Fotografia: ICONE ITALIANE

Fotografia: ICONE ITALIANE

mercoledì 18 giugno 2025 ore 16:00 (UTC +01:00)
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  • Giovanni Chiaramonte (1948 - 2023)  - Padre Pescatore, Corpus Christi, TX, 1991
    Lotto 25

    Giovanni Chiaramonte (1948 - 2023) - Padre Pescatore, Corpus Christi, TX, 1991

    cm 40,5 x 50,5 (cm 38 x 38 immagine)
    Stampa a getto d'inchiostro successiva
    Edizione 1 di 9
    Siglata GC e datata a penna nera con timbro a secco del fotografo al margine bianco inferiore recto e numerata, titolata, firmata e datata a penna nera al verso


    Giovanni Chiaramonte (Varese 1948 – Milano 2023) ha da subito dei riferimenti sia nella fotografia di Alfred Stieglitz e Minor White sia, soprattutto, nell’opera sul paesaggio italiano di Luigi Ghirri con cui stringe un’amicizia che lo porta a fondare con lui la casa editrice Punto e Virgola e a collaborare a progetti come “Viaggio in Itala” e “Esplorazioni sulla via Emilia”. Se ampia e variegata è stata la sua attività di autore caratterizzato dall’uso del colore che lo ha portato a realizzare importanti mostre collaborando con istituzioni internazionali, altrettanto significativa la sua attività di promotore culturale anche nella direzione di collane per gli editori Motta, Jaca Book, SEI, Meridiana, Ultreya.  

    Nella poetica di Giovanni Chiaramonte la fotografia scattata in medio e grande formato e stampata da negativo colore ha un ruolo centrale perché qui la tecnica non è fine a sé stessa, ma funzionale al messaggio che vuole trasmettere. Immerso in una dimensione filosofica che tende dichiaratamente allo spirituale, il percorso del fotografo si confronta con autori come Andrej Tarkovskij (del regista scopre e diffonde, pubblicandola in un libro, l’attività fotografica) alla ricerca di atmosfere di stampo mediterraneo sottolineate, come in questi due esempi, da cromatismi caldi e delicati che coglie in Italia, Europa e Medio Oriente, ma che trasferisce anche nel paesaggio americano. In Texas, in una cittadina dall’altisonante nome di Corpus Christy, fotografa un grande parcheggio con quello stile che ha a suo tempo caratterizzato la fotografia americana del cosiddetto Dialectical Landscape. Lo spazio è definito da un orizzonte lontano mentre sono gli alti pali a forma di elle rovesciata a dialogare idealmente con le strisce bianche della pavimentazione. La fotografia compare nel volume ”Westword” pubblicato nel 2014 da Ultreya.    
    Questo lotto è soggetto a diritto di seguito

  • Giovanni Chiaramonte (1948 - 2023)  - Canopo, Tivoli, 1990
    Lotto 26

    Giovanni Chiaramonte (1948 - 2023) - Canopo, Tivoli, 1990

    cm 30,4 x 39,5 (cm 27,8 x 36 immagine)
    C-print vintage
    Siglata GC e datata a penna nera al margine bianco inferiore recto

    BIBLIOGRAFIA
    U. Fiori, Giovanni Chiaramonte, Penisola delle figure, 24ore Cultura, Milano, 1993, p. 15



    Giovanni Chiaramonte (Varese 1948 – Milano 2023) ha da subito dei riferimenti sia nella fotografia di Alfred Stieglitz e Minor White sia, soprattutto, nell’opera sul paesaggio italiano di Luigi Ghirri con cui stringe un’amicizia che lo porta a fondare con lui la casa editrice Punto e Virgola e a collaborare a progetti come “Viaggio in Itala” e “Esplorazioni sulla via Emilia”. Se ampia e variegata è stata la sua attività di autore caratterizzato dall’uso del colore che lo ha portato a realizzare importanti mostre collaborando con istituzioni internazionali, altrettanto significativa la sua attività di promotore culturale anche nella direzione di collane per gli editori Motta, Jaca Book, SEI, Meridiana, Ultreya.  

    Nella poetica di Giovanni Chiaramonte la fotografia scattata in medio e grande formato e stampata da negativo colore ha un ruolo centrale perché qui la tecnica non è fine a sé stessa, ma funzionale al messaggio che vuole trasmettere. Immerso in una dimensione filosofica che tende dichiaratamente allo spirituale, il percorso del fotografo si confronta con autori come Andrej Tarkovskij (del regista scopre e diffonde, pubblicandola in un libro, l’attività fotografica) alla ricerca di atmosfere di stampo mediterraneo sottolineate, come in questi due esempi, da cromatismi caldi e delicati che coglie in Italia, Europa e Medio Oriente, ma che trasferisce anche nel paesaggio americano. In Texas, in una cittadina dall’altisonante nome di Corpus Christy, fotografa un grande parcheggio con quello stile che ha a suo tempo caratterizzato la fotografia americana del cosiddetto Dialectical Landscape. Lo spazio è definito da un orizzonte lontano mentre sono gli alti pali a forma di elle rovesciata a dialogare idealmente con le strisce bianche della pavimentazione. La fotografia compare nel volume ”Westword” pubblicato nel 2014 da Ultreya.    
    Questo lotto è soggetto a diritto di seguito

  • Mario Cresci (1942)  - 2a fase ritratto reale Tricarico, 1972
    Lotto 27

    Mario Cresci (1942) - 2a fase ritratto reale Tricarico, 1972

    cm 40 x 30 (cm 17,5 x 25 immagine)
    Stampa vintage alla gelatina ai sali d'argento su carta politenata
    Titolata, datata e firmata a penna nera al margine bianco inferiore recto


    Mario Cresci (Chiavari, Genova 1942) frequenta il Corso Superiore di Industrial Design a Venezia dove conosce Italo Zannier che lo introduce alla fotografia. Si trasferisce in Basilicata prima nel 1967 quando esordisce con un visionario lavoro fotografico su Tricarico e poi nel 1968 dove a Matera apre il primo studio grafico della regione. Fotografo poliedrico passa dalla ricerca concettuale (è suo nel 1969, alla galleria il Diaframma di Milano, il primo environement fotografico) a quella di gusto antropologico, dall’indagine sul paesaggio con cui partecipa a “Viaggio in Italia” alla riflessione recente sul rapporto fra le opere e la loro rappresentazione. Intensa anche la sua attività didattica in varie città e la direzione dal 1991 al 2000 dell’Accademia Carrara a Bergamo dove vive.   

