Dipinti Antichi
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Lot 23 Pittore fiorentino, inizi sec. XVIII
SALOME' PRESENTA AD ERODE LA TESTA DEL BATTISTA
olio su tela, cm 165x140
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Lot 24 Ambito di Antonio Zanchi, fine sec. XVII-inizi XVIII
SUSANNA AL BAGNO
olio su tela, cm 73,5x96
Provenienza: collezione privata
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Lot 25 Seguace di Giovan Battista Salvi detto Il Sassoferrato, sec. XVII
SACRA FAMIGLIA
olio su tela, cm 102x92
Riprende dal dipinto di Sassoferrato della Galleria Doria Pamphilj di Roma
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Lot 26 Attribuito a Simone Pignoni
(Firenze 1611-1698)
ALLEGORIA DELLA FORTEZZA
olio su tela, cm 100x75
La presente tela, proveniente da una collezione privata fiorentina, è stata in questa sede proposta con un riferimento attributivo a Simone Pignoni a ragione delle forti analogie stilistiche e compositive con talune opere del pittore. La rappresentazione di questa Allegoria della Fortezza, connotata da un elmo retto nella mano sinistra, non trova riscontri in termini di soggetto all'interno del corpus del pittore ma può essere accostata per una simile impostazione della figura femminile alla Menade (o Venere) e satiro della collezione Jean-Luc Baroni di Londra (cfr. F. Baldassari, Simone Pignoni (Firenze 1611-1698), Torino 2008, p. 162, n. 106, ill.). A differenza del dipinto londinese in cui viene rappresentata la figura di un satiro, nella nostra tela l'unica protagonista è una giovane donna florida e sensuale, appena velata da un panneggio di colore blu, con lunghe ciocche di capelli come mosse dal vento, che può essere accostata per analogie fisionomiche con le figure di alcune Maddalene, presenti in collezioni pubbliche e private (Baldassari 2008, nn. 95-97) e con altre figure femminili come ad esempio la Lucrezia, già asta Christie's New York 1987, n. 65 (Baldassari 2008, p. 93 n. 16) che presenta una simile impostazione del volto e del busto. -
Lot 27 Giovan Francesco Guerrieri
(Fossombrone 1589 - Pesaro 1657)
MADONNA CON BAMBINO TRA SAN GIUSEPPE E SANT'ANNA
olio su tela, cm 175x245
Provenienza:
da un nobile palazzo di Reggio Emilia
Tradizionalmente attribuito ad Antiveduto Grammatica nella raccolta privata di origine, questo inedito dipinto appare piuttosto riconducibile al catalogo di Giovan Francesco Guerrieri. Si tratta, piu esattamente, di una replica variata della composizione del tutto simile nei suoi protagonisti restituita al pittore di Fossombrone su suggerimento di Filippo Todini (come da nota manoscritta sulla fotografia conservata all Istituto Germanico di Firenze) ed esposta come di sua mano in una recente rassegna marchigiana (Meraviglie del Barocco nelle Marche 1. San Severino e l alto maceratese. A cura di V. Sgarbi e S. Papetti, Sanseverino 2010, p. 190, n. 29).
In quella occasione se ne ricostruiva la provenienza dal convento dei Disciplinati di Serra San Quirico e se ne proponeva una datazione intorno al 1614/15, individuando correttamente la sua relazione stilistica con la tela raffigurante San Sebastiano curato da Santa Irene ora a Milano, Museo dell Arcivescovado, anch'essa un tempo nella medesima cittadina marchigiana.
Il dipinto citato, poi in asta da Dorotheum nell'aprile 2013, diverge da quello qui presentato nella gamma cromatica piu variegata (ma una opportuna pulitura del nostro potrebbe riservare sorprese) e soprattutto per la presenza di una cesta di panni in primo piano, sostituita nella nostra tela dal gatto acciambellato nel sonno.
