Dipinti e Disegni Antichi
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Lotto 97 Pittore classicista - Pittore con la modella nell'atelier
cm 96 x 123
olio su tela -
Lotto 98 Scuola italiana, secolo XVII - Due putti che si abbracciano
cm 20,5 x 27
olio su tela
entro cornice coeva
PROVENIENZA
Cardinale Vincenzo Vannutelli (1836-1930), decano del collegio cardinalizio;
per eredità ai suoi discendenti
L'opera recupera una celebre composizione di Leonardo Da Vinci -
Lotto 99 Scuola emiliana, secolo XVII - Due putti musicanti
cm 74 x 57
olio su tela -
Lotto 100 Scuola del nord Europa, fine secolo XVII - inizi secolo XVIII - Marina in tempesta con velieri
cm 34,5 x 50,5
olio su tavola -
Lotto 101 Scuola del Nord Europa, fine secolo XVIII - inizi secolo XIX - Marina in tempesta con velieri
cm 57,5 x 81
olio su tela -
Lotto 102 Giovanni Signorini (Firenze 1808 - 1864) - Due paesaggi arcadici con pastori e contadine
cm 35 x 57 ciascuno
coppia, olio su tela originale
firmati e datati sul retro Giovanni Signorini fece anno 1839 Firenze -
Lotto 103 Scuola italiana, inizi del secolo XIX - Arco della Pace, Milano
mm 163 x 238
acquerello su carta applicata su passe-partout
PROVENIENZA
Collezione Gianni Versace, Villa Fontanelle, Moltrasio;
Asta Sotheby's, Londra 18 marzo 2009, lotto 379;
collezione privata. -
Lotto 104 Imitatore di Salvator Rosa - Due scene di battaglia
cm 31 x 73,5 ciascuno
coppia, olio su tela -
Lotto 105 Scuola romana, secolo XVIII - Paesaggi arcadici con figure
cm 30 x 23 ciascuno
tre dipinti, olio su tela
due dipinti nel lotto recano antichi numeri di inventario sulle cornici: 19 e 224
entro cornice coeva
PROVENIENZA
Cardinale Vincenzo Vannutelli (1836-1930), decano del collegio cardinalizio;
per eredità ai suoi discendenti -
Lotto 106 Ambito di Paul Bril (Anversa 1554 – Roma 1626) - Paesaggio fluviale al chiaro di luna con figure e fortezza in lontananza
cm 30 x 41
olio su rame
al retro iscrizione Paul Brill -
Lotto 107 Scuola veneta, fine secolo XVI - Matrimonio mistico di Santa Caterina
cm 52 x 68
olio su tela -
Lotto 108 Pittore fiammingo attivo in Italia, secolo XVII - San Sebastiano
cm 79,5 x 64,5
olio su tela -
Lotto 109 Scuola italiana, secolo XVIII - Madonna col Bambino
cm 25,3 x 20
olio su tela originale, in ovale dipinto -
Lotto 110 Scuola dell'Italia settentrionale, secolo XVIII - Madonna in gloria con Bambino e santi
cm 177 x 130
olio su tela
iscrizione e data in basso al centro: FRANCIS COMPAGNONI PELLICANI F.C. 1726 -
Lotto 111 Scuola umbra, inizi secolo XVI - Madonna con Bambino
cm 41 x 27
olio su tavola
Il dipinto, databile agli inizi del secolo XVI, è opera di un artista attivo in Umbria, formatosi sui modelli di Pinturicchio e dello Spagna. In particolare, l'opera trova un confronto con la Madonna con Bambino di Pinturicchio, oggi conservata alla National Gallery of Art di Washington, e con la pala di Santa Maria dei Fossi, opera dello stesso pittore. Per la classicità del volto della Vergine, geometricamente chiuso nella forma ovoidale del velo, può essere accostato ai modi di Antonio Rimpatta (attivo nel centro Italia e a Napoli all’inizio del secolo XVI). -
Lotto 112 Bernardino di Mariotto dello Stagno (Perugia 1475 circa - 1566) - Cristo alla colonna
cm 40 x 31,5
olio su tavola, senza cornice
sul retro etichetta di collezione inglese
Il dipinto è corredato da una perizia di Giuliano Briganti, disponibile in copia, datata 31 gennaio 1974.