    Poteva, operando in una delle regioni di quello che un tempo si chiamava profondo Sud, riprendere il filo della peraltro grande tradizione reportagistica, ma Mario Cresci è sempre stato per fortuna uno spirito inquieto, sempre alla ricerca di quel qualcosa di non scontato che tanto spesso scorre sotto le vene del reale. Così è entrato nelle case dei suoi nuovi concittadini e loro gli hanno mostrato le fotografie tenute in casa e spesso provenienti da quanti dei loro parenti erano emigrati in paesi lontani. Ne è così risultato un cortocircuito visivo nel contrasto, qui ben visibile, fra la povertà della casa della protagonista testimoniata dal muro alle sue spalle e l’eleganza esibita di chi per il ritratto ha messo gli abiti della festa. Il concettuale e l’antropologico si fondono, invece, nell’interno materano dove alla precisione dei dettagli dell’abitazione si contrappone il volto del protagonista che si muove durante lo scatto per evocare una sua presenza eterea come fosse di passaggio rispetto agli oggetti di casa.       
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  • Mario Cresci (1942)  - Ritratti Mossi, Matera, Lucania, 1979
    Lotto 28

    Mario Cresci (1942) - Ritratti Mossi, Matera, Lucania, 1979

    cm 17,1 x 23
    Stampa vintage alla gelatina ai sali d'argento
    Firmata, datata e titolata a penna nera con timbro del fotografo al verso


    Mario Cresci (Chiavari, Genova 1942) frequenta il Corso Superiore di Industrial Design a Venezia dove conosce Italo Zannier che lo introduce alla fotografia. Si trasferisce in Basilicata prima nel 1967 quando esordisce con un visionario lavoro fotografico su Tricarico e poi nel 1968 dove a Matera apre il primo studio grafico della regione. Fotografo poliedrico passa dalla ricerca concettuale (è suo nel 1969, alla galleria il Diaframma di Milano, il primo environement fotografico) a quella di gusto antropologico, dall’indagine sul paesaggio con cui partecipa a “Viaggio in Italia” alla riflessione recente sul rapporto fra le opere e la loro rappresentazione. Intensa anche la sua attività didattica in varie città e la direzione dal 1991 al 2000 dell’Accademia Carrara a Bergamo dove vive.   

    Poteva, operando in una delle regioni di quello che un tempo si chiamava profondo Sud, riprendere il filo della peraltro grande tradizione reportagistica, ma Mario Cresci è sempre stato per fortuna uno spirito inquieto, sempre alla ricerca di quel qualcosa di non scontato che tanto spesso scorre sotto le vene del reale. Così è entrato nelle case dei suoi nuovi concittadini e loro gli hanno mostrato le fotografie tenute in casa e spesso provenienti da quanti dei loro parenti erano emigrati in paesi lontani. Ne è così risultato un cortocircuito visivo nel contrasto, qui ben visibile, fra la povertà della casa della protagonista testimoniata dal muro alle sue spalle e l’eleganza esibita di chi per il ritratto ha messo gli abiti della festa. Il concettuale e l’antropologico si fondono, invece, nell’interno materano dove alla precisione dei dettagli dell’abitazione si contrappone il volto del protagonista che si muove durante lo scatto per evocare una sua presenza eterea come fosse di passaggio rispetto agli oggetti di casa.       
    Questo lotto è soggetto a diritto di seguito

  • Gaetano D'Agata (1883 - 1949)  - Caino, 1910s
    Lotto 29

    Gaetano D'Agata (1883 - 1949) - Caino, 1910s

    cm 28,5 x 37,5 (cm 26 x 35 immagine)
    Stampa alla gelatina ai sali d'argento, rifotografia da stampa originale
    Firma del fotografo da originale sull'immagine con timbro del fotografo al verso


    Gaetano D’Agata (Aci Sant’Antonio, Catania 1883 – Taormina 1949) è sempre stato un autore decisamente insolito: pur avendo svolto la sua attività nel suo celebre studio posto nel centro di Taormina, la città scelta dopo aver sposato una ragazza locale, ha viaggiato in Spagna, Irlanda, India e Stati Uniti dove, a New York, aprì sia pure per poco tempo uno studio. Il successo soprattutto economico lo ottenne con le scene di genere (i classici personaggi che indossavano gli abiti tradizionali o esibivano i loro mestieri) e con i paesaggi siciliani, tutti temi rivolti ai turisti e destinati a comparire nelle cartoline. Si è anche dedicato con dedizione al nudo maschile.  

    Anche se mancano alcuni riscontri scientifici, sembra che D’Agata sia stato per qualche tempo assistente di Wilhelm von Gloeden. Sta di fatto che, per ovvie ragioni di vicinanza, doveva ben conoscere il lavoro del fotografo tedesco ma, mentre non appare interessato a seguirne le tracce sul tema del paesaggio, è a quello del nudo maschile che si ispira con decisione. Come sempre dovrebbe essere, non bisognerebbe mai mettere a confronto diretto gli autori fra di loro, ma in questo caso è inevitabile farlo perché se nei due nudi maschili ripresi di spalle accostati a una roccia il richiamo a von Gloeden si può immaginare, in “Caino” siamo di fronte alla riproposizione della stessa celebre ripresa realizzata dal fotografo tedesco nel 1898 con la sola variante di avere il mare invece della montagna come sfondo. D’altra parte, c’è da considerare che già quest’ultimo si era esercitato in una riproposizione, quella del dipinto di Hyppolite Flandrin realizzato nel 1836 ed esposto dal 1855 al Louvre con un titolo “Giovane uomo nudo” che non allude a Caino. 

  • Gaetano D'Agata (1883 - 1949)  - Senza titolo (Nudi maschili), 1890s
    Lotto 30

    Gaetano D'Agata (1883 - 1949) - Senza titolo (Nudi maschili), 1890s

    cm 23,5 x 17 (cm 22 x 15 immagine)
    Carta salata
    Firmata a penna nera sull'immagine in basso a sinistra con timbro del fotografo e 347 al verso 


    Gaetano D’Agata (Aci Sant’Antonio, Catania 1883 – Taormina 1949) è sempre stato un autore decisamente insolito: pur avendo svolto la sua attività nel suo celebre studio posto nel centro di Taormina, la città scelta dopo aver sposato una ragazza locale, ha viaggiato in Spagna, Irlanda, India e Stati Uniti dove, a New York, aprì sia pure per poco tempo uno studio. Il successo soprattutto economico lo ottenne con le scene di genere (i classici personaggi che indossavano gli abiti tradizionali o esibivano i loro mestieri) e con i paesaggi siciliani, tutti temi rivolti ai turisti e destinati a comparire nelle cartoline. Si è anche dedicato con dedizione al nudo maschile.  

    Anche se mancano alcuni riscontri scientifici, sembra che D’Agata sia stato per qualche tempo assistente di Wilhelm von Gloeden. Sta di fatto che, per ovvie ragioni di vicinanza, doveva ben conoscere il lavoro del fotografo tedesco ma, mentre non appare interessato a seguirne le tracce sul tema del paesaggio, è a quello del nudo maschile che si ispira con decisione. Come sempre dovrebbe essere, non bisognerebbe mai mettere a confronto diretto gli autori fra di loro, ma in questo caso è inevitabile farlo perché se nei due nudi maschili ripresi di spalle accostati a una roccia il richiamo a von Gloeden si può immaginare, in “Caino” siamo di fronte alla riproposizione della stessa celebre ripresa realizzata dal fotografo tedesco nel 1898 con la sola variante di avere il mare invece della montagna come sfondo. D’altra parte, c’è da considerare che già quest’ultimo si era esercitato in una riproposizione, quella del dipinto di Hyppolite Flandrin realizzato nel 1836 ed esposto dal 1855 al Louvre con un titolo “Giovane uomo nudo” che non allude a Caino. 

  • Mario De Biasi (1923 - 2013)  - Gli Italiani si voltano, 1954
    Lotto 31

    Mario De Biasi (1923 - 2013) - Gli Italiani si voltano, 1954

    cm 42,5 x 61,8 (cm 38,7 x 59 immagine)
    Stampa successiva alla gelatina ai sali d'argento
    Firmata a matita al verso

    BIBLIOGRAFIA
    E. Viganò (a cura di), Mario De Biasi. Fotografie-Photographs 1943-2003, Marsilio Editore, Venezia, 2021



    Mario De Biasi (Sois, Bolzano 1923 – Milano 2013) inizia a fotografare in Germania, dove era stato deportato durante la Seconda Guerra Mondiale. Nel 1948 presenta la sua prima mostra personale al Circolo Fotografico Milanese e nel 1953 diventa professionista lavorando nello staff della rivista Epoca cui resterà legato fino alla sua chiusura nel 1997 e per cui pubblicherà più di cento copertine e innumerevoli servizi scattati facendo più volte il giro del mondo. Estremamente versatile, ha realizzato innumerevoli mostre e pubblicato libri sui più svariati argomenti. 