Vari motivi suggeriscono tuttavia di distanziare cronologicamente il nostro dipinto dalla versione già nota, più esplicitamente caravaggesca nelle ombre insistite e, per l'appunto, nella cesta in primo piano, evidente citazione romana. La stesura pittorica della nostra tela, sensibilmente piu morbida e attenta agli impasti dei pittori bolognesi, in particolare Guercino, suggerisce di ritardarne l'esecuzione almeno fino al terzo decennio del Seicento, quando Guerrieri era da tempo tornato nelle Marche. -
Lot 28 Felice Ficherelli detto il Riposo
(San Gimignano1603-Firenze 1660)
GIUDITTA E OLOFERNE
olio su tela, cm 133x152
Provenienza:
collezione del marchese Gian Francesco Giaquili Ferrini, Firenze;
mercato antiquario, Firenze;
collezione privata, Firenze
Esposizioni:
M. Gregori, in Mostra dei tesori segreti delle case fiorentine. Catalogo della mostra, Firenze 1960, p. 43, scheda n.92, tav. 71
Bibliografia: M. Gregori, Mostra dei tesori segreti delle case fiorentine, catalogo della mostra, Firenze, 1960, p. 43, n. 92; M. Gregori, 70 pitture e sculture del ‘600 e ‘700 fiorentino, catalogo della mostra, Firenze, 1965, p. 19; J. Nissman, Florentine Baroque Art from American Collections, catalogo della mostra con prefazione di H. Hibbard, New York, 1969, p. 45 al n. 40; G. Cantelli, Repertorio della pittura fiorentina del Seicento, Fiesole, 1983, n. 329; M. Winne, Later Italian Paintings in the National Gallery of Ireland, Dublino, 1986, p. 34; M. Gregori, Felice Ficherelli, voce in Il Seicento fiorentino. Arte a Firenze da Ferdinando I a Cosimo III, catalogo della mostra ideata da P. Bigongiari e M. Gregori, 3 voll., Firenze, 1986, III, p. 88; G. Leoncini, voce Ficherelli, Felice, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, 1997, XLVII, pp. 373; S. Bellesi, Collezione Gianfranco Luzzetti : primo nucleo del lascito di opere destinate al Museo Archeologico e d'Arte della Maremma, Grosseto, catalogo della mostra (Grosseto), Firenze, 1999, p. 62, al n. 14; T. Sacchi Lodispoto, in Il Male. Esercizi di Pittura Crudele, catalogo della mostra, a cura di V. Sgarbi, coordinamento di A. Algranti (Torino), Milano, 2005, p. 331; F. Baldassari, La pittura del Seicento a Firenze. Indice degli artisti e delle loro opere, Torino, 2009, p. 361 e tav. 172; S. Bellesi, Catalogo dei pittori fiorentini del ‘600 e ‘700, 3 voll., Firenze, 2009, I, p. 145; II, p. 284, fig. 616; G. Cantelli, Repertorio della pittura fiorentina del Seicento. Aggiornamento, 2 voll., Pontedera, 2009, I, p. 99; II, p. 203, n. 142; A. Spiriti, Fiorentini di Vico Morcote.La cappella di San Domenico di Guzmà¡n nella parrocchiale dei santi Fedele e Simone, in “Arte & storia, 11, 2010, 48, p. 179; S. Benassai, Il Seicento fiorentino intorno a Giovanni da San Giovanni, in Quiete invenzione e inquietudine. Il Seicento fiorentino intorno a Giovanni da San Giovanni, catalogo della mostra a cura di S. Benassai e M. Visonà , (San Giovanni Valdarno), Firenze, 2011, p. 40, fig. 23; M. Gregori, Mon incipit, presque un diario, in Florence au Grand Siécle entre peinture et literature, catalogo della mostra a cura di E. Fumagalli e M. Rossi (Ajaccio), Cinisello Balsamo, 2011, p. 13; S. Benassai, Felice Ficherelli, in corso di pubblicazione.
Referenze fotografiche: Fototeca del Kunsthistorisches Institut in Florenz, Mal. Bar. busta Fiandrini-Fidanza (ausser Fiasella), inv. 442896, 546161
Corredato di attestato di libera circolazione
Accompagnato da parere scritto di Silvia Benassai. Il dipinto sarà inserito dalla studiosa nella monografia del pittore di prossima pubblicazione.
