Importanti Maioliche Rinascimentali

Pandolfini Casa d'Aste - Borgo degli Albizi (Palazzo Ramirez-Montalvo) 26, 50122 Firenze

Importanti Maioliche Rinascimentali

martedì 28 ottobre 2014 ore 17:00 (UTC +01:00)
Lotti dal 25 al 36 di 62
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  • TONDINO CON STEMMA ARALDICOFaenza, “1524“ Maiolica decorata...
    Lotto 25

    TONDINO CON STEMMA ARALDICO
    Faenza, “1524“
     
    Maiolica decorata in policromia, con blu, giallo chiaro, giallo e turchino con lumeggiature bianche su fondo azzurro-grigio “berettino”
    alt. cm 3,4; diam. cm 18,5; diam. piede cm 5
    Sul retro, sotto il piede, cerchio suddiviso in quattro parti da croce con punto in uno dei quadranti; “B” incisa prima della cottura nello smalto, affiancata da una “c”(?) di dimensioni minori.
     
    Intatto; sbeccatura sul bordo in basso a destra; piccole sbeccature all’orlo
     
    Corredato da attestato di libera circolazione
     
    Earthenware, covered with a ‘berettino’ glaze and painted in blue, light yellow, yellow, turquoise and white highlights
    H. 3.4 cm; diam. 18.5 cm; foot diam. 5 cm
    On the back, beneath the base, is a crossed ball with a dot in one quarter; ‘B’ mark inscribed before glaze firing, beside a ‘c’(?) mark (smaller)
     
    In very good condition; chip to rim at 5 o’clock; minor chips to rim
     
    An export licence is available for this lot
     
    Il tondino presenta un profondo cavetto e una larga tesa orizzontale con bordo orlato di blu. Il corpo ceramico è interamente ricoperto di smalto azzurro-grigio “berettino”. Nel centro del cavetto, racchiuso in un medaglione incorniciato da una fascia decorata a puntini e fioretti in bianco su azzurro, è dipinto uno stemma bipartito con un lupo bianco rampante su fondo blu a sinistra e una mitra papale con chiavi di San Pietro e tre palchi di cervo su fondo rosso a destra. Sulla tesa si estende una decorazione a grottesche con quattro figure appena abbozzate di arpie dal volto di bambino, alternate a pilastri e amorini; ogni arpia è sormontata da una mensola su cui si legge una lettera: le quattro lettere, insieme, vanno a formare la sigla latina “SPQR” (Senatus Populusque Romanus). I volti dei quattro amorini poggiano invece su altrettanti cartigli recanti la data “1524”. Le volute ai lati delle arpie si potrebbero leggere come i classici delfini, in questo caso molto semplificati, quasi stereotipati.
    Sul retro il consueto motivo decorativo a spirali e fioroni a corolla continua circonda il piede, che contiene la caratteristica marca faentina con cerchio suddiviso in quattro parti da croce con cerchietto in uno dei quadranti, per consuetudine utilizzata a definire i prodotti della bottega della Ca’ Pirota, e una “B” forse affiancata da una “c” di dimensioni minori, entrambe incise nello smalto prima che venisse delineata la “marca”.
    Lo stemma, dipinto con abbondanza di materia, tanto da apparire in rilievo, si presenta nella classica forma di alleanza, e cioè bipartito. Trattasi dello stemma Altoviti, un lupo rapace d’argento in campo nero (con riferimento a un leggendario lupo che avrebbe salvato il capostipite della famiglia, sbranando un suo nemico), unito allo stemma Soderini, di rosso a tre teschi di cervo d’argento posti di fronte.
    Il piatto ha un confronto puntuale in un esemplare conservato all’Ashmolean Museum di Oxford, dal quale si distingue per la scelta delle grottesche con le arpie, non presenti nel piatto inglese, e per la mancanza dell’amorino che sormonta lo stemma.
    Per l’esame del piatto londinese e dei confronti ci torna assai utile lo studio di Timothy Wilson, pubblicato in occasione dell’importante mostra sul banchiere fiorentino Bindo Altoviti tenutasi nel 2004 all’Isabella Stewart Gardner Museum di Boston e al Bargello di Firenze. Oltre al nostro sono noti infatti altri pezzi di questo servizio, conservati rispettivamente al Museo di Edimburgo ed all’Allen Me

  • PIATTOFaenza, 1530-1540 circa  Maiolica decorata in policromia con...
    Lotto 26

    PIATTO
    Faenza, 1530-1540 circa
     
    Maiolica decorata in policromia con giallo, verde, blu, bruno manganese e bianco su fondo azzurro-grigio “berettino”
    alt. cm 4,4; diam. cm 29; diam. piede cm 9,3
    Sul retro, sotto il piede, alcuni cerchi concentrici delineati in blu.
    Numero “48 1318” delineato in inchiostro rosso
     
    Sbeccature all’orlo, leggera felatura sulla tesa
     
    Corredato da attestato di libera circolazione
     
    Earthenware, covered with a ‘berettino’ glaze and painted in yellow, green, blue, manganese, and white
    H. 4.4 cm; diam. 29 cm; foot diam. 9.3 cm
    On the back, beneath the base, some concentric circles in blue.
    ‘48 1318’ in red ink
     
