Pre-Asta LA GRAZIA E LA FORZA. PARTE I. BASI D'ASTA RIDOTTE
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Lotto 34 Autore non riconosciuto (XX secolo)
Senza titolo, 2001
Olio e sabbia su tela
80 x 60 cm
Firma: illeggibile al recto
Data: “2001” al recto
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lotto 36 Anton Zoran Mušič (1909 - 2005)
Cavalli
Olio su tela
31,5 x 41,3 cm
Firma: “Music” al recto
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 85%
Stato di conservazione. Superficie: 80% (lievi distacchi del colore)
In questo dipinto, appartenente alla celebre serie dei Cavallini, Mušič ritorna al motivo che più di ogni altro ha segnato la fase felice e lirica della sua produzione del dopoguerra. Il tema affonda le sue radici nei soggiorni estivi trascorsi dall'artista in Dalmazia, tra le piane carsiche e le colline pietrose che fornivano un repertorio naturale di asinelli e cavalli dalmati. Quel mondo – semplice, arcaico, attraversato da un ritmo pacato – diviene negli anni immediatamente successivi alla guerra un serbatoio di memoria e di quiete, un contrappunto esistenziale alla tragedia vissuta a Dachau.
Mušič sviluppo il motivo dopo la liberazione dal campo di concentramento e il ritorno in Slovenia. I cavallini si dispongono quasi sempre in piccoli gruppi, colti da tergo, di tre quarti o di profilo come in una processione lenta e silenziosa. Non sono rappresentazioni descrittive: le loro forme allungate, le teste ridotte, le macchie decorative sul manto appartengono più al regno del ricordo che a quello della rappresentazione naturalistica.
La critica ha spesso letto questi cavallini come figure doppie: da un lato evocano la nostalgia dell’infanzia e della terra d’origine; dall’altro incarnano un’idea fragile di libertà, costantemente minacciata dall’ombra dell’orrore del lager, che l’artista porterà a maturazione nel ciclo "Nous ne sommes pas les derniers".
Nell'opera di Veneto Banca il linguaggio è già quello del primo periodo astratto di Mušič (circa 1951–57): le linee curve dominano la composizione, unificando manti, colline e superfici; la materia è asciutta, quasi terrosa; le figure – gialle, brune, rossastre – emergono da un fondo caldo che richiama le pietraie dalmate. Le macchie scure e la trama della tela a vista accentuano il carattere atmosferico, sospeso, quasi trasognato della scena. La processione dei cavalli è resa attraverso sottili variazioni cromatiche e segni minimi: piccoli punti, reticoli obliqui, striature che trasformano i corpi animali in elementi ritmici, ormai più vicini al segno che allo studio dal vero.
Proprio l’equilibrio tra figurazione e astrazione è la qualità focale di questa piccoal tela. La disposizione dei cavalli in sequenza, l’uso calibrato delle tonalità calde e la vibrazione decorativa delle superfici testimoniano una fase matura e consapevole della ricerca di Mušič, in cui il tema dalmata viene distillato fino a diventare un’immagine-simbolo. L’opera si distingue per la sua delicatezza lirica e per la capacità di unire semplicità narrativa e profondità emotiva — un tratto che rende questi Cavallini tra i soggetti più amati e riconoscibili dell’artista. -
Lotto 38 Paolo da San Lorenzo (1935)
Il canto della luce, 2001
Olio su tela
100 x 100 cm
Firma: “Paolo da San Lorenzo” al recto
Elementi distintivi: etichetta della Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana con riferimento di inventario e analoga etichetta anonima, al verso
Provenienza: Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana; Veneto Banca SpA in LCA
Certificati: sul verso, certificato di garanzia dell’artista con titolo e data
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lotto 39 Italia (Fine del XX secolo - Inizi del XXI secolo)
Rivisitazione
Stampa offset su carta
73 x 148 cm
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lotto 42 Francesco Bassano (1549 - 1592), con possibili interventi di Jacopo Bassano (1510-1592)
Ritorno del figliol prodigo, 1575 circa
Olio su tela
99,4 x 131 cm
Provenienza: Cambi, Genova, 26 febbraio 2007, l. 1301 (€ 68.000); Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 70% (reintelo)
Stato di conservazione. Superficie: 80% (abrasioni nelle parti delle terre, limitate cadute; interventi di restauro in due momenti diversi)
La parabola del “Ritorno del figliol prodigo”, dal Vangelo di Luca (15, 11-32), è un soggetto fortunato e ricorrente nella produzione dei Bassano: la complessa scena – sul fondo il giovane che si allontana a cavallo, a sinistra l’incontro con l’anziano padre che lo perdona e al centro la macellazione del vitello grasso – offre alla capacità inventiva ed al gusto narrativo di Jacopo da un canto una efficace articolazione teatrale del tempi (consentendo di rappresentare l’intera storia in una unica scena), e dall’altro la possibilità di unire i temi più apprezzati della pittura del Cinquecento, la figura umana, il paesaggio, i ricchi interni, la natura morta, gli animali, i contrasti luminosi, la prospettiva e l’architettura classica. Se l’ideazione è certamente di Jacopo, le molte versioni note richiedono una attenta valutazione delle mani operanti, e nessuna di esse sembra, oggi, essere stata compiuta integralmente dal caposcuola.
Presso il Prado, con datazione intorno al 1570, si conserva la composizione più complessa: eguale all’opera in asta nell’impianto generale, presenta tre ulteriori personaggi, di eccezionale fattura: a sinistra un uomo intento a pulire un pollo, al centro un ragazzo riccamente abbigliato e a destra, innanzi al focolare, una giovane serva. Soprattutto nelle prime due figure citate, si rileva lo scatto qualitativo tra Jacopo ed il figlio Francesco, ma l’impianto generale mostra la collaborazione tra i due artisti. Jacopo e Francesco affrontano il tema insieme altre volte, tra il 1570 e il 1590 nelle tele conservate alla Galleria Doria Pamphili, Roma, ed alla Art Gallery of Western Australia, Perth, e forse in un dipinto già presso il Rose Art Museum, Brandeis University, di Waltham (MA) archiviato da Federico Zeri con attribuzione piena a Jacopo Bassano (Fototeca Zeri, cat. 44488). Integralmente a Francesco sono da ascriversi le versioni conservate presso il Musée des Beaux Arts di Libourne e presso la Chiesa della Ss. Annunziata a Napoli, mentre a Leandro risale una replica oggi al Bristol Museum of Fine Arts. Non poche copie, più o meno vicine alla celebre bottega, sono inoltre apparse negli anni.
La tela in esame, inedita, è stata presentata in asta nel 2007 come autografa di Jacopo Bassano presso Cambi a Genova, dove è stata acquistata da Veneto Banca, con la consulenza di Saviano Luigi Bellé, che ne ha anche curato la pulitura, restituendo alla tela – piuttosto appannata in asta – una grande leggibilità dei valori cromatici, e per primo proponendo l’attribuzione a Francesco Bassano (2007).