La tela, appartenuta alla collezione del marchese Gian Francesco Giaquili Ferrini, fu esposta alla mostra dei Tesori segreti delle case fiorentine nel 1960 e pubblicata nel relativo catalogo da Mina Gregori, alla quale si deve l’attribuzione a Felice Ficherelli di questo notevole dipinto. La stessa studiosa riferà successivamente (1965) l’opera alla fase matura del pittore di San Gimignano, nel momento in cui questi espresse una pi -
Lot 29 Simone Cantarini detto Il Pesarese
(Pesaro 1612-Verona 1648)
SAN GIOVANNI EVANGELISTA
olio su tela, cm 89,5x76,5
Corredato da parere scritto di Pierluigi Leone de Castris, Napoli 2 maggio 2008
Restituito indipendentemente a Simone Cantarini da Stephen Pepper e Pierluigi Leone de Castris in comunicazioni private al proprietario, l’inedito dipinto qui presentato va confrontato innanzi tutto con la tela, uguale per soggetto e composizione ma variata nel viso del santo, un tempo a Berlino, Staatliche Museen, dalla collezione Solly. Pubblicato come opera relativamente giovanile del Cantarini nella fondamentale monografia sull’artista (M. Mancigotti, Simone Cantarini, Bologna 1975, pp. 148-49, fig. 86) il dipinto citato non è stato tuttavia ripreso in esame in occasione degli studi fioriti in coincidenza con il recente anniversario dell’artista, che ne hanno privilegiato le opere bolognesi e marchigiane. Tra queste, l’Evangelista ritratto a figura intera nella tela ora nella Pinacoteca di Bondeno, riprodotta all’incisione dall’allievo Flaminio Torri e quello, diverso per invenzione e a mezza figura, in raccolta privata confermano la predilezione dell’artista pesarese per questo soggetto, non a caso documentato da antiche citazioni inventariali nelle raccolte bolognesi, tra cui le collezione Varotti (“ S. Giovanni Evangelista, mezza figura come il vero”) e Locatelli (1693; “Un S. Giovanni mezza figura del Pesarese).
Rispetto alle versioni citate probabilmente anteriori alla rottura con Guido Reni che il biografo Malvasia fissa al 1637, il nostro dipinto sembra però doversi posticipare agli anni Quaranta, come suggerisce il chiaroscuro più accentuato che insiste nelle pieghe del panneggio e segna i contorni del viso dell’Evangelista: elementi che il Cantarini trasmette all’allievo Flaminio Torri, presente nella sua bottega appunto negli ultimi anni bolognesi.
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Lot 30 Alessandro Rosi
(Firenze 1627-1697)
SAN GEROLAMO
olio su tela, cm 88,5x72,9, senza cornice
Provenienza:
collezione privata, Calci (Pisa)
Corredato da parere scritto di Franco Moro, Piacenza, 21 dicembre 2008
Il dipinto qui presentato, riferito al pittore fiorentino Alessandro Rosi, rappresenta un San Gerolamo a mezzo busto rivolto verso destra, come se fosse stato colto di sorpresa dalla chiamata del Signore durante la scrittura.
Il nostro dipinto, come evidenzia l'autore del parere scritto, mostra una chiara attenzione naturalistica suggestionata dalle influenze caravaggesche e un altrettanto chiaro malinconico distacco dalle formule canoniche. Il San Gerolamo presenta non pochi punti di contatto con il dipinto raffigurante San Barnaba della Galleria degli Uffizi di Firenze (depositi) che tra le numerose figure solitarie eseguite dall'artista appare "il più affine dal punto di vista stilistico, per la corrispondente pienezza dei volumi e la qualità degli incarnati". Si evidenzia inoltre, rispetto al nostro dipinto, una simile impostazione a mezzo busto, la presenza del medesimo libro tenuto tra le mani e un'esecuzione della barba morbida e mossa. Altri confronti per la presente tela sono stati proposti con il Cristo morto sorretto dagli angeli, con l'Incredulità di San Tommaso e il Davide con la testa di Golia resi noti dallo studioso (F. Moro, Viaggio nel Seicento Toscano. Dipinti e disegni inediti, Mantova 2006, pp. 222-224). -
Lot 31 Francesco Curradi
(Firenze 1570-1661)
MARIA MADDALENA
olio su tela, cm 80x60
sul retro timbro a ceralacca
il dipinto è in prima tela
Questa intensa raffigurazione di Maria Maddalena che sorregge nella mano sinistra il vasetto degli unguenti e con la destra indica verso l'alto è certamente riferibile al corpus delle opere di Francesco Curradi. Ricorrono nel nostro dipinto elementi tipici delle figure femminili presenti nelle opere dell'artista come la fisionomia e l'espressione dolce del volto, l'esecuzione accurata della capigliatura e delle ricche vesti.
