Importanti Maioliche Rinascimentali
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Lotto 13 BOCCALE
Montelupo, fine del XVI secolo
Maiolica decorata in policromia con giallo, arancio, verde rame, blu di cobalto e bruno di manganese nei toni del nero-marrone
alt. cm 21,5; bocca cm 11,5 al beccuccio; diam. piede cm 11,8
Lacuna sul collo; cadute di smalto sul corpo; sbeccature d’uso al piede
Earthenware, painted in yellow, orange, copper green, cobalt blue, and brownish-blackish manganese
H. 21.5 cm; mouth 11.5 cm (width from handle to spout); foot diam. 11.8 cm
Loss to neck; glaze losses to body; wear chips to foot
Il boccale ha corpo globulare, imboccatura trilobata e ansa a nastro verticale contrapposta al beccuccio; poggia su un basso piede piano poco aggettante, e sul fronte presenta un medaglione profilato in bruno di manganese, circondato da una fascia bianca a risparmio e da una giallo-arancio, a sua volta profilata da linee in bruno di manganese. La cornice del medaglione termina sotto il beccuccio con un motivo decorativo, in cui si riconosce la rappresentazione di un anello con pietra incastonata. All’interno del medaglione è raffigurato un profilo femminile con capigliatura folta e crestina di pizzo bianca. Il ritratto, quasi caricaturale, spicca su un fondo giallo. Il resto del corpo presenta una decorazione a palmette attorniate da spiraline e da trattini a riempimento delle campiture. Una fascia attorno e sotto l’ansa è asciata libera ed è occupata solo dal monogramma ”Z”. L’ansa è a sua volta decorata da due linee verdi parallele.
Il boccale appartiene a una produzione di Valdarno, che vede l’incontro e l’unione di più elementi datanti. Il ritratto femminile richiama stilemi ancora arcaici, d’ispirazione quattrocentesca (si vedano per esempio i ritratti degli albarelli montelupini più antichi con il profilo accentuato, il mento basso, il naso fortemente pronunciato e la capigliatura a masse sovrapposte), tuttavia i tratti somatici sono qui dipinti in modo rapido, corrivo, quasi disgregato. Il decoro a palmetta persiana, realizzato in versione evoluta, è anch’esso tratteggiato in modo rapido, poco accurato, quasi standardizzato. Ma, oltre a questi elementi, è soprattutto la marca a indurci a datare il pezzo attorno agli anni Settanta del ’500: essa infatti, come segnalato da Galeazzo Cora, caratterizza gli esemplari prevalentemente provenienti dal Borgo di Montelupo. -
Lotto 14 VASO APOTECARIO BIANSATO
Montelupo, 1620-1640 circa
Maiolica decorata in policromia con azzurro, blu, verde, giallo, giallo-arancio e bruno di manganese nel tono del marrone
alt. cm 34; diam. cm 12,2; diam. piede cm 11; ingombro massimo con le anse cm 30
Sbeccature d’uso alle anse e al piede; un’ansa presenta una rottura incollata; qualche caduta di smalto al corpo
Earthenware, painted in light blue, green, yellow, yellowy orange, and brownish manganese
H. 34 cm; diam. 12.2 cm; foot diam. 11 cm; maximum width with handles 30 cm
Wear chips to handles and foot; one handle repaired; some glaze losses to body
Il vaso presenta corpo ovoidale su base stretta con piede distinto, piano e appena estroflesso; l’imboccatura è larga ed estroflessa; dai fianchi si dipartono due anse plastiche a forma di “drago”, dipinte in verde ramina e poggianti su due mascheroni a volto di satiro foggiati a rilievo e colorati di giallo. L’oggetto è privo di beccuccio per la fuoriuscita dei liquidi.
Il corpo è interamente decorato con un motivo fitoforme, delineato in blu su fondo smaltato bianco: si tratta del decoro denominato “alla foglia blu”, che prevede l’utilizzo della girali “foliate” qui in una versione atipica, sostanzialmente semplificata con un tratto rapido ma sicuro, che delinea le foglie sul fondo bianco con una prima linea sottile per poi riempire le zone a risparmio dando corpo alle ombreggiature della foglia e del frutto con una pennellata più marcata. Sul fronte, entro un medaglione delimitato da pennellate blu, su un fondo giallo mosso da pennellate brune spicca la figura dell’Assunta seduta su una nuvola e sorretta da Angeli con le mani aperte nel segno dell’orante. Al di sotto del medaglione un cartiglio reca la scritta apotecaria, delineata a caratteri capitali, in bruno di manganese nel tono del marrone “AQVa Di CETACcA”. Il cartiglio è incorniciato da un motivo a volute verde ramina centrato nella parte superiore da un amorino e in quella inferiore da mascherone.
La decorazione “alla foglia blu” è tipica della produzione degli ultimi fornimenti da farmacia di produzione montelupina, e Fausto Berti fa notare come l’opzione decorativa sia stata scelta anche da due forniture farmaceutiche ancora di rilievo, quella dell’Annunciazione e quella di Tobia accompagnato dall’Angelo, forse addirittura eseguite dalla stessa bottega con datazione intorno agli anni Quaranta del ’600.
