Dipinti Antichi
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Lotto 1 Pittore fiorentino, sec. XVI
RITRATTO DI GENTILUOMO IN ARMATURA
olio su tavola, cm 44,5x35,5 cornice intagliata e dorata
Il dipinto mostra talune affinità con opere di Michele Tosini (Firenze 1503-1577). Come riferito dagli attuali proprietari è robabile che il ritratto raffiguri un membro della famiglia Carafa. -
Lotto 2 Pittore senese, fine sec. XVI-inizi XVII
SACRA FAMIGLIA CON SAN GIOVANNINO (MADONNA DEL SILENZIO)
olio su tela, cm 71,5x58
Il dipinto presenta elementi stilistici che riconducono all'ambiente di Francesco Vanni (Siena 1563-1610)
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Lotto 3 Attribuito a Pietro da Talada (Maestro di Borsigliana)
(attivo nella seconda metà del XV secolo tra Garfagnana e Versilia)
SAN MARCO
scomparto di polittico a tempera su tavola fondo oro, cm 104,5x38 senza cornice
sul retro iscrizione non antica relativa a una precedente attribuzione: "Matteo da Gualdo / Gualdo Tadino"
Provenienza:
collezione Carlo de Carlo, Firenze;
collezione privata, Firenze
Si deve ad un parere orale di Andrea De Marchi l’attribuzione dubitativa a Pietro da Talada, pittore nato a Talada, piccolo borgo emiliano, e attivo nella seconda metà del XV secolo in Garfagnana.
L'artista iniziò ad essere noto a partire dagli anni '60 del sec. XX, quando Giuseppe Ardighi lo identificò come autore del trittico della chiesa di Santa Maria di Borsigliana (da cui il nome di Maestro di Borsigliana con cui il pittore viene altrimenti indicato) raffigurante la Madonna col Bambino tra i Santi Prospero e Nicola, opera sino ad allora attribuita a Gentile da Fabriano o ad un pittore di scuola lombarda-valenzana.
De Marchi nel restituire il presente dipinto a Pietro da Talada indica tuttavia come non costituisca un'opera tipica dell'artista e possa quindi considerarsi un lavoro giovanile, al tempo della sua educazione a Lucca e in rapporto anche con Alvaro Pirez. -
Lotto 4 Maestro delle Effigi Domenicane
(attivo a Firenze tra il 1325 e il 1350 circa)
SANTA LUCIA
tempera su tavola fondo oro centinata, cm 75,5x42,5 con cornice di epoca posteriore intagliata a motivo fogliato sulla cuspide, dorata e laccata, cm 98x50 sulla base a gradino iscrizione: "SANCTA LUCIA" e ai lati due stemmi nobiliari
Provenienza:
collezione Carlo De Carlo, Firenze;
collezione privata, Firenze
Corredato da attestato di libera circolazione
L'opera qui proposta eseguita dal Maestro delle Effigi Domenicane raffigura una Santa Lucia che regge nella mano sinistra la palma del martirio e con la destra l'attributo caratteristico del vasetto con gli occhi. Un manto rosso bordato di ermellino ne copre il capo e svela una veste di colore scuro con un decoro a fascia di colore rosso rifinito in oro. La tavola costituisce evidentemente parte di un polittico che presentava, come di consueto, al centro la raffigurazione della Madonna con Bambino e ai lati quella di altri santi.
L'anonimo artista noto come Maestro delle Effigi Domenicane prende il nome dal dipinto raffigurante Cristo e la Vergine in trono con diciassette santi e beati dell'Ordine domenicano, oggi conservato presso il convento di Santa Maria Novella a Firenze, e viene considerato, grazie agli studi che hanno permesso di comprenderne più a fondo la personalità artistica, una delle figure preminenti della miniatura fiorentina del secondo quarto del XIV secolo, che collaborò stabilmente con Pacino di Bonaguida.