Come ricorda Rodolfo Pallucchini, nella monografia dedicata all’artista, “Alle soglie degli anni settanta, si avverte (…) che qualcosa sta mutando nel gusto di Jacopo Bassano: venuta meno la esigenza di un «experiri» manieristico, il pittore tende a ridare alla composizione una monumentalità su basi prospettiche che possa consentire un racconto sacro, ormai ambientato in luce vespertine, sviluppato e coordinato secondo i canoni tridentini. Contemporaneamente a tale attività nel campo devozionale, richiesta da chiese e conventi di tutto il Veneto, Jacopo, con l’aiuto della bottega - specialmente del figlio Francesco – s’avvia ad una produzione sempre più larga nel campo della pittura di genere. Le opere dell’ottavo decennio, tanto le devozionali o civili quanto le scene campestri o di genere, sono forse quelle che hanno dato maggiore fama al Bassano: le prime per essere esposte in pubblico, le seconde per corrispondere a quella moda che è stata definita del «bassanismo»: ma sono anche le più esteriori (Pallucchini, Bassano, Bologna, 1982, p. 41).
In questo excursus stilistico, l’opera in asta, databile intorno il 1575, si colloca assai vicino al dipinto del Prado (1570 circa), più complessa e di maggiore piglio realistico, ed alla tela della Galleria Doria Pamphilj (1570-1578 circa), che presenta la analoga composizione semplificata. La presenza di Francesco, nelle tre tele, è testimoniata dalle pennellate rapide e compendiarie (pressoché identico, il modo in cui è realizzato il cappello del macellaio nella tela del Prado e nell’opera in asta), che nel dipinto di Veneto Banca dominano la composizione, più aperta anche nel paesaggio. Quasi una firma di Francesco è il modo di realizzare le orecchie, con una sovrapposizione nervosa di colpi di pennello, la stessa che si snoda ampiamente nei panneggi, di contro alla mano più controllata del padre. Più vicini a Jacopo, e di maggiore effetto drammatico e realistico insieme, sono invece la scena del perdono, in particolare le figure del padre e del figliol prodigo, così come particolari nel macellaio di spalle, nella figura femminile a destra e nel viso di vecchia come rileva Giorgio Tagliaferro (comunicazione orale), opinione condivisa, in particolare per quanto concerne il gruppo del perdono, da altri tre specialisti, che hanno chiesto di non essere citati. Andrea Donati (comunicazione orale) considera per l’opera una datazione più tarda, intorno al 1580-1585, suggerendo che il gruppo del perdono risalga all’ultimo Jacopo. Giuseppe Pavanello ascrive, invece, l’opera completamente a Francesco (comunicazione del 10 giugno 2021).
Nel complesso svolgersi della bottega dei Bassano – iniziata dal padre di Jacopo, Francesco il Vecchio, e proseguita dai figli Francesco, Leandro, Giambattista e Gerolamo – la figura di Francesco è centrale, tant’è che Jacopo lo ricorda, con Leandro, nel proprio testamento come pratico e di pronta invenzione, e capace di un’arte “bona e perfetta" (Alberton Vinco da Sesso - F. Signori, “Il testamento di Jacopo Bassano”, in “Arte veneta”, XXXIII, pp. 161-64, 1979, pp. 163 s.). Come segnala Marco Horak, confermando l’attribuzione a Francesco con interventi di Jacopo nella scheda approntata per l’asta, nel 1577 il Marucini annota che Iacopo ha un "figlio ammaestrato da lui che non solamente è imitatore diligentissimo del Padre, ma tende a strada di non, solo agguagliarlo, ma superarlo, se Dio li presta vita", mentre nel 1648 il Ridolfi descrive Francesco come "Il più valoroso dei figli di Iacopo" e aggiunge che "fu allevato con ottime istituzioni dal Padre, e negli anni ancor giovanili gli fu di sollievo di molte fatiche", soprattutto dopo il 1575, quando il crescente successo obbliga ad una riorganizzazione della “ditta familiare” dei Bassano.
Dalle analisi diagnostiche realizzate nel 2021, sono emerse in radiografia significative variazioni nella resa della struttura architettonica a sinistra e la sovrapposizione del gruppo del perdono allo sfondo paesistico, con un importante ampliamento della figura del figliolo: un dato che conferma come queste figure siano state realizzate per ultime, quasi a suggellare l’opera (Relazione Diagnostica Fabbri, pp. 7-12). Rimarchevole, anche ai fini di datazione, la parziale rotazione del volto della bambina intenta a lavare i panni, originariamente maggiormente di profilo come nel dipinto Doria Pamphilj e poi corretta con un risultato assai simile alla tela del Prado, modelli che dovevano quindi essere entrambi ben presenti agli autori del dipinto di Veneto Banca.
La lavorazione del gruppo del perdono con maggiore libertà assume particolare significato in confronto alla predisposizione di parte dei confini di figure e architetture con abbozzo con medium opaco, probabilmente carbone, messa in evidenza dalla riflettografia infrarossa: per esempio, la figura del macellaio, di cui si può facilmente seguire il disegno preparatorio dal cappello alla spalla lungo il fianco destro (Relazione Diagnostica Fabbri, p. 14), in analogia con la tela del Prado. Tratteggiata a carbone anche la fronte della figura femminile seduta davanti al caminetto – che risulta maggiormente di profilo rispetto alle tele di Roma e Madrid, e ridotta nel mento rispetto alla prima stesura – così come il petto ed un tratto della veste (ibidem, p. 15). Analoghi segni di organizzazione dell’immagine con abbozzo a carboncino si rilevano nel profilo inferiore del gatto e nella definizione delle architetture, realizzate con l’ausilio di una riga e anch’esse dipinte precedentemente al gruppo del perdono (ibidem, p. 17).
L’analisi a falso colore ha messo in evidenza il viraggio verso una tonalità grigio scuro di alcuni elementi che probabilmente in origine tendevano maggiormente al blu ed al verde: in particolare il cielo, il paesaggio, alcune vesti (del padre, della lavandaia e del servo che apre l’anta) e la seconda fila di piatti a parete. Questo rilievo è assai interessante perché la cromia originale blu-verde di queste parti è confermata dalle repliche di questo soggetto conservate al Musée de Beaux-Art di Libourne (con attribuzione a Jacopo, ma in realtà di Francesco) ed al Bristol Museum of Fine Arts (con attribuzione a Leandro), nonché dal dipinto del Prado, che tuttavia presenta, nelle vesti, una cromia maggiormente scurita e più simile all’opera in esame.