    Mario De Biasi ha da subito acquisito uno stile personale che lo ha indotto a osservare la realtà con curiosità senza distinguere fra i grandi personaggi che ha ritratto – da Brigitte Bardot a Marlene Dietrich – alle semplici persone colte nella loro spontaneità con l’occhio del reporter di valore. È interessante osservare che questa capacità si trova già in “Domenica d’agosto”, lo scatto realizzato ancora da dilettante anticipando il gesto della ragazza che, per evitare di bagnarsi entra con la bicicletta nella pozzanghera e solleva gioiosamente le gambe. Una curiosità: di questa fotografia è stato perduto il negativo. “Gli italiani si voltano” è invece stata realizzata quando già De Biasi era un professionista: il settimanale Bolero Film lo chiede in prestito a Epoca per un servizio su Moira Orfei a Milano. Le riprese cominciano in piazza San Babila e il codazzo di curiosi lo segue lungo corso Vittorio Emanuele fino a piazza del Duomo. Qui De Biasi ha l’idea di riprendere la ragazza di spalle fasciata in uno stretto abito bianco che si staglia sul muro di uomini che la guardano incantati. Cinquanta anni dopo la fotografia sarà esposta al Guggenheim di New York in una mostra sull’arte italiana curata da Germano Celant. 
    Questo lotto è soggetto a diritto di seguito

  • Mario De Biasi (1923 - 2013)  - Domenica d'agosto, Milano, 1949
    Lotto 32

    Mario De Biasi (1923 - 2013) - Domenica d'agosto, Milano, 1949

    cm 23,7 x 18
    Stampa vintage alla gelatina ai sali d'argento
    Timbro del fotografo al verso

    BIBLIOGRAFIA
    AAVV, NeoRealismo. The new image in Italy 1932-1960, Admira Edizioni, Milano, 2018, copertina



    Mario De Biasi (Sois, Bolzano 1923 – Milano 2013) inizia a fotografare in Germania, dove era stato deportato durante la Seconda Guerra Mondiale. Nel 1948 presenta la sua prima mostra personale al Circolo Fotografico Milanese e nel 1953 diventa professionista lavorando nello staff della rivista Epoca cui resterà legato fino alla sua chiusura nel 1997 e per cui pubblicherà più di cento copertine e innumerevoli servizi scattati facendo più volte il giro del mondo. Estremamente versatile, ha realizzato innumerevoli mostre e pubblicato libri sui più svariati argomenti. 

    Mario De Biasi ha da subito acquisito uno stile personale che lo ha indotto a osservare la realtà con curiosità senza distinguere fra i grandi personaggi che ha ritratto – da Brigitte Bardot a Marlene Dietrich – alle semplici persone colte nella loro spontaneità con l’occhio del reporter di valore. È interessante osservare che questa capacità si trova già in “Domenica d’agosto”, lo scatto realizzato ancora da dilettante anticipando il gesto della ragazza che, per evitare di bagnarsi entra con la bicicletta nella pozzanghera e solleva gioiosamente le gambe. Una curiosità: di questa fotografia è stato perduto il negativo. “Gli italiani si voltano” è invece stata realizzata quando già De Biasi era un professionista: il settimanale Bolero Film lo chiede in prestito a Epoca per un servizio su Moira Orfei a Milano. Le riprese cominciano in piazza San Babila e il codazzo di curiosi lo segue lungo corso Vittorio Emanuele fino a piazza del Duomo. Qui De Biasi ha l’idea di riprendere la ragazza di spalle fasciata in uno stretto abito bianco che si staglia sul muro di uomini che la guardano incantati. Cinquanta anni dopo la fotografia sarà esposta al Guggenheim di New York in una mostra sull’arte italiana curata da Germano Celant. 
    Questo lotto è soggetto a diritto di seguito

  • Ferruccio Ferroni (1920 - 2007)  - Studio di esterno, Senigallia, 1950
    Lotto 33

    Ferruccio Ferroni (1920 - 2007) - Studio di esterno, Senigallia, 1950

    cm 23,4 x 17,6
    Stampa vintage alla gelatina ai sali d’argento
    Firmata, titolata  datata a penna blu al verso


    Ferruccio Ferroni (Mercatello sul Metauro, Pesaro-Urbino 1920 – Senigallia, Ancona 2007) avendo rifiutato di servire la Repubblica di Salò, viene internato in Germania da dove torna per svolgere una lunga convalescenza a Senigallia dove incontra Giuseppe Cavalli sposando totalmente la sua causa di una fotografia di stampo crociano. Già iscritto al circolo veneziano La Gondola entra a far parte del Misa e stringe una grande amicizia con Mario Giacomelli. Dalla professione di avvocato esercitata per tutta la vita eredita la precisione per il lavoro fotografico sia nella cura dell’archivio che in quella della stampa che realizza sempre personalmente. Numerose le partecipazioni a mostre di livello organizzate in Italia e all’estero come quella sulla Subjektive Fotografie di Saarbrucher nel 1955. 

    Secondo i canoni della fotografia suggeriti da Giuseppe Cavalli nel “Manifesto della Bussola” del 1947 e rielaborati sui concetti dell’estetica crociana, ciò che conta davvero è solo il modo di rappresentare il soggetto, non il contesto storico, sociale o politico in cui è inserito. Se vogliamo semplificare, ciò significa inseguire la bellezza in quanto tale. Ferruccio Ferroni questa scelta l’aveva fatta con convinzione e non senza una sottile polemica nei confronti del reportage che non inscriveva nei confini dell’arte. Nelle sue fotografie, che Mario Giacomelli considerava “frammenti poetici, immagini formali squisitamente composte”, ogni elemento perde la sua specificità per essere inserito in una dimensione dominata dall’armonia. Bisogna ammirarle da vicino queste opere per osservarne non solo l’equilibrio con cui inseriscono gli elementi nello spazio, ma anche l’accuratezza con cui in camera oscura l’autore si ingegna a valorizzare tutte le sfumature e a sottolineare la delicatezza delle ombre in stampe realizzate in high key che trasmettono un senso di pacata liricità.   
    Questo lotto è soggetto a diritto di seguito

  • Ferruccio Ferroni (1920 - 2007)  - Senigallia, 1950
    Lotto 34

    Ferruccio Ferroni (1920 - 2007) - Senigallia, 1950

    cm 17,3 x 17,3
    Stampa vintage alla gelatina ai sali d'argento
    Timbro del fotografo al verso


    Ferruccio Ferroni (Mercatello sul Metauro, Pesaro-Urbino 1920 – Senigallia, Ancona 2007) avendo rifiutato di servire la Repubblica di Salò, viene internato in Germania da dove torna per svolgere una lunga convalescenza a Senigallia dove incontra Giuseppe Cavalli sposando totalmente la sua causa di una fotografia di stampo crociano. Già iscritto al circolo veneziano La Gondola entra a far parte del Misa e stringe una grande amicizia con Mario Giacomelli. Dalla professione di avvocato esercitata per tutta la vita eredita la precisione per il lavoro fotografico sia nella cura dell’archivio che in quella della stampa che realizza sempre personalmente. Numerose le partecipazioni a mostre di livello organizzate in Italia e all’estero come quella sulla Subjektive Fotografie di Saarbrucher nel 1955. 