Curradi, che fu allievo di Giovan Battista Naldini, è da considerarsi uno dei pittori di spicco della pittura fiorentina del Seicento, si distinse per il suo stile pittorico dal disegno accurato caratterizzato da una sigla sobria e da costruzioni composte. -
Lot 32 Francesco Furini (Firenze 1603-1646) e pittore della bottega di Baldassarre Franceschini detto il Volterrano
LA MADONNA APPARE A SAN FRANCESCO
olio su tela, cm 183x140
Provenienza:
Castello di Monteacuto, Bagno a Ripoli (Firenze);
mercato antiquario;
collezione privata, Firenze
Bibliografia:
G. Cantelli, Francesco Furini e i Furiniani, in Studi d'arte e collezionismo, Pontedera 2010, scheda 107 p. 158, tav. LXXX, fig. 107
L'opera qui proposta raffigurante la Madonna che appare a San Francesco è stata individuata da Giuseppe Cantelli come un dipinto "di bella invenzione e qualità " riferibile a Furini, rimasto incompiuto nel suo studio e terminato dopo la sua morte per far fronte probabilmente al desiderio di possesso di sue opere da parte degli estimatori. Lo studioso restituisce alla mano di Furini la figura del santo vescovo "vestito con uno splendido piviale con una pittura analiticamente perfetta che risale agli esordi dell'artista ripresa dal Franceschini nella tela della Pinacoteca Civica di Volterra". La Madonna in atto di presentare il Bambino a san Francesco è stata invece ricondotta a un pittore della bottega di Baldassarre Franceschini detto il Volterrano in un momento di particolare vicinanza stilistica e cromatica a Pietro da Cortona. Il volto della Vergine riprende infatti i tratti fisionomici di quella eseguita dal Volterrano nello Sposalizio mistico di Santa Caterina d'Alessandria, Cassa di Risparmio e Depositi di Prato. La raffigurazione della Madonna e del Bambino nel nostro dipinto, eseguita con una pennellata veloce e con una materia morbida e soffusa, si distingue dall'accurata conduzione pittorica del Santo Vescovo, come pure del San Francesco, fortemente caratterizzato nei tratti fisionomici, nel quale Cantelli ha individuato tracce dello stile di Furini. -
Lot 33 Scuola emiliana, sec. XVIII
RITRATTO VIRILE
olio su tela, cm 50x40
tela in origine probabilmente di formato diverso
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Lot 34 Scuola Italia settentrionale, sec. XVIII
RITRATTO DI GENTILUOMO CON ABITO RICCAMENTE DECORATO
olio su tela, cm 98x73,5
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Lot 35 Cerchia di Jacob Ferdinand Voet, fine sec. XVII
RITRATTO DI MARIA IPPOLITA OLGIATI BURATTI
RITRATTO DI MARIA ORTENSIA BISCIA DEL DRAGO
coppia di dipinti ad olio su tela, cm 73x60 ciascuno, con cornici coeve dorate e dipinte, intagliate a motivo di ghirlanda con foglie, bacche e nastri intrecciati
(2)
Provenienza:
collezione privata, Firenze
I due ritratti costituiscono delle varianti da dipinti della serie "belle di Roma" eseguiti da Voet e conservati presso Palazzo Chigi di Ariccia (cfr. F. Petrucci, Ferdinand Voet (1639-1689) detto 'Ferdinando dei Ritratti', Roma 2005, fig. 205 e p. 221, XIV, 169a; fig. 8 e p. 231, XXV, 180a)
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Lot 36 Francesco Monti detto il Brescianino delle battaglie
(Brescia 1646-Parma 1712)
CAVALIERI E PASTORI CON ARMENTI IN UN PAESAGGIO
SCENA DI BATTAGLIA IN UN PAESAGGIO CON TORRI
coppia di dipinti ad olio su tela, cm 92,5x146; cm 90x139
(2)
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Lot 38 Monogrammista F.G.B.
(Lombardia prima metà del XVII secolo)
DISPENSA CON FRUTTI E ORTAGGI
olio su tela, cm 135,5x142,5
Bibliografia: G. Bocchi-U. Bocchi, Naturaliter. Nuovi contributi alla natura morta in Italia settentrionale e Toscana tra XVII e XVIII secolo, Casalmaggiore (CR) 1998, pp. 50-51, fig. 35
L’anonimo pittore indicato come Monogrammista F.G.B. è riconducibile per tipologie compositive e stilistiche ai Campi, famiglia di pittori cremonesi, mostrando pertanto una predilezione per la raffigurazione di frutta e vegetali.