In primo luogo identificato da Osvald Sirén nel 1926, che lo appellò Maestro del Polittico di Lord Lee in base a un'opera proveniente in origine dalla chiesa di San Paolino a Firenze, oggi nelle Gallerie del Courtauld Institute a Londra, il Maestro delle Effigi Domenicane fu indicato con il nome attuale pochi anni dopo da Richard Offner, che lo distinse dagli altri protagonisti della "miniaturist tendency" fiorentina, come il Maestro del Biadaiolo, il Maestro del Polittico della Cappella Medici e Jacopo del Casentino.
La successiva proposta di Bernard Berenson di riunire sotto il nome del Maestro di Terenzano i corpora già riconosciuti da Offner al Maestro delle Effigi Domenicane e al Maestro del polittico della Cappella Medici ha avuto un seguito assai scarso, mentre ha trovato maggiore accoglienza l'ipotesi di Miklòs Boskovits di identificare le opere assegnate in precedenza dallo stesso Offner al Maestro del Biadaiolo con la fase giovanile del nostro pittore, parere condiviso più di recente da Laurence Kanter.
La presente tavola si può ricondurre al Maestro delle Effigi Domenicane sulla base di alcuni confronti stilistici con le opere appartenenti al corpus del pittore. Stringenti affinità si possono rintracciare con il dossale raffigurante la Madonna con Bambino e santi della Galleria dell'Accademia di Firenze (un tempo dipinto su due lati oggi separati), in particolare con la figura della Vergine che presenta la medesima inclinazione e impostazione dell'ovale del volto della nostra Santa Lucia, costruito mediante una lunga canna nasale e due ampie arcate sopracciliari. Gli occhi dalla forma allungata, quasi "a fessura" segnati nella parte sottostante e nelle palpebre da ombre profonde, così come il modo di dipingere le mani con le dita allungate e sottili costituiscono caratteristiche ricorrenti del Maestro. Nella nostra opera l'adesione alle formule daddesche propria dell'attività del Maestro nei primi anni Trenta, lascia il posto ad un più robusto plasticismo ispirato agli esempi licenziati in quegli anni da Taddeo Gaddi, parafrasati in termini più accostanti, in parallelo con le proposte formulate da Jacopo del Casentino. E' possibile inoltre confrontare il nostro dipinto con il polittico, oggi smembrato, di cui fanno parte la Madonna del Latte di collezione privata fiorentina, la Santa -
Lotto 5 Scuola bolognese, sec. XVII
RITRATTO VIRILE
olio su tela, cm 39x29 entro cornice antica intagliata e dorata
sul retro della cornice vecchia etichetta e iscrizione "Velasquez" e numeri d'inventario sul telaio e sulla tela
La nostra testa di vecchio si apparenta al mondo di Guido Reni e Simone Cantarini ed è probabilmente opera di un artista bolognese del primo quarto del Seicento. Il colletto bianco e l'abito nero fanno pensare ad un notaio o ad un uomo di legge, ritratto di tre quarti, sul modello e non distante dal celebre Autoritratto di Guido Reni conservato agli Uffizi, col quale condivide anche il medesimo formato.
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Lotto 6 Scuola olandese, fine sec. XVI-inizi XVII
RITRATTO DI UOMO CON LIBRO ROSSO
olio su tavola, cm 44,5x33,5
sul retro reca sigle "N.A."