    Secondo i canoni della fotografia suggeriti da Giuseppe Cavalli nel “Manifesto della Bussola” del 1947 e rielaborati sui concetti dell’estetica crociana, ciò che conta davvero è solo il modo di rappresentare il soggetto, non il contesto storico, sociale o politico in cui è inserito. Se vogliamo semplificare, ciò significa inseguire la bellezza in quanto tale. Ferruccio Ferroni questa scelta l’aveva fatta con convinzione e non senza una sottile polemica nei confronti del reportage che non inscriveva nei confini dell’arte. Nelle sue fotografie, che Mario Giacomelli considerava “frammenti poetici, immagini formali squisitamente composte”, ogni elemento perde la sua specificità per essere inserito in una dimensione dominata dall’armonia. Bisogna ammirarle da vicino queste opere per osservarne non solo l’equilibrio con cui inseriscono gli elementi nello spazio, ma anche l’accuratezza con cui in camera oscura l’autore si ingegna a valorizzare tutte le sfumature e a sottolineare la delicatezza delle ombre in stampe realizzate in high key che trasmettono un senso di pacata liricità.  
    Questo lotto è soggetto a diritto di seguito

  • Franco Fontana (1933)  - Paesaggio (Puglia), 1987
    Lotto 35

    Franco Fontana (1933) - Paesaggio (Puglia), 1987

    cm 50,8 x 61 (cm 60 x 80 passepartout)
    Stampa cromogenica vintage, montata su passepartout originale

    Titolata, firmata e datata a penna nera al margine bianco superiore recto e firmata, titolata e datata a matita al passepartout recto
    Opera in cornice


    BIBLIOGRAFIA
    N. Ballario, C. Mestrovich (a cura di), Franco Fontana. Colore, Ed. Skira, 2024, copertina



    Franco Fontana (Modena 1933) già negli esordi da semplice appassionato si segnala per la scelta del colore grazie alla quale ottiene all’inizio degli anni ‘60 i primi riconoscimenti che lo inducono a passare al professionismo. Da allora si afferma a livello internazionale per la sua personalissima interpretazione del paesaggio realizzando mostre in gallerie e musei di tutto il mondo, pubblicando oltre settanta volumi, collaborando con importanti testate e ricevendo premi e riconoscimenti.  

    Mentre molti fotografi hanno continuato a prediligere per la sua duttilità e l’indubbio fascino il bianco e nero, Franco Fontana ha intuito che queste stesse caratteristiche potevano essere attribuite anche al colore. È in questo universo cromatico che ha fatto emergere la sua visione del mondo incentrata soprattutto su una riflessione sul paesaggio con sottintesi ma intuibili richiami all’astrattismo. Ogni singola immagine come questa (contraddistinta dai contrasti fra l’azzurro del cielo e il bruno della terra lavorata, fra l’orizzontalità delle linee e la verticalità dell’albero che svetta al centro della scena) racchiude le caratteristiche delle sue ricerche in questo campo. Anche quando decide di posare il suo sguardo sugli Stati Uniti resta fedele alla sua visione: il viaggio sulla leggendaria Route 66 diviene così una personale interpretazione del reportage in un racconto punteggiato di visioni improvvise e di colori saturi.  
    Questo lotto è soggetto a diritto di seguito

  • Franco Fontana (1933)  - Route 66, Illinois, 2001
    Lotto 36

    Franco Fontana (1933) - Route 66, Illinois, 2001

    cm 100 x 70
    C-print vintage montata su alluminio, stampata 2003
    Edizione 2 di 15
    Etichetta didascalica firmata a penna nera con timbro del fotografo al verso


    Franco Fontana (Modena 1933) già negli esordi da semplice appassionato si segnala per la scelta del colore grazie alla quale ottiene all’inizio degli anni ‘60 i primi riconoscimenti che lo inducono a passare al professionismo. Da allora si afferma a livello internazionale per la sua personalissima interpretazione del paesaggio realizzando mostre in gallerie e musei di tutto il mondo, pubblicando oltre settanta volumi, collaborando con importanti testate e ricevendo premi e riconoscimenti.  

    Mentre molti fotografi hanno continuato a prediligere per la sua duttilità e l’indubbio fascino il bianco e nero, Franco Fontana ha intuito che queste stesse caratteristiche potevano essere attribuite anche al colore. È in questo universo cromatico che ha fatto emergere la sua visione del mondo incentrata soprattutto su una riflessione sul paesaggio con sottintesi ma intuibili richiami all’astrattismo. Ogni singola immagine come questa (contraddistinta dai contrasti fra l’azzurro del cielo e il bruno della terra lavorata, fra l’orizzontalità delle linee e la verticalità dell’albero che svetta al centro della scena) racchiude le caratteristiche delle sue ricerche in questo campo. Anche quando decide di posare il suo sguardo sugli Stati Uniti resta fedele alla sua visione: il viaggio sulla leggendaria Route 66 diviene così una personale interpretazione del reportage in un racconto punteggiato di visioni improvvise e di colori saturi.  
    Questo lotto è soggetto a diritto di seguito

  • Vincenzo Galdi (1874 - 1961)  - Senza titolo, 1900s
    Lotto 37

    Vincenzo Galdi (1874 - 1961) - Senza titolo, 1900s

    cm 22,3 x 16,5
    Stampa all'albumina
    Timbro del fotografo e codice 3453 a matita al verso


    Vincenzo Galdi (Napoli 1871 – Roma 1961) grazie alla sua avvenenza, inizia molto giovane l’attività di modello posando prevalentemente per Wilhelm von Plushow da cui impara la tecnica fotografica e che segue da Napoli a Roma aprendo nelle vicinanze dello studio del fotografo tedesco un proprio atelier usando le adiacenti terrazze protette dagli sguardi dei vicini da teli per realizzare ritratti di nudo sia maschile che soprattutto femminile. Pur essendo autore di opere di valore artistico, nel 1907 venne arrestato e condannato per oltraggio alla pubblica morale, cosa che lo spinse a cambiare attività per aprire in via del Babuino una galleria d’arte.

    Essendo un autore meno conosciuto dei coetanei von Gloeden e von Plushow, Vincenzo Galdi è stato meno studiato dalla critica anche per l’abitudine piuttosto diffusa nell’800 di cofirmare le stampe o addirittura di non apporre alcuna firma. In tal modo le sue stampe potevano essere attribuite a von Plushow che era stato suo maestro o inserite nell’ampio novero delle fotografie erotiche. Rispetto la maggioranza di queste, tuttavia, Galdi si è sempre segnalato per la notevole qualità delle riprese e delle stampe. In questo nudo maschile, per esempio, si possono notare l’attenzione per la luce che crea ombre discrete e soprattutto la originale postura del soggetto che non si rivolge all’obiettivo ma si volta come a rifuggirlo. Resta evidente qui un richiamo alla pittura classica che, abitando a Roma, poteva aver visto in musei e pinacoteche della città. 
    Questo lotto è soggetto a diritto di seguito

  • Maurizio Galimberti (1956)  - Stadio Giuseppe Meazza, Milano. Studio n. 1, 2011
    Lotto 38

    Maurizio Galimberti (1956) - Stadio Giuseppe Meazza, Milano. Studio n. 1, 2011

    cm 85 x 143 circa
    150 polaroid montate a mosaico
    Opera unica
    Titolata, datata e firmata a matita al margine bianco inferiore recto
    Opera in cornice


    Maurizio Galimberti (Como 1956) si appassiona fin da ragazzo alla fotografia scattando in bianco e nero, ma anche utilizzando una fotocamera Widelux panoramica a riprova della sua passione per la ricerca. Abbandonato il lavoro di geometra, sposa la professione di fotografo utilizzando quasi esclusivamente, fin dal 1983, la pellicola istantanea Polaroid di cui anni dopo diventerà testimonial. Attento studioso delle avanguardie, fa proprio il linguaggio dada, surrealista, futurista per realizzare progetti sul ritratto, sul paesaggio, sulla rivisitazione delle immagini storiche che sono esposti in gallerie e spazi museali, pubblicati in libri e riviste, utilizzati per campagne pubblicitarie.