    Chips to rim; minor hairline crack to broad rim
     
    An export licence is available for this lot
     
    Il piatto, integralmente ricoperto da smalto “berettino”, presenta un profondo cavetto e una larga tesa appena obliqua. Al centro della composizione spicca una figura femminile stante, rivolta a sinistra, con un arco nella mano sinistra e una freccia nella destra; una chiesa con campanile turrito è nella parte destra del paesaggio montuoso. Il cavetto è incorniciato da una sottile fascia decorata in bianco su fondo azzurrato. Sulla tesa si estende una decorazione “a grottesche monocrome” in una variante che prevede una disposizione simmetrica centrata, nei punti cardinali, da cariatidi alternate a mascheroni, circondati da nastri sinuosi e delfini.
    Sul verso, all’interno del piede, si registra la presenza di un simbolo con tre cerchi concentrici; tutt’intorno, fino all’orlo, è resente un motivo “alla porcellana” con fioretti a corolla continua e serpentine, tutti realizzati in blu cobalto in una grafia rigida e con disposizione simmetrica.
    Le dimensioni, la scelta del decoro sulla tesa e lo stile accurato nella realizzazione della figura al centro della composizione, caratterizzano l’opera e la distinguono dalle serie più note.
    Lo stile con cui sono realizzati la figure e il paesaggio avvicinano questo esemplare ad altri piatti con decoro “a grottesche” nella tesa, quali ad esempio il noto esemplare del Victoria and Albert Museum di Londra datato 1540 nel quale la figura maschile mostra una posa vicina al personaggio raffigurato nell’oggetto in esame, oppure il piatto con grottesche della collezione Cora, oggi al Museo Internazionale della Ceramica di Faenza, decorato nel cavetto da una figurina di “Fortitudo” stilisticamente affine a quella del nostro. Si veda infine il piatto, di dimensioni minori, con figura allegorica della Giustizia conservato nel Museo di Lione: un perfetto esempio dell’abitudine di raffigurare figure bibliche, storiche e allegoriche su oggetti con fondo berettino.
    Come osserva Timothy Wilson, analizzando un piatto a grottesche con medaglione centrato da figura, avanzare attribuzioni a pittori specifici sulla base di questi piccoli medaglioni sarebbe azzardato.
    In ogni modo le caratteristiche pittoriche permettono di inserire l’oggetto in esame tra i pezzi di maggior qualità prodotti dalle manifatture faentine degli anni trenta del Cinquecento. Esso si distingue dagli altri esemplari proposti in questo catalogo per la particolare qualità nella resa pittorica delle grottesche della tesa, impreziosita dall’uso delle cariatidi, e nella padronanza della lumeggiatura in bianco dei dettagli.
    Il piatto proviene dalla collezione Adda ed è stato venduto da Humphris a Londra nel 1970 come opera faentina del 1530. Anche l’antiquario londinese nell’expertise fa riferimento alla pubblicazione di Bernard Rackh

  • PIATTO CON STEMMA ARALDICOFaenza, bottega Bergantini, 1530 circa...
    Lotto 27

    PIATTO CON STEMMA ARALDICO
    Faenza, bottega Bergantini, 1530 circa
     
    Maiolica decorata in policromia con rosso, giallo, verde, blu, manganese e bianco su fondo azzurro-grigio “berettino”
    alt. cm 2,6; diam. cm 24; diam. piede cm 7,7
    Sul retro, sotto il piede, cerchio suddiviso in quattro parti da croce con punto in uno dei quadranti; “BL” incisa prima della cottura nello smalto
     
    Sbeccature all’orlo
     
    Corredato da attestato di libera circolazione
     
    Earthenware, covered with a ‘berettino’ glaze and painted in red, yellow, green, blue, manganese, and white
    H. 2.6 cm; diam. 24 cm; foot diam. 7.7 cm
    On the back, beneath the base, is a crossed ball with a dot in one quarter; ‘BL’ mark inscribed before glaze firing
     
    Chips to rim
     
    An export licence is available for this lot
     
    Il piatto o tondino, integralmente ricoperto da smalto “berettino”, ha cavetto profondo e larga tesa appena obliqua. Il decoro presenta al centro, racchiuso in un medaglione incorniciato da una fascia decorata in bianco su azzurro, un segugio dormiente in un paesaggio montuoso, sopra il quale campeggia un cartiglio con la scritta “SUM FVI ERO”. Sulla tesa si estende una decorazione a grottesche centrate nei punti cardinali da due cartigli con note musicali e da due riserve circolari contenenti due stemmi. Il primo, dei Martellini del Falcone, di rosso, al monte di sei cime d’oro sostenente un falcone sorante dello stesso (oppure al naturale, sonagliato d’oro), talvolta con la zampa destra alzata, in atto di afferrare il sonaglio con il becco, e alla banda diminuita d’azzurro attraversante sul tutto. Il secondo stemma, su campo giallo con leone rampante e bande blu, è da attribuire alla famiglia Tedaldi.
    Sul retro un motivo decorativo a spirali e fioroni a corolla continua circonda il piede, nel quale è dipinto un cerchio barrato da una croce con cerchio più piccolo in uno dei quartieri, e una “B” incisa nello smalto prima della cottura.
    Il piatto ha un confronto puntuale in un esemplare conservato al Victoria and Albert Museum di Londra, analogo nel decoro sia sul fronte che sul retro e caratterizzato anch’esso da una “B” incisa nello smalto prima della cottura sul retro. Questo stesso sistema di marca compare anche in un altro piatto di questa raccolta (lotto 25). La “B” a volte è tracciata a colore sul retro dei piatti, a volte invece è incisa nello smalto prima della cottura; essa compare anche in frammenti da scavi faentini ed è stata nel tempo variamente interpretata. Attualmente, è unanimemente considerata come il simbolo della bottega Bergantini.
    Il disegno della palla tagliata a croce è stato tradizionalmente considerato come emblema di una delle officine attive a Faenza, quella della Ca’ Pirota: veniva infatti interpretato come una bomba di pece greca o ruota di fuoco (pyros rota). Alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso tale attribuzione fu messa in dubbio, e il simbolo venne letto come un pallone da calcio e attribuito pertanto alla bottega faentina Dalle Palle. Attuamente si ritiene che la produzione delle varie botteghe faentine vada ricostruita su altre basi e ci si limita a leggere il simbolo come marchio faentino
    La decorazione con questo tipo di disposizione simmetrica dell’ornato è presente con varianti al centro e negli stemmi anche in altri pezzi del Petit Palais di Parigi del lascito Dutuit e nel piatto con San Marco e due stemmi della collezione de Ciccio al Museo di Capodimonte.
    Nella documentazione che accompagna l’oggetto si fa riferimento ancora alla Ca’ Pirota secondo