Si tratta comunque di un gruppo omogeneo, caratterizzato da una decorazione uniforme e ripetitiva, che denuncia la decadenza delle botteghe montelupine. Dal gruppo si distinguono alcuni esempi destinati a farmacie fiorentine di una certa importanza, trai quali Berti pubblica due orci probabilmente provenienti dalla stessa farmacia del vaso in esame: il primo esemplare è conservato nelle Civiche Raccolte d’Arte Applicata del Castello Sforzesco di Milano, il secondo in una raccolta privata fiorentina. Gli orci presentano uno smalto meno ricco, ma la stessa decorazione, limitata però alla sola parte a vista dei contenitori, che per loro morfologia sono dotati di beccucci per la fuoriuscita dei liquidi e non dovevano quindi essere mossi dallo scaffale. Entrambi gli orci mostrano la figura dell’Assunta, priva di amorini ma con nembi che incorniciano interamente il medaglione, e il cartiglio con cornice a volute, dei quali uno anepigrafo.
I due contenitori di confronto recano sotto l’ansa la marca dell’”amo”, la quale ci riconduce a una nota bottega montelupina che contrassegna le proprie maioliche fino al 1622. Secondo Berti la cronologia di questi vasi non dovrebbe distanziarsi tr -
Lotto 15 ALBARELLO BIANSATO
Deruta, 1460-1490
Maiolica decorata in policromia con blu a zaffera, verde rame e bruno di manganese nei toni del violaceo
alt. cm 25,6; diam. bocca cm 12,6; diam. piede cm 10,8
Intatto; sbeccature d’uso all’orlo, alle anse e al piede
Corredato da attestato di libera circolazione
Earthenware, painted in zaffera blue (cobalt blue), copper green, and manganese purple
H. 25.6 cm; mouth diam. 12.6 cm; foot diam. 10.8 cm
In very good condition; wear chips to rim, handles, and foot
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Il vaso apotecario ha bocca larga con orlo piano molto estroflesso che scende su un collo cilindrico basso, il quale a sua volta si congiunge con una spalla carenata dal profilo rigonfio. Il corpo è ilindrico, appena rastremato al centro; il calice è angolato, con profilo arrotondato, e scende con una forte strozzatura fino al piede piano e con orlo appena estroflesso. Le due anse, larghe e a nastro, sono tripartite con cordonatura centrale piana terminante in un bottone concavo e cordonature laterali dal profilo arrotondato che si dipartono dalla spalla per scendere fino quasi al bordo del calice.
Il decoro del collo mostra una serie continua di tratti ed èreplicato anche lungo il piede. La spalla è decorata da una serie di palmette e palmette a ventaglio, secondo uno schema di gusto tardo-gotico. Il corpo è ornato da due metope principali con decori a foglie stilizzate, delimitate da due fasce verticali. Tra le metope su un lato si legge una lettera gotica “C” affiancata da motivi fogliati e puntinature e racchiusa in una riserva che ne segue il profilo, segnata in azzurro, sull’altro lato è dipinta una pianta di carciofo con due fiori, anch’essa racchiusa in una riserva profilata di azzurro.
Le anse sono dipinte con tratti orizzontali in ramina e viola manganese nella cordonatura centrale e con pennellate appena arcuate tutt’intorno. L’attacco inferiore, premuto “a pizzico”, è esso in risalto dal colore verde ramina.
Gli esemplari di confronto sono numerosi, e tra loro un riscontro morfologicamente puntuale si trova in un vaso della raccolta della Cassa di Risparmio di Perugia datato 1460-1490.
La tipologia è stata per lungo tempo attribuita variamente alle botteghe faentine o alla Toscana, e in seguito ricondotta alla bottega originaria. La produzione di questi albarelli dovette essere cospicua, con grande varietà di forme e decori: gli scavi a Deruta hanno restituito frammenti relativi a esemplari con anse simili a quelle dell’opera in esame, ma prevalentemente a oggetti con anse a torciglione. I decori hanno trovato riscontro in mattonelle di pavimenti coevi e propongono motivi tardo-gotici con foglia accartocciata, fiamme, corde, lettere gotiche e altro. Molti reperti sono conservati nel museo di Deruta.
Il vaso è accompagnato dalla documentazione relativa al suo passaggio sul mercato – in occasione della vendita della collezione Bak di New York – nella quale viene attribuito a una manifattura faentina del 1470; a conferma di quanto detto qui sopra, viene fatto riferimento, come provenienza, alle collezioni S. von Auspitz prima e Lanna di Praga poi. L’attribuzione si basava probabilmente sugli studi disponibili all’epoca, come per esempio il repertorio di Jeanne Giacomotti, nel quale erano raccolti diversi esemplari di questo genere. -
Lotto 16 COPPIA DI ALBARELLI
Deruta, 1500-1510 circa
Maiolica decorata in policromia con rosso, arancio, giallo scuro, blu, verde ramina e bruno di manganese
a) alt. cm 22,6; diam. bocca cm 10,5; diam. piede cm 11,7
b) alt. cm 21,8; diam. bocca cm 9,8; diam. piede cm 11
Sotto la base segni incisi dopo la cottura; numeri incisi e dipinti di bianco: a) “261”; b) “26”. Tracce di cartellini con numerazione
a) cadute di smalto e sbeccature sul fronte; usure alla spalla; sbeccatura al piede
b) felatura all’orlo; usure alla spalla
Corredato da doppio attestato di libera circolazione
Earthenware, painted in red, orange, dark yellow, blue, copper green, and manganese
a) H. 22.6 cm; mouth diam. 10.5 cm; foot diam. 11.7 cm
b) H. 21.8 cm; mouth diam. 9.8 cm; foot diam. 11 cm
On the bottom, some marks have been carved in after firing; numbers incised and painted on in white: a) ‘261’; b) ’26’. Remains of paper tags with numbers
a) on the front, glaze losses and chips; wear to shoulder; chip to foot
b) hairline crack to rim; wear to shoulder
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I due contenitori apotecari hanno corpo cilindrico rastremato al centro, imboccatura larga con orlo svasato, un collo breve e spalla molto carenata. Il piede piano non smaltato, diviso dal corpo da una breve strozzatura, ha orlo arrotondato. Il corpo ceramico color camoscio scuro è ben visibile all’interno dei vasi, che non sono rivestiti da smalto, ma solo da invetriatura.