    Anche se la sua è una ricerca di più ampio respiro (lo conferma un volumetto edito da Polaroid Italia dove indica le tante possibilità creative della pellicola) che comprende il ready made e il transfer, la manipolazione delle singole immagini in fase di sviluppo e il frottage, è con la tecnica del mosaico che Galimberti si è fatto conoscere ed apprezzare. Usando un apposito distanziale, scompone volti e corpi per poi ricomporli in una esplosione di forme e lo stesso approccio visivo, ma stavolta senza distanziale lo utilizza – fin dai tempi della “Vucciria” il suo primo importante sito di uno sguardo complessivo – di fronte al paesaggio. Da grande appassionato di calcio, qui il fotografo ci propone due riflessioni sullo sport: in una si sofferma sulle audaci architetture dello stadio Meazza di Milano che qui rivisita inserendone i particolari in una immagine che si allarga in orizzontale, mentre nell’altra sottolinea, nella moltiplicazione dei particolari, il dinamismo del gesto spiazzante e sfrontato con cui Maradona è passato alla storia e al mito non solo calcistico.
    Questo lotto è soggetto a diritto di seguito

  • Maurizio Galimberti (1956)  - Mexico City 22-6-1986 La mano de Dios. Maradona e Shilton, 2019
    Lotto 39

    Maurizio Galimberti (1956) - Mexico City 22-6-1986 La mano de Dios. Maradona e Shilton, 2019

    cm 131 x 135
    224 polaroid montate a mosaico
    Opera unica
    Titolata, datata e firmata a matita al margine bianco inferiore recto
    Opera in cornice


    Maurizio Galimberti (Como 1956) si appassiona fin da ragazzo alla fotografia scattando in bianco e nero, ma anche utilizzando una fotocamera Widelux panoramica a riprova della sua passione per la ricerca. Abbandonato il lavoro di geometra, sposa la professione di fotografo utilizzando quasi esclusivamente, fin dal 1983, la pellicola istantanea Polaroid di cui anni dopo diventerà testimonial. Attento studioso delle avanguardie, fa proprio il linguaggio dada, surrealista, futurista per realizzare progetti sul ritratto, sul paesaggio, sulla rivisitazione delle immagini storiche che sono esposti in gallerie e spazi museali, pubblicati in libri e riviste, utilizzati per campagne pubblicitarie.

    Anche se la sua è una ricerca di più ampio respiro (lo conferma un volumetto edito da Polaroid Italia dove indica le tante possibilità creative della pellicola) che comprende il ready made e il transfer, la manipolazione delle singole immagini in fase di sviluppo e il frottage, è con la tecnica del mosaico che Galimberti si è fatto conoscere ed apprezzare. Usando un apposito distanziale, scompone volti e corpi per poi ricomporli in una esplosione di forme e lo stesso approccio visivo, ma stavolta senza distanziale lo utilizza – fin dai tempi della “Vucciria” il suo primo importante sito di uno sguardo complessivo – di fronte al paesaggio. Da grande appassionato di calcio, qui il fotografo ci propone due riflessioni sullo sport: in una si sofferma sulle audaci architetture dello stadio Meazza di Milano che qui rivisita inserendone i particolari in una immagine che si allarga in orizzontale, mentre nell’altra sottolinea, nella moltiplicazione dei particolari, il dinamismo del gesto spiazzante e sfrontato con cui Maradona è passato alla storia e al mito non solo calcistico.
    Questo lotto è soggetto a diritto di seguito

  • Giovanni Gastel (1955 - 2021)  - Ritratti di living, after Hopper, 2013
    Lotto 40

    Giovanni Gastel (1955 - 2021) - Ritratti di living, after Hopper, 2013

    cm 84 x 104 (cm 53 x 79,5 immagine)
    Stampa ai pigmenti
    Edizione 2 di 5
    Opera in cornice

    ESPOSIZIONI
    Giovanni Gastel. Quarant’anni di storia e immagini, Palazzo della Ragione, Milano, 2016


    BIBLIOGRAFIA
    G. Celant (a cura di), Giovanni Gastel, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo, 2016



    Giovanni Gastel (Milano 1955 - 2021) nasce in una famiglia dove la nobiltà si esprime anche nell’amore per l’arte. Autodidatta, nei primi anni ’70 lavora per Christie’s, ma nel 1981 l’incontro con la sua futura agente Carla Ghiglieri che lo introduce al mondo della moda gli svolta una carriera che lo porta a lavorare per Vogue Italia e poi, grazie a Flavio Lucchini e Gisella Borioli, con Mondo Uomo e Donna. Negli anni ’80 e ’90 firma prestigiose campagne pubblicitarie internazionali, ma decide anche di dedicarsi a ricerche personali dove sperimenta in campo artistico i temi della figura, del ritratto, dello still life già ampiamente utilizzati nel lavoro su commissione. Le grandi personali di Milano curate da Germano Celant e quella del MAXXI di Roma lo certificano come autore a tutto tondo.

    Se qualcuno si aspettava immagini classiche nel senso di tradizionali era inutile rivolgersi a Giovanni Gastel che, invece, preferiva trasmettere alle sue fotografie un dinamismo e una vivacità che le rendevano uniche. Per evocare le atmosfere raffinate di Dior qui fa letteralmente vibrare la figura della modella che esibisce un elegantissimo abito che si staglia sullo sfondo chiaro. È interessante notare che, pur non mostrando i particolari del volto della ragazza, il fotografo riesca a farci intuire la sua espressione giocosa che ben si sposa con la postura delle braccia che seguono le sinuosità del corpo. Uomo dotato di una grande cultura che da un lato si sposava con l’ironia e dall’altro si apriva a una dimensione più profonda (quella delle sue poesie), Giovanni Gastel era cresciuto nell’amore per l’arte: questa fotografia realizzata “alla maniera di” evoca dichiaratamente le atmosfere care al pittore Edward Hopper in un gioco compositivo dove i colori dalle tonalità pastello giocano un importante ruolo.  
    Questo lotto è soggetto a diritto di seguito

  • Giovanni Gastel (1955 - 2021)  - Dior, Brenda, 1988
    Lotto 41

    Giovanni Gastel (1955 - 2021) - Dior, Brenda, 1988

    cm 48 x 34 (cm 33,3 x 26,3 immagine)
    Stampa a getto d'inchiostro, stampata 2001
    Firmata e datata a penna nera al margine bianco inferiore recto


    Giovanni Gastel (Milano 1955 - 2021) nasce in una famiglia dove la nobiltà si esprime anche nell’amore per l’arte. Autodidatta, nei primi anni ’70 lavora per Christie’s, ma nel 1981 l’incontro con la sua futura agente Carla Ghiglieri che lo introduce al mondo della moda gli svolta una carriera che lo porta a lavorare per Vogue Italia e poi, grazie a Flavio Lucchini e Gisella Borioli, con Mondo Uomo e Donna. Negli anni ’80 e ’90 firma prestigiose campagne pubblicitarie internazionali, ma decide anche di dedicarsi a ricerche personali dove sperimenta in campo artistico i temi della figura, del ritratto, dello still life già ampiamente utilizzati nel lavoro su commissione. Le grandi personali di Milano curate da Germano Celant e quella del MAXXI di Roma lo certificano come autore a tutto tondo.