Bernardino di Mariotto, pittore umbro, fu attivo tra il 1497 e il 1566 nelle Marche, a Perugia e a Gubbio. Allievo di Fiorenzo di Lorenzo, fu influenzato dall'ambiente pittorico marchigiano e dai modi di Luca Signorelli. Secondo Briganti il volto del Cristo trova un confronto con quello della Vergine nella Madonna del Soccorso della Cattedrale di Sanseverino Marche, datata 1509, mentre le pieghe del perizoma sono confrontabili con quelle del Cristo nel Battesimo della SS. Annunziata di Camerino. -
Lotto 113 Pseudo Pier Francesco Fiorentino (attivo a Firenze nell'ultimo quarto del Quattrocento) - Matrimonio mistico di Santa Caterina d'Alessandria
cm 41 x 24,4
tempera e oro su tavola
Referenze fotografiche
Fototeca Zeri, scheda n. 11592
PROVENIENZA
collezione Volterra, Firenze;
collezione J. Scott-Taggart, Beaconsfield, Regno Unito;
Wengraf Old Masters Gallery, Londra, segnalato prima del 1963;
Asta Finarte, Milano, 13 maggio 1993, lotto 22;
collezione privata
BIBLIOGRAFIA
C. Daly, Lista di opere attribuibili allo Pseudo Pier Francesco Fiorentino e bottega, in A. De Marchi e D. Civettini, Pseudo Pier Francesco Fiorentino: Cristo di dolori, Firenze 2022, p. 44
Ringraziamo il professor Emanuele Zappasodi e il dottor Christopher Daly per aver confermato indipendentemente la presente attribuzione.
Del corpus del cosiddetto Pseudo Pier Francesco Fiorentino fanno parte numerose opere, soprattutto Madonne con Bambino, in cui il soggetto sacro è interpretato, come in questo caso, in modo accostante e grazioso, ben apprezzabile nell'intimità della devozione privata. Fu Bernard Berenson a riunire sotto il nome di Pier Francesco Fiorentino diverse tavole, fino ad allora ricondotte alla bottega di Filippo Lippi e Pesellino. Nel 1928, Frederick Mason Perkins, allievo di Berenson, si rese però conto che la presunta coerenza interna del raggruppamento, arrivato presto a contare quasi duecento pezzi, fosse minata in realtà da sottili ma evidenti differenze formali. Egli propose quindi di allontanare in blocco tutte le Madonne col Bambino lippesche e peselliniane dalle prove propriamente monumentali di Pier Francesco, cui alla fine spettavano non meno di una dozzina di opere tra dipinti su tavola e ad affresco, e di riferirle a una diversa personalità, da designare premettendo al nome di Piero il prefisso col quale è noto il nostro pittore, lo Pseudo Pier Francesco Fiorentino.
Nelle opere dello Pseudo è frequente il ricorso a disegni e cartoni di Pesellino e di Filippo Lippi. Anche la composizione del dipinto qui presentato è in relazione con un disegno di Pesellino, raffigurante il medesimo soggetto, conservato agli Uffizi, Gabinetto dei Disegni.
Numerose sono state le ipotesi per identificare l'anonimo artista; la più accreditata è quella formulata nel 1992 da Annamaria Bernacchioni (A. Bernacchioni, in Maestri e botteghe, 1992, pp. 160-161, catt. 5.3-5.4), che ha proposto il nome di un collaboratore del Pesellino, Piero di Lorenzo del Pratese. Costui è ricordato nel 1457, quando intentò causa a Monna Tarsia, vedova di Pesellino, per reclamare la metà dei pagamenti per la pala che quest’ultimo aveva in parte eseguito per la Compagnia della Trinità di Pistoia. Appoggiata da altri studiosi, l’ipotesi ha il pregio di rendere conto dell’origine dei cartoni peselliniani, del loro riuso esclusivo da parte della bottega dello ‘Pseudo’ e di come, da un certo punto in avanti, essi venissero combinati con quelli provenienti dalla bottega di Filippo Lippi, cui, tra l’altro, venne affidato il completamento della tavola di Pistoia.
Nel dipinto qui presentato i contorni nitidi racchiudono colori stesi con la purezza della porcellana e le figure eleganti si stagliano sulla suggestiva apertura del paesaggio alle loro spalle, secondo gli stilemi tipici dello Pseudo Pier Francesco Fiorentino. I gesti sono dolci e posati, l'atmosfera di intima sacralità perfettamente studiata per il culto familiare.
Le numerose versioni di questa composizione, realizzate sia dallo Pseudo Pier Francesco sia dal Maestro di San Miniato, testimoniano la grande richiesta, da parte del pubblico borghese fiorentino, di piccole tavole per la devozione privata, che ripropongono, su scala domestica, i modelli delle grandi pale d'altare.