  • TONDINO CON STEMMA ARALDICOFaenza, bottega di Pietro Bergantini, circa...
    Lotto 28

    TONDINO CON STEMMA ARALDICO
    Faenza, bottega di Pietro Bergantini, circa 1531
     
    Maiolica decorata in policromia con giallo chiaro, turchino, verde, rosso e lumeggiature bianche su fondo azzurro-grigio “berettino”
    alt. cm 4,5; diam. cm 25,2; diam. piede cm 6,8
    Sul retro, sotto il piede, è delineata al centro una spirale
     
    Restauro alla tesa, con integrazione pittorica prevalentemente sul retro del piatto: la rottura traccia un semicerchio nella parte in basso a destra della tesa, poco sopra una felatura passante; come si verifica di frequente il restauro mimetico con integrazione pare coprire una porzione maggiore rispetto all’entità del danno.
     
    Corredato da attestato di libera circolazione
     
    Earthenware, covered with a ‘berettino’ glaze and painted in light yellow, turquoise, green, red, and white highlights
    H. 4.5 cm; diam. 25.2 cm; foot diam. 6.8 cm
    On the back, beneath the base, is a blue spiral
     
    Restoration to broad rim, with associated repaint mainly on the reverse: the crack forms a semicircle at 5 o’clock on the broad rim, slightly above a heavy hairline crack; as it often happens, mimetic restoration with repaints covers an area larger than the damage
     
    An export licence is available for this lot
     
    Il piatto o tondino, integralmente ricoperto da smalto “berettino”, ha un profondo cavetto e una larga tesa appena obliqua. Il decoro mostra uno stemma al centro del cavetto racchiuso in un medaglione incorniciato da una fascia decorata in bianco su fondo azzurrato.
    Sulla tesa si estende una decorazione “a grottesche monocrome” su fondo blu, in una variante che prevede una disposizione simmetrica centrata, nei punti cardinali, da mascheroni intervallati da teste di amorini e delfini affrontati, connessi da girali continue. Sul verso, all’interno del piede, si registra la presenza di una spirale blu; tutt’intorno sulla tesa vi è un motivo “alla porcellana” disposto simmetricamente col fioretto a corolla continua, tra serpentine, dipinto in blu.
    Lo stemma, dipinto in piena policromia (d’argento a tre bande doppie merlate di rosso), è quello della famiglia Salviati di Firenze, le cui cariche pubbliche ricoperte nella Repubblica fiorentina furono molto importanti, con il record di 63 priori, 21 Gonfalonieri di Giustizia e 6 alti prelati. La famiglia nel ‘400 e ‘500 era annoverata fra le più importanti del patriziato fiorentino (posizionata al terzo posto fra i maggiori contribuenti della città), ma a partire dalla metà del XVI secolo andò incontro a una graduale trasformazione che la portò ad essere una delle tante casate gravitanti intorno alla corte medicea. I Salviati, che avevano costituito la propria potenza economica soprattutto su attività finanziarie e commerciali, mutarono sia le direzioni degli investimenti sia, più profondamente, il proprio modus vivendi. A partire dal 1532 (anno della trasformazione di Firenze in monarchia ereditaria) la mercatura e il cambio non furono più considerate dai Salviati fra le attività su cui concentrare gli investimenti: essi trovarono nella rendita fondiaria e nelle cariche diplomatiche e di corte introiti più consistenti e sicuri, che permisero loro di far fronte alle ingenti spese per mantenere il lussuoso tenore di vita.
    Il tondino si aggiunge a una serie appartenente a un servizio commissionato dalla famiglia Salviati probabilmente alla bottega Bergantini attorno al 1531. La scelta del decoro della tesa e lo stile dello stemma ci portano alla comparazione con un piatto conservato nelle collezioni del British Museum di Londra, di dimensioni e decorazione

  • TONDINO CON STEMMA ARALDICOFaenza, bottega di Pietro Bergantini, circa...
    Lotto 29

    TONDINO CON STEMMA ARALDICO
    Faenza, bottega di Pietro Bergantini, circa 1531
     
    Maiolica decorata in policromia con giallo chiaro, turchino, verde, rosso e lumeggiature bianche su fondo azzurro-grigio “berettino”
    alt. cm 4,5; diam. cm 25,2; diam. piede cm 6,8
    Sul retro, sotto il piede, è delineata al centro una spirale
     
    Restauro alla tesa, con integrazione pittorica prevalentemente sul retro del piatto: la rottura traccia un semicerchio nella parte in basso a destra della tesa, poco sopra una felatura passante; come si verifica di frequente il restauro mimetico con integrazione pare coprire una porzione maggiore rispetto all’entità del danno
     