Ringraziamo Andrea Donati, Marco Horak, Giuseppe Pavanello, Giorgio Tagliaferro e Davide Bussolari (Diagnostica Fabbri) per il supporto nella catalogazione dell'opera. -
Lotto 43 Gaspare Diziani (1689 - 1767), attribuito a
Martirio di Santa Giustina da Padova
Olio su tela
131,5 x 97,5 cm
Provenienza: Eredi G. Galanti (fino al 16 dicembre 1960, come "Martirio di Sant'Agnese"), Banca Popolare di Asolo, Banca Popolare di Asolo e Montebelluna; Veneto Banca SpA in LCA
Bibliografia: Danilo Gasparini e Lucio De Bortoli, Storia di una banca di territorio. Dalla Popolare di Montebelluna a Veneto Banca. 1877-2007, Treviso, 2008, p. 235
Stato di conservazione. Supporto: 70% (reintelo, in seguito ad un danno da urto con lacerazioni in sei punti suturati con restauro nel 2003)
Stato di conservazione. Superficie: 80% (superficie pittorica sanificata e consolidata, abrasioni e ridipinture)
Il dipinto, che proviene probabilmente dalla settecentesca Villa Galanti ad Asolo, oggi Villa Cipriani, venne attribuito a Gaspare Diziani da Luigi Coletti (1886-1961), conservatore del Museo e della Pinacoteca Civica di Treviso, successore di Roberto Longhi nella cattedra di storia dell'arte a Bologna e poi, nel 1937, di Matteo Marangoni a Pisa. Gli inventari della Banca Popolare di Asolo ne registrano, infatti, la cessione da parte di G. Galanti nel 1960, due anni prima dell'acquisto della villa da parte di Rupert Edward Cecil Lee Guinness, della celebre famiglia di produttori di birra.
Il soggetto, da sempre ritenuto Santa Agnese, rappresenta invece il martirio di Santa Giustina da Padova, compatrona di Venezia: la giovane, figlia del governatore di Padova, era stata giustiziata dai soldati di Diocleziano il 7 ottobre 304 a causa del suo rifiuto di aderire ai culti pagani. Il culto di Giustina ebbe grande risalto in Veneto, sin dal VI secolo, con la fondazione di un primo santuario sulla sua tomba da parte del prefetto del pretorio Venanzio Opilione, divenuto importante centro monastico nel XV secolo, ed alla santa è dedicata la omonima basilica cittadina. Nel giorno della sua festa, il 7 ottobre 1571, a Lepanto la Lega Santa trionfò sulla flotta turca, frenando la avanzata di Istanbul nel Mediterraneo. Da quel momento, l'esecutore di Santa Giustina è rappresentano come un moro, spesso in vesti orientali, con il primo grande esempio figurativo nel "Martirio di Santa Giustina" di Paolo Veronese, conservato alla Galleria degli Uffizi (1570-1575): come nel dipinto di Veneto Banca, la martire è in vesti principesche, la corona poggiata a terra, simboli del suo lignaggio. In memoria della vittoria di Lepanto, a Venezia le è stata dedicata una chiesa in cui il Doge si recava ogni anno in processione il 7 ottobre per ascoltare il Te Deum e ringraziare per la miracolosa intercessione. Venezia le dedicò anche una speciale osella, la cosiddetta giustina.
A giudizio di Giuseppe Pavanello, la tradizionale attribuzione della tela a Diziani risulta dubbia, anche se forse giustificabile nella prospettiva di un'opera giovanile, compromessa sul piano conservativo (comunicazione del 24 maggio 2021). Sono stata autorevolmente suggerite diverse attribuzione alternative. La prima, da parte di Mauro Lucco, guarda ad un ambito piemontese, forse Pietro Francesco Guala (1698-1757) o più da vicino a Claudio Francesco Beaumont (1694-1766), con conseguente lettura del soggetto come Sant'Eurosia, la martire spagnola decapitata dai mori intorno al 968 a Yebra, il cui culto si diffuse anche in Italia settentrionale, soprattutto in Piemonte e Lombardia, come protettrice dei raccolti. La seconda, suggerita come prima impressione da Massimo Pulini, avverte nell'opera un legame con la pittura austriaca del primo Settecento. Tra le ulteriori attribuzioni alternative, va infine ricordato il pittore vicentino Giambattista Mariotti (1694-1765), in confronto con il "Martirio di Sant'Eurosia" del Museo Civico di Bassano per l'impostazione e i putti, che richiamano anche i "Putti musicanti" della cantoria Chiesa della Trinità a Chioggia (1720), e la tela con "Ercole e Onfale", in collezione Spanio (1740 circa), che mostra affinità anche nel trattamento del cielo (con costruzione in diagonale da sinistra a destra), del paesaggio (con l'estrema semplificazione degli alberi) e degli atti. Per le anatomie - il punto più distante dalla produzione di Mariotti - si possono individuare legami con le figure del "Martirio di Sant'Andrea" nella omonima chiesa di Sarcedo, in particolare nel raffronto tra il moro e sant'Andrea nella articolazione di spalla, gomito e braccio.
Convinto assertore della autografia dizianesca è invece Marco Horak, che ha dedicato all'opera una approfondita scheda critica, leggendovi «schemi formali che rinviano ad alcune composizioni con simili soggetti del maestro di Gaspare, Sebastiano Ricci. I colori sono delicati e luminosi al tempo stesso e la retoricità degli impianti figurativi, caratterizzati da una certa plasticità, è attenuata dal ductus narrativo che spezza le linee, rende morbidi i panneggi in un felice accordo con la tavolozza assolutamente matura e virtuosa che conduce a un risultato in cui si apprezzano armonia ed eleganza dell’insieme». Il dr. Horak data l'opera «attorno alla metà del XVIII secolo».
