Importanti Dipinti Antichi
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Lotto 61 Scuola Italia centrale, sec. XVII
MADDALENA PENITENTE IN UN PAESAGGIO
olio su tela, 199x132 entro cornice intagliata, dorata e dipinta
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Lotto 62 Bottega di Simone Pignoni, sec. XVII
MARIA MADDALENA
olio su tela, cm 121,5x91,5 entro cornice antica dorata e dipinta a motivo fogliato
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Lotto 63 Pittore veneto, sec. XVII
IL SACRIFICIO D'ISACCO
olio su tela, cm 173x122, entro cornice riccamente scolpita e dorata
Provenienza: probabilmente già collezione Orsetti, Lucca;
collezione Cittadella, Lucca;
collezione privata, Lucca
La prestigiosa provenienza dell'opera é documentata dall'inventario per successione ereditaria della famiglia Cittadella redatto ai primi dell’Ottocento dai pittori lucchesi Pietro Nocchi, Raffaele Giovanetti e Michele Ridolfi dove il dipinto é ricordato con la seguente descrizione: “Il Sacrificio di Abramo Del Palma vecchio 25/ 50 zecchini”
L'opera, collocabile nell'ambiente artistico veneto, é stata studiata da Patrizia Giusti Maccari alla quale si deve l'attribuzione al pittore veneto Girolamo Forabosco (Venezia 1605 - Padova 1679) in una circostanziata e dettaglia scheda critica redatta in data 3 giugno 2007 della quale riportiamo alcuni passi salienti:
“L'attribuzione a Palma il Vecchio di questo Sacrificio di Isacco, formulata nella prima metà dell'Ottocento da Pietro Nocchi, Raffaele Giovannetti e Michele Ridolfi, per quanto poi rivelatasi imprecisa in riferimento all'identità del suo autore e alla cronologia d'esecuzione, non risulta del tutto fuorviante, costituendo, anzi, un punto di riferimento importante per la definizione della sua corretta paternità . […]
Il dipinto é da intendersi come significativa e qualificante espressione di quella corrente pittorica che a Venezia, nella prima metà del Seicento, riscopre e ripropone formule, cifre compositive e tonalità cromatiche cinquecentesche, ponendosi in alternativa a quella cosiddetta ‘tenebrosa’, frutto dell’ondata naturalistica, postcaravaggesca irradiatasi da Roma. Uno dei più qualificati interpreti di tale corrente, volutamente arcaizzante, risulta essere Girolamo Forabosco (Venezia 1605-Padova 1679), cui deve essere assegnato il dipinto qui in esame. […]
Se il movimento rotatorio e lo scorcio da sotto in su impresso alle figure di Abramo e di Isacco sono di derivazione tardomanieristica, come quella muscolosa e quasi sovradimensionata del più anziano dei due, l’attenzione alla resa psicologica dell’affollarsi dei sentimenti che si palesa sui loro volti, la minuzia descrittiva dei particolari decorativi, anche dal punto di vista coloristico, dell’abbigliamento del patriarca, appartengono indubitabilmente alla metà del Seicento. L’accentuata, realistica puntigliosità nel rappresentare il volto di Abramo, caratterizzato dalla fitta rete di rughe che si dipana come una ragnatela intorno agli occhi, e dalla barba bianca, definita ricciolo per ricciolo, sono elementi che parimenti riconducono al Forabosco, noto e frequentemente impiegato proprio per la sua abilità ritrattistica, specialmente tra il 1630 e il 1650. Appare ugualmente consentaneo al linguaggio stilistico da lui messo a punto il volto di Isacco, per tipologia dei tratti fisionomici assai prossimo a quello di David nel dipinto ora presso il Museo di Vaduz. Il pietismo sentimentale che lo contraddistingue testimonia l’apertura al gusto classicista bolognese diffusosi a Venezia attorno al 1650 grazie alla presenza di Guido Cagnacci, gusto a cui anche il Forabosco si mostra sensibile.