La presenza lungo i margini delle "barbe" di gesso rivela che la tavola ha conservato le dimensioni originali. -
Lotto 114 Bernardino Zaganelli (Cotignola 1460/1470 - circa 1510) - Madonna con Bambino
cm 46 x 34
olio su tela (trasportato da tavola)
Referenze fotografiche
Fototeca Zeri, scheda n. 59563
BIBLIOGRAFIA
R. Roli, Sul problema di Bernardino e Francesco Zaganelli in "Arte antica e moderna", n. 8, 1965, p. 227;
R. Zama, Gli Zaganelli (Francesco e Bernardino), Rimini 1994, pp. 120-121, n. 17
L'opera, pubblicata per la prima volta da Roli nel 1965 (R. Roli, Sul problema di Bernardino e Francesco Zaganelli in "Arte antica e moderna", n. 8, 1965, p. 227) e successivamente da Raffaella Zama (R. Zama, Gli Zaganelli, Rimini 1994, p. 121, n. 17), è da datarsi sul finire del Quattrocento, nel momento in cui la formazione ferrarese di Bernardino Zaganelli guarda ai modelli bolognesi ed umbri. La figura della Vergine trova, infatti, un confronto stringente con quella, assisa in trono, della grande pala datata 1499 e oggi conservata alla Pinacoteca di Brera. Nel dipinto qui offerto, tuttavia, il volto appare caratterizzato da una maggiore naturalezza espressiva e da alcuni dettagli che evidenziano una grande raffinatezza esecutiva, come gli ornati del velo e delle vesti, la lucentezza dei gioielli e l'accuratezza con cui sono resi i riccioli del Bambino. Nel dipinto si ritrovano alcuni degli elementi tipici della poetica di Bernardino, soprattutto la dolcezza dei gesti e degli sguardi che non celano, anzi sottolineano, la forza espressiva delle figure, particolarmente evidente soprattutto negli occhi "lucidi" della Vergine. Proprio nella naturalezza del volto della Madonna emerge la tradizione ferrarese, offerta a Bernardino da Ercole de' Roberti (R. Zama, ibidem, p. 121).
Il dipinto era originariamente su tavola, come riportato nelle pubblicazioni di Roli e Zama, ed è stato trasportato su tela in epoca imprecisata. -
Lotto 115 Leandro Bassano (Bassano del Grappa 1557 - Venezia 1622) - Ritratto di gentildonna con garofano
cm 127 x 106
olio su tela
firmato a destra LEANDER A PON [T]/ BASS. IS EQUES
PROVENIENZA
Asta Finarte Milano, 21 aprile 1988, lotto 54 (venduto a lire 73.600.000)
BIBLIOGRAFIA
M. Natale (a cura di), Pittura italiana dal '300 al '500, Milano 1991, p. 72
L'opera è firmata LEANDER A PON / BASS. IS EQUES in basso a destra, poco sopra la mano con la quale l'effigiata tiene il ventaglio. L'appellativo eques (cavaliere) si pone come elemento fondamentale per la datazione dell'opera, permettendo di stabilire il termine post quem al 1595. Come racconta il Ridolfi, infatti, il Cavalierato di San Marco fu concesso a Leandro dal doge Marino Grimani (eletto, appunto, nel 1595); così il Rodolfi nella vita dedicata al Bassano: "E perché si predicava dall'universale la bellezza dei suoi ritratti, volle il Doge Marin Grimano essere da lui ritratto, che fu posto nelle stanze della Procuratia; del quale così quel Principe si compiacque, che lo creò suo Cavaliere" (Ridolfi, Vite dei pittori Veneti e dello Stato, Padova 1840, vol. II, p. 370). Il Ritratto del Doge Marino Grimani e quello della moglie, la Dogaressa Morosina Morosini, eseguiti verso il 1595, sono oggi conservati alla Gemäldegalerie di Dresda. Come queste due opere, anche il dipinto qui all'incanto costituisce un'importante testimonianza dell'attività ritrattistica di Leandro Bassano, genere in cui il pittore si specializzò e in cui raggiunse risultati eccelsi a partire dal 1580 circa, quando iniziò la sua produzione autonoma, distaccandosi dalla bottega del padre Jacopo, a Bassano, e trasferendosi a Venezia. Nei ritratti Leandro si fa interprete delle esigenze e della volontà di rappresentazione della nuova società borghese, mercantile e imprenditoriale, che si stava affermando a Venezia nel tardo Cinquecento. I personaggi sono infatti ritratti nella loro realtà concreta e occupano lo spazio circostante con una potenza volumetrica che indica la consapevolezza del loro status sociale. La giovane donna raffigurata, ad esempio, fissa lo spettatore con uno sguardo fiero ma allo stesso tempo anche calmo e sicuro, abbigliata secondo la moda del tempo in abiti austeri ma sfarzosi: il vestito di broccato nero, i cui ricami sono resi quasi a monocromo con leggere variazioni di scuri, e la ricca catena d'oro. Unico tocco di colore, che cattura l'attenzione dello spettatore proprio sul bel volto, è il garofano rosso, simbolo d'amore appassionato. -
Lotto 116 Attribuito ad Antonio Balestra (Verona 1666 - 1740) - Due figure allegoriche (la Fortezza e la Verità?)