Ringraziamo Giuseppe Pavanello, Mauro Lucco, Massimo Pulini e Marco Horak per il prezioso aiuto nella catalogazione dell'opera. -
Lotto 45 Lojze Spacal (1907 - 2000)
Granito, 1985
Serigrafia su carta
40 x 54 cm (luce)
Firma: “C. Spacal” a matita al recto
Data: “85” a matita al recto
Altre iscrizioni: indicazione dell’esemplare, “P.A.”, a matita al recto
Elementi distintivi: due etichette con riferimenti di inventario, una della Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana e l’altra anonima; etichetta anonima con riferimento all’opera ed etichetta della Corniceria Laurenzi, Fabriano
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 80% (ondulazione, leggere pieghe e piccoli danni da umidità)
Stato di conservazione. Superficie: 80% (residui di muffa) -
Lotto 46 Paolo da San Lorenzo (1935)
Acquario, 2001
Olio su tela
80 x 100 cm
Firma: “Paolo da San Lorenzo” nel colore, al recto
Elementi distintivi: al verso della tela, etichetta con certificato di garanzia e dati dell’opera; sul telaio marchio con indicazione della misura e due etichette con riferimenti inventariali, una della Cassa di risparmio di Fabriano e Cupramontana e l’altra anonima
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 90%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lotto 47 Remo Brindisi (1918 - 1996)
Venezia
Serigrafia su carta
66 x 45,5 cm (lastra)
Firma: "Brindisi” al recto
Altre iscrizioni: tiratura “79/150” al recto
Elementi distintivi: sul verso, una etichetta anonima con dati dell’opera; etichetta della Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana con riferimenti di inventario
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lotto 50 Luigi Casoni (1926 - 2016), per Cartiere Miliani, Fabriano
La Fontana Sturinalto di Fabriano, 1954
Filigrana in chiaroscuro retroilluminata
41 x 35,5 cm (luce)
Firma: “L. Casoni” al recto in lastra
Data: “1954” al recto in lastra
Altre iscrizioni: filigrana del produttore “CARTIERE MILIANI FABRIANO “
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 90% (parti elettriche non verificate o mancanti; danni alla cornice; apparato elettrico non verificato)
Stato di conservazione. Superficie: 95%
In asta, un esemplare di filigrana artistica in chiaroscuro, realizzata da Luigi Casoni, per la storica Cartiera Miliani, di Fabriano, sul disegno, rielaborato, della Fontana Sturinalto di Fabriano. Come ricorda Annarita Librari, "Con Giuseppe Miliani (1816 - 1890), nipote di Pietro (1744 - 1817), fondatore della ditta Miliani, la cartiera si ingrandisce, la carta da disegno si afferma come la migliore, tanto che alla esposizione di Londra nel 1851 viene premiata, e la carta valori comincia ad essere la specialità della fabbrica fabrianese. Alla morte di Giuseppe la cartiera era già un grande complesso, ma sarà il figlio Giambattista (1856-1937) ad operare l’effettiva trasformazione da azienda artigianale ad industriale (...). Giambattista alle conoscenze tecniche unisce un’ampia visione dell’organizzazione industriale grazie ai frequenti viaggi che, fin da giovanissimo, compie in diverse nazioni europee e in Nord America. Nel 1889 riceve la Legion d’onore per aver presentato, all’esposizione di Parigi, le migliori filigrane per i biglietti di banca. Per le filigrane di Fabriano, ancor prima del riconoscimento parigino, esisteva un vero e proprio entusiasmo. Nel 1886 Ernst Kirchner di Francoforte sul Meno scrive: “Le vostre carte filigrane sono le più belle che io abbia mai veduto fino ad ora. Da quando posseggo questi veramente artistici fogli non oso più nemmeno guardare gli stessi prodotti della Germania. I ritratti, come pure i dettagli che li ornano sono di una finezza ammirabile, perfetta e formano ora il punto essenziale di questa modesta collezione che io curo con molto amor proprio”. Nel settore della Filigrana artistica in chiaro-scuro per banconote Giambattista, in un primo momento, per l’incisione su cera si avvalse del prof. Bianchi di Roma, medaglista dei Sacri Palazzi Apostolici, che direttamente da Roma inviava a Fabriano le cere commissionate. Successivamente, la sua lungimiranza e previdenza lo spinsero a dotare l’Officina Filigrane delle cartiere di Fabriano della sezione di incisione su cera, dove destinò giovani e abili artisti che riuscirono a soddisfare appieno le esigenze aziendali. Capostipite di questa scuola fu Serafino Cilotti (1868-1943), che realizzò opere di notevole impatto artistico, da considerare come una nuova forma di espressione d’arte figurativa su cera, Angelo Bellocchi (1880-1939) e Virgilio Brozzesi (1869-1946). Allievi di Cilotti possono considerarsi Aldo Frezzi (1885-1972), (...) Eraldo Librari (1907-1988) e Luigi Filomena. Luigi Casoni fu incisore delle Miliani fino al 1958, quando fu chiamato dalla Banca d’Italia per incidere le “testine” delle banconote." ( Annarita Librari, "Cera una volta... la Filigrana Artistica in chiaroscuro"). La storia della cartiera Miliani è stata ricostruita da Bruno Bravetti, nella monografia “Giambattista Miliani”, Affinità Elettive, 2010.
La datazione, 1954, si riferisce alla matrice. -
Lotto 51 Francesco Casorati Pavarolo (1934 - 2013)
Senza titolo, 1990 (?)
Acquaforte, acquatinta e serigrafia su cartoncino
39,4 x 24,2 cm (lastra)
Firma: “Casorati” a matita al recto
Altre iscrizioni: “P.A.” (= prova d’autore) a matita al recto
Elementi distintivi: due etichette con riferimento all’inventario, una etichetta anonima con dati dell’opera, una ultima etichetta di corniceria
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95%
L’opera appartiene ad una serie di incisioni predisposta tra la fine degli anni ‘80 e l’inizio degli anni ‘90 da Francesco Casorati Pavarolo, meditando sul tema della navigazione. La datazione al 1990 è riportata sull’etichetta al verso, con probabile riferimento ai dati forniti alla banca al momento dell’acquisto. Nella stessa si legge, quanto alla dimensione del foglio, “50×70 cm.”. -
Lotto 52 Bruno Artioli (1943 - 2000)
Lago Maggiore - Isola dei Pescatori, 1990
Olio su tela
30 x 80 cm
Firma: “Artioli” al recto; “Bruno Artioli” sul verso
Altre iscrizioni: “Lago Maggiore - Isola pescatori - è mio autentico” sul verso
Elementi distintivi: sul verso, etichetta della Banca Popolare di Intra con riferimenti di inventario
Provenienza: Banca Popolare di Intra; Veneto Banca SpA in LCA
Certificati: certificato di autenticità dell’artista con titolo e data
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lotto 53 Giuseppe Rondello (XX secolo)
Veduta della Piazza Teatro di Montebelluna
Pastelli e matita su carta
60,5 x 74 cm
Firma: “Giuseppe Rondello” al recto
Altre iscrizioni: “Montebelluna Veneto” al recto; sul verso “Montebelluna il Teatro, la Banca, la farmacia dell’ospedale angolo di disinfezione della ospitale del Montello”, iscrizione dedicatoria sul verso datata “Anno XII E. F. Roma” e altre iscrizioni illeggibili
Elementi distintivi: sul verso, etichetta della Banca Popolare di Montebelluna con riferimenti inventariali
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 80%
Stato di conservazione. Superficie: 85%
L’opera è corredata di cornice d’epoca che presenta leggere cadute di colore. -
Lotto 56 Guido Albanello (1952)
Treviso, 2002
Litografia su carta
66 x 139 cm (luce)
Data: “Anno Domini MMII - Tertium Millenium” in lastra
Altre iscrizioni: tiratura “208/600” al recto a penna; “Treviso”, “Disegno di Guido Albanello” in lastra
Elementi distintivi: al recto, timbro a secco “Gilberto Padovan Editore - Vicenza”
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lotto 57 Giulio Turcato (1912 - 1995)
Turquoise
Serigrafia su carta
49 x 68,5 cm (luce)
Firma: “Turcato”al recto a matita nel corpo dell’immagine
Altre iscrizioni: tiratura “2/100” al recto a matita nel corpo dell’immagine
Elementi distintivi: sul verso, etichetta della Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana con riferimenti di inventario; una etichetta anonima con dati dell’opera
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lotto 58 Emilio Kalchschimdt (1902 - 1983)
Omegna, 1971 (?)