    Corredato da attestato di libera circolazione
     
    Earthenware, covered with a ‘berettino’ glaze and painted in light yellow, turquoise, green, red, and white highlights
    H. 4.5 cm; diam. 25.2 cm; foot diam. 6.8 cm
    On the back, beneath the base, is a blue spiral
     
    Restoration to broad rim, with associated repaint mainly on the reverse: the crack forms a semicircle at 5 o’clock on the broad rim, slightly above a heavy hairline crack; as it often happens, mimetic restoration with repaints covers an area larger than the damage
     
    An export licence is available for this lot
     
    Il piatto o tondino, integralmente ricoperto da smalto “berettino”, ha un profondo cavetto e una larga tesa appena obliqua. Il decoro mostra uno stemma al centro del cavetto racchiuso in un medaglione incorniciato da una fascia decorata in bianco su fondo azzurrato.
    Sulla tesa si estende una decorazione “a grottesche monocrome” su fondo blu, in una variante che prevede una disposizione simmetrica centrata, nei punti cardinali, da mascheroni intervallati da teste di amorini e delfini affrontati, connessi da girali continue. Sul verso, all’interno del piede, si registra la presenza di una spirale blu; tutt’intorno sulla tesa vi è un motivo “alla porcellana” disposto simmetricamente col fioretto a corolla continua, tra serpentine, dipinto in blu.
    Lo stemma, dipinto in piena policromia (d’argento a tre bande doppie merlate di rosso), è quello della famiglia Salviati di Firenze, le cui cariche pubbliche ricoperte nella Repubblica fiorentina furono molto importanti, con il record di 63 priori, 21 Gonfalonieri di Giustizia e 6 alti prelati. La famiglia nel ‘400 e ‘500 era annoverata fra le più importanti del patriziato fiorentino (posizionata al terzo posto fra i maggiori contribuenti della città), ma a partire dalla metà del XVI secolo andò incontro a una graduale trasformazione che la portò ad essere una delle tante casate gravitanti intorno alla corte medicea. I Salviati, che avevano costituito la propria potenza economica soprattutto su attività finanziarie e commerciali, mutarono sia le direzioni degli investimenti sia, più profondamente, il proprio modus vivendi. A partire dal 1532 (anno della trasformazione di Firenze in monarchia ereditaria) la mercatura e il cambio non furono piùconsiderate dai Salviati fra le attività su cui concentrare gli investimenti: essi trovarono nella rendita fondiaria e nelle cariche diplomatiche e di corte introiti più consistenti e sicuri, che permisero loro di far fronte alle ingenti spese per mantenere il lussuoso tenore di vita.
    Il tondino si aggiunge a una serie appartenente a un servizio commissionato dalla famiglia Salviati probabilmente alla bottega Bergantini attorno al 1531. La scelta del decoro della tesa e lo stile dello stemma ci portano alla comparazione con un piatto conservato nelle collezioni del British Museum di Londra, di dimensioni e decorazione pi&ugrav

  • PIATTOFaenza, “1541” Maiolica decorata in policromia in...
    Lotto 30

    PIATTO
    Faenza, “1541”
     
    Maiolica decorata in policromia in giallo chiaro, giallo ocra e turchino, lumeggiature bianche su fondo azzurro-grigio “berettino”
    alt. cm 3,2; diam. cm 24; diam. piede cm 8,5
    Etichetta stampata “SCHUBERT ANTICHITÀ - corso MATTEOTTI 22 MILANO
     
    Intatto; alcune sbeccature all’orlo
     
    Corredato da attestato di libera circolazione
     
    Earthenware, covered with a ‘berettino’ glaze and painted in light yellow, ochre yellow, turquoise, and white highlights
    H. 3.2 cm; diam. 24 cm; foot diam. 8.5 cm
    Printed label ‘SCHUBERT ANTICHITÀ - corso MATTEOTTI 22 MILANO’
     
    In very good condition; chips to rim
     
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    Il piatto presenta un cavetto poco profondo e un’ampia tesa obliqua a orlo arrotondato sottolineato in blu. Lo smalto “berettino” ricopre tutta la superficie.
    Sul fronte, al centro della composizione decorativa, un profilo maschile in abiti romani con cartiglio recante la dicitura “Lentulo” è racchiuso in un medaglione incorniciato da una fascia a risparmio decorata a puntini e fioroni in bianco su azzurro. Sulla tesa si estende una decorazione a grottesche con mascheroni e delfini, in uno stile pittorico arricchito dalla presenza di cartigli recanti la data “1541” e collocati nei punti cardinali al di sopra dei mascheroni.
    Sul retro si sviluppa un motivo decorativo a linee concentriche, realizzato su fondo berettino in tinta blu, che termina in una spirale al centro del cavetto; tale decoro ricorda i motivi “a calza” spesso utilizzati a Faenza nel secolo precedente.
    Un piatto simile, di minore dimensione, è esposto al Walters Art Museum di Baltimora: il profilo che in esso compare è tratto da un cammeo antico, con l’aggiunta di una corona sul capo del personaggio e di un cartiglio sul retro con il nome “Chassio”; la tesa presenta una variante del decoro con volute fogliate, anch’essa associata al motivo decorativo a calza sul retro.
    Piatti di questa serie, con alcune varianti, si trovano nei principali musei, come per esempio il Claudio e l’Annibale del Museo di Sévres a Parigi.
    Carmen Ravanelli Guidotti nel Thesaurus del 1998 nell’analizzare questa tipologia faentina cita un piatto con “Lentulo”, conservato in una raccolta privata parigina: il probabile riferimento al nostro esemplare è confermato dalla comune datazione (1541).

