Lotto 29 | COPPA FAENZA, BALDASSARE MANARA, 1539 Maiolica, dipinta in policromia con...

Pandolfini Casa d'Aste - Borgo degli Albizi (Palazzo Ramirez-Montalvo) 26, 50122 Firenze
Importanti maioliche rinascimentali Sessione unica - dal lotto 1 al lotto 65
giovedì 1 ottobre 2015 ore 17:00 (UTC +01:00)

COPPA FAENZA, BALDASSARE MANARA, 1539 Maiolica, dipinta in policromia con...

COPPA
FAENZA, BALDASSARE MANARA, 1539
Maiolica, dipinta in policromia con arancio, giallo antimonio, verde, blu, bruno di manganese nella tonalità nera, marrone e bianco di stagno.
Alt. cm 5,8, diam. bocca cm 25, diam. piede cm 10,5.
Sul retro la data “1539” entro cartiglio in color ocra .

SHALLOW BOWL
Faenza, Baldassarre Manara, 1539
Earthenware, painted in orange, antimony yellow, green, blue, blackish and brownish manganese, and tin white
H. 5.8 cm; mouth diam. 25 cm; foot diam. 10.5 cm
On the back, the date (‘1539’) in an ochre cartouche

La coppa presenta un cavetto concavo e tesa alta terminante in un orlo sottile arrotondato; poggia su un piede basso e privo di anello.
La rappresentazione si adatta alla forma del manufatto, assecondandone le curve e le convessità e raffigura un soggetto mitologico ambientato in un paesaggio racchiuso da alberi e quinte di montagne sullo sfondo. Una città turrita si confonde nel paesaggio tra montagne, prati ondeggianti e fiumi. I due protagonisti della scena, Marte e Venere, si affrontano al centro del piatto: Marte appoggiato a un albero, ai cui piedi si scorge Cupido intento a guardare la madre, ritta sulla destra del piatto con la mano alzata ad indicare il cielo dove un amorino appare reggendo nelle mani un arco, probabilmente destinato a Cupido, già armato di faretra. Poco distante due personaggi, intenti a dialogare, sembrano avvicinarsi alla radura in cui si svolge la vicenda.
Lo smalto è steso con abbondanza, i pigmenti trattati con estrema perizia, anche se sul retro sono presenti qualche difetto di cottura e qualche colatura all’orlo.
Il verso è dipinto interamente in ocra con motivo a embricazioni, al centro un cartiglio a fondo bruno marrone con scritta giallo antimonio “1539”, intorno al quale risaltano due rami di ulivo.
Si tratta a nostro avviso di un episodio dell’amore tra Marte e Venere di cui ci narra Ovidio nelle Metamorfosi (1) . Carmen Ravanelli Guidotti, che ha pubblicato l’opera qualche anno fa, pensava invece a Vulcano e Venere, ma a conferma della nostra ipotesi ci sembra di ritrovare una concreta somiglianza del personaggio raffigurato nel nostro piatto con il Marte di una incisione di Giulio Bonasone, con la sola variante del braccio alzato con la spada che pare comunque un attributo più idoneo al dio della Guerra.
La coppa in esame, pur in assenza di firma, si avvicina molto all’opera del maestro faentino, al punto che è stata inserita da Carmen Ravanelli Guidotti nella monografia su Baldassarre Manara (2) . La studiosa conferma l’attribuzione dell’opera al pittore faentino con la prudenza dovuta alla mancanza di verifica autoptica sul pezzo, noto solo per le numerose pubblicazioni (3) . Di grande interesse, oltre alla ricostruzione della storia collezionistica del pezzo, è il paragone che la studiosa introduce con le opere del “Pittore di Argo”, attivo in questo arco cronologico in area marchigiana, non escludendo un’influenza di questo tipo di pittura sul grande artefice faentino ormai giunto alla maturità artistica.
La presenza della data colloca la coppa tra le opere mature di Baldassarre Manara, quando, ormai affermato, tende a firmare o a datare i propri lavori.
Le notizie biografiche su questo celebre pittore sono scarse, ma la sua attività si colloca nella prima metà del XVI secolo. Sappiamo che proveniva da una famiglia di vasari, nota nella città di Faenza. Le attestazioni archivistiche sono scarse e abbiamo notizie dal 1529 fino al 1546-1547, anno supposto della morte (4).