“Le sue composizioni consistono infatti in elaborate e complesse frutterie all’aperto con piatti, alzate, cesti e canestri tali da valorizzare i propri soggetti, che non sono visti con l’occhio del pittore scienziato tipico di Vincenzo, bensì con l’intento, altrettanto campesco di catturare l’ammirato interesse del riguardante, favorendo una sorta di gioiosa concupiscenza” e di esprimere talvolta significati allegorici. “Si spiega così l’aspetto delle successive e lussureggianti Dispense con frutta e ortaggi [come il dipinto qui presentato] scalate su cinque piani di carico da gradini di pietra stracolmi di vegetali richiamanti la visione delle assemblate ‘frutterie’ di Vincenzo Campi, costituite come quelle da fiscelle, ceste e zuppiere i cui contenuti rappresentano formalmente altrettante palesi derivazioni”. -
Lot 39 Pittore romano, sec. XVII
NATURA MORTA DI ORTAGGI E FRUTTA CON CAVOLFIORE, SEDANO GOBBO, MELE E UVA
olio su tela, cm 74x105
Tradizionalmente attribuito a Tommaso Salini nella raccolta di provenienza, certo per confronto con la tela pubblicata da Federico Zeri che recava la firma dell’artista romano poi risultata apocrifa, la natura morta qui presentata non ha trovato una paternità alternativa nel corso degli studi che nell’ultimo decennio hanno tentato di restituire un’immagine convincente del pittore romano ricordato dal Baglione nè in quelli che, d’altro canto, hanno identificato diversamente le opere un tempo raccolte sotto quel nome. La maggior parte di esse sono state raccolte da Ulisse e Gianluca Bocchi sotto il nome di “Pseudo Salini”, ovvero “Monogrammista S.B”., seguendo un’indicazione di Giuseppe De Vito relativa a un “numero” del gruppo in cui compare questa sigla e la data del 1655.
In quell’occasione (Pittori di natura morta a Roma. Artisti italiani 1630-1750, Casalmaggiore 2005, p. 175 e ss., figg. PS 11-14) i Bocchi riunivano quali verosimili precedenti dello Pseudo Salini due coppie di dipinti un tempo nelle raccolte Scamperle e De Carlo; un tempo attribuite a Tommaso, si differenziano tuttavia da quelle del Monogrammista (attivo intorno al 1650) per scelte iconografiche e compositive legate a un tempo relativamente precoce della natura morta; per questo motivo si chiamava in causa se pure in forma dubitativa il nome di Agostino Verrocchi (1586-1659), attivo intorno al 1630 e punto di raccordo a Roma tra la generazione dei caravaggisti e quella di Michelangelo Cerquozzi.
Numerosi elementi del dipinto qui presentato richiamano appunto le tele De Carlo, e suggeriscono di collocare in quell’ambito anche alla nostra tela, in cui ortaggi “poveri” tipici del primo tempo della natura morta romana e poi spariti dalle “mostre” barocche sono presentati su un semplice piano di pietra sapientemente illuminato e, individuati da una fonte di luce laterale, risaltano sul fondo scuro. -
Lot 40 Pittore romano, sec. XVII
VITTORIA DI ERACLIO SU COSROE
olio su tela, cm 144,5x292
al recto reca iscrizione in basso a sinistra solo in parte leggibile relativa al soggetto raffigurato
Provenienza:
nobile famiglia genovese
Importante anche nelle dimensioni, tali da suggerirne la provenienza da un palazzo aristocratico, l’inedito dipinto qui presentato si iscrive a pieno titolo nel clima di generale recupero dell’Antico, e insieme del classicismo raffaellesco, fiorito a Roma tra quarto e quinto decennio del Seicento e declinato con accenti diversi dai protagonisti della committenza barberiniana.
Evidente, seppure non testuale, il riferimento a rilievi antichi nelle armature e nelle insegne imperiali, come pure in alcune figure di cavalieri e, più in generale, nell’impaginazione della scena su più registri, nel solco di una tradizione inaugurata dalla Sala di Costantino in Vaticano e recentemente aggiornata dal Cavalier d’Arpino negli affreschi capitolini.