    Se qualcuno si aspettava immagini classiche nel senso di tradizionali era inutile rivolgersi a Giovanni Gastel che, invece, preferiva trasmettere alle sue fotografie un dinamismo e una vivacità che le rendevano uniche. Per evocare le atmosfere raffinate di Dior qui fa letteralmente vibrare la figura della modella che esibisce un elegantissimo abito che si staglia sullo sfondo chiaro. È interessante notare che, pur non mostrando i particolari del volto della ragazza, il fotografo riesca a farci intuire la sua espressione giocosa che ben si sposa con la postura delle braccia che seguono le sinuosità del corpo. Uomo dotato di una grande cultura che da un lato si sposava con l’ironia e dall’altro si apriva a una dimensione più profonda (quella delle sue poesie), Giovanni Gastel era cresciuto nell’amore per l’arte: questa fotografia realizzata “alla maniera di” evoca dichiaratamente le atmosfere care al pittore Edward Hopper in un gioco compositivo dove i colori dalle tonalità pastello giocano un importante ruolo.  
    Questo lotto è soggetto a diritto di seguito

  • Luigi Ghirri (1943 - 1992)  - Grizzana, Bologna, dalla serie "Studio di Giorgio Morandi", 1986
    Lotto 42

    Luigi Ghirri (1943 - 1992) - Grizzana, Bologna, dalla serie "Studio di Giorgio Morandi", 1986

    cm 20,3 x 25,4
    Stampa cromogenica vintage

    BIBLIOGRAFIA
    Attraverso l'Italia, Emilia Romagna, Fotografie di Luigi Ghirri, Secondo Volume, Touring Club Italiano, 1986, p. 241
    L. Ghirri, Paesaggio Italiano, Quaderni di Lotus, Electa, Milano, 1989, p. 82
    G. Messori (a cura di), Luigi Ghirri, Atelier Morandi, Contrejour-Palomar, Bari, 1992, p. 75
    G. Bizzarri, P. Barbaro (a cura di), Luigi Ghirri Lezioni di fotografia, Quodlibet, Macerata, 2010, p. 46
    L. Ghirri, Pensare per immagini, Museo MAXXI Roma, Electa, Verona, 2013, p. 340

    Luigi Ghirri, Pensar por imagens, Instituto Moreira Salles, San Paulo, IMS, 2013, p. 221


    Opera accompagnata da Certificato d'autenticità rilasciato dall'Archivio di Luigi Ghirri, Roncocesi (Reggio nell'Emilia)



    Luigi Ghirri (Scandiano, Reggio Emilia 1943 – Reggio Emilia 1992) geometra di formazione, quando comincia a fotografare nel 1969 fa riferimento al mondo concettuale che filtra in lavori dove gioca fra realtà e artificialità, immediatezza e ambiguità, cultura alta e immagini di consumo dialogando con scrittori come Gianni Celalti, musicisti come Lucio Dalla, critici come Massimo Mussini e Arturo Carlo Quintavalle. Sul tema del paesaggio realizza progetti fondamentali come le collettive “Viaggio in Italia” e “Esplorazioni sulla via Emilia” dando vita con le sue ricerche personali, confluite in molte mostre, in 31 libri di grande importanza e in saggi di lucida analisi come “Lezioni di fotografia”, a una riflessione di ampio respiro che lo colloca fra i più grandi fotografi della sua epoca.


    Se Luigi Ghirri è uno degli autori più amati nel mondo del collezionismo ciò è dovuto al suo sguardo originale e su quella solo apparente linearità che ne caratterizza le opere. La sua capacità di passare dal piccolo formato 35 mm al medio, di alternare pellicole negative, diapositive, Polaroid sempre rimanendo fedele ai cromatismi delicati di un riconoscibilissimo uso del colore ne fanno un fotografo più attento alla riflessione filosofica che alle dispute tecniche. Come lo hanno definito in una loro pezzo i Modena City Rambles, è stato soprattutto “L’uomo delle pianure”. La definizione gli sarebbe piaciuta ma Ghirri, qui lo dimostriamo con queste due opere, ha saputo muoversi nei più diversi ambiti passando dal ritratto allo still life qui rappresentato da una magnifica prova di confronto con l’opera pittorica di Giorgio Morandi realizzata visitando, per interpretarlo, il suo studio.


    Questo lotto è soggetto a diritto di seguito

  • Luigi Ghirri (1943 - 1992)  - Bologna, dalla serie "Diaframma 11, 1/125 luce naturale", 1974
    Lotto 43

    Luigi Ghirri (1943 - 1992) - Bologna, dalla serie "Diaframma 11, 1/125 luce naturale", 1974

    cm 30 x 40 (cm 24,4 x 34,5 immagine)
    Stampa cromogenica vintage

    BIBLIOGRAFIA
    L. Ghirri, Kodachrome, Punto e Virgola, Modena, 1978, p. 79
    L. Ghirri, Università di Parma Centro Studi e Archivio della Comunicazione, Feltrinelli, Milano, 1979
    L. Ghirri, Niente di antico sotto il sole, S.E.I., Torino, 1997, p. 187
    L. Ghirri, Kodachrome, Mack, London, 2012, p. 79
    E. Taramelli (a cura di), Memoria come un'infanzia, Il pensiero narrante di Luigi Ghirri, Diabasis Editore, Parma, 2017


    Opera accompagnata da Certificato d'autenticità rilasciato da Archivio di Luigi Ghirri, Roncocesi (Reggio nell'Emilia)



    Luigi Ghirri (Scandiano, Reggio Emilia 1943 – Reggio Emilia 1992) geometra di formazione, quando comincia a fotografare nel 1969 fa riferimento al mondo concettuale che filtra in lavori dove gioca fra realtà e artificialità, immediatezza e ambiguità, cultura alta e immagini di consumo dialogando con scrittori come Gianni Celalti, musicisti come Lucio Dalla, critici come Massimo Mussini e Arturo Carlo Quintavalle. Sul tema del paesaggio realizza progetti fondamentali come le collettive “Viaggio in Italia” e “Esplorazioni sulla via Emilia” dando vita con le sue ricerche personali, confluite in molte mostre, in 31 libri di grande importanza e in saggi di lucida analisi come “Lezioni di fotografia”, a una riflessione di ampio respiro che lo colloca fra i più grandi fotografi della sua epoca.


    Se Luigi Ghirri è uno degli autori più amati nel mondo del collezionismo ciò è dovuto al suo sguardo originale e su quella solo apparente linearità che ne caratterizza le opere. La sua capacità di passare dal piccolo formato 35 mm al medio, di alternare pellicole negative, diapositive, Polaroid sempre rimanendo fedele ai cromatismi delicati di un riconoscibilissimo uso del colore ne fanno un fotografo più attento alla riflessione filosofica che alle dispute tecniche. Come lo hanno definito in una loro pezzo i Modena City Rambles, è stato soprattutto “L’uomo delle pianure”. La definizione gli sarebbe piaciuta ma Ghirri, qui lo dimostriamo con queste due opere, ha saputo muoversi nei più diversi ambiti passando dal ritratto allo still life qui rappresentato da una magnifica prova di confronto con l’opera pittorica di Giorgio Morandi realizzata visitando, per interpretarlo, il suo studio.