  • ALZATA O SOTTOCOPPAFaenza, inizio del secolo XVII Maiolica decorata in...
    Lotto 31

    ALZATA O SOTTOCOPPA
    Faenza, inizio del secolo XVII
     
    Maiolica decorata in policromia con arancio, blu, bruno di manganese e giallo su smalto bianco abbondante crettato
    alt. cm 5; diam. cm 25,5; diam. piede cm 11,5
     
    Sbeccature all’orlo; lacuna al piede
     
    Earthenware, covered with a rich, crackled white glaze and painted in orange, blue, manganese, and yellow
    H. 5 cm; diam. 25.5 cm; foot diam. 11.5 cm
     
    Chips to rim; loss to foot
     
    L’alzata o presentatoio è costituita da un piatto a fondo liscio con breve bordo rialzato dall’orlo arrotondato, poggiante su piede alto poco svasato.
    La decorazione interessa l’intera superficie del piatto, sul recto, e descrive una scena di caccia. I protagonisti sono un cacciatore con cappello che corre con un archibugio in mano, accompagnato da un cane bianco anch’esso in corsa, e di fronte, quasi a corrergli incontro, un centauro con arco spiegato, anch’esso accompagnato da un cane. La scena si svolge in un ampio paesaggio caratterizzato da un grande albero con chioma larga e suddivisa in ciuffi sovrapposti e da un casolare con tetto a cuspidi, entrambi inseriti in uno scenario di montagna.
    La decorazione è realizzata con sicurezza e rapidità, caratteristica che la distingue dalle opere faentine istoriate, ma con le caratteristiche cromatiche dello stile compendiario. L’ornato è enso, la scena quasi schizzata, ma con uno stile preciso e riconoscibile.
    Una recente pubblicazione per una mostra tematica sulla maiolica italiana di stile compendiario ci aiuta a collocare l’opera in un contesto ben preciso: si tratta infatti di una produzione di alzatine, opera di un'officina faentina dei primi anni del ’600, periodo in cui si enfatizza la corrente istoriata che aveva trovato nuova espressione nella seconda metà del secolo precedente. Si pensi al pittore del “servizio V numerato”, al “maestro dello steccato” e agli altri rappresentanti di questa nuova stagione dell’istoriato.
    Nelle schedature di alcuni esemplari da collezione privata e di sottocoppe del Museo Internazionale della Ceramica di Faenza, Carmen Ravanelli Guidotti ipotizza che questi oggetti possano essere considerati creazioni di una stessa bottega e addirittura – per gli esemplari con i cacciatori, gruppo al quale si aggiunge l’esemplare in esame – opere di una stessa mano. L’impostazione narrativa infatti è simile, come pure i caratteri stilistici: in particolare la foggia del copricapo del cacciatore, il modo di raffigurare l’albero, l’arco, il muso, la posa dei cani da caccia ed altro ancora.

  • COPPA UMBONATA E BACCELLATAGubbio, post 1530 Maiolica decorata in blu di...
    Lotto 32

    COPPA UMBONATA E BACCELLATA
    Gubbio, post 1530
     
    Maiolica decorata in blu di cobalto; lustri rosso e dorato
    alt. cm 4,8; diam. cm 22,2; diam. piede cm 9,6
    Sul retro etichetta di esportazione datata 1962; etichetta con numero “1117” scritto a mano; etichetta con scritta “TAGUA/ SOTH/ CYY/ O
     
    Restauri alla tesa: rotture incollate su tutto il lato sinistro e nella parte alta a destra; sbeccature ricoperte all’orlo.
     
    Earthenware, painted in cobalt blue; red and golden lustre
    H. 4.8 cm; diam. 22.2 cm; foot diam. 9.6 cm
    On theback, exportation label ‘1962’ (hardly readable); hand-written label ‘1117’; hand-written label ‘TAGUA/ SOTH/ CYY/ O’
     
    Restorations to broad rim: some reglued cracks on the left side and on the upper right side; chips to rim, repainted; restoration covers an area larger than the damage
     