Nel corso degli anni Quaranta, probabile epoca di esecuzione nel nostro dipinto, fu interpretata in modi diversi dagli artisti della cerchia barberiniana, molti dei quali formatisi nella formidabile palestra del Museo Cartaceo di Cassiano dal Pozzo: nascono da quei modelli opere di intonazione diversa come la travolgente Vittoria di Alessandro su Dario dipinta da Pietro da Cortona per i Sacchetti e ora ai Musei Capitolini; una versione più accademica dello stesso soggetto eseguita da Guglielmo Cortese (Versailles, Musèe du Chateau) o ancora la Battaglia tra Enea e Turno di Giacinto Gimignani (Roma, Fondazione Garofalo), e le storie di Costantino dipinte a fresco nel Battistero Lateranense dallo stesso Gimignani e da Andrea Camassei, sotto la direzione di Andrea Sacchi. E’ forse proprio Camassei, presente su quelle pareti con la Battaglia di Ponte Milvio e il Trionfo di Costantino, il riferimento più pertinente per inquadrare il nostro dipinto, in ogni caso riferibile a un pittore “di storia” e non a un puro battaglista. -
Lot 41 Elisabetta Marchioni
(attiva a Rovigo nella seconda metà del XVII secolo-Rovigo, circa 1700)
COMPOSIZIONI DI FIORI ALL'APERTO
coppia di dipinti ad olio su tela, cm 151,5x210 ciascuno
(2)
Disposti in cesti di vimini e in ricchi vasi di metallo sbalzato, o ancora intrecciati a formare festoni e ghirlande, i fiori primaverili nelle tele qui offerte costituiscono un saggio eloquente della straordinaria abilità della Marchioni nel declinare in tutte le varianti la presentazione di fiori allaperto. Una capacità che valse allartista ampio successo di pubblico, sebbene circoscritto alla città di Rovigo dove, secondo Francesco Bartoli a cui si devono le uniche notizie su di lei, le composizioni floreali di Elisabetta Marchioni erano presenti in tutte le collezioni e addirittura in coppie o in serie più numerose. Nessuna delle tele oggi a
lei riferite concordemente risulta firmata: tutte si appoggiano invece al notissimo paliotto daltare donato dalla Marchioni ai Padri Cappuccini di Rovigo, ora alla Pinacoteca dei Concordi nella stessa città insieme ad altre sue opere di antica provenienza locale. Un nucleo che ha consentito di restituire allartista rodigina una fisionomia coerente con quanto tramandato dalle fonti e di distinguere la sua produzione da quella, per molti versi affine, della lombarda Margherita Caffi. Tipica della Marchioni
è la pennellata spumeggiante che definisce le corolle variopinte (tra cui, sempre presenti, narcisi e tuberose) ma su una gamma cromatica più contenuta e sommessa di quella, squillante, della Caffi, pure così vicina nelle scelte compositive. -
Lot 42 Orazio Fidani
(Firenze 1606-1656)
RITROVAMENTO DI MOSE'
olio su tela, cm 171,5x215 con cornice antica intagliata a volute, nera e dorata
Provenienza:
nobile palazzo fiorentino;
collezione privata, Firenze
Corredato da parere scritto di Sandro Bellesi
L’opera qui presentata, arricchita da una importante cornice che ne testimonia la prestigiosa provenienza, è appartenuta ad una storica collezione fiorentina nella quale figuravano fino a tempi recenti rilevanti dipinti in gran parte di maestri toscani operanti in epoca barocca. Nella grande tela è rappresentato il Ritrovamento di Mosè¨ in un’accezione particolarmente “gioiosa della scena dominata da un festante gruppo di giovani e avvenenti figure femminili” disposte attorno al piccolo neonato “in prossimità di un limpido corso d’acqua”. Questo tema iconografico, tratto da un passo dell’Esodo (2,1-10), largamente diffuso nella pittura dei Seicento e Settecento, illustra l’episodio biblico nel quale la figlia del faraone d’Egitto salva dalle acque il piccolo Mosè che sarà da lei accudito e cresciuto come suo figlio.