    Questo lotto è soggetto a diritto di seguito

  • Mario Giacomelli (1925 - 2000)  - Io non ho mani che mi accarezzino il volto, 1961/1963
    Lotto 44

    Mario Giacomelli (1925 - 2000) - Io non ho mani che mi accarezzino il volto, 1961/1963

    cm 50,5 x 60,8
    Stampa alla gelatina ai sali d'argento, stampata anni 1970
    Timbro del fotografo al verso

    BIBLIOGRAFIA
    A. Crawford (a cura di), Mario Giacomelli, Phaidon, Londra, 2001, p. 225 (versione simile)



    Mario Giacomelli (Senigallia, Ancona 1925-2000) orfano giovanissimo di padre, lavora da garzone nella tipografia che nel dopoguerra acquisterà. Nel 1953 scatta la sua prima fotografia con una semplice Bencini Comet intuendo subito di potersi esprimere con la fotografia. Il supporto e le indicazioni di Giuseppe Cavalli, Paolo Monti, Luigi Crocenzi e Giuseppe Turroni lo fanno conoscere come una ventata di novità grazie a uno stile basato sui contrasti del suo bianco e nero ed a una sensibilità che lo porta a una visione espressionista del paesaggio e a un modo molto intenso di interpretare le liriche di grandi poeti come Leopardi, Cardarelli, Turoldo, Lee Masters. Moltissime le mostre esposte in tutto il mondo e i libri da lui realizzati.


    Io non ho mani che mi accarezzino il volto è il lavoro più noto e apprezzato perché contiene, nel bianco accecante della neve su cui si staglia il nero delle tonache dei seminaristi, le caratteristiche più evidenti dello stile di Giacomelli. Bisogna però studiarla bene questa immagine perché il contrasto più che estetico è metaforico mettendo a confronto l’allegria spensierata dei protagonisti e la solitudine affettiva che li aspetta. Non bisogna poi dimenticare che qui si rivela il vero animo del fotografo di Senigallia, quella di essere un raffinato interprete della poesia, in questo caso della lirica omonima di David Maria Turoldo. Decisamente affascinante Scanno (unica fotografia italiana presente nella mostra “The Photographers Eye” del 1964 al MoMA) è un vero e proprio esercizio di stile compositivo: alle due donne che in primo piano attraversano diagonalmente lo spazio si contrappone, in un geniale spostamento prospettico, la figura del bambino che avanza frontalmente verso l’obiettivo.


     
    Questo lotto è soggetto a diritto di seguito

  • Mario Giacomelli (1925 - 2000)  - Scanno, 1957
    Lotto 45

    Mario Giacomelli (1925 - 2000) - Scanno, 1957

    cm 30 x 40
    Stampa vintage alla gelatina ai sali d'argento, stampata ani 1970
    Firmata a penna nera sull'immagine e titolata a penna nera al verso

    BIBLIOGRAFIA
    A. Crawford (a cura di), Mario Giacomelli, Phaidon, Londra, 2001, p. 169
    J. Szarkowski (a cura di), Looking at Photographs: 100 Pictures from the Collection of The Museum of Modern Art, New York Graphic Society Ltd., 1973, p. 185



    Mario Giacomelli (Senigallia, Ancona 1925-2000) orfano giovanissimo di padre, lavora da garzone nella tipografia che nel dopoguerra acquisterà. Nel 1953 scatta la sua prima fotografia con una semplice Bencini Comet intuendo subito di potersi esprimere con la fotografia. Il supporto e le indicazioni di Giuseppe Cavalli, Paolo Monti, Luigi Crocenzi e Giuseppe Turroni lo fanno conoscere come una ventata di novità grazie a uno stile basato sui contrasti del suo bianco e nero ed a una sensibilità che lo porta a una visione espressionista del paesaggio e a un modo molto intenso di interpretare le liriche di grandi poeti come Leopardi, Cardarelli, Turoldo, Lee Masters. Moltissime le mostre esposte in tutto il mondo e i libri da lui realizzati.


    Io non ho mani che mi accarezzino il volto è il lavoro più noto e apprezzato perché contiene, nel bianco accecante della neve su cui si staglia il nero delle tonache dei seminaristi, le caratteristiche più evidenti dello stile di Giacomelli. Bisogna però studiarla bene questa immagine perché il contrasto più che estetico è metaforico mettendo a confronto l’allegria spensierata dei protagonisti e la solitudine affettiva che li aspetta. Non bisogna poi dimenticare che qui si rivela il vero animo del fotografo di Senigallia, quella di essere un raffinato interprete della poesia, in questo caso della lirica omonima di David Maria Turoldo. Decisamente affascinante Scanno (unica fotografia italiana presente nella mostra “The Photographers Eye” del 1964 al MoMA) è un vero e proprio esercizio di stile compositivo: alle due donne che in primo piano attraversano diagonalmente lo spazio si contrappone, in un geniale spostamento prospettico, la figura del bambino che avanza frontalmente verso l’obiettivo.
    Questo lotto è soggetto a diritto di seguito

  • Paolo Gioli (1942 - 2022)  - L'assassino nudo (Muybridge), 1984
    Lotto 46

    Paolo Gioli (1942 - 2022) - L'assassino nudo (Muybridge), 1984

    cm 12,4 x 17,7
    Stampa vintage alla gelatina ai sali d'argento su carta politenata
    Titolata e datata con note del fotografo a penna nera al verso


    Paolo Gioli (Sarzano di Rovigo, Rovigo 1942 – Lendinara, Rovigo 2022) ha una folgorante formazione fra Venezia all’Accademia di Belle Arti e New York dove nel 1967-1968 è in contatto con il New American Cinema, la New York School e i galleristi Leo Castelli e Martha Jasckson. Altrettanto importante in questo periodo è l'incontro con l'amico Paolo Vampa, che sostiene e produce il suo lavoro. Rientrato in Italia, a Roma realizza i primi dei suoi numerosi film sperimentali e inizia a interessarsi di fotografia utilizzando una fotocamera da lui modificata per il fotofinish portando poi queste esperienze nel periodo 1970-1980 a Milano. Lì scopre le potenzialità espressive della Polaroid e la magia dell’immagine stenopeica con lavori esposti negli anni successivi in importanti gallerie di Milano, Parigi, Arles, New York, Venezia, Roma, Firenze. Schivo di carattere, torna dopo il 1980 nel suo Polesine: ormai mostre, libri e riconoscimenti lo certificano come uno dei più interessanti esponenti della fotografia di ricerca non solo italiana.


    Nelle opere che qui presentiamo si sottolinea lo stretto rapporto che Paolo Gioli ha fin dagli esordi stretto fra cinema e fotografia, linguaggi da lui immersi in una dimensione particolare, quella della ricerca. Proprio per ricordare che l’uno e l’altra, prima di approdare alla rassicurante rappresentazione del reale, sono state generate dalla inquietudine data dalla sperimentazione dei materiali, ha realizzato immagini sofferte con cui l’osservatore è chiamato a confrontarsi. Lo fa già a partire dalla contrapposizione dialettica fra la storia del passato e l’uso di materiali contemporanei come le Polaroid di Geometrico continuo. Sintomatico è poi L’assassino nudo che si rifà all’omonimo film girato in 16 mm. (l’autore lo definisce un film-libro) perché Eadweard Muybridge cui è dedicato è stato colui che, mettendo in sequenza i fotogrammi in sequenze incalzanti, ha anticipato il cinema. Scrive Gioli stesso raccontando di aver utilizzato, per riprodurli, tre libri: “Ho tentato di animare l’inchiostro di immagini in movimento… ma fisse. Dunque, un film desunto dall’inchiostro di stampa. Incredibile, quanto Nièpce avesse ragione. Nel montare il film ho scoperto quello che non avrei mai potuto scoprire sfogliando i tre libri cioè, una involontaria anticipazione del montaggio filmico da parte di Muybridge. Addirittura, le sue angolazioni di ripresa ci risultano come perfetti stacchi televisivi di eccezionale attualità: montaggi diretti prima che fosse cinema”.