    La coppa su basso piede ha il corpo realizzato a stampo e presenta un decoro a rilievo che corre lungo il bordo alternando un melograno ad una foglia d’acanto tra foglie arricciate sormontate da un fruttino. Il motivo è dipinto con lustro dorato e sottolineato con ombre rese a larghe pennellate blu. Sul retro, si osservano tracce di verde e tre ampie spirali a lustro in parte coperte dal restauro.
    Al centro dell’umbone, incorniciato da una sottile fascia rilevata, è dipinta la figura di Santa Apollonia. La martire è raffigurata di profilo, il capo adornato dall’aureola, e di fronte a lei il simbolo del martirio: una grande tenaglia che stringe ancora un dente.
    Il martirio di Apollonia, patrona dei dentisti, avvenne ad Alessandria d’Egitto, dove fu catturata, percossa e privata dei denti, prima di gettarsi volontariamente nel fuoco, pur di non far opera di abiura alla fede.
    Questo tipologia di coppe in maiolica decorata a rilievo ebbe ampia diffusione durante il ’500. Gli esemplari datati si attestano prevalentemente attorno agli anni Trenta, mai conosce anche un esemplare con l’insegna di Giulio II, papa del primo decennio del secolo (1503-1513), e di uno con le insegne di papa Paolo III (1534-1549). Alcuni esemplari noti presentano sul retro la marca “N”, ormai concordemente ritenuta simbolo della bottega urbinate di Vincenzo Andreoli, riconducibile agli anni successivi al 1538 e fino al 1547. La produzione di questi oggetti, vista la richiesta di vasellame a imitazione del metallo e il successo dei lustri di Gubbio prima e di quelli di Deruta poco dopo, fu notevole. Si vedano in merito i numerosi esempi presenti nelle collezioni francesi studiate da Giacomotti, tra i quali due coppe (nn. 735 e 739) con figure di Santa Maddalena, di dimensioni appena maggiori della nostra. Numerosi altri esempi, sempre di dimensioni superiori, sono conservati nella collezione del Museo delle Arti Decorative di Lione.
    Molti esemplari di dimensioni varie sono presenti in collezioni private.
    Tutti gli esempi fin qui citati presentano però la bordura adorna di pigne rilevate e non di melograni. Una coppa conservata al Metropolitan Museum of Art di New York, anch’essa con una figura femminile al centro, presenta nella tesa caratteristiche morfologiche simili nelle foglie a rilievo, ma è priva del melograno.
    Questa coppa appartiene ad una precisa tipologia, dove la preziosità del manufatto non era data tanto dallo stile pittorico, quanto dalla tecnica del lustro e dalla realizzazione morfologica dell’oggetto.
    Il retro della coppa conserva alcune etichette di collezione con numero: l’expertise che accompagna l’oggetto ci svela l’appartenenza alle collezioni Heilbronner prima e Rueff poi; èinoltre presente un’etichetta con timb

  • COPPAGubbio, 1540 circa Maiolica decorata in policromia in rosso,...
    Lotto 33

    COPPA
    Gubbio, 1540 circa
     
    Maiolica decorata in policromia in rosso, arancio, giallo, verde, blu di cobalto, bruno di manganese nei toni del nero, bianco e lumeggiature rosse
    alt. cm 4; diam. cm 18,7; diam. piede cm 8,5
    Sotto la base etichetta stampata “ORLANDO PETRENI/ ARREDAMENTI ARTISTICI/ FIRENZE/ VIA RONDINELLI 7R TEL. 23.782
     
    Sbeccatura al piede; lievi sbeccature di usura all’orlo
     
    Earthenware, painted in red, orange, yellow, green, cobalt blue, blackish manganese, white, and red highlights
    H. 4.8 cm; diam. 18.7 cm; foot diam. 8.5 cm
    On the back, printed label ‘ORLANDO PETRENI/ ARREDAMENTI ARTISTICI/ FIRENZE/ VIA RONDINELLI 7R TEL. 23.782’
     
    Chip to foot; minor wear chips to rim
     
    La piccola coppa, dalla foggia ampia e liscia, ha un bordo dritto e poggia su un piede ad anello basso e svasato, con orlo tagliato a stecca.
    L’ornato a pieno campo è realizzato con grande finezza e raffigura San Girolamo penitente nel deserto mentre, inginocchiato in prossimità di una roccia, si percuote il petto con un sasso reggendo la croce nell’altra mano.
    Il corpo del santo è dipinto con cura e notevole attenzione nella resa della muscolatura, grazie alle ombreggiature in ocra e in smalto bianco. L’uso dei tocchi di bianco per dare forma ad alcuni dettagli si nota anche nella resa del Cristo sul crocifisso, delineato in solo smalto, e nel ciuffo di fiori sulla roccia alle spalle del santo. Il paesaggio con montagne impervie e paesini è invece meno accurato.
    La lumeggiatura è sapientemente dosata e distribuita per dare risalto al personaggio e stesa con maggior densità sul lato destro e nel cielo, quasi a seguire la luce del tramonto. La roccia collocata a incorniciare la figura del santo è anch’essa lumeggiata, evidenziando così il fondo scuro della spelonca, rifugio dell’eremita. La lumeggiatura è presente anche nel retro con una larga fascia a sottolineare l’orlo della coppa.
    Il soggetto ebbe molta fortuna nella produzione ceramica istoriata e si annoverano numerosi esempi dipinti anche da pittori illustri, tra i quali lo stesso Xanto Avelli e i suoi seguaci. Un confronto vicino al nostro esemplare è conservato nella donazione Fanfani del Museo Internazionale della Ceramica di Faenza, la cui fonte è na stampa di Reverdino, incisore seguace del Bonasone, dalla quale anche il decoratore della nostra avrebbe potuto trarre ispirazione.

  • COPPA SU ALTO PIEDEGubbio, lustro firmato da Mastro Giorgio Andreoli,...
    Lotto 34

    COPPA SU ALTO PIEDE
    Gubbio, lustro firmato da Mastro Giorgio Andreoli, “1526”
     
    Maiolica decorata in policromia con giallo, blu, turchino, verde, rosso, arancio e bruno di manganese; lustro rosso e oro
    alt. cm 6; diam. cm 31,5; diam. piede cm 12,6
    Sul retro, in lustro dorato, è dipinta la sigla “1526/M°G°
    Sul retro piccola etichetta di carta con stampa “ON LOAN FROM” e iscritta a china “The Rev.o S Berney”; grande etichetta, poco leggibile, con la seguente scritta a china “Berney collection/ The Taddea da Carrara Della Scala/ Giorgio/ After Marc Antonio from Raphael/ The portrait of Taddea della Scala (who is being led/ to the Saviour in token of her great charity as foundress/ of the great Casa di Pietà at Verona) is taken from/ a grotesque picture which is over the altar in the/ church as S. Anastasia in Verona which represents/ Mastino II (prince of Verona) Della Scala & Taddea/ da Carrara, his wife kneeling before the Virgin./ The landscape […] the bridge to the fortress of Verona/ the Castellum Vetus, the old castle & the further parts of/ the tower seen in the distance to the right/ the Episcopal palace with its […]/ are […] visible/ R.S.Berney”
     