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Lotto 7 Scuola lombarda, inizi sec. XVII
RITRATTO DI GIOVANETTA
olio su tavola, cm 33x25
sul retro bollo in ceralacca
Il ritratto presenta talune affinità stilistiche con le opere di Sofonisba Anguissola (Cremona 1532-Palermo 1625). -
Lotto 8 Scuola olandese, inizi sec. XVII
RITRATTO DI GENTILDONNA CON ABITO BIANCO
olio su tavola parchettata, cm 41x32
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Lotto 8a Ambito di Frans de Vriendt, fine sec. XVI
GIOVANE DORMIENTE
olio su tavola, cm 46x32
sul retro numero d'inventario e lettera "G" a bistro -
Lotto 8b Pittore fiorentino, fine sec. XVI-inizi XVII
MADDALENA
olio su rame ottagonale, cm 22x17
sul retro iscritto a bistro "Ottavio Vanini" -
Lotto 9 Attribuito al Maestro di Montefloscoli
(Firenze, prima metà del XV secolo)
MADONNA CON BAMBINO TRA SANT'ANTONIO ABATE, SAN GIOVANNI BATTISTA, SANTA CATERINA D'ALESSANDRIA E SANTO VESCOVO
tempera su tavola fondo oro cuspidata, cm 67x36 con cornice di epoca posteriore dorata, laccata e intagliata a motivo di foglie sulla cuspide, ai lati due colonnine tortili e basamento a gradino, cm 84x42,5
Provenienza:
asta Fisher 16-17 giugno 1972 lotto 19, Lucerna (come Bernardo Daddi);
collezione privata;
collezione privata, Parma
Referenze fotografiche: Fototeca Zeri, Bologna, busta 0136 Pittura italiana sec. XV. Firenze. Rossello di Jacopo Franchi, Maestro di Montefloscoli, fasc. 4 Maestro di Montefloscoli, scheda n. 10600, invv. 33277; 33278
Il fondo oro qui proposto raffigurante la Madonna con Bambino e santi risulta documentato presso la Fototeca della Fondazione Zeri di Bologna come opera del Maestro di Montefloscoli e come si può dedurre dalle dimensioni doveva avere in origine la funzione di piccola anconetta per la devozione privata.
Questo anonimo maestro fu per lo più attivo per località periferiche, dal Mugello alla Val di Pesa fino alla Lunigiana, offrendo una interpretazione provinciale dei modelli più colti della pittura tardogotica fiorentina. Tale fortuna presso una committenza minore determinò quindi il successo della produzione di anconette per la devozione privata che si conservano numerose rispetto alle sporadiche pale d'altare, da cui ha avuto inizio la ricostruzione del corpus del pittore (indicato anche col nome di Maestro di Ristonchi) compiuta da Richard Offner (Offner 1933, p. 174 nota 23) e da Roberto Longhi (Longhi 1940, ed. 1975 pp. 42 e 51 nota 19). Tra le pale d'altare si ricordano il polittico di Ristonchi, ora nel Museo di San Clemente a Pelago, quello di Santa Maria di Montefloscoli a Borgo S. Lorenzo, un Santo papa nella chiesa di Santa Maria a San Donato in poggio a Tavernelle e un trittico nella pieve dei Santi Cornelio e Cipriano a Codiponte (in Lunigiana).
Apparsa sul mercato antiquario nel 1972 in occasione di una vendita all'asta tenutasi a Lucerna, la nostra tavola veniva presentata con un riferimento a Bernardo Daddi formulato da Alfred Stange.
Dalla documentazione fotografica conservata presso la Fototeca Zeri è possibile risalire ad una fotografia antecedente la vendita all'asta (inv. 33277), sulla quale Zeri aveva annotato un riferimento dubitativo al Maestro di Ristonchi. Nonostante alcune ridipinture evidenziate dallo studioso, le figure della nostra tavola si presentavano in questo scatto fotografico più vicine alle fisionomie filiformi e poco strutturate tipiche del Maestro, rispetto all'aspetto assunto nel momento in cui fu presentato all'asta. Presso la Fototeca Zeri è conservata anche la fotografia (inv. 33278, recante indicazioni di Zeri al Mestro di Ristonchi del 14 luglio 1972) che documenta questo stadio successivo e che ci permette di comprendere come un altro intervento avesse rinforzato il plasticismo dei corpi, strutturato le forme e ingentilito le fisionomie.
E' possibile cogliere taluni riscontri compositivi e nell'impostazione delle figure con la tavola raffigurante Madonna con Bambino, san Giacomo Maggiore, sant'Antonio Abate e sante del Musèe des Beaux-Arts di Digione e con quella conservata presso il santuario della Madonna delle Grazie al Sasso, Santa Brigida (Firenze), in particolare per la figura del San Giovanni Battista per cui si colgono ulteriori affinità con il polittico del Museo Beato Angelico di Vicchio, proveniente dalla chiesa di Santa Maria a Montefloscoli.