Olio su cartone
50 x 59,5 cm
Firma: “EmKalchscidt” al recto
Elementi distintivi: sul verso, due timbri “3 gen. 1971”
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lotto 59 Giuliano Crivelli (1935 - 2021)
Blue skies, 1994
Olio su tela
55 x 55 cm
Firma: “g crivelli” al recto e sul verso
Data: “Febbraio 1994” sul verso
Altre iscrizioni: “I) Blue skies” sul verso
Elementi distintivi: sul verso e sul telaio, timbro dell’artista
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lotto 61 Giovanni Antonio Fumiani (1645 - 1710)
Allegoria della pittura
Olio su tela spinata
125 x 104,3 cm
Altre iscrizioni: sulla tela di rifodero a gessetto “numero 3627”; a matita indicazioni sulla battuta al verso della cornice e “VERONESI” al verso del telaio
Elementi distintivi: al verso del telaio due etichette della casa d’aste Semenzato recanti i numeri “466” e “303094”, ed altre annotazioni a matita
Provenienza: collezione privata, Genova; Semenzato, Venezia, 26-27 marzo 2011, l. 466 (come Pietro Liberi); Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 70% (reintelo e reintelaiatura)
Stato di conservazione. Superficie: 75% (cadute di colore diffuse e integrazioni; superficie trattata con vernice protettiva)
Il dipinto, forse parte di una composizione più ampia, va ricondotto a Giovanni Antonio Fumiani, ed in particolare al suo periodo fiorentino, tra il 1684 e il 1704, quando era in relazione con Ferdinando, Granduca di Toscana: questi tratti stilistici si osservano bene nella natura morta. Tra i pregi dell'opera, la rara rappresentazione di un "matito" con gessetto bianco, in mano al putto, che ne fa un "Genio del disegno". Come si legge nella scheda Semenzato, l'opera venne attribuita da Giuseppe Fiocco (26 gennaio 1966) a Paolo Veronese, nella sua tarda maturità, attribuzione confermata da Didier Bodart e da Maurizio Marini (che però ne anticipa la cronologia), mentre nel 2003 la tela è stata assegnata a Pietro Liberi da Egidio Martini, con datazione al settimo decennio del Seicento, attribuzione ancora oggi concorrenziale con quella, qui ritenuta prevalente, a Fumiani. -
Lotto 62 Renato Borsato (1927 - 2013)
Un giorno d’autunno
Olio su tela
50 x 70 cm
Firma: “Borsato” al recto; “R. Borsato” sul verso
Altre iscrizioni: “Un giorno d’autunno” sul verso
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lotto 63 Paolo da San Lorenzo (1935)
Gallo, 1999
Olio su tela
70 x 50 cm
Firma: “Paolo da San Lorenzo” al recto
Elementi distintivi: sul telaio, etichetta della Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana con riferimenti di inventario
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Certificati: sul verso, certificato di garanzia dell’artista con titolo e data
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lotto 65 Guelfo Bianchini, detto Guelfo (1937 - 1997)
Figure femminili, 1959
Acquaforte e acquatinta su carta
27,5 x 18,7 cm (luce)
Firma: “Guelfo” in lastra e a matita al recto
Data: “59” a matita al recto
Altre iscrizioni: tiratura “XX/LX” a matita al recto
Elementi distintivi: sul verso, etichetta Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana con riferimenti di inventario
Provenienza: Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana; Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 85%
Stato di conservazione. Superficie: 95%
Fra il 1957 e il 1963 Guelfo è a Roma e stringe rapporti con Francalancia, Bartolini, De Chirico e Cocteau. Nel 1961 è invitato da Oskar Kokoschka nel castello di Salisburgo, dove conosce Manzù. Esegue la serie di disegni "Viaggio in Austria" e ritrae Kokoschka ricevendo in cambio dall’artista austriaco il "Ritratto di Guelfo – Velfen". Conosce Marc Chagall che gli dona il disegno "Profilo di Guelfo" e in occasione del compleanno dell’artista russo Guelfo gli regalerà "Chagall ironico" (coll. Vence, Francia). Fra il 1965 e il 1973 compie numerosi viaggi in Francia dove incontra Magnelli, Picasso e Mirò. Grazie all’amicizia di George Visat, editore parigino, inizia una collezione di opere su carta. Dal 1957 il suo Studio dell’Orologio, situato all’ombra della torre dell’orologio del Borromini, è punto d’incontro e poi sede di un conciliabolo di stravaganti cultori della patafisica («scienza delle soluzioni immaginarie» che si propone di studiare «ciò che si aggiunge alla metafisica, estendendosi così lontano al di là di questa quanto questa al di là della fisica», secondo la definizione dello scrittore francese A. Jarry). Viaggia a Berlino, in Grecia e Parigi, dove incontra Ernst, Tanning, Matta, Ray, Bellmer. Questi due ultimi eseguiranno foto e disegni per Guelfo. Nel ’71 fonda il “Giornale invisibile TIC biografici” e il Museo Internazionale l’Orologio. Conosce Buñuel, Hans Richter, Masson che lo ritrae in un disegno. Conosce Hartung, invitato dalla sua scuola, e Lam a Parigi.
Nel 1974 viaggia attraverso Olanda, Danimarca, Francia. Guidi e Cagli disegnano un suo ritratto. A Parigi conosce Dalì che schizza un suo profilo e le Gallerie di Visat e Berggruen espongono le sue opere. Nel 1977 è Pericle Fazzini a eseguire un suo ritratto. Nel 1978 viene fondata l’Associazione Museo Internazionale d’Arte Moderna – l’Orologio a Fabriano e Guelfo è presidente. Madame Arp dona l’opera "Idol" di Jean Arp come simbolo del Museo di Guelfo. Nel 1979 entra come protagonista nel romanzo "La torre dell’Orologio" di Franco Simongini. Esce il filmato nella rassegna televisiva “Artisti d’oggi” "Guelfo e la torre dell’orologio" con un testo di Giuliano Briganti e intervista di Sergio Pautasso, musiche Alvin Curran. Il "Giornale Invisibile TIC (Diario di bordo biografico)" diventa visibile ed esce in edizione d’arte: "TIC di Guelfo, ovvero capricci a volo, Giorgio De Chirico, Guelfo e gli amici volanti", stampato a Roma da M. De Rossi, con la collaborazione di De Chirico, Arp, Dalì, Fazzini, Guidi, Kokoschka, Manzù, Mirò, Ray, Strazza, Turcato, poesie di Borges e altri. Al 1980 risalgono gli studi per un suo ritratto da parte di Riccardo Tommasi Ferroni. Angela Redini gli dedica un servizio televisivo: “Guelfo in bicicletta nei cortili barocchi di Roma”.