Al momento si ignora quando il Sacrificio, che reca sul retro il numero 22 vergato con grafia antica, sia entrato a far parte della quadreria Cittadella. La bellissima cornice coeva che lo custodisce, pregevole esempio della capacità tecnica degli intagliatori e doratori lucchesi, testimonia dell’arrivo in loco della tela in epoca immediatamente posteriore alla sua realizzazione. Del resto, per motivi commerciali ed artistici i c -
Lotto 64 Pittore fiammingo da Tintoretto, sec. XVII
RITRATTO VIRILE
olio su tela, cm 46x36,5
Provenienza: asta Christie’s Londra, 9 dicembre 1929, lotto 64 (come van Dyck);
collezione Dr. Hildebrand, Stoccolma;
asta Sotheby’s Londra, 4 novembre 1970 (come van Dyck);
collezione privata, Como
Bibliografia: G. Glück, Notes on van Dyck’s stay in Italy, in“Burlington Magazine”, vol. LXXIV, 1939, pp. 207-208, ill. pl. II B; R. Pallucchini, La giovinezza del Tintoretto, Milano 1950, pp. 163-164; E. Larsen, L’opera completa di VanDyck, Milano 1980, p. 109 n. 339
Il dipinto, tradizionalmente riferito a van Dyck, veniva con tale attribuzione proposto in un'asta Christie's di Londra del 1929, successivamente passato in collezione Hildebrand di Stoccolma come rende noto Glück nel 1939 e nuovamente apparso nel 1970 sul mercato antiquario londinese. Lo studioso nel suo contributo sul Burlington Magazine pubblicando il nostro ritratto come van Dyck lo metteva in relazione con il Ritratto di uomo assegnato a Tintoretto, allora di proprietà di Thomas Harris, considerandolo copia del pittore fiammingo dal ritratto del maestro veneziano.
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Lotto 65 Scuola veneta, fine sec. XVII-inizi XVIII
VENERE IN UN PAESAGGIO
olio su tela, cm 118,5x171 entro cornice antica in legno riccamente intagliata a volute e dorata
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Lotto 66 Simone Pignoni
(Firenze 1611-1698)
BETSABEA AL BAGNO
olio su tela, cm 146x190
sul retro bollo in ceralacca ed etichetta relativa all'esposizione
Attribuzione confermata da Sandro Bellesi su visione diretta
Provenienza: collezione privata, Firenze
Esposizioni: Mostra della pittura italiana del Sei e Settecento, Palazzo Pitti, Firenze 1922
Bibliografia: Mostra della pittura italiana del Sei e Settecento. Catalogo, Roma 1922, p.92 n. 427 (non riprodotto, come Francesco Furini);
Presentato alla storica mostra del 1922 con un’attribuzione, per l’epoca più che giustificata, a Francesco Furini, il dipinto qui offerto, rimasto per oltre mezzo secolo nella stessa raccolta e quindi del tutto nuovo agli studi oltre che al mercato, é invece opera tipica e assai bella di Simone Pignoni, a cui può essere restituito in virtù di ineccepibili confronti.
Quelli più immediati sono da istituire con la tela di uguale soggetto e simile composizione ma variata in diversi particolari, già presso Voena e Robilant, più volte pubblicata da Francesca Baldassari, cui si devono gli studi più aggiornati sull’artista fiorentino. Catalogata al n. 368 del repertorio (La pittura del Seicento a Firenze. Indice degli artisti e delle loro opere, Torino 2009) é stata nuovamente commentata in occasione del nuovo saggio della stessa studiosa che nel 2012 ha accompagnato una esposizione di Moretti a New York (Seicento fiorentino. Sacred and Profane Allegories, Firenze 2012, p. 122, fig. 2).
In quel dipinto, naturalmente diverso per situazione conservativa, Betsabea svela quasi per intero il bel corpo qui pudicamente velato, se pure parzialmente, e sono invece assenti il cagnolino in primo piano e la figura femminile che a destra nell’ombra appare nel nostro. Eventuali altre discrepanze saranno verosimilmente meglio leggibili a seguito di una pulitura della tela qui offerta.