L'opera, come indicato da Sandro Bellesi nel suo parere scritto, “per i particolari caratteri stilistici e tipologici delle figure” è riconducibile al catalogo autografo di Orazio Fidani, pittore che ebbe un ruolo importante nel panorama artistico fiorentino della metà del Seicento. Nato a Firenze nel 1606 il Fidani fu allievo di Giovanni Bilivert, nella cui bottega rimase per lungo tempo, divenendo uno stimato collaboratore del maestro dal quale riceveva compiti di particolare rilievo. Immatricolato all’Accademia del Disegno nel 1629, l’artista avviò una fiorente attività indipendente, pur mantenendosi fedele agli insegnamenti del maestro. Autore di importanti ed apprezzate opere sacre e profane il Fidani “si distinse per un linguaggio artistico raffinatamente eclettico sensibile al languore e alla sensualità di Francesco Furini e dei suoi seguaci e alla corrente estetizzante di matrice naturalistica legata ai fratelli Cesare e Vincenzo Dandini”.
Il dipinto qui proposto, rappresentativo del linguaggio artistico giovanile del Fidani, presenta caratteri stilistici e tipologici che presentano “echi figurativi di ascendenza bilivertiana- furiniana e soluzioni formali e scenografiche deferenti alla scuola di Matteo Rosselli”.
Il vivace cromatismo e la composizione mossa e libera delle figure, unitamente alle fisionomie e alla resa morbida delle stoffe, “spiegazzate e fruscianti”, permettono di riconoscere aspetti stilistici riferibili alla produzione di Fidani degli anni Trenta, in cui il pittore, sebbene ancora legato agli insegnamenti del maestro Giovanni Bilivert, mostra i segni di un fare più spigliato e libero in particolare nelle opere di soggetto profano.
A questo periodo risalgono il Congedo di Angelica e Medoro dai pastori della Galleria degli Uffizi di Firenze e il Battesimo di Cristo della Pieve di San Pancrazio a Celle (Pistoia), entrambe opere firmate e datate rispettivamente 1634 e 1635 nelle quali si possono riscontrare affinità stilistiche con la nostra tela, in particolare nella resa sontuosa e ricca delle vesti e nella sintassi fisionomica. Pur mostrando vicinanze con le opere già indicate, la nostra tela lascia presagire caratteri tipologici cui l’artista ricorrerà intorno alla metà del secolo, come nella profilatura delle figure muliebri, rese con garbata definizione, riscontrabili dal confronto con l’Allegoria della Pittura e l’Allegoria della Fedeltà di collezione privata, sebbene per queste d -
Lot 43 Seguace di Cavalier d'Arpino, sec. XVII
LE DONNE SABINE SEPARANO I ROMANI DAI SABINI
IL RATTO DELLE SABINE
coppia di dipinti ad olio su tela, cm 104x130 ciascuno
(2)
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Lot 44 Jacopo Chimenti detto da Empoli
(Firenze 1551-1640)
FIGURA DI SANTO CON SPADA (SAN CRESCENTINO)
olio su tela, cm 110x92
Corredato da attestato di libera circolazione
Provenienza:
mercato antiquario, Firenze;
collezione privata, Firenze
Bibliografia: G. Cantelli, Repertorio della pittura fiorentina del Seicento,Firenze ( Fiesole), 1983, p.135, fig.695, come Filippo Tarchiani; G.Cantelli, Repertorio della pittura fiorentina del Seicento, Aggiornamento, p. 182, come Filippo Tarchiani, Pontedera, Bandechi-Vivaldi, 2009.
Accompagnato da parere scritto di Giuseppe Cantelli, Firenze, ottobre 2014
L’opera apparve sul mercato antiquario fiorentino agli inizi degli anni ottanta fu acquistata dagli attuali proprietari alla casa d’Aste Pitti il 16 dicembre 1980, lotto 267.