    Intatta
     
    Corredato da attestato di libera circolazione
     
    Earthenware, painted in yellow, blue, turquoise, green, red, orange, and manganese; red and golden lustre
    H. 5.3 cm; diam. 31.5 cm; foot diam. 12.6 cm
    On the back, ‘1526/M°G°’ painted in golden lustre
    Small paper printed label ‘ON LOAN FROM’ with hand-written in black ‘The Rev.o S Berney’; small label hand-written in black ink ‘In Rev.o S Bernay’/ ‘18’; larger label (hardly readable) hand-written in black ink ‘Berney collection/ The Taddea da Carrara Della Scala/ Giorgio/ After Marc Antonio from Raphael/ The portrait of Taddea della Scala (who is being led/ to the Saviour in token of her great charity as foundress/ of the great Casa di Pietà at Verona) is taken from/ a grotesque picture which is over the altar in the/ church as S. Anastasia in Verona which represents/ Mastino II (prince of Verona) Della Scala & Taddea/ da Carrara, his wife kneeling before the Virgin./ The landscape […] the bridge to the fortress of Verona/ the Castellum Vetus, the old castle & the further parts of/ the tower seen in the distance to the right/ the Episcopal palace with its ” […]/ are […] visible/ R.S.Berney”
     
    In very good condition
     
    An export licence is available for this lot
     
    La coppa, dalla foggia ampia e liscia, è orlata da un bordo appena rialzato e poggia su un piede ad anello basso e svasato.
    Sul retro, la coppa presenta delle decorazioni a lustro con spirali fogliate e la marca “M°G°” della bottega di Mastro Giorgio Andreoli, associata alla data 1526.
    Sul fronte in primo piano, su una ripida scalinata sale Marta che accompagna la giovane Maria Maddalena introducendola al Cristo. Questi, benedicente, siede su un trono dai braccioli di forma leonina, collocato tra due colonne. Molti spettatori assistono alla scena mostrando perplessità: i quattro apostoli attorno al Cristo, e – in basso - due gruppi di figure ne discutono animatamente. A sinistra, una quinta è formata da una libera composizione di elementi architettonici, con archi spezzati, portali e finestre. Lo sfondo presenta un complesso gioco paesaggistico: a sinistra un’altura con strade, porte urbane ed edifici disordinatamente collocati a diverse altezze, sormontata da una figura di erma. A destra, dietro un

  • COPPAUrbino, pittore vicino a Nicola di Gabriele Sbraghe, 1526-1528...
    Lotto 35

    COPPA
    Urbino, pittore vicino a Nicola di Gabriele Sbraghe, 1526-1528 circa
     
    Maiolica decorata in policromia con giallo, arancio, blu, verde, bianco e bruno di manganese
    alt. cm 4,5; diam. cm 27,1; diam. piede cm 11,9
    Sul retro della coppa, sotto il piede, iscrizione dipinta in blu “Come io sefe die chiari/ linsonia afarauone/ desete uache magre/ e sete grase
    Numero “79” e simbolo inciso nello smalto
     
    Intatta, fatta eccezione per alcune sbeccature all’orlo del piede
     
    Corredato da attestato di libera circolazione
     
    Earthenware, painted in yellow, orange, blue, green, white, and manganese
    H. 4.5 cm; diam. 27.1 cm; foot diam. 11.9 cm
    On the back, beneath the base, inscription in blue ‘Come io sefe die chiari/ linsonia afarauone/ desete uache magre/ e sete grase’
    Number ‘79’ and symbol incised in the glaze
     
    In very good condition, with the exception of some chips to foot rim
     
    An export licence is available for this lot
     
    La coppa mostra un cavetto dalla foggia ampia e liscia orlato da un bordo appena rialzato, e poggia su un piede ad anello basso e svasato.
    La scena è tratta puntualmente dal dipinto di Raffaello per le Logge Vaticane raffigurante Giuseppe che spiega il sogno al faraone. La fonte incisoria al momento non ci è nota, e poiché le uniche incisioni che raffigurano tale episodio sono datate già alla fine del ’500 si potrebbe pensare a una visione diretta, da parte dell’artista, delle Logge o dei disegni di Raffaello.
    L’episodio è descritto nella Bibbia (Genesi 41, 25-31): poiché il faraone aveva fatto ben due sogni senza che i suoi consiglieri fossero riusciti a interpretarli in modo plausibile, fu introdotto a corte l’ebreo Giuseppe quale esperto. Quando il faraone raccontò di aver sognato sette vacche magre che divoravano sette vacche grasse e sette spighe aride che consumavano altrettante spighe grasse, Giuseppe spiegò che stava per scatenarsi sul paese una carestia: a sette anni di abbondanza, ne sarebbero seguiti altrettanti di carestia, ed era dunque il caso di preparare i magazzini per far fronte a questa sciagura.
    La scena mostra il faraone seduto e, in alto, sopra la sua testa, due riserve circolari con le immagini dei sogni. Di fronte Giuseppe, e alle sue spalle tre dignitari di corte che discutono animatamente.
    Lo stile del pittore è quello di Nicola Gabriele Sbraghe detto Nicola da Urbino. I volti allungati, i profili sottolineati in bruno di manganese, i piccoli occhi resi in nero con un piccolo tocco di bianco, lo scorcio di paesaggio visto attraverso la finestra: ogni cosa ricorda il maestro urbinate, anche se il raffronto con gli esemplari firmati, senza dubbio a lui attribuibili, non convince del tutto.
    Questo piatto è esemplare per una rapida rilettura della storia degli studi sulla maiolica marchigiana del ’500. Nella collezione Charles Damiron l’opera era attribuita all’artista, chiamato allora Nicola Pellipario, e datata verso il 1530. Bernard Rackham, nel suo studio sulla collezione Adda, per il modo di dipingere i volti e di stendere i colori l’uno sopra l’altro ipotizzava la mano di Francesco Xanto Avelli, sotto l’influenza di Nicola Pellipario.
    E' probabile che l’oggetto sia passato in asta nel 1965, dal momento che lo ritroviamo poi pubblicato nel catalogo della collezione dell’antiquario londinese Humphris nel 1967 con la stessa proposta attributiva di Rackham, anche riguardo alla scritta sul retro del piatto, vicina ai modi di Xanto Avelli.
    Oggi, alla luce dei nuovi studi riguardo all’esistenza di altre impor