La decorazione dell’albarello a) mostra un busto maschile di profilo, racchiuso in una ghirlanda di foglie e frutti centrata da due fiori racchiusi in un medaglione azzurrato. Nella parte posteriore, si sviluppa un lungo stelo con foglie dalla forma gotica e fruttini trilobati, circondato da piccole spirali a riempitura dei campi. Lungo la base, si articola un motivo a cordone seguito da una corona stilizzata. Sotto il piede, sono visibili dei segni incisi dopo la cottura.
L’albarello b), fortemente coerente, è decorato da un profilo muliebre con capelli raccolti in una cuffia, abito con bustino e spalle coperte da uno scialle. Il profilo è circondato da una ghirlanda con foglie di quercia e piccole ghiande; anche in questo caso la ghirlanda è centrata da due fiori racchiusi in un medaglione. Il retro del vaso è occupato da un tralcio fitoforme con arricciature, piccole fogliette trilobate e fiori dalla corolla multipetalo, dipinti in verde e arancio. Il fondo vuoto è riempito da pennellature, cerchietti puntinati e spiraline. Lungo la base, un motivo a cordone, seguito da una corona stilizzata, riprende la decorazione del collo.
Diversi albarelli appartengono alla stessa celebre serie di vasi sfornati a Deruta: ad esempio una coppia di albarelli con profili assai simili conservata nella raccolta Gillet del Musée des Arts Décoratifs di Lione. Le differenze, rispetto ai nostri esemplari, sono minime: il coprispalle, le ghiande al posto dei fruttini e la scelta decorativa nei retri. Un albarello coerente, decorato con un profilo di giovane con copricapo, è conservato al Metropolitan Museum of Art di New York e databile 1510.
Due esemplari simili dichiarati come datati 1507, l’uno decorato dal profilo di un giovane con berretto, l’altro da un profilo di donna, si trovavano nella collezione Adda: ad essi si fa generalmente riferimento per la cronologia di questo corredo farmaceutico. L’attribuzione è stata sostenuta per la prima volta da Rackham, che smentisce l’ipotesi di paternità senese sostenuta da Falke.
Si è ipotizzato che i nostri due al -
Lotto 17 TONDINO
Deruta, 1500-1520 circa
Maiolica decorata in policromia con arancio, blu, verde rame e bruno di manganese nei toni del nero-marrone su smalto bianco crema crettato
alt. cm 2,8; diam. cm 25; diam. piede cm 8,2
Sul retro cartellino di collezione molto usurato, numeri di inventario delle raccolte di provenienza in rosso: “L.37.03.92”, “L.1660.92”, “44459”(?)
Nella parte alta della tesa sbeccatura ricoperta, con felatura passante che scende fino al medaglione; piccola caduta di colore integrata sul fronte a destra in alto vicino al medaglione; sbeccature minime al bordo e usure
Corredato da attestato di libera circolazione
Earthenware, covered with a crackled creamy-white glaze and painted in orange, blue, copper green, and blackish-brownish manganese
H. 2.8 cm; diam. 25 cm; foot diam. 8.2 cm
On the back, collection paper tag (worn); old collection inventory numbers in red: ‘L.37.03.92’ and ‘L.1660.92’; ‘44459(?)’
On the upper part of the broad rim, a chip repainted and a heavy hairline crack running down to the central decorative panel; on the front, a minor colour loss, repainted; minor chips to rim; slight wear
Il tondino presenta un cavetto profondo a larga tesa piana con orlo arrotondato.
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Il decoro vede, al centro del cavetto, un ritratto di paggio con lunghi capelli e copricapo: il fanciullo indossa una casacca chiaroscurata in un color verde molto diluito. Lo sfondo alle spalle del personaggio è suggerito, in alto, da alcune righe azzurre, mentre sul davanti il profilo è fortemente risaltato da pennellate blu scuro che si schiariscono progressivamente, ombreggiando lo sfondo. Il tondo che racchiude la figura è delimitato da un motivo decorativo a cordonatura, cui si sovrappone una fascia a punte, nelle quali sono inscritti piccoli triangoli blu, contornata da semisfere arancio disegnate di blu.
L’attribuzione alla città umbra di Deruta è ormai generalmente accettata.