La tela fu venduta con l’attribuzione a Filippo Tarchiani (Firenze, 1576-1645) e il giovane santo con spada fu ritenuto San Crescenzo, mentre l’attribuzione fu confermata oralmente agli acquirenti dal Prof. Carlo Del Bravo, tra i primi studiosi ad occuparsi di pittura fiorentina del Seicento. Tale attribuzione mi sembrò al tempo della prima edizione del mio Repertorio della pittura fiorentina del Seicento(1983) assolutamente accettabile. Fece fede, a suo tempo, l’autorità del Del Bravo, mentre erano quasi impossibili i confronti con le opere documentate del Tarchiani, scarsamente fotografate e allora in gran parte bisognose di restauro o conservate in depositi non facilmente raggiungibili. La situazione non migliorò molto successivamente(II ed. del Repertorio, 2009) sebbene, a distanza di ventisei anni dal mio primo Repertorio, il catalogo di Filippo Tarchiani si sia notevolmente arricchito richiamando l’interesse degli studi su quelle opere che, sulla traccia del suo soggiorno romano(1601-1607), mostrano più moderni apprezzamenti per Caravaggio, non riscontrabili però nel santo in questione. Ho comunque mantenuto l’attribuzione al Tarchiani sembrandomi ancora possibile un confronto della testa del nostro Santo con il volto dell’Immacolata Concezione, siglata da questo artista, conservata nel Duomo di Colle Val d’Elsa (Siena) insieme ad una Madonna con il Bambino e Santi e alla Resurrezione di Cristo ( firmata). Opere queste assolutamente aderenti ad un dettato stilistico profondamente devozionale comune a molti artisti dell’epoca e in particolare a Jacopo da Empoli a cui, oggi, pensiamo di poter attribuire l’alta qualità pittorica di questa tela.
Per quanto riguarda l’iconografia del Santo esso è stato ritenuto interrogativamente come l’immagine di San Crescenzo. Ma questo santo fu martirizzato all’età di undici anni e il nostro santo è giovane, ma adulto. Escludo che posa trattarsi di San Paolo. Penso invece che si potrebbe proporre il nome di San Crescentino protettore di Urbino e di Città di Castello raffigurato però in armatura e a cavallo con una iconografia molto simile a quella di San Giorgio. Anche san Crescentino infatti avrebbe ucciso un drago, metafora delle religione pagana. Le raffigurazioni di questo santo sono piuttosto rare sebbene appaia anche senza armatura.
Crescenziano, che gli Urbinati chiamano col diminutivo di Crescentino, per sottolineare la sua giovane età , era nato a Roma circa l’anno 276, al tempo del pontificato di Sant’Eutichiano papa (275-283).
Circa l’anno 297, Crescentino fu costretto, a causa della sua fede cristiana, ad abbandonare l’esercito e ad allontanarsi da Roma raggiungendo la Valtiberina, continuando a predicare il cristianesimo che lo aveva costretto all’esilio. Giunt -
Lot 45 Denijs Calvaert, detto Dionisio Fiammingo
(Anversa 1540-Bologna 1619)
MADONNA ORANTE
olio su tela riportata su tavola ovale, cm 77x60 con antica cornice intagliata e dorata
L'opera non menzionata dalle fonti nasce verosimilmente per devozione privata. Si tratta di un prodotto abbastanza maturo dell'artista fiammingo, maestro a Bologna di un'intera generazione di artisti, tra i quali Guido Reni, Francesco Albani ed il Domenichino.
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Lot 46 Seguace di Theophile Bigot, sec. XVII
SAN GIUSEPPE LEGGENTE
olio su tela, cm 64x73
Dal dipinto di Bigot, Galleria Colonna, Roma
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Lot 47 Bottega di Giulio Cesare Procaccini, sec. XVII
SAN GIUSEPPE CON IL BAMBINO
olio su tela, cm 62,5x47
Il dipinto qui proposto, riferito in un parere scritto di Pierluigi Leone de Castris a Giulio Cesare Procaccini (Bologna 1574-Milano 1625), costituisce una variante dell'esemplare di ubicazione sconosciuta, già proveniente dalla collezione di Antonio Scarpa, eseguito su tavola (cm 50x42) da Procaccini (cfr: S. Momesso, La collezione di Antonio Scarpa (1752-1832), Cittadella 2007, pp. 170-171, n. 63). Da sottolineare inoltre l'esistenza di un'altra versione della medesima composizione, anch'essa eseguita su tavola (cm 54x44) e databile verso il 1620 (cfr. M. Bona Castellotti, La pittura lombarda del '600, Milano 1985, fig. 497; Procaccini in America, catalogo della mostra, a cura di H. Brigstoke, London-New-York 2002, p. 159), probabilmente identificabile con il dipinto passato in asta a Londra nel 1975 (Christie's 31 ottobre, lotto 130, tavola, cm 54,6x44,5), già proveniente dalla collezione di David Orde. Quest'ultima opera rispetto alla versione già Scarpa presenta tuttavia maggiori differenze, seppur lievi, rispetto alla nostra versione, in particolare nell'esecuzione delle ciocche dei capelli e nell'andamento del panneggio.