    Questo lotto è soggetto a diritto di seguito

  • Paolo Gioli (1942 - 2022)  - Geometrico Continuo, 1970-1973
    Lotto 47

    Paolo Gioli (1942 - 2022) - Geometrico Continuo, 1970-1973

    cm 21,8 x 17,1
    Quattro polaorid montate a mosaico
    Opera unica
    Ciascuna titolata e datata con note del fotografo a penna blu al verso


    Paolo Gioli (Sarzano di Rovigo, Rovigo 1942 – Lendinara, Rovigo 2022) ha una folgorante formazione fra Venezia all’Accademia di Belle Arti e New York dove nel 1967-1968 è in contatto con il New American Cinema, la New York School e i galleristi Leo Castelli e Martha Jasckson. Altrettanto importante in questo periodo è l'incontro con l'amico Paolo Vampa, che sostiene e produce il suo lavoro. Rientrato in Italia, a Roma realizza i primi dei suoi numerosi film sperimentali e inizia a interessarsi di fotografia utilizzando una fotocamera da lui modificata per il fotofinish portando poi queste esperienze nel periodo 1970-1980 a Milano. Lì scopre le potenzialità espressive della Polaroid e la magia dell’immagine stenopeica con lavori esposti negli anni successivi in importanti gallerie di Milano, Parigi, Arles, New York, Venezia, Roma, Firenze. Schivo di carattere, torna dopo il 1980 nel suo Polesine: ormai mostre, libri e riconoscimenti lo certificano come uno dei più interessanti esponenti della fotografia di ricerca non solo italiana.


    Nelle opere che qui presentiamo si sottolinea lo stretto rapporto che Paolo Gioli ha fin dagli esordi stretto fra cinema e fotografia, linguaggi da lui immersi in una dimensione particolare, quella della ricerca. Proprio per ricordare che l’uno e l’altra, prima di approdare alla rassicurante rappresentazione del reale, sono state generate dalla inquietudine data dalla sperimentazione dei materiali, ha realizzato immagini sofferte con cui l’osservatore è chiamato a confrontarsi. Lo fa già a partire dalla contrapposizione dialettica fra la storia del passato e l’uso di materiali contemporanei come le Polaroid di Geometrico continuo. Sintomatico è poi L’assassino nudo che si rifà all’omonimo film girato in 16 mm. (l’autore lo definisce un film-libro) perché Eadweard Muybridge cui è dedicato è stato colui che, mettendo in sequenza i fotogrammi in sequenze incalzanti, ha anticipato il cinema. Scrive Gioli stesso raccontando di aver utilizzato, per riprodurli, tre libri: “Ho tentato di animare l’inchiostro di immagini in movimento… ma fisse. Dunque, un film desunto dall’inchiostro di stampa. Incredibile, quanto Nièpce avesse ragione. Nel montare il film ho scoperto quello che non avrei mai potuto scoprire sfogliando i tre libri cioè, una involontaria anticipazione del montaggio filmico da parte di Muybridge. Addirittura, le sue angolazioni di ripresa ci risultano come perfetti stacchi televisivi di eccezionale attualità: montaggi diretti prima che fosse cinema”.
    Questo lotto è soggetto a diritto di seguito

  • Franco Grignani (1908 - 1999)  - Due tecniche su un foglio di carta fotografica, 1928
    Lotto 48

    Franco Grignani (1908 - 1999) - Due tecniche su un foglio di carta fotografica, 1928

    cm 35,6 x 24,4
    Stampa vintage alla gelatina ai sali d'argento
    Firmata e datata con timbro del fotografo al verso
    Al verso testo a matita:
    Doppia Tecnica: Fotogramma a luce inclinata (occhiali da sole) Proiezione di vela. Lavoro svolto tutto in camera oscura con composizione su velina (copertina di depliant per vacanze).


    Franco Grignani (Pieve Porto Morone, Pavia 1908 – Milano 1999) si laurea a Torino in architettura e si avvicina prima al Secondo Futurismo poi al Costruttivismo e all’Astrattismo Geometrico. Ciò lo spinge a studi sulla percezione visiva e sulla psicologia della Gestalt che applica alla fotografia operando torsioni, deformazioni, rotazioni, rovesciamenti prospettici per sollecitare in chi le osserva curiose suggestioni per creare quelle che chiama “tensioni strutturali”. Alla ricerca in campo fotografico che anticipa la Optical Art e lo porta a realizzare mostre e comparire in importanti collezioni accosta la professione di pubblicitario, grafico e designer di successo accanto alla moglie Jeanne, bravissima illustratrice. Lavora per clienti come Pirelli, Necchi, Singer, Penguins Books, Pura Lana Vergine di cui disegna il marchio. Mostre, libri e riconoscimenti lo certificano come uno dei più interessanti esponenti della fotografia di ricerca non solo italiana.
     
    Questi due esempi illustrano molto bene l’estro di Franco Grignani che già emerge in un’opera giovanile del 1928 dove l’autore dimostra di possedere non solo una notevole fantasia creativa ma anche una grande padronanza della camera oscura. Qui la doppia esposizione vede svettare decisa e minuziosa nei dettagli l’immagine di una barca a vela cui si sovrappone il fotogramma triplicato di un paio di occhiali posti in modo da distorcerne la forma e renderne quasi diafana la presenza. “Tensione particolare” è, al contrario, un esempio classico degli interventi visivi creati con precisissima attenzione (prima del Politecnico Grignani aveva frequentato la facoltà di matematica e si vede) dalla sottolineatura del contrato netto fra l’area bianca e quella nera addolcito però dalle linee curve che guidano lo sguardo dal centro dell’opera fino al suo margine alto e poi riportarlo dalla periferia al centro in un gioco visivo carico di fascino.


    Questo lotto è soggetto a diritto di seguito

Lotti dal 25 al 48 di 100
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Fotografia: ICONE ITALIANE

Un catalogo di 100 lotti dei più importanti fotografi nel panorama nazionale, dal XIX secolo ai giorni nostri: due le iconiche immagini proposte per ogni autore scelto, quelle per le quali sono conosciuti nel nostro paese e talvolta in tutto il mondo. Un'asta che non solo ha l’ambizione di essere accattivante da un punto di vista di mercato, ma che si pone come un vero e proprio progetto curatoriale.


INDIRIZZO

Milano / Via dei Bossi, 2


Per maggiori informazioni: 

fotografia@finarte.it 

02 3363801

Sessioni

  • 18 giugno 2025 ore 16:00 Sessione unica (1 - 100)

Esposizione

16-17 giugno

dalle ore 10:00 alle 19:00


18 giugno

dalle ore 10:00 alle 15:00


Milano / Via dei Bossi, 2


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Le opere non si intendono accompagnate da cornice dove non espressamente indicato in catalogo.

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  • da 300000 a 400000 rilancio di 20000
  • da 400000 a 1000000 rilancio di 50000
  • da 1000000 in avanti rilancio di 100000