Lo studio di un gruppo di piatti “petal back” associati a monogrammi o lettere pubblicati da Bernard Rackham nel 1915 aveva inizialmente comportato l’attribuzione alle botteghe di Deruta piuttosto che a Faenza, Forlì, Pesaro o Cafaggiolo precedentemente citate. In opposizione a Rackham, Otto Von Falke aveva invece sostenuto l’attribuzione di questo gruppo alla bottega di maestro Benedetto di Siena. Chompret aveva sposato quest’ultima ipotesi, nonostante la scoperta a Deruta di alcuni frammenti.
Riguardo a questo motivo decorativo, è significativo quanto pubblicato dopo gli scavi nelle vicinanze dell’Istituto d’Arte di Deruta, che hanno portato alla luce resti di fornace: infatti attraverso la pubblicazione dei frammenti sono state chiarite le tipologie e la cronologia di questo genere di motivi.
Un confronto assai prossimo è costituito da un piatto del Fitzwilliam Museum di Cambridge, con ritratto di San Francesco, che presenta caratteristiche decorative molto simili: si veda per esempio l’uso della fascia dentellata a decoro del medaglione centrale e alcuni dettagli nella decorazione della tesa. Il piatto, attribuito all’Umbria e datato tra il 1500 e il 1520, si distingue dall’esemplare in esame per il retro, nel quale il motivo ornamentale è solo accennato.
I piatti con ritratti, come quello in oggetto, appartengono alla categoria dei “ritratti amatori”, molto in voga tra la fine del ‘400 e gli inizi del ‘500, e prodotti da tutte le manifatture italiane. I piatti amatori ebbero grande fortuna a Faenza e raggiunsero -
Lotto 18 PIATTO DA POMPA
Deruta, 1500-1520
Maiolica decorata in blu di cobalto e lustro dorato
alt. cm 9,4; diam. cm 42; diam. piede cm 13,9
Sul retro etichetta brunita di vecchia collezione con manoscritto a china in corsivo: "n. 685./ Inscription/ Un bel morire tutta/ la vita onora/ A beautiful death/ confers illustration/ for a lifetime/ From Chevalier Massa/ Collection...”.
Sul retro numero 783 in inchiostro rosso
Intatto; lievi consunzioni all’orlo
Corredato da attestato di libera circolazione
Earthenware, painted in cobalt blue and golden lustre
H. 9.4 cm; diam. 42 cm; foot diam. 13.9 cm
On the back, old collection label hand-written in black ink: "n. 685./ Inscription/ Un bel morire tutta/ la vita onora/ A beautiful death/ confers illustration/ for a lifetime/ From Chevalier Massa/ Collection...”.
On the back number 783 in red ink
In very good condition; minor wear to rim
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L’esemplare ha un cavetto profondo e largo, la tesa è ampia e termina in un orlo rifinito a stecca appena rilevato. Il piatto poggia su un piede ad anello anch’esso appena rilevato e forato in origine, prima della cottura. La foggia è quella tipica delle produzioni derutesi, che ha fatto la fortuna delle manifatture della città umbra: questa forma era destinata ad accogliere i celeberrimi ritratti di belle donne, stemmi nobiliari o soggetti importanti come le immagini di santi ed eroi dipinti con tecnica mista ottenuta in due cotture: la prima a gran fuoco con blu a due toni, la seconda in riduzione per l’ottenimento del lustro.
Retro con invetriatura appesantita di bistro che ricopre l’intera superficie
Al centro del cavetto è raffigurata, di profilo, una giovane donna alla vita, che sostiene nella mano sinistra un garofano dallo stelo lungo e sinuoso. Di fronte al ritratto, si svolge un cartiglio che reca la scritta a caratteri capitali “UMBE/ L MoRIR/ ETU/ TALAVITA·ONO/ R/ A” (un bel morir tutta la vita onora), tratta dal Canzoniere di Petrarca. Il profilo è fortemente sottolineato da pennellate blu scuro che si schiariscono progressivamente, andando ad ombreggiare lo sfondo intorno al cartiglio. Una sottile fascia con un motivo decorativo a corona fogliata separa il cavetto dalla tesa, decorata da una ghirlanda di fiori a bocciolo, collegati da una breve rametto con foglie lanceolate disposte simmetricamente.
Com’è consuetudine in questa tipologia ceramica, la stessa immagine è ripetuta, in modo sostanzialmente simile, anche in altri piatti con analoga impostazione decorativa, direttamente ispirata dalle figure del Pinturicchio che ornano l’appartamento Borgia in Vaticano o dalla Sibilla Eritrea raffigurata negli affreschi del Perugino che decorano la Sala delle Udienze nel Collegio del Cambio a Perugia. Per confronto si vedano l’esemplare con il motto virgiliano “Omnia vincit amor” del Museo delle Arti Decorative di Lione e quello del British Museum con tesa decorata da una bordura molto simile, databile tra il 1500 e il 1520. Un altro piatto molto vicino all’oggetto in esame, pubblicato da Wilson qualche anno fa, presenta solo lievi differenze nei decori minori dell’abito e nella presenza di fiori arrotondati al posto delle fogliette nella tesa, oltre a un tratto pittorico più evanescente, meno incisivo di quello del nostro esemplare.
Questo gruppo di piatti è databile grazie al confronto con il piatto del British Museum dalla tesa decorata a ghirlanda recante lo stemma di papa Giulio II, che data l’intera serie tra il 1503 e il 1513, gli anni del suo p -
Lotto 19 PIATTO DA POMPA
Deruta, 1500-1520
Maiolica decorata in blu di cobalto e lustro dorato
alt. cm 8,4; diam. cm 42; diam. piede cm 13,6
Intatto; lievi consunzioni all’orlo
Corredato da attestato di libera circolazione
Earthenware, painted in cobalt blue and golden lustre
H. 9.4 cm; diam. 42 cm; foot diam. 13.6 cm
In very good condition; minor wear to rim
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L’esemplare ha un cavetto profondo e largo, la tesa è ampia e termina in un orlo rifinito a stecca appena rilevato. Il piatto poggia su un piede ad anello anch’esso appena rilevato e forato in origine, prima della cottura avvenuta con tecnica mista in due tempi: prima a gran fuoco con blu a due toni, poi in riduzione per l’ottenimento del lustro. Retro con invetriatura color bistro che ricopre l’intera superficie.
La forma, comunemente destinata ad accogliere i ritratti, è qui utilizzata per un insolito e ricercato ritratto maschile a mezzo busto. Al centro del cavetto spicca il profilo di un uomo barbato con un elmo da parata dalla foggia straordinariamente complessa, riccamente adornato sulla celata con figure di delfino e di sfinge. Il copricapo, che riproduce la lavorazione a sbalzo, è dotato di un vistoso copriorecchie a chiocciola, sul quale si aggrappa un piccolo putto alato vivace. L’uomo indossa un mantello chiuso alla spalla da una fibula. Con la mano destra, non visibile, sostiene un’alabarda decorata da un nastro sinuoso.
Un motivo a corona di alloro separa il cavetto dalla tesa, decorata da una ghirlanda di fiori a bocciolo collegati da un breve rametto con foglie lanceolate disposte simmetricamente: un ornato del tutto analogo a quello presente sul piatto proposto al lotto 18 di questo stesso catalogo.
Anche tecnicamente il piatto mostra chiare analogie con quello a figura femminile appena citato. Il decoro è stato realizzato lasciando a risparmio il fondo maiolicato, fortemente distinto dalla parte a lustro grazie a linee di cobalto stese con maggiore o minore densità, così da creare un gradevole effetto di ombreggiatura che dà profonditè all’opera. Un importante esemplare di confronto è il piatto da pompa con busto di guerriero del Museo delle Arti Decorative di Lione: anche in quel caso il decoro e la tecnica sono raffinatissimi. Il giovane protagonista della decorazione è raffigurato di fronte e indossa un elmo alato con una lorica, arricchita da una lavorazione fitta ed elegante, quasi un lavoro di oreficeria. Anche la tesa di quell’esemplare è molto simile alla nostra, per la cui datazione si fa ugualmente riferimento al piatto del British Museum recante lo stemma di papa Giulio II, cioè al decennio che va dal 1503 al 1513.
Ci piace pensare che la finalità della decorazione sia di celebrazione amorosa, nonostante la serietà del personaggio: ciò s‘intuisce dalla presenza del piccolo Erotino che, chiaramente, non fa parte della decorazione dell’elmo, ma sembra inserirsi nella composizione come se provenisse dall’esterno, quasi fosse latore di un segreto messaggio d’amore.
La documentazione che accompagna l’oggetto ne testimonia l’acquisto nel 1969 da Humphris di Londra. L’antiquario londinese in essa ricostruisce i passaggi dell’oggetto a partire dalla sua presenza nella raccolta Cook di Londra, dove Rackham alcuni anni dopo afferma che fosse erroneamente catalogato come “maiolica di Gubbio”, e poi nella collezione Adda. -
Lotto 20 PIATTO
Deruta, 1520 circa
Maiolica decorata a policromia in blu, giallo antimonio, verde ramina e rosso ferro
alt. cm 4,1; diam. cm 22,2; diam. piede cm 7,9
Sul retro etichetta stampata “ESPOSTO ALLA MOSTRA NAZ. DELL’ ANTIQUARIATO/ Milano - 19 nov. 11 dic. 1960”; altra etichetta dattiloscritta con “piatto Deruta sec XVI/ (Amatorio)”
Rottura radiale sulla parte alta, restaurata con qualche integrazione alla pittura; piccola lacuna reintegrata sulla tesa; coperture lungo il bordo del cavetto e in prossimità della frattura
Earthenware, painted in blue, antimony yellow, copper green, and iron red
H. 4.1 cm; diam. 22.2 cm; foot diam. 7.9 cm
On the back, printed label ‘ESPOSTO ALLA MOSTRA NAZ. DELL’ANTIQUARIATO/ Milano – 19 nov. 11 dic. 1960’; label typewritten with ‘piatto Deruta sec XVI/ (Amatorio)’
On the upper part, a radial crack restored with areas of repaint; a minor loss to broad rim, repainted; some areas of repaint along the edge of the well and close to the crack
Il piatto presenta cavetto profondo, larga tesa piana con orlo arrotondato, piede a fondo leggermente concavo. Il decoro al centro del cavetto raffigura due mani che si stringono sopra una fiamma ardente, sormontate da una corona affiancata dalle iniziali “E.” ed “E.” scritte in blu in caratteri capitali. Il decoro è realizzato in policromia con l’utilizzo del blu di cobalto, del giallo antimonio, del verde ramina e del rosso ferro. Il motivo decorativo centrale è racchiuso da una corniciatura a sottili fasce concentriche decorate da linee parallele, puntinature rosse e tratti decorativi sporgenti sull’ultima linea a simulare dei nodi. La tesa è interessata da un motivo decorativo a tralci incrociati con spine sporgenti, detto a “corona di spine”.
Il decoro centrale è tipico dei piatti cosiddetti “amatori” e raffigura il motivo della Fede: simboleggia cioè il patto d’amore o la promessa tra i fidanzati. Di origine romana, questo decoro spesso era accompagnato dalla parola “Fides”. Il motivo è frequente anche nella maiolica faentina del ’500. I piatti di questa tipologia erano donati alla persona amata e costituivano talvolta un regalo di fidanzamento. Il decoro ebbe successo e fu poi riprodotto da molte manifatture dell’Italia centro-settentrionale.
Il motivo della tesa a ”corona di spine”, contemporaneo di altri ornati, è usato dalle manifatture di Deruta dell’epoca. Frequente nei piatti da pompa, è variamente associato a decorazioni principali, che presentano anche figure diverse: al Museo Regionale di Deruta, per esempio, lo troviamo tra gli altri sia con un ritratto amatorio, sia con San Pietro.
Un piatto, fortemente lacunoso, decorato sulla tesa in maniera molto simile al nostro, databile al periodo tra gli anni Venti e Cinquanta del ’500, è conservato al Fitzwilliam Museum di Cambridge. Il decoro a tralci verdi è utilizzato dalle maestranze derutesi anche in piatti da parata di maggiori dimensioni, talvolta con modalità stilistiche più complesse e con l’aggiunta di rosette: si vedano, per esempio, i piatti di questo tipo, decorati al centro con figure, conservati al Museo del Louvre, datati ai primi anni del secolo XVI. Infine un esemplare da parata con lo stemma di papa Paolo III Farnese (1534-1549) che è considerato datante per le produzioni minori porta sulla tesa la decorazione.
Il piatto in esame ha uno smalto povero alla derutese, molto crettato e ricco di difetti e bolliture; il decoro sul retro si limita a una serie di archetti appena visibili in prossim -
Lotto 21 BACILE DA ACQUERECCIA
Deruta, 1530 circa
Maiolica decorata in blu di cobalto, con lumeggiature a lustro dorato
alt. cm 3,4; diam. cm 33; diam. umbone cm 11
Sul retro un cartellino cartaceo stampato “ORLANDO PETRENI/ ARREDAMENTI ARTISTICI/ FIRENZE/ VIA RONDINELLI 7R TEL. 23.782”
Parte inferiore della tesa interessata da diverse rotture incollate e stuccate con restauro archeologico sul retro e parziale copertura sul fronte
Earthenware, painted in cobalt blue with touches of golden lustre
H. 3.4 cm; diam. 33 cm; centre diam. 11 cm
On the back, printed paper tag ‘ORLANDO PETRENI/ ARREDAMENTI ARTISTICI/ FIRENZE/ VIA RONDINELLI 7R TEL. 23.782’
On the lower part of the broad rim, some restored and plastered cracks are visible on the back, with areas of repaint on the front
Il piatto ha un cavetto ampio e concavo centrato da un umbone a fondo piano, circondato da una cornice a rilievo con orlo arrotondato, digradante in una seconda cornice a gola. La tesa è breve e orizzontale, con orlo rilevato. Il retro segue la forma del piatto, con leggere baccellature rilevate e centro concavo.
La forma è quella del bacile da acquereccia: il piatto doveva cioè sorreggere nel centro un versatoio, a imitazione del vasellame metallico.
Al centro della composizione decorativa troviamo un ritratto muliebre di profilo, con un cartiglio contenente la scritta “BERRARDINA”. Nella cornice a gola è presente un motivo a nodo delineato in blu su fondo lustrato, mentre nel resto del cavetto si sviluppa un decoro a baccellature arcuate, delimitate da sottili pennellature blu e ombreggiature, anch’esse in blu sul fondo. L’effetto a rilievo è ottenuto grazie all’utilizzo delle ombreggiature e alla riserva lasciata bianca per dar luce. La tesa mostra il caratteristico decoro a piccoli frutti tondeggianti disposti a linea continua.
Il retro è decorato da linee concentriche gialle con tracce di lustro.
Questo tipo di bacile fu prodotto a Deruta con alcune varianti nella scelta della decorazione, comunque realizzata a lustro nei modi utilizzati anche nei piatti da parata, in un periodo che oscilla tra il 1500 e il 1530: la gran parte dei bacili da versatore presentano al centro un ritratto femminile di solito accompagnato da un fiore di giglio, con varianti del soggetto raffigurato al centro, in questo caso molto prossimo alla tipologia dei ritratti amatori.
Un piatto conservato al Victoria and Albert Museum, di produzione derutese e databile al 1520, è morfologicamente affine, con ritratto al centro dell’umbone e decoro intorno alla tesa e sull’orlo, ma mostra una scelta decorativa differente nel motivo a pannelli radiali con decori fitoformi ed embricazioni. Prossimo a quest’ultimo esemplare è anche il bacile con ritratto femminile del Fitzwilliam Museum di Cambridge proveniente dalla collezione Pringsheim, con un ritratto stilisticamente vicino a quello delineato nel nostro oggetto. Da ultimo un bel bacile conservato al British Museum, risalente ai primissimi anni del ‘500, presenta una tesa con decoro a embricazioni e un profilo con caratteristiche molto prossime ai modi del Perugino, dai cui ritratti prendono spunto questi decori. -
Lotto 22 ALBARELLO
Deruta, ultimo quarto del XVI secolo
Maiolica decorata in policromia con blu di cobalto, verde ramina, giallo antimonio e ocra su smalto stannifero povero
alt. cm 19,6; diam. bocca cm 9,5; diam. piede cm 9,8
Sotto la base etichetta stampata “Dott. Serra Milano”; etichetta manoscritta, in corsivo, “6647/ albarello / toscano/ sec XVI”; etichetta stampata, poco leggibile, “... DELLA GHERARDESCA” e, manoscritta, “221”
Felature sottili al corpo vicino al piede; sbeccature di usura al piede e all’orlo
Earthenware, covered with a poor tin glaze and painted in cobalt blue, copper green, antimony yellow and ochre
H. 19.6 cm; mouth diam. 9.5 cm; foot diam. 9.8 cm
On the bottom, label printed ‘Dott. Serra Milano’; label hand-written ‘6647/ albarello / toscano/ sec XVI’; printed label‘... DELLA GHERARDESCA’ (hardly readable) and, hand-written, ‘221’
Minor hairline cracks to body close to the foot; wear chips to foot and rim
L’albarello ha larga imboccatura con orlo piano appena estroflesso e collo molto breve che scende in una spalla angolata. Il corpo cilindrico è molto rastremato al centro e termina con un calice assai angolato che scende a formare un piede su base piana e aggettante, preceduto da una strozzatura breve.
Sul fondo del piede è visibile un segno farmaceutico inciso dopo la cottura.
Il vaso apotecario era stato attribuito a manifattura Toscana, mentre a noi pare, per morfologia e decoro, vicino alle serie prodotte dalle manifatture umbre di Deruta nel corso del secolo XVI.
Il motivo che incornicia la scritta apotecaria “DIAPRUNIS” riproduce una corona robbiana con modalità pittoriche corrive, quasi di maniera. Lo stesso tipo di corona, ma con stile più fluido, associato al motivo decorativo a girali fiorite caratteristico delle manifatture derutesi, è raffigurato in un albarello della collezione Bayer di Milano.
Morfologicamente l’opera si avvicina alle produzioni derutesi dei primi anni del ‘500, come per esempio la coppia di albarelli con emblema farmaceutico e decori a trofei conservata nelle raccolte del Castello Sforzesco di Milano. La forma, la scelta cromatica, la qualità dello smalto e la disposizione del decoro con nastri svolazzanti sul retro del vaso hanno poi dei precedenti di qualità nella raccolta Mereghi al Museo Internazionale delle Ceramica di Faenza. L’orciolo da farmacia nella stessa raccolta con decoro “alla porcellana” datato alla seconda metà del XVI secolo costituisce un confronto per il decoro “minore” posto all’interno della fascia: il decoro alla porcellana, steso anch’esso con tratto veloce, richiama l’esemplare del museo faentino e di conseguenza il suo confronto datato e conservato a Sévres.
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Lotto 23 VASO OVOIDALE
Faenza, 1490-1510 circa
Maiolica decorata in policromia con verde, arancio, blu, turchino su smalto stannifero bianco e spesso
alt. cm 29; diam. bocca cm 11; diam. piede cm 11
Felatura passante alla base a partire dalla parte inferiore del corpo
Earthenware, covered with a thick white tin glaze and painted in green, orange, blue, and turquoise
H. 29 cm; mouth diam. 11 cm; foot diam. 11 cm
Heavy hairline crack to base extending from the lower part of the body
Il vaso ha un’imboccatura larga con orlo appena estroflesso e labbro piano tagliato a stecca. Il collo cilindrico si congiunge alla spalla, dalla forma arrotondata, che si apre in un corpo ovoidale; questo si restringe per chiudersi in un piede largo a base piana.
Lo smalto ricopre l’intera superficie e si presenta spesso, molto bianco e di ottima qualità. La decorazione è disposta a fasce concentriche che, alternando i colori verde, blu e giallo-arancio, interessano il collo e la porzione superiore e inferiore del corpo. La fascia principale del decoro si estende lungo il punto di massima espansione del corpo: qui campeggia un elegante tralcio fogliato sul quale s’innestano dei motivi a “palmetta persiana” che, arricciandosi, corre sopra una fitta ornamentazione a piccole spirali. Sul fronte del vaso compare il simbolo di San Bernardino in lettere gotiche, circondato da un rosario, il tutto racchiuso in un medaglione circolare incorniciato da una cordonatura dipinta in arancio. Sul fondo del vaso, all’altezza della strozzatura che precede la base, si apre nuovamente in una fascia con motivi che possiamo definire a “fiamme bernardiniane”.
Il decoro a “palmetta persiana” trova riferimento nel pavimento Vaselli in San Petronio a Bologna. Ravanelli Guidotti sottolinea come questo decoro sia in genere poco documentato sulle forme chiuse e presenta come confronti alcuni esemplari con questo tipo di ornamentazione, tra i quali un bel vaso globulare conservato nel Herausgegeben vom Kunstgewerbemuseum di Berlino, in cui l’ornato “a palmetta” più prossimo alle forme vaselliane è associato a motivi decorativi simili a quelli del nostro esemplare, che però mostra una variante fiorita con inusuali tocchi di verde. Anche nell’esemplare di confronto lo smalto risulta impeccabile e il decoro mostra colori accesi. Un altro vaso con caratteristiche morfologiche simili e appartenente alla raccolta della Cassa di Risparmio di Perugia è stato studiato da Wilson: qui il motivo a palmetta è presente in una versione verticale, più vicina a quella del pavimento Vaselli, ed è associato a uno stemma. Wilson sottolinea come questo tipo di decoro fosse diffuso in tutta la Romagna e anche in Toscana, dove perdura in forme attardate per tutto il ’500, associandolo a un altro contenitore, questa volta con decoro a trofei, conservato nella collezione Strozzi Sacrati e datato 1506. Nella stessa raccolta toscana si trova anche un vaso piriforme che mostra un decoro a palmetta persiana su girali molto ben delineato, già definito da Liverani come “un po’ calligrafico”.
In base alla forma, il vaso si può con miglior approssimazione assegnare a un periodo cronologicamente più avanzato rispetto al manifestarsi del motivo decorativo; possiamo quindi considerare il decoro come un’evoluzione dell’ornato originario. Nel libro dei conti di maestro Gentile Fornarini, pubblicato da Ballardini e analizzato da Ravanelli Guidotti, troviamo un aggancio cronologico assai utile, soprattutto per le forme chiuse: nel 1470 il Fornarini elenca le “bocce da spiciale con brieve in su”, probabilmente bocce con iscrizioni farmaceutiche; quelle s -
Lotto 24 PIATTO CON STEMMA ARALDICO
Faenza, 1520-1525
Maiolica decorata in policromia con blu, bianco, verde, giallo e arancio
alt. cm 2,5; diam. cm 26; diam. piede cm 8,3
Sul retro, al centro del piede, delineata in blu di cobalto, la sigla paraffata “SB”
Piccola rottura e incollatura sulla tesa a sinistra; due grosse sbeccature sulla tesa in alto a destra e una in alto a sinistra
Earthenware painted in blue, white, green, yellow and orange
H. 2.5 cm; diam. 26 cm; foot diam. 8.3 cm
The back is painted with a mark in cobalt blue: ‘S’ crossed by a paraph and ‘B’
Small crack and restoration to broad rim at 9 o’clock; chip to broad rim at 11 o’clock; two big chips to broad rim at 2 o’clock
Il piatto, poggiante su piede ad anello appena accennato, è piano e con cavetto basso. Il cavetto è separato dalla tesa da due sottili bande decorate da nastri sinuosi e da un motivo “a cordonatura” intervallate da una fascia con decoro bianco su bianco a piccoli fioretti. Esso è occupato da uno stemma su fondo verde, formato da uno scudo circondato da piume e sormontato da un elmo con cimiero in forma di grifo alato rampante con corona a cinque punte. Lo scudo, a tacca, non è stato identificato, ma si tratta probabilmente di uno scudo tedesco inquartato, che al primo e al terzo quadrante mostra un leoncino rampante d’argento, al secondo e al quarto un fondo rosso con quattro bande merlate in giallo; lo stemma al centro è caricato di uno scudetto con aquila bicipite.
La tesa è interamente occupata da un motivo a grottesche con sfingi accucciate, erotini, cornucopie, tralci fogliati e conchiglie. Il decoro è delineato in modo anomalo in blu con tocchi di bianco su fondo bianco a risparmio.
Il retro mostra un fitto motivo petal back su doppia fila concentrica in arancio e blu. Al centro la sigla paraffata “SB”.
Pur essendo pochi gli esempi di raffronto, tuttavia il motivo sul retro, variamente interpretato dagli studiosi, è stato attribuito da Rackham alle manifatture faentine – basandosi proprio su questo oggetto e su un esemplare a lui vicino – nel suo studio sulla collezione Adda, dove l’opera fu conservata fino al 1948, anno della vendita della raccolta. Il piatto è stato poi pubblicato da Cyril Humphris nel catalogo della mostra organizzata nel 1967 proprio con alcuni pezzi della collezione Adda, attribuito alla manifattura della “Casa Pirota” con datazione attorno al 1520.
Le modalità decorative, l’uso del bianco sopra bianco e talune caratteristiche stilistiche della tesa, ci portano ad attribuire il piatto a una manifattura faentina della prima metà del ’500.
La tesa mostra, seppure con una scelta cromatica differente e assai rara, una declinazione decorativa simile a quella usata in altri piatti di questo catalogo: nel 29 per i volti degli amorini e nel 25 per le arpie con volto infantile di profilo. Riteniamo pertanto che si possa proporre un'attribuzione alla Bottega Bergantini nella sua fase iniziale. L'opera potrebbe quindi essere stata prodotta da un pittore attivo nella bottega faentina sita nella cappella di S. Vitale, vicina alle case dei Pirotti, e ivi impiantata dal Maestro Pietro in unione col fratello Paolo già a partire dal 1508 e che prosegue l'attività per più di un cinquantennio, come dimostrano i documenti pubblicati da Grigioni. Per la presenza della sigla "SB", l'opera in studio costituisce un punto fermo per le ricerche orientate al riconoscimento di più precise personalità attive nelle botteghe della città romagnola.