Lotto 43 | TONDINOUrbino, bottega di Guido di Merlino, “1543” Maiolica...

Pandolfini Casa d'Aste - Borgo degli Albizi (Palazzo Ramirez-Montalvo) 26, 50122 Firenze
Importanti Maioliche Rinascimentali Sessione Unica - lotti 1 - 62
martedì 28 ottobre 2014 ore 17:00 (UTC +01:00)

TONDINOUrbino, bottega di Guido di Merlino, “1543” Maiolica...

TONDINO
Urbino, bottega di Guido di Merlino, “1543”
 
Maiolica decorata in policromia con blu, verde, arancio, giallo-arancio, bianco di stagno e bruno di manganese
alt. cm 5,2; diam. cm 23,9; diam. piede cm 8
Sul retro iscrizione “del porcho Cali/ donio 1543“ (la data in cartiglio)
 
Felatura in basso a sinistra con incollatura di una piccola porzione; sbeccature all’orlo; segni di usura al piede
 
Corredato da attestato di libera circolazione
 
Earthenware, painted in blue, green, orange, yellowy orange, tin white, and manganese
H. 5.2 cm; diam. 23.9 cm; foot diam. 8 cm
On the back, beneath the base, inscription in blue ‘del porcho Cali//donio 1543’ (the date in a cartouche)
 
Hairline crack at 7 o’clock with a small part reglued; chips to rim; wear to foot
 
An export licence is available for this lot
 
Il piatto, che presenta un profondo cavetto e una larga tesa appena inclinata, poggia su un piede basso privo di anello: questa forma è generalmente definita “tondino”.
La decorazione istoriata raffigura Meleagro, re dell’Etolia, mentre, insieme ai più celebri cacciatori, uccide il cinghiale Calidonio inviato da Artemide per distruggere i raccolti: la dea aveva inflitto questo castigo per essere stata dimenticata dal re nei sacrifici agli dèi dell’Olimpo.
La scena è racchiusa tra un albero e una rupe, che fanno da quinte a un paesaggio lacustre con alte colline rocciose e piccoli borghi. A sinistra la dea cacciatrice assiste all’uccisione del feroce animale, posto al centro della scena mentre azzanna un cacciatore a terra. Tutt’intorno i cacciatori, tra i quali Atalanta, l’amata di Meleagro, colpiscono con animosità il cinghiale. Al centro della tesa, in alto, uno stemma gentilizio non ancora identificato è come appeso a un ramo.
Il mito è tratto dalle Metamorfosi di Ovidio (Met. VIII, 260-545): il soggetto ebbe molto successo nel corso del ’500 e venne spesso utilizzato dai pittori urbinati per le loro decorazioni, ma la stampa utilizzata dall’autore come riferimento iconografico del decoro non è stata ancora identificata.
Il piatto trova un confronto diretto nel lotto 44 di questo catalogo, sia per lo stile pittorico sia per la presenza di uno stemma gentilizio simile, ma non uguale. Anche lo stemma, per il momento, non è ancora stato individuato.
Le caratteristiche tecniche vedono uno smalto grasso uniformemente distribuito, mentre sul retro l’orlo, l’attacco del cavetto e la bordura del piede sono sottolineati di giallo. Sul fronte si osserva l’uso del verde in tutte le gradazioni, l’impiego dell’arancio soprattutto nelle vesti delle figure, e i tronchi scuri lumeggiati da tocchi di bianco, tecnica questa utilizzata con la stessa finalità anche nei volti, nelle armature e per marcare le onde del ruscello. Il modo di delineare le gambe delle figure – caratterizzate da polpacci grossi e muscolosi, da piedi piccoli e sottili, nonché da ginocchia rigonfie – e la capacità di porre prospetticamente i gruppi di personaggi, ci portano verso un pittore capace, in grado di dominare con finezza la materia.
L’accostamento con alcuni esemplari dalle caratteristiche stilistiche simili è molto utile: il raffronto fra l’espressione del volto di Diana e quella dei visi delle figure delineate in un piatto della raccolta del Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo, nonché la somiglianza con altri esemplari firmati, ci avevano suggerito una possibile a Francesco Durantino, proprio agli inizi della sua collaborazione con