cm 96 x 84,5
olio su tela, in ovale dipinto
Il dipinto offerto nel lotto appartiene al filone di raffigurazioni allegoriche e moraleggianti, che dal Rinascimento in poi, sono tipiche della pittura veneziana. In particolare le due figure, identificabili probabilmente con La Fortezza e la Verità (o Venere) sono da intendersi come una sorta di Vanitas, che porta lo spettatore a riflettere sull'importanza della virtù e della rettitudine per tenere a freno i desideri e gli istinti.
Il dipinto trova un confronto con quello di Antonio Balestra raffigurante la Fortezza e la Verità, conservato a Pommersfelden, Castello di Schoenborn (cfr. L. Ghio e E. Baccheschi, Antonio Balestra, in I Pittori bergamaschi, Bergamo 1989, p. 256 fig.3). -
Lotto 117 Attribuito a Stefano Magnasco (Genova, 1635 – 1672 o 1673) - Matrimonio mistico di Santa Caterina
cm 109 x 84
olio su tela
Nella collezione privata di provenienza l'opera recava un'attribuzione a Giulio Cesare Procaccini. -
Lotto 118 Alessandro Magnasco (Genova 1667 - 1749) - Frati cappuccini sarti
cm 60 x 44,5
olio su tela
PROVENIENZA
Collezione Perego di Cremnago;
Milano, collezione privata
I quattro dipinti qui all'incanto (lotti 118, 119, 120, 121) sono accompagnati da expertise della prof.ssa Franchini Guelfi, rilasciata in data 9 marzo 2011 dopo visione diretta degli stessi.
Le opere, inedite, sono attribuite con certezza dalla studiosa alla mano di Alessandro Magnasco.
Costituiscono una serie omogenea (per soggetto, misure e stile) di quattro pendant, provenienti dalla collezione Perego di Cremnago, che per il linguaggio già maturo ma non ancora sciolto si può datare attorno al 1710-1715.
I soggetti rientrano in un tema iconografico caro e ricorrente all'interno della produzione pittorica del maestro genovese, ovvero la raffigurazione della vita conventuale di frati e monache intenti in umili attività quotidiane. Il successo di questi soggetti, molto apprezzati dai committenti, portò il Magnasco ad eseguire repliche autografe di alcune composizioni. E' il caso anche di tre dei quattro dipinti qui all'incanto, già noti attraverso altri esemplari: si veda, per i Frati cappuccini arrotini (lotto 120) e per le Monache francescane impagliatrici (lotto 121), B. Geiger, Magnasco, Bergamo 1949, tav. 417 e tav. 422; per le Monache francescane davanti al camino (lotto 122), L. Muti e D. De Sarno Prignano, Magnasco, Faenza, 1994, fig. 304, cat. 226.
Non sono note, invece, altre versioni dei Frati cappuccini sarti (lotto 119), opera che risulta quindi di particolare interesse all'interno del corpus del pittore. -
Lotto 119 Alessandro Magnasco (Genova 1667 - 1749) - Frati cappuccini arrotini
cm 60 x 44,5
olio su tela
PROVENIENZA
Collezione Perego di Cremnago;
Milano, collezione privata
L'opera è accompagnata da expertise della dott.ssa Franchini Guelfi, datata 9 marzo 2011
Per informazioni storico-artistiche si veda il lotto 118 -
Lotto 120 Alessandro Magnasco (Genova 1667 - 1749) - Monache francescane impagliatrici
cm 60 x 44,5
olio su tela
PROVENIENZA
Collezione Perego di Cremnago;
Milano, collezione privata
L'opera è accompagnata da expertise della dott.ssa Franchini Guelfi, datata 9 marzo 2011
Per informazioni storico-artistiche si veda il lotto 118