Nell'ultimo periodo della vita, si dedica anche alla produzione di vetrate. Tra le più prestigiose, quelle realizzate tra il 1983 e il 1997 per la chiesa di San Giuseppe Lavoratore di Fabriano.
Un importante nucleo di sue opere è conservato presso la Pinacoteca Civica Bruno Molajoli di Fabriano, città che ospita anche la casa-museo dell'artista, in cui è esposta la sua collezione. -
Lotto 66 Tiziano Vecellio (1488 ca. - 1576), invenzione e finitura, e Simone Peterzano (1540-1599), esecuzione
Pan afferra una menade, 1550-1565 ca
Olio su tela
101 x 84 cm
Altre iscrizioni: al verso della tela codici “89. 29”, “692B”, forse in relazione ad un passaggio d’asta; a matita “X15” sul telaio
Elementi distintivi: una etichetta anonima ed una etichetta della casa d’aste Semenzato recanti rispettivamente i numeri “295” e “464”
Provenienza: collezione privata, Cadore (?); Firenze, mercato antiquario (Stefano Bardini ?); J. E. Scripps Collection, Detroit (fino al 1889); Detroit Institute of Arts Museum, Detroit, inv. 89.29 (1899-1993); Sotheby's, New York, 15 gennaio 1993, lotto 15 ("Circle of Titian"; Collezione provata, Treviso; Semenzato, Venezia, 26-27 marzo 2011, lotto 464 ("Ambito di Tiziano"); Veneto Banca SpA in LCA
Bibliografia: James E. Scripps, "Catalogue of the Scripps collection of old masters", Detroit, 1889, n. 18, p. 21 ("Titian"); "Detroit Museum of Arts. Handbook", Detroit 1910, n. 18 ("Titian"); "Catalogue of Paintings in the Permanent Collection of the Detroit Institute of Arts", Detroit, 1930, n. 229 (workshop of Titian); D. von Hadeln, "Das Problem der Lavinia Bildnisse", in “Pantheon”, 7, 1931, pp. 82-87, p. 82 ("Damiano Mazza"); J. Zarnowski, "L’atelier de Titien: Girolamo di Tiziano", in “Dawna Sztuka”, I, 1938, pp. 107-129, pp. 122-123. ("Dente"); H. Tietze, "The “Faun and Nymph” in the Boymans Museum in Rotterdam”, in “The Art Quarterly”, 2, 1939, pp. 207-212, p. 212 ("Giovanni Contarini"); E.P. Richardson, "Catalogue of Paintings. Detroit Institute of Arts", Detroit 1944, p. 229 (worshop of Titian); "Paintings in the Detroit Institute of Arts”, Detroit 1965, p. 214 (workshop of Titian); R. Pallucchini, "Tiziano", 2 voll., Firenze 1969, I, p. 214, II, fig. 651 ("Dente"); B. Fredericksen, F. Zeri, “Census of Pre-Nineteenth-Century Italian Paintings in North American Public Collections”, Cambridge, Massachusetts, 1972, pp. 140, 579 (“Tiziano’s follower; or Mazza”); H.E. Wethey, "The paintings of Titian. III. The mythological and historical paintings, London 1975, pp. 216-217 X-28, fig. 228 ("Dente"); Fototeca Antonio Morassi, inv. 27461, 1976 ("Tiziano"); M. Roy Fisher, "Titian’s Assistants during the Late Years", New York-London 1977, pp. 35-39 ("Dente"); Fototeca Zeri, inv. 45033; A. Bristot, "Un artista nella Venezia del secondo Cinquecento: Giovanni Contarini", in “Saggi e memorie di storia dell’arte”, 12, 1980, pp. 31-77, pp. 62-63; S. Claut, "All’ombra di Tiziano. Contributo per Girolamo Denti, in “Antichità viva”, XXV, 1986, 5-6, pp. 16-29, pp. 17, 27 nota 11 ("Dente"); G. Nepi Sciré, "Dente, Girolamo", in “Dizionario Biografico degli Italiani”, XXXVIII, Roma 1990, pp. 788-790 ("Dente", ma rilevando una "qualità stilistica, forse mai più raggiunta dal Dente"); Tagliaferro 2006, p. 47; Giorgio Tagliaferro in Giorgio Tagliaferro e Bernard Aikema con Matteo Mancini e Andrew John Martin , "Le botteghe di Tiziano", Milano, 2009, p. 262, ill. 141 ("Bottega di Tiziano (Girolamo Dente?) 1555-1560"); E. M. Dal Pozzolo, "L’Allegoria della Musica di Simone Peterzano, allievo di Tiziano e maestro di Caravaggio", Firenze, 2012, pp. 1-56, pp. 20, 55, note 63 ("Peterzano"); E. M. Dal Pozzolo, "Il primo Peterzano", in "Venezia Cinquecento", XXII, 43, 2012, pp. 135, 138 (ill.), 140, 173, 182, n. 74 ("Simone Peterzano, Satiro che abbraccia una baccante"); Donati 2016, p. 131, no. K19; P. Plebani, "Peterzano profano", in S. Facchinetti, F. Frangi, P. Plebani, M. C. Rodeschini, a cura di, "Peterzano. Allievo di Tiziano, maestro di Caravaggio", Milano, 2020, p. 37 (ill.), p. 41, n. 8 ("Simone Peterzano ?, Satiro che abbraccia una ninfa"); Giorgio Tagliaferro, "‘Introduction: The Composition of Themes and Variations by Titian and His Workshop’", in Peter Humfrey, a cura di, "Titian: Themes and Variations", Firenze, 2022, pp. 11-35; p. 12 (ill.), pp. 16-17; p. 18-19 (ill. 2-4, 7-8); p. 20 (ill. 9-10); pp. 21-23, 35-36, note 28-30, 33, 39 ("Titian and workshop"); E.M Dal Pozzolo, "Peterzano 'de Titiano': una conferma e una coda", in “Studi Tizianeschi”, vol. XII, 2022, pp. 197-207, 215-216, p. 196 (ill.), p. 197-207, 215-216 (ill. 1, 4)) ("Simone Peterzano"); Giulio Nicola Bono, "Stato di conservazione e intervento di restauro", in “Studi Tizianeschi”, vol. XII, 2022, pp. 208-214, 2017 (ill. 11-20)
Esposizioni: "Tiziano e i suoi. I Vecellio tra Venezia e il Cadore", Belluno, Palazzo Bembo (dicembre 2021-aprile 2022), mostra non realizzata a causa dell'epidemia Covid
Certificati: Nella scheda d'asta Semenzato si dichiara l’esistenza di perizie di Egidio Martini (come di Dente), di Giuseppe Maria Pilo, dell’11 marzo del 2005 (come di Tiziano e Dente), di Maurizio Marini (come di Tiziano e Dente), di Maricetta Parlatore Melega, del 21 aprile 2009 (come di Dente), di Bertoncello (come di
Tiziano e Dente). La casa d'aste non ha copia di questi dcoumenti
Stato di conservazione. Supporto: 85% (reintelo e reintelaiatura)
Stato di conservazione. Superficie: 90% (minute e marginali lacune e lievi abrasioni a carico delle campiture più chiare degli incarnati della menade e del cielo; piccoli ritocchi)
Il dipinto, emerso nella sua straordinaria qualità dopo un attento restauro condotto da Giulio Nicola Bono (2021-2022), è tra le scoperte più rilevanti riguardo a Tiziano ed alla sua bottega in anni recenti ed è stato presentato con grande risalto, in modo indipendente, da Enrico Maria dal Pozzolo e da Giorgio Tagliaferro: dal primo studioso come opera chiave di Peterzano realizzata nello studio di Tiziano, a partire dai cartoni del Maestro e suggerendo implicitamente il suo intervento a conclusione, dal secondo specialista come opera ampiamente ascrivibile a Tiziano, nell'ambito della collaborazione tra il maestro, ideatore e finitore, e i suoi collaboratori, esecutori.
