mele dalla superficie tanto lucida da apparire riflettente. Si tratta di un «faticoso tentativo di far coincidere visione interiore e immagine reale» (Leonardo Ghiglia, “'È musica la pittura...musica grande’. Fortuna e sfortuna critica di un elusivo compositore figurativo” in Leonardo Ghiglia e Stefano Zampieri, a cura di, "Oscar Ghiglia., cit., pp. 71-, p. 96) in cui il tema perde progressivamente importanza a favore della pittura come atto puro.

Teresa Sacchi Lodispoto