Inaugurati nel 1964 da un breve saggio di Gerhard Ewald (Simone Pignoni, a little-known Florentine Seicento Painter, in “The Burlington Magazine” 106, 1964, pp. 218-26) gli studi sull’artista hanno dovuto confrontarsi con la quasi totale mancanza di notizie biografiche e di date certe, soprattutto per quanto riguarda le sue opere di committenza privata, senza dubbio le più numerose e significative. Escluso per motivi cronologici dalle Notizie di Filippo Baldinucci, che fa il suo nome solo in quanto allievo di Francesco Furini, Pignoni é però ricordato da fonti settecentesche, e in particolare dall’allievo Giovanni Camillo Sagrestani (Vite dei Pittori, Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Ms. Pal. 451) che riporta gli elogi di Luca Giordano per una delle sue più importanti opere pubbliche, la pala dedicata a San Luigi di Francia sull’altare Guicciardini in Santa Felicita, del 1682. Non stupisce peraltro che la pittura luminosa e sensuale del Pignoni, esclusivamente affidata al colore, suscitasse le lodi dell’artista napoletano così lontano dal culto per il disegno dei pittori fiorentini, nè che alla fine del secolo insieme a Livio Mehus, prediletto dal Gran Principe Ferdinando, Pignoni fosse considerato tra i primi pittori di Firenze, come riporta una lettera di Tommaso Redi del 1690.
Se la sua produzione pubblica per le chiese della città e del territorio circostante é relativamente ben documentata, non restano invece riferimenti cronologici per le splendide figure femminili che costituiscono l’aspetto prevalente delle sua attività : nelle parole del Sagrestani “Le femmine... le fece con tanta grazie e rilievo di tinte che nel nostro secolo pochi si -
Lotto 67 Scuola romana, fine sec. XVII-inizi XVIII
NATURA MORTA CON VASO DI FIORI, LIBRI E TAPPETO
olio su tela, cm 88,5x118,5
al recto iscritto sulla costola del libro e "Morel" sullo spessore del tavolo
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Lotto 68 Pittore inglese, fine sec. XVII-inizi XVIII
RITRATTO DI ELISABETH DERING
olio su tela, cm 233x145
al recto iscritto "Elisabeth Dering / Married to Rob.t Southwell. /Born 1648-Dyed 1681
Il nostro dipinto presenta affinità con le opere di Peter Lely (Soest 1618-Londra 1680) e con quelle della sua scuola. Segnaliamo in particolare il confronto con la tela raffigurante la medesima effigiata conservata presso il Kings Weston Action Group di Bristol attribuito a Thomas Pooley (Ipswich 1646-Dublino 1723), che per taluni aspetti quali il tendaggio che fa da sfondo alla figura, la collocazione vicino a vasi o architetture con rilievi classici, il modo di panneggiare i tessuti ed anche per la simile grafia dell'iscrizione riportata al recto, si presenta molto vicino al dipinto qui proposto. -
Lotto 69 Pittore lombardo, sec. XVII
RITRATTO DI GENTILUOMO CON FANCIULLO
olio su tela, cm 118,5x94 entro cornice intagliata e dorata
L'inedito dipinto qui presentato, notevole per la superba qualita' e l'ottima conservazione, costituisce una splendida testimonianza della pittura di ritratto fiorita a Milano verso la meta' del secolo, in equilibrio tra le ragioni del naturalismo e le esigenze di rappresentazione sociale che il genere comportava.
Colpisce innanzi tutto la spontaneita' con cui entrambi i soggetti raffigurati si volgono a cercare la complicita' dello spettatore o, nel caso del protagonista, quella di un interlocutore invisibile ma non per questo meno presente: forse la moglie, che immaginiamo in una tela pendant, accompagnata da una o piu' bambine.
Confronti plausibili ci riconducono a Carlo Francesco Nuvolone (Milano 1609-1661) e alle prove migliori della sua ritrattistica, dal Ritratto della famiglia Nuvolone ora a Brera, forse dipinto subito dopo la morte nel padre nel 1651, in collaborazione col fratello Giuseppe, allo straordinario Cavaliere in armatura, identificabile come Giovan Battista Sanmicheli, o ancora il Manfredo Settala tra le curiosita' del suo studio, o il piu' composto Bartolomeo Arese: tutti nati pero' da un'occasione meno intima di quella del nostro dipinto.
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Lotto 71 Scuola napoletana, sec. XVII
SANTA CATERINA D'ALESSANDRIA
olio su tela, cm 118x91,5
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Lotto 72 Scuola toscana, fine sec. XVII
SANTA ELISABETTA D'UNGHERIA
olio su tela, cm 104x76,5
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Lotto 73 Scuola bolognese, sec. XVII
SANTA CATERINA D'ALESSANDRIA
olio su tela, cm 76,5x63