  • COPPAUrbino, bottega di Nicola di Gabriele Sbraghe, 1530-1535...
    Lotto 36

    COPPA
    Urbino, bottega di Nicola di Gabriele Sbraghe, 1530-1535 circa
     
    Maiolica decorata in policromia con arancio, giallo, verde, blu, bianco e bruno di manganese nei toni del marrone e del nero
    alt. cm 3,5; diam. cm 25,5; diam. piede cm 10,9
    Sul retro sotto il piede iscrizione in corsivo “Circero Glaucho. In./ Cantatricie” e simbolo
    Numero manoscritto “5335” ripetuto due volte sul lato del piede
     
    Sbeccatura sull’orlo in alto a destra
     
    Corredato da attestato di libera circolazione
     
    Earthenware, painted in orange, yellow, green, blue, white, and brownish and blackish manganese
    H. 3.5 cm; diam. 25.5 cm; foot diam. 10.9 cm
    On the back, beneath the base, inscription in blue ‘Circero Glaucho. In./ Cantatricie’ and a symbol
    Two numbers ‘5335’ hand-written on the side of the foot
     
    Chip to rim at 1 o’clock
     
    An export licence is available for this lot
     
    La coppa, poggiante su piede ad anello molto basso, ha cavetto largo, tesa alta e stretto bordo estroflesso. La decorazione istoriata interessa l’intera superficie del cavetto. Sul verso, decorato da linee concentriche gialle a sottolineare i profili, è elineata all’interno del piede la scritta “Circero Glaucho. In./ Cantatricie”.
    La scena mostra Circe seduta davanti al suo palazzo, raffigurato secondo i dettami dell’architettura rinascimentale, a colloquio con Glauco, appoggiato al fusto di un albero. Alle spalle dell’uomo un albero dal tronco ricurvo chiude la scena. Sullo sfondo, un paesaggio marino con una scogliera e una città turrita: lo stretto è quello che sorveglia il confine tra la Sicilia e la terraferma, e la città potrebbe essere l’antica Zancle (Messina) o Reggio Calabria.
    In Ovidio (Ov., Met., XIII-XIV) lo scenario è familiare: il palazzo di Circe, figlia del Sole, si leva su colli erbosi nelle acque del Tirreno, e Glauco, un pescatore, ha percorso un lungo tratto di mare per venire a colloquio con la maga: in questa raffigurazione egli è ncora umano, non si è ancora mutato in divinità marina. Glauco ama Scilla, che però non si lascia persuadere a cedergli: per il “dio-pescatore”, alla ricerca di una formula d’amore, la soluzione è quella di rivolgersi a Circe. A questo punto, però, è la dea figlia del Sole che desidera Glauco: per questo gli offre di assecondare con un solo gesto chi lo ama e, contemporaneamente, di vendicarsi di chi lo disprezza. Il giovane rifiuta e ciò fa infuriare la maga, che mormorando un sortilegio muta la rivale in un mostro. Questo però non gli serve a ottenere il favore di Glauco, che invece fugge piangendo la perdita dell’amata.
    Il soggetto è dipinto con una copiosa quantità di materia: il manganese abbonda ed è quasi a rilievo, ma anche il blu del mare che si fonde con le montagne è abbondante, steso con pennellate parallele. Il verde dell’erba è invece diluito e mosso da sottilissime pennellate scure, mentre il terreno è reso in ocra, come pure i capelli delle figure e il manto di Circe. Il tendaggio che chiude la scena sulla sinistra è realizzato in verde ramina scuro, lumeggiato con giallo antimonio. Su un tale sfondo le figure risultano quasi eteree, dalle forme elegantemente allungate, di colore chiaro, con muscolatura lumeggiata in bianco e con lievi ombreggiature ocra; i volti e i tratti fisiognomici sono invece sottolineati da una sottile linea scura. Il cielo sullo sfondo è movimentato da una nuvola scura sagomata con piccole volute a chiocciola. Protagonisti, insie

Lotti dal 25 al 36 di 62
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Importanti Maioliche Rinascimentali

Sessioni

  • 28 ottobre 2014 ore 17:00 Sessione Unica - lotti 1 - 62 (1 - 62)