Bibliografia di confronto: R. Offner, The Mostra del tesoro di Firenze Sacra. II, in "The -
Lotto 10 Maestro romanico del Palazzo Chigi di San Quirico d'Orcia, metà del sec. XII
STORIE DI ABRAMO
bassorilievo in marmo, cm 91x155x18
Opera notificata con decreto del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Firenze, 5 luglio 1999
Provenienza:
Collegiata dei Ss. Quirico e Giulitta, San Quirico d'Orcia (Siena);
Palazzo Chigi Zondadari, San Quirico d'Orcia (Siena);
mercato antiquario;
collezione privata, Firenze
Bibliografia:
W. Biehl, Toskanische Plastik des fruhen und hohem Mittelalters, in "Italienische Forschungen", herausgegeben von Kunsthistorische Institut in Florenz, neue folge, zweiter band, Lipsia, Seeman, 1926, pp. 27-28 nn. 27, 138 n. 21a (tav. 21, fig.a); M. Salmi, Romanesque Sculpture in Tuscany, Firenze 1928, pp. 26, 49 n. 11, 138 n.11, 151, fig. 34, tav. XII; Pulpiti medievali toscani. Storia e restauri di micro-architetture, atti della Giornata di Studio, Accademia delle arti del Disegno, Firenze 21 giugno 1996, a cura di Daniela Lambertini, Firenze 1999, pp. 185-186; Il Palazzo Chigi Zondadari a San Quirico d'Orcia, architettura e decorazione di un palazzo barocco, a cura di Margherita Eichberg e Felicita Rotundo, San Quirico d'Orcia 2009, pp. 68-69, ill. p. 69; R. Calamini, Reperti romanici dall'abbazia di S. Maria a Montefollonico, in "Torrita. Storia, arte e cultura", V, 2014, pp. 7-19, in part. 16.
Referenze fotografiche: Fototeca Zeri, Bologna, busta 004 Scultura italiana. Romanico. Toscana, Marche, Umbria, fasc. 3 Scultura romanica: Toscana 3, scheda n. 78669, inv. 141161
L'opera qui presentata raffigurante le Storie di Abramo costituisce uno dei più importanti monumenti della scultura romanica in terra senese. Il bassorilievo, proveniente dalla pieve di San Quirico d'Orcia (oggi Collegiata), era ancora collocato nel 1928, anno della pubblicazione dell'opera da parte di Mario Salmi, nell'androne del seicentesco Palazzo Chigi Zondadari.
La lastra, che costituiva probabilmente uno dei pannelli figurati dell'antico pulpito della pieve, è delimitata da una caratteristica fascia a girali con palmette e una protome bovina collocata al centro in basso che inquadra i personaggi di due scene vetero-testamentarie: a sinistra Abramo tra Sara con il figlio Isacco e Agar con il figlio Ismaele; a destra il Sacrificio d'Isacco con l'angelo che ferma Abramo che sta per immolare il figlio.
Sia Walter Biehl (1926) che Mario Salmi classificarono l'opera, soprattutto sulla base della tipologia stilistica del fregio della cornice, nell'ambito della corrente romanica toscana che risente dell'influsso dei maestri lombardi attivi a Pavia, Parma e Modena. Salmi ipotizzò pertanto che gli autori delle sculture di questo gruppo possano essere stati artisti provenienti da oltre Appennino e mise in relazione lo stile e l'esecuzione tecnica delle figure con quelle del bassorilievo sull'architrave della porta laterale della Pieve di S. Vito a Corsignano, Pienza, raffigurante l'Adorazione dei Magi e la Natività , databile poco dopo la metà del sec. XII.
In occasione dell'abbattimento dell'antica abside semicircolare della pieve di San Quirico avvenuta nel 1653 per costruire l'attuale spazio rettangolare è probabile che furono asportati i resti dell'antico arredo e quindi anche i reperti antichi come il nostro bassorilievo cambiarono collocazione.
Nelle memorie della Collegiata di San Quirico è stata rintracciata menzione del nostro rilievo, infatti nel novembre del 1799 l'arcidiacono Bonaventura Nispi riunito il Capitolo "propose che S.E. Sig. Marchese Chigi desiderarebbe la pietra esprimente il Sacrificio di Abramo esistente nel cimitero presso la porta delle donne" e considerata la "