Lotto 27 | Alberto Burri(Città di Castello 1915 - Nizza 1995)BIANCO NEROolio,...

Pandolfini Casa d'Aste - Borgo degli Albizi (Palazzo Ramirez-Montalvo) 26, 50122 Firenze
90 ANNI DI ASTE: CAPOLAVORI DA COLLEZIONI ITALIANE Sessione Unica - lotti 1 - 35
martedì 28 ottobre 2014 ore 19:00 (UTC +01:00)

Alberto Burri(Città di Castello 1915 - Nizza 1995)BIANCO NEROolio,...

Alberto Burri
(Città di Castello 1915 - Nizza 1995)
BIANCO NERO
olio, acrilico e vinavil su tela, cm 50x80
 
eseguito nel 1952
 
L’ opera è accompagnata da attestato di libera circolazione
 
BIANCO NERO
oil, acrilyc, vinavil on canvas, 50x80 cm
 
executed in 1952
 
An export licence is available for this lot
 
 
Provenienza:
Collezione Riccardo e Magda Jucker, Milano
Galleria Blu, Milano
Collezione Luisella d’Alessandro, Torino
Collezione privata, Arezzo
 
Esposizioni:
a cura di Marco Vallora, I neri di Burri, Acqui Terme, Palazzo Liceo Saracco, 20 luglio – 14 settembre 2003; ivi ripr. p. 69
 
Bibliografia:
a cura della Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri, Burri. Contributi al catalogo sistematico, Città di Castello, 1990, p. 34, n. 107 (illustrato a p. 35)
 
 
 
L’étude du beau est un duel où l’artiste crie de frayeur avant d’être vaincu.
 
Protagonista indiscusso dell’arte contemporanea internazionale, Alberto Burri ha saputo coniugare le istanze recepite durante la duplice ambivalente esperienza negli Stati Uniti, dal campo di prigionia texano al Guggenheim di New York, con la millenaria tradizione artistica italiana, senza con ciò ridursi ad adepto delle prime, o costringersi a rinnegare quest’ultima. Sotto questo profilo il percorso artistico di Burri è una delle più efficaci esemplificazioni di quel prezioso processo di secolarizzazione dell’arte contemporanea italiana e di emancipazione dalle sterili contrapposizioni scolastiche in cui si erano spesso dissolte, complice l’egemonia del dualismo ideologico, le pur fertili avanguardie artistiche del primo Novecento.
Nella poetica di Burri, le componenti autobiografiche e intimistiche, o perfino solipsistiche, come quelle socio-antropologiche, descrittive o rappresentative non si configurano come categorie contrapponibili, potendo quindi confluire e coesistere, senza confliggere, in buona parte delle sue opere, tanto da rendere accettabile l’affermazione che il suo ultimo dipinto fosse identico al primo. Questo apparente paradosso si risolve nel momento stesso in cui ci si rende conto che per Burri l’opera è parte integrante e non separabile di quella complessa, a tratti anche dolorosa, trama che è il suo stesso vissuto. In questo senso, le parole di Freud quando scrive che “La natura benigna ha concesso all’artista di esprimere i moti più segreti del suo animo, a lui stesso celati, attraverso creazioni che scuotono potentemente gli altri, gli estranei all’artista, senza che quest’ultimi sappiano indicare donde provenga la loro commozione.” , ben si attagliano all’esperienza artistica di Burri.
L’impellente necessità di ricercare nuovi equilibri estetici nella definizione del rapporto tra l’essere, la materia e la realtà, non assumono in Burri il ruolo di principi fondanti di una nuova corrente artistica o di una liturgica weltanschauung, perciò non necessitano di essere enunciati e verbalizzati, piuttosto divengono la prova evidente dell’indissolubile nesso d’identità che sussiste tra l’artista e la sua opera, quest’ultima intesa come esclusivo e non declinabile strumento di comunicazione. È lo stesso Burri che, in una delle sue, rare, esternazioni pubbliche, ci fornisce una chiara ed esaustiva indicazione del modo più proficuo di approcciarsi alla sua opera: “Le parole non mi sono d’aiuto quando provo a parlare della mia pittura. Questa è u