Lotto 5 | Padovanino, Due putti in un paesaggio con rovine, 1630 ca. Olio su tela, 75 x...

Ansuini Aste - Viale Bruno Buozzi 107, 00197 Roma
Fine Paintings and Works of Art Sessione Unica - dal lotto 1 al lotto 58
mercoledì 28 settembre 2016 ore 18:00 (UTC +01:00)

Padovanino, Due putti in un paesaggio con rovine, 1630 ca. Olio su tela, 75 x...

Padovanino, Due putti in un paesaggio con rovine, 1630 ca. Olio su tela, 75 x 105 cm. Come rivela anche un’antica perizia scritta sul retro della tela («Opera originale del Padovanino. Carlo Grimaldi»), l’opera va assegnata ad Alessandro Varotari detto il Padovanino (1588-1649), figlio del pittore e architetto Dario Varotari. Testimone diretto della sua carriera, Carlo Ridolfi racconta nelle Maraviglie dell’arte (Venezia, 1648) che il Padovanino giunse a Venezia nel 1614 e lì trascorse i restanti trentacinque anni della sua vita, eccezion fatta per un soggiorno a Roma, realizzandovi molte pale d’altare «con le quali si è stabilito nel mondo un perpetuo honore» (Ridolfi 1914-1924, vol. II, p. 92). Formatosi nella sua città natale, da cui mutuò lo pseudonimo, il Padovanino fu un originale interprete della pittura di Tiziano e uno specialista nel rappresentare i putti, come avrebbe ricordato nella Carta del navegar pitoresco (Venezia, 1660) Marco Boschini, secondo il quale i suoi fanciulli, che egli «nutrì di vivacissimo latte», erano «tuti gracia, / tuti amorosi, e tuti morbideti, / fati de riose e late, tenereti, / che de vardarli mai l’ochio se sacia» (Boschini 1966, pp. 428, 718). Il dipinto in esame, databile verso il 1630, si avvicina per il paesaggio e per gli incarnati a opere quali la duplice versione della Venere in un paesaggio del Museo di Grenoble e di Ca’ Vendramin Calergi a Venezia, il Gesù bambino e san Giovannino della Pinacoteca nazionale a Siena, i Putti che giocano in collezioni private (Ruggeri 1988, pp. 113, 118 e figg. 15, 116, 118-119) e soprattutto il Cupido con arco della Staatsgalerie a Stoccarda (Ruggeri 1993, pp. 17-20, 27 e figg. 9-10, 12, 17). In esso, utilizzando ancora le parole del Boschini, si possono ammirare «le carni impastate propriamente di sangue, misto con il latte» tipiche del Padovanino (Boschini 1966, p. 719). Non è da escludere che il quadro – sia per il soggetto sia per le dimensioni e il formato – costituisse in origine una sovrapporta, al pari dei Giochi di amorini in collezione privata (Ruggeri 1993, pp. 90-91, scheda 22).