Tali letture, che approfondiscono e al contempo sintetizzano la ricca storia dell'opera, sono state rese possibili dall'accurato restauro condotto da Giulio Nicola Bono (2021-2022), supportato da un completo set di analisi svolte da Davide Bussolari nel 2021 (UV, IR, RX, falso colore), da Giulio Nicola Bono (IR Osiris) e Fabio Frezzato ed Elena Monni (microstratigrafia) nel 2022.
Il dipinto compare in bibliografia per la prima volta nel 1889, al n. 18 nel catalogo delle opere donate al Detroit Museum of Art dall'editore e filantropo James Edmund Scripps (1835-1906). L'opera, recensita come Tiziano, è interpretata come l'incontro di un satiro e di una ninfa, presi dal vino, dalla danza e dalla musica, e rimane per quasi un secolo, come opera della bottega di Tiziano, nelle collezioni del museo americano. Qui è censita da Burton Fredericksen e Federico Zeri nel 1972 nel repertorio dei dipinti italiani premoderni nelle collezioni pubbliche nord americane (p. 203). Nel 1993 appare in asta presso Sotheby's New York. La fototeca Zeri (inv. 45033) ricorda le attribuzioni concorrenziali ad un seguace di Tiziano, a Girolamo Dente (1510-1568) e - quest'ultima con annotazione autografa di Federico Zeri al verso della foto - a Damiano Mazza (1550-1576), mentre Morassi, vista la tela nel 1976 a Bergamo dove era stata temporaneamente inviata da Detroit, annotava con sicurezza a tergo di un’altra foto “Tiziano” (Fototeca Morassi inv. 27461). Queste attribuzioni erano state suggerite e discusse, assieme ad una concorrenziale a Giovanni Contarini, in una bibliografia già molto ricca al momento dell’asta.
Nel 2009 Giorgio Tagliaferro ha pubblicato l'opera come bottega di Tiziano, con dubitativa attribuzione a Girolamo Dente, mentre per la prima volta nel 2012 Enrico Maria dal Pozzolo ha assegnato la tela a Simone Peterzano, ipotesi attributiva precisata da Dal Pozzolo in più sedi e proposta anche da Paolo Plebani nel 2020.
L'opera, fino ad allora conosciuta solo attraverso una riproduzione in bianco e nero, è riemersa nel 2020 dai caveau di Veneto Banca, finalmente consentendo l'esame dal vero e l'avvio di una campagna di analisi e restauro che ne ha rivelato la eccezionale qualità, consentendo di collocarne la realizzazione nel pieno dell'atelier di Tiziano e sotto il controllo del maestro.
La tela è in relazione diretta con "Salomé con la testa di San Giovanni Battista", conservato al Prado (P000428), invenzione di Tiziano, che risulta alla base di molte composizioni ed ha consentito di ipotizzare l'impiego, nella bottega, di cartoni a singola figura per la composizione di nuove scene anche più figure. Infatti, la figura femminile a destra nel nostro dipinto – una menade, come indica la corona di edera, afferrata da un satiro, o da Pan - ripete, nella postura e nella dimensione, la figura di Salomé (viso, profilo del corpo, posizione del braccio destro), distaccandosene soprattutto negli abiti, nel disegno del braccio dietro la schiena e nella posizione della mano, proprio le parti innovate nel nuovo contesto figurativo, come mostra chiaramente anche la sovrapposizione degli strati pittorici, quindi con un articolato sistema non tanto di pentimenti quando di vere e proprie variazioni in fase ideativa. Anche la figura del satiro - delineato con sicurezza nel torso e nella testa, ma con un vistoso mutamento in corso d’opera nella posizione e forma del braccio - sembra derivare da un analogo cartone, di cui è però sconosciuto il prototipo. Del dipinto in asta è stata resa nota da Enrico Maria dal Pozzolo, una copia con varianti, tarda e di clima nordico (Dal Pozzolo, 2012, fig. 15. p. 139).
Giorgio Tagliaferro (2022) ha assunto "Menade e satiro" – che a seguito chiameremo anche “Pan afferra una menade” - come esempio chiave del modo di operare di Tiziano, evidenziando il dispiegarsi dell’attività del maestro nelle fasi dell'invenzione, dell'esecuzione e della finitura, dove l'esecuzione vede spesso l'intervento più o meno esteso della bottega, sotto il controllo e le direttive del maestro. L'analisi di Tagliaferro strappa la figura di Tiziano alla interpretazione della autografia dell'opera come riconoscimento da accordare soltanto alle tele materialmente realizzate dal maestro - un portato dell'emergere dell'individuo nell'età moderna -, per ricondurre la produzione di Tiziano ai modi della bottega tardo-medioevale e rinascimentale, dove la collaborazione tra maestro e aiuto non offusca il valore preponderante e definitorio - nelle stesse intenzioni del maestro - della invenzione. Essa si connette da un lato alle modalità produttive, per esempio il riuso di soluzioni formali attraverso i cartoni, e dall'altro alle fonti antiche, che ricordano come, per poterne richiedere il pieno prezzo ai suoi clienti, Tiziano spesso rifiniva, come a spargervi un velo di zucchero, le opere eseguite dai suoi collaboratori. Nasce così il concetto di 'super-autografia', ossia di una autografia di rango superiore al livello esecutivo, determinante per l'attribuzione dell'opera sin dal momento della sua creazione, secondo le intenzioni di Tiziano e le attese dei suoi clienti. L'interpretazione, fatti propri i risultati dell'ermeneutica contemporanea circa i confini della personalità creativa, peraltro si lega in modo immediato a paralleli proprio in ambito veneto, per esempio le modalità operative della bottega di Carlo Saraceni o quelle dello studio di Antonio Canova (anch'egli impegnato a dare il "sigillo di autografia" all'opera d'arte, secondo Giuseppe Pavanello, attraverso la politura finale delle superfici, dopo amplissimo lavoro di bottega a partire, naturalmente, da un suo bozzetto).
Nella tela di Veneto Banca, Tagliaferro vede "molte ragioni per credere che le variazioni di Tiziano, come la Menade e il Satiro, non solo possano essere ampiamente considerate originali, ma che svolgano anche un ruolo chiave nel definire la paternità di Tiziano" (Tagliaferro 2022, p. 23). Lo specialista ritiene possibile l'intervento di Tiziano non solo in dettagli come "l'orecchino, i peli della pelliccia, i riflessi sulle iridi del satiro e i piccoli sbuffi", ma anche nelle "prime fasi, disponendo le figure, lasciando il completamento a un collaboratore, ma plausibilmente supervisionando il processo", senza escludere che " abbia dipinto il braccio e il volto del satiro, che sono di altissima qualità": infatti, "il braccio scompare sotto la veste della ragazza allo stesso modo in cui quello di Venere scompare sotto l’ascella di Adone nella Venere e Adone per Filippo II (Madrid, Museo del Prado), datata 1553-4" (Tagliaferro 2022, p. 21). Non meno importante è la scelta del formato, proprio dei dipinti a mezza figura, e la forte variazione di significato della figura femminile, rispetto alla "Salomé" del Prado ed alle altre varianti in cui essa appare reggere un vassoio o un cofanetto: elementi che si lasciano interpretare come varianti creative operate da Tiziano per dare vitalità ad un tema felice, ad un livello diverso rispetto alla fase di stesura pittorica (Tagliaferro 2022, p. 35).
In aggiunta a questo sfondo interpretativo, che determina la autografia tizianesca in base al primato dell’intenzione dell’autore e della comprensione del pubblico (insomma, ciò che doveva essere considerato Tiziano secondo Tiziano stesso e i suoi clienti), interviene la conferma, da parte di Enrico Maria Dal Pozzolo, della mano esecutrice nel veneziano Simone Peterzano (1535 – 1599), allievo di Tiziano e maestro di Caravaggio. Lo studioso legge infatti “Pan che afferra una menade” come "esercizio di Simone nell’atelier dal cadorino, al suo massimo punto di contatto con lo stile del maestro" (Dal Pozzolo 2012, p. 140). Nello stesso senso si esprimeva, peraltro, Paolo Plebani nel 2016, prima del restauro: " Se l’attribuzione a Peterzano fosse confermata, non solo si tratterebbe di uno dei suoi dipinti più antichi, ma pure quello che più di altri testimonia il legame con Tiziano e il suo entourage" (Plebani 2020, p. 41).
Il tema della conclusione dell'opera da parte di Tiziano è implicitamente suggerito anche da Dal Pozzolo attraverso un paragone fotografico tra le fronde della "Diane e Atteone" di Tiziano, oggi National Gallery, Londra, e National Gallery of Scotland, Edimburgo, e il rametto che pende dalla grotta della "Ninfa con satiro" (Dal Pozzolo 2022, pp. 202-203, ill. 4-5): il dettaglio si presenta eseguito in maniera identica in entrambe le tele.
Dal Pozzolo ha altresì identificato nella quadreria Barbarigo della Terrazza a Venezia, attraverso una litografia del 1843, un dipinto in cui le due figure "appaiono quasi intere e all’interno di una stanza che si apre su un cielo annuvolato: la donna è vestita, ma la figura maschile – cui pure afferra l’orecchio – resta verosimilmente quella di un satiro", opera qualificata come "Pan e Siringa" di Tiziano da Carlo Ridolfi prima in un inventario della quadreria Barbarigo stilato nel 1626 e poi ne "Le Maraviglie dell’Arte del 1648". Dal Pozzolo 2022, p. 199).
Lo studioso rileva nella tela già a Detroit, oggi Veneto Banca, "un livello qualitativo indubbiamente superiore a quello di qualsiasi altro attestato scolaro del Vecellio", eccezion fatta per il solo El Greco, sottolineando "la versatilità di un pennello che sa essere sia estremamente rifinito nelle parti figurali, ma anche assai abile nel lavoro di macchia, specie nei fondali", nonché "la piena disponibilità" dei cartoni di bottega (Dal Pozzolo 2022, p. 201).
Perciò, a parte il disperso dipinto Barbarigo, comunque molto diverso sul piano compositivo e oggi non apprezzabile nella qualità (la stampa lo mostra piccolo e stereotipato in un dettaglio della parete della quadreria), l’opera ex Detroit, oggi Veneto Banca, "potrebbe costituire il prototipo del tema figurativo", "o una precoce variante dello stesso" (Bono 2022, p. 213), delle due figure che si abbracciano - forse proiettandosi in un ballo tondo - e la traccia migliore anche per la figura del satiro.
Il dipinto è il punto di snodo di due autografie, quella inventiva e di appropriazione tramite il tocco finale da parte di Tiziano, e quella esecutiva, 'in medias res', da parte di Peterzano, con un cortocircuito che lo colloca centralmente nella produzione di entrambi e ne fa una chiave di volta nella spiegazione dell'operare del genio veneto e della sua bottega.
Sul piano materiale, l'ampio set di indagini ha rilevato non solo la piena coerenza con i materiali della bottega di Tiziano alla metà del Cinquecento, anche evidenziando il prezioso blu oltremare impiegato per il cielo, alternato a biadetto d'oltremare, ma anche importanti variazioni in corso di esecuzione sia della grotta (con un avanzamento del profilo delle rocce rispetto alla posizione originaria) sia delle due figure, in particolare con il riposizionamento e la accentuazione della rotazione del volto, la modifica della capigliatura, l'addizione del braccio retrostante e della pelliccia - di cui è stato disegnato e poi modificato il nodo - sulla figura della menade già conclusa, e significative modifiche del braccio, del satiro, che la avvinghia. Interessante anche il fresco disegno del volto, a carbone, sottostante la pittura. -
Lotto 68 Autore non riconosciuto (XX secolo)
Possagno
Stampa su cartone
100 x 149 cm
Altre iscrizioni: “Possagno nel 1826”
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95% -
Lotto 69 Giancarlo Stella (1942)
Alberi
Acrilico su tela
80 x 100 cm
Firma: “Stella” al recto
Provenienza: Veneto Banca SpA in LCA
Stato di conservazione. Supporto: 95%
Stato di conservazione